62: Danger.


Continuo a fare le mie consegne, ma mentre corro a volte mi ritrovo senza fiato perché sono distratto, distratto da tutto quello che mi ha detto Marylin, che riaffiora come vomito nel mio cervello, e come sempre da Eleanor, che non riesco a capire come mai non esce più dalla mia testa, anche se non è mia. Abbiamo sfruttato il tempo che abbiamo avuto a disposizione in due modi diversi: lei lo ha trattato come qualcosa di prezioso, usando ogni attimo a suo vantaggio per farla stare bene e cercare di pensare a qualcosa di diverso dalla morte, io invece l'ho sprecato tentando di trovare altro tempo, di far allontanare la data di scadenza. Lei si era innamorata e non aveva bisogno di parole dolci, di certezze, perché preferiva l'intensità del momento, invece io cercavo appigli mentre mi arrampicavo sugli specchi, che ho finito per distruggere in tanti piccoli cocci, e adesso, non trovo la forza di raccoglierli,assemblarli e ricominciare l'arrampicata.


Quando finalmente mi consegnano l'ultimo pacchetto sospiro, guardo il mio orologio e noto l'anticipo: tutta quella perdita di fiato mi è servita, perché evidentemente mentre ero distratto i miei piedi hanno velocizzato la corsa; decido di prendermela comoda, perché il turno finisce tra mezz'ora e non voglio dover fare consegne extra, dato che non credo che Sept sia il tipo di capo da fare un aumento a chi lavora più del dovuto. Al massimo, ti dà una pacca sulla spalla e ti sorride. Corro con costanza per le stradine strette, saltando i bidoni dell'immondizia e le reti, poi raggiungo un piccolo spazio aperto, e vedo l'uomo pronto a prendere il pacco con un enorme giacchetto di pelliccia variopinta, degli occhiali da vista tondi e spessi e i capelli biondo platino sistemati in una cresta voluminosa e mossa, gli anelli ad ogni dito e i pantaloni di pelle neri che gli fasciano le gambe muscolose. So perfettamente che c'è qualcosa che non va, perché non credo che lui sia una guardia del corpo di qualcuno, e attira troppo l'attenzione, vestito in questo modo. Vedo dalla caviglia sinistra un dispositivo, e capisco che è per gli arresti domiciliari, il che vuol dire che se non ha fatto fuori i poliziotti prima, presto saremo beccati entrambi. Mi capita, a volte, che invece delle solite guardie del corpo, mi capiti nel luogo della consegna qualche tossico, o qualche cliente che si fida poco del sistema di consegne di Sept e vuole verificare con i suoi occhi l'operato. Penso che sia così anche in questo caso, ma il mio sesto senso mi grida di stare all'allerta. Lo strano individuo fa tintinnare le fibbie dei suoi stivaletti mentre mi osserva, e quando mi ritrovo dalla parte opposta del piccolo parcheggio male illuminato mi dice, con una voce profonda e tirando fuori una lingua biforcuta:-Dov'è Sept?- sbianco leggermente, perché appena sento lo stridio delle ruote di una macchina e, poco dopo, un fruscio sinistro, capisco come finirà la serata; a conferma della mia teoria, vedo spuntare dalle case una decina di uomini. Fortunatamente la macchina in corsa che si è fermata è di Sept, dato che riconosco l'enorme serpente bianco sul cofano del furgone, e infatti da essa scendono svelti gli uomini di Sept, armati fino al collo. Per una volta, il piccolo dispositivo GPS che Sept mi costringe a indossare è stato utile, perciò quasi sogghigno quando vedo Yela uscire con una mitraglietta semiautomatica, le spalle larghe e lo sguardo pronto a fare una carneficina nell'oscurità della notte. -Se volete la guerra qui, uccideremo vite innocenti- dice lo stesso Yela, sotto una luce diversa da quella che conosco, più sicura di sé e meno cazzona. -Se vuoi me, risparmia sia le vite innocenti che quelle colpevoli- dice Sept, uscendo dal posto del conducente di quella macchina blindata, lucida ed enorme, il serpente tatuato sul cranio più scuro e minaccioso del solito, le squame che brillano di un riflesso fastidioso, anche se sono in bianco e nero. Prima che chiunque se ne accorga, lo stravagante pagliaccio che ha provato a tendere una trappola a Sept muove leggermente il braccio sotto la sua enorme pelliccia, e tira fuori una nove millimetri, pronto a sparare. Io ho bisogno di soldi, e inoltre non voglio che una connessione per me così importante al mio vecchio mondo muoia, perciò mi avvento su Sept con uno scatto impressionante, scaraventandolo a terra. -Coglione!- mi urla Gred, correndo verso di me. Sept mi sussurra, ringhiando:-Ho un giubbetto antiproiettile- e poi si alza in piedi, togliendomi di dosso:-Allora vuoi la guerra!- urla, per poi prendere al volo un fucile a pompa lanciato da Farlan, un altro suo socio, e tutto ciò che sento mentre Gred mi porta in auto sono spari e urla. Mi sistema sui sedili posteriori, e mi dà un asciugamano: quando lo guardo con aria interrogativa sbuffa:-Ma sei imbecille? Guardati il fianco- e io faccio come mi dice, vedendo la mia maglietta zuppa di sangue, un buco nella carne e della polvere di piombo cosparsa sulla ferita. Mi è capitato spesso di assistere a delle sparatorie, alcune volte ho pure partecipato anche se la mia mira non è delle migliori, ma non sono mai stato colpito. Sono sempre stato troppo vigliacco per espormi tanto quanto mi sono esposto adesso. -C'è tanto sangue- sogghigno mentre Gred prende un fucile d'assalto e chiude in fretta la portiera, facendo partire l'auto. -Non portatemi... all'ospedale- sento ridere, e Marylin risponde:-No, ti lasceremo solo in un angolo buio mentre morirai dissanguato. Vai, Stock- dice al conducente, che aumenta la velocità e sfreccia tra i raggi dell'alba. "Cazzo, Tyler!" penso prima di sentire un improvviso calo di pressione, poi chiudo gli occhi e cerco di regolare il respiro, mentre sento tutto il dolore del proiettile conficcato nella mia carne, e prego che quell'infermiere sia da qualsiasi parte, tranne che all'ospedale. "Tranne che nel letto di Eleanor"...



Spicy stuff! Forse pubblicherò un altro capitolo, più tardi.

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