49: A memorable wedding.
Se si pensa a Washington, ci si immagina un'atmosfera regale, bianca e possente, ma in realtà, camminandoci dentro, sembra identica a San Diego, solo che ha meno palme ed è priva di quell'aria di perdita e di infinito che è il mare. La gente cammina con più fretta, con vestiti più eleganti, ma il posto mi sembra rivisto, familiare. Sarà che preferisco essere in qualsiasi posto piuttosto che a contare i secondi che mancano alla mia rovina, ma le strade larghe e il marciapiede lucido mi sembrano quasi confortevoli mentre ci cammino sopra, accanto a Tyler, in silenzio. -Quando tornerai a San Diego?- gli chiedo, e lui ha subito la risposta pronta:-In teoria ho un biglietto per domani mattina, ma se vuoi che rimanga un po' di più mi basta fare una chiamata a lavoro- mi guardo la mani, che sono bianco latte e rovinate alle nocche, rosse e ruvide, e mi chiedo che potrei fare per alleggerire la situazione, dato che non mi sono mai sentita in questo modo. -Lascia stare, tanto devi tornare a lavoro e da tuo padre, soprattutto- e lui scuote la testa:-Non sono obbligato a fare nessuna delle due cose, quindi non "lascio stare"- e mentre sto per ribattere, mi chiama mio padre. -Qui è quasi tutto pronto, quindi quando vuoi puoi raggiungerci- dice soltanto, e io mugolo una risposta mentre gli chiudo la chiamata in faccia, sfruttando ogni minimo secondo per farlo soffrire, anche se oggi dovrebbe essere il suo giorno speciale. -Togliamoci questo dente-dico a Tyler tornando verso la macchina, e lui risponde:-Che le danze abbiano inizio- aumentando il passo.
Dopo esserci cambiati, aver guidato per pochi minuti con la musica a tutto volume e aver parcheggiato la macchina, di fronte alla chiesa mi prende un attacco di panico e inizio a respirare tramite forti boccate che fanno bruciare ancora di più la gola, mentre il viso si sbianca, gli occhi arrossiscono e inizio a vomitare in un fazzoletto. Tyler, da bravo infermiere, mi riporta alla macchina e mi porge un sacchetto per il vomito, stando attento che il vestito nero che indosso non si sporchi; mi controlla il battito cardiaco e guardandomi negli occhi mi stringe la mano, dicendo ad un centimetro da me:-Se non vuoi entrare rimaniamo qui. Nessuno ti obbliga a fare qualcosa- io annuisco, sull'orlo di una crisi e con la consapevolezza che, nonostante tutto, nonostante Gerald, non sono abituata a questa vicinanza né a queste attenzioni, che hanno i colori degli occhi di Tyler, scuri e turbolenti. -No, devo farcela. Sono grande ormai, sono grande...- e mi appoggio al suo petto, mentre una sensazione di disagio, conforto, guerra e pace si mescola dentro di me, mentre rivedo il corpo di mia madre spiaccicato sull'asfalto, il flash della macchina fotografica della scientifica che mi appanna sempre di più i ricordi e la vista. Desidero avere Gerald con me, ma il Gerald che ho conosciuto, e non quello degli ultimi tempi; desidero avere più coraggio, ingoiare la bile ed entrare in chiesa con falcate regali; desidero che Tyler non avesse mai detto che gli piaccio, così adesso non avrei timore ad abbracciarlo. Mentre mi alzo ed esco dall'auto, prendo quel poco coraggio che mi tiro dietro e inizio a camminare verso il portone aperto della Chiesa, vedendo un flashback che non mi appartiene, e tutte le persone che si sono riunite davanti all'edificio per parlare e celebrare questo giorno sembrano volare via. Rivedo mia madre e i suoi bellissimi capelli scuri acconciati ad arte che si sistema davanti allo specchio, mentre controlla il suo trucco e parla nervosa con la sua migliore amica, nonché la damigella d'onore. La vedo camminare nella navata con passo lento e preciso, il vestito bianco nuovo e profumato che si trascina dietro tutti i problemi e i petali di rosa sparsi a terra, mentre un velo di angoscia le copre il viso candido e perfetto e i suoi occhi forano la tela, fissandosi in quelli di mio padre, alla ricerca del problema da risolvere. Vedo mio padre ammirarla come se fosse la regina d'Inghilterra, bella e pericolosa, mentre si aggiusta le maniche della sua giacca troppo pulita per la sua sporca personalità, e quei capelli troppo perfetti per stare su una testa piena di giudizi e pareri di persone che non sono lui. Assisto alla cerimonia, che si svolge con cura e passione, dai colori accesi e meravigliosi e le espressioni ancora più variopinte, assisto allo scambio di quelle fedi che solo tre anni dopo saranno buttate nel cestino dell'immondizia, assisto alle promesse scambiate con dei sorrisi che poi verranno triturati e infine assisto al bacio, che è stucchevole e troppo gustoso per durare a lungo, proibito e banale come la mela dell'Eden. Vedo mio padre e mia madre camminare a braccetto tra gli applausi finti e registrati degli spettatori, che non si aspettavano tragedia migliore da vedere in una chiesa, e l'ultima cosa che immagino prima di sedermi su una panca fredda e dura della chiesa, nell'angolo più scuro dell'edificio, sono tutti i chicchi di riso che cadono addosso ai miei genitori, corrodendoli velocemente e distruggendo tutto quello che si era creato come se fosse stato fatto di carta velina.
-E tu saresti...?- chiede mio padre a Tyler, mentre aspettiamo l'aperitivo. -Tyler. Sono un amico di Eleanor, ed è un piacere conoscerla. Eleanor mi ha parlato di lei- risponde Tyler come un vero gentiluomo senza dimenticare il suo stile. -Davvero? Spero che abbia detto solo cose belle!- e Tyler gli risponde in un modo cui io non sarei mai riuscita a formulare con la stessa rapidità e la stessa scorrevolezza, come se non ferisse come un pugnale dritto nel cuore e non fosse una frase che, pronunciata da uno sconosciuto, ti facesse venir voglia di litigare all'istante. -Sinceramente, spero che quello che mi abbia detto non siano considerate da lei le cose belle. Con permesso- e, toccandomi un braccio, mi trascina lontana da uno dei miei problemi maggiori al momento. Prende un bicchiere d'acqua frizzante e lo beve velocemente, offrendomene uno:-Ho sempre detto tutto quello che mi capitava, ma non sono mai riuscita a dire una cosa del genere a mio padre- e lui alza le spalle, sistemandosi gli occhiali sul naso. -Infatti non devi riuscirci tu, ci devo riuscire io- e gli sorrido, cercando di non pensare a Lilian e ai suoi sguardi, diretti verso di noi e carichi di spiegazioni a cui non voglio prestare attenzione. In un lampo, mi ritrovo a mangiare a un tavolo assieme a Tyler, mio padre e Lilian, e non spiccico parola. -Allora, Ele, tu e Tyler come vi siete conosciuti?- chiede Lilian con premura, cercando di farmi parlare per poi riuscire nel suo intento, cioè dirmi perché si è sposata con mio padre. -Il suo ragazzo si era sentito male e l'hanno portato all'ospedale. Io ero di turno e, dato che mi piaceva, ho iniziato a parlarci- dice Tyler senza aver paura del significato delle sue parole, che per lui non sono un'arma a doppio taglio ma una freccia, precisa e calcolatrice. -Hai un ragazzo?- chiede mio padre, e io lo guardo con odio. -Sei un dottore?- chiede Lilian per evitare l'argomento e continuare a parlare, provando a smorzare il tono della serata, che va dal verde vomito al rosso cremisi. -Infermiere. Laureato in psicologia e scienze infermieristiche in tempo record, con la vita già scritta fino ai miei settant'anni e nulla da perdere. Lei che lavoro fa?- e solo grazie a Lilian riesco ad avere qualche nuova informazione su di lui. -Prima facevo la donna delle pulizie, ma ultimamente mi sono appassionata al giardinaggio e con l'aiuto di Jonhathan ho aperto un negozio di fragranze profumate che creo insieme a delle mie amiche-Tyler annuisce e dice:-Per caso, questo odore è uno dei suoi profumi? È buonissimo- e lei batte le mani, contenta, mentre l'anello che ha al dito mi acceca e mi perfora le orbite oculari, chiedendomi di tagliarle un dito e toglierle quell'affare di metallo che non serve a nulla. -Sì! Iris e rosa canina. Sai, senza Jonhathan credo che non avrei mai scoperto questa passione, e le sono molto grato- e sorride a suo marito, che non può fare a meno di ricambiare con vomitevole gioia. -Dev'essere bello essere ricchi, usare i soldi per diventare amici di tutti e costruirsi una vita perfetta, vero John? Eppure dalla sua espressione non mi sembra così soddisfatto- aggiunge Tyler cordialmente, e il sorriso che aveva Lilian in volto si spegne, l'anello non mi acceca più gli occhi e delle nuvole scure si avvicinano a noi, mentre Tyler chiama i tuoni con un suo sguardo rivolto a mio padre, che sembra pietrificato di fronte all'imminente tempesta, che si sposta dal mare dove stavamo navigando a questa sala, facendomi godere lo spettacolo di fronte ai miei occhi increduli. Nessuno sa come rispondergli né sapere se sia meglio parlare o restare zitti, perciò finiamo la cena in silenzio, e subito dopo il taglio della torta scappiamo nella mia camera d'appartamento, io con un sorriso enorme in viso, Tyler con una corazza nuova di zecca, sempre più spessa e sicura, mentre taglia tutte le conversazioni con il suo mento, tenuto un po' più in su rispetto a prima.
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