60: Nothing to lose. Maybe.


L'atmosfera è sempre la stessa, ma ciò, invece che farmi annoiare, mi rende febbricitante, potente, mentre entro alla Chimera e incateno gli sguardi di tutte le ragazze che si girano verso di me. Raggiungo il bancone, e stavolta c'è Dean a servire. -Ehi, G- mi saluta, prendendo un bicchiere e riempiendolo di vodka. -Ciao Dean. Allora, sono già qui?- lui scuote la testa mentre mi porge il bicchiere, che bevo tutto d'un sorso. -Secondo me stai facendo il passo sbagliato... Comunque sì, sono al solito tavolo- annuisco, mi faccio versare un altro po' di vodka, e dopo aver ammirato la trasparenza di quel forte liquore, mi trascino insieme al bicchiere al tavolo dove una marea di tizi vestiti come me, di nero, stanno conversando ad alta voce. Una cortina di fumo non mi permette di vedere bene dove mi siedo, ma una voce che abbaia verso di me schiarisce l'aria:-Che cazzo ci fai qui? Credevo avessi chiuso!- è Yela, un socio di Sept. -Stai zitto, Yela! Se è lui a voler tornare, meglio così, ed è meglio se la prossima volta ci porti un mazzo di rose per scusarti!- mi beffeggia Gervais, seguito da Gred:-Riesco a vederti la coda tra quelle gambe secche!- e scoppia in una risata disgustosa, sbattendo la mano sul tavolo e chiedendo a delle ragazze di raggiungerli. -Dov'è Sept?-chiedo urlando per contrastare la musica, e Wayne mi risponde annoiato:-Laggiù,scemo- e indica un tavolo più in là, dove Sept sta parlando con, ovviamente, Madison. Mi siedo spingendo via Madison, la quale mi urla:-Che cazzo fai?!- ma io le parlo sopra:-Dobbiamo parlare- Sept annuisce, quel fottuto serpente tatuato sulla fronte che sembra sibilarmi contro. -Lo so benissimo. Mad, ci vediamo dopo- e Madison gli sorride, sculettando lontana da noi. -E adesso, sentiamo perché vorresti lavorare per me. Anzi, provo a indovinare! Vediamo... ti servono soldi, eh?- aggrotto le sopracciglia, appoggiando il bicchiere vuoto sul tavolo. -Te l'ha già detto Madison- e lui scuote l'indice, appoggiando il gomito e facendo fin troppo rumore. -Non sono mica mongoloide. La Loyola è famosa, ci vorranno tanti soldi per andarci, e tu non hai la faccia da "borsa di studio"-pronuncia quella parola come se non sapesse cosa significhi, e probabilmente è vero. -Mi bastano dieci giorni, poi si torna come prima- il suo occhio di vetro mi spaventa con il suo riflesso mentre Sept mi guarda spiritato. -Ma sei fuori? Tu chiedi troppo! Già il fatto che non ti abbia ucciso quella volta che sei venuto a portarmi i soldi e hai fatto il coglione davanti ai miei uomini ha destato sospetti di favoritismo, adesso chiedi pure questo! Col cazzo, capito?! Col cazzo!- sbuffo, e guardo verso Dean per chiedere altra vodka. Dopo pochi istanti, arriva con una bottiglia piena, che appoggia silenziosamente davanti a me. -Mi servono soldi: dimmi come posso farli- dico a Sept tentando di rimanere calmo. -Vuoi i soldi? Vuoi lavorare solo dieci giorni? Benissimo, ma non farai il lavoro pulito che facevi prima. Scordatelo- mentre mi verso la vodka, lui mi chiede di passargliela con la mano e, quando lo faccio, si attacca direttamente alla bottiglia e ne scola metà prima di continuare a parlare:-Farai il galoppino, caro il mio G-Eazy, e non lamentarti per qualche proiettile. Plomo y plata, è questo che vedrai per i prossimi dieci giorni- sospiro, sapendo che sarebbe finita così:-Ti assicuro che avrai... quanti soldi volevi? 32.000 bigliettoni? Beh, li avrai anche in otto giorni, se corri e ti nascondi nei cunicoli come facevi un tempo- annuisco e allungo il mio braccio verso di lui, ma invece che stringermi la mano, mi dà la bottiglia di vodka vuota:-Non è mai stato un piacere fare affari con te, G- e si alza, lasciandomi lì, con una terribile voglia di bere e andare a fanculo, dato che ormai conosco la strada a memoria.


Mi sveglio su una scomoda poltrona della Chimera, e la prima cosa che vedo, ahimè, è Madison baciare uno sconosciuto, a cui dà una sonora pacca sul culo prima di cominciare a pulire. Fuori è ancora buio, perciò decido di affrettarmi ad andare a casa e studiare, perché finché Sept non mi farà sapere quando comincerò, devo pur sempre studiare. I libri mi aiutano a distrarmi, e tra una materia e l'altra esco di casa, vado a correre e poi cerco qualcosa da mettermi sotto i denti, altrimenti mi dimentico perfino di mangiare. Dopo solo due giorni mi arriva una lettera anonima , e a me non arriva mai posta. È scritta da Sept, e ci sono tutte le informazioni che mi servono: "Orario: 10 di sera - 4 di mattina. Merce: cocaina, meth, oggetti rubati. Totale: 10 pacchi a notte prima di staccare, si accetta un massimo di tre minuti di ritardo. Se ci sono inconvenienti, sai come funziona. Buon lavoro" e gli altri due fogli che compongono la lettera sono i percorsi che dovrò fare con le mete, che hanno quattro possibili varianti in caso la polizia mi trovi. Ma so che non riuscirà a farlo, perché sono bravo nel mio lavoro, bravissimo. Passo il resto del pomeriggio a percorrere e osservare i tracciati di Sept in auto, cercando appigli e posti favorevoli, nascosti tra la spazzatura o dall'ombra, poi passo a casa di Madison, un minuscolo appartamento che lei condivide con un ragazzo gay e due ragazze scandinave, che parlano poco inglese. -Ehi, G, che onore. L'ultima volta che sei venuto eri piccolo così- dice, prendendomi per il culo, ma ci rido sopra. -Volevo sapere se hai ancora il mio equipaggiamento- lei ridacchia:-Equipaggiamento! Che vocaboloni! L'hai sentita, Ryan?- chiede, e il ragazzo si gira e ride. -Ho tutto, vieni con me- raggiungiamo la sua stanza, ma invecedi aprire la porta giusta, Madison apre quella di fianco, rivelandole due scandinave che si baciano. -Adoro farlo ogni volta!- mi dice, poi urla qualcosa in svedese alle due ragazze, che probabilmente le bestemmiano dietro. Madison chiude la porta, e sempre soddisfatta, apre la porta giusta, facendomi entrare nel casino che è la sua camera, cosparsa di vestiti e di profumi diversi. Toglie i rifiuti di qualche merendina, lancia un libro, scosta un bong sporco e tira fuori un borsone nero, per poi porgermelo, mentre un profumo di colonia maschile si alza con esso. Lo tengo il più lontano possibile dal mio corpo, poi mi congedo velocemente e, una volta a casa, tiro fuori ciò che mi serve: il metallo della pistola luccica mentre appoggio l'arma sul tavolo, e il tintinnio dei proiettili mi fa capire che non è stata toccata. Li conto, per confermare il fatto che né Madison né uno dei suoi coinquilini ha voluto provare la mia roba, poi tiro fuori il paraschiena e i finti documenti, nel caso in cui dovessero mai farmi un verbale alla centrale, se mi trovassero in giro con una pistola e senza il corrispettivo porto d'armi. Fortunatamente Sept mi ha concesso un altro giorni prima di cominciare, perciò lo utilizzo per studiare, sia per l'università che per il lavoro, e poi comincio. Mi metto il paraschiena sopra la canottiera, poi mi infilo una t-shirt larga, dei jeans comodi in cui metto un dispositivo GPS e le mie fidatissime scarpe da basket, perfette per scivolare sui tetti e saltare; metto la fondina nel punto giusto, sistemo la pistola e poi mi sistemo i capelli, pronto all'azione. Salgo in macchina, raggiungo il solito parcheggio, prendo il pacchetto da una persona diversa, che poi sale al posto mio in auto per portarla al punto d'arrivo, mentre io mi metto a correre per le strade buie. Perché correre, se posso usare un qualsiasi mezzo? Oltre a essere più discreti, è un po' una perversione mia e di Sept, perciò lo preferisco a un freddo tragitto in auto. Sarò in svantaggio se mi becca la polizia, ma l'adrenalina della fuga è una delle sensazioni più potenti che abbia mai provato nella mia vita. Perciò allungo le falcate fino quasi a volare, toccando solamente la punta dei piedi, mentre corro nel buio e nella mente mi ricordo perfettamente dove sono i lampioni, le telecamere, dei possibili occhi indiscreti. Raggiunto il primo punto, un uomo raccoglie la merce, mentre un'altro tizio incappucciato mi consegna il pacchetto seguente. Questo è piuttosto grande, perciò con una corda me lo lego a mo' di zaino, poi continuo a correre; trovo degli appigli grazie a dei tubi del gas e, usandola come scorciatoia, corro per i tetti di San Diego, mentre l'orologio che ho al polso ticchetta lentamente, ricordandomi i minuti massimi di ritardo concessi. Dopo aver consegnato il secondo pacchetto, mentre corro per la consegna del successivo mi imbatto in una guardia, non prevista nel mio percorso. Ma prima di lasciare a entrambi troppi istanti per pensarci, la supero velocemente e prima che possa girarsi gli tiro una gomitata potente sulla nuca, stendendolo. Mi chino per sentire il battito cardiaco, e controllo che sia svenuto, poi vedo a terra la bottiglietta d'acqua che teneva in mano, e invece che sprecare quella linfa vitale mi ci aggrappo e la bevo, per poi continuare a correre con la felicità di un bambino piccolo, con la felicità che ho avuto quando mi ero baciato per la prima volta con Eleanor.



Questo capitolo è un blando, però sinceramente non so in che modo posso migliorarlo. Nel frattempo, ho quasi scritto tutte le frequenze della storia.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top