45: Going crazy.
Mi sveglio all'alba, e sento immediatamente l'odore di pane tostato e caffè: mi vesto velocemente, mi metto un po' di mascara e metto le ultime cose nello zaino, per poi chiuderlo e mettermelo in spalla, quasi pronta alla partenza. Scendo le scale, e non trovo nessuno dei miei amici: ieri sera sono rimasti tutti a dormire, e mentre Logan e Mad dormono sui letti, Shaq e Rich si dividono un plaid sul divano. In cucina, la figura alta e longilinea di Tyler mi risveglia completamente: i pantaloni grigi di Logan e la canottiera di Shaq gli stanno malissimo, quelli grandi e quella piccola, però sottolineano i suoi punti forti, il bacino stretto e il corpo muscoloso. I capelli sono legati in una coda bassa e sta guardando fuori dalla finestra, mentre una leggera pioggia cade sulla strada e fa diventare tutto grigio, come il mio umore, come i miei ragionamenti insensati:-Buongiorno- mi saluta senza girarsi, e rimango di nuovo spiazzata dal suo modo di comunicare:-Ciao- lo saluto, prendendo un bicchiere e bevendo un po' d'acqua. -Vuoi mangiare qualcosa o restare a stomaco vuoto?- ci penso su, e mi dico che un toast posso permettermelo. -Toast? Sembrano buoni- finalmente si gira, e i suoi occhi sono ancora più scuri e mossi del solito, mentre la pioggia fuori si intensifica in burrasca dentro di lui, e quel lampo viola che gli attraversa l'occhio sinistro mi scuote i nervi. -Tieni- e mi porge un piatto con un toast enorme, abbrustolito e con un po' di burro sopra; lo ringrazio e lo addento, sentendo il sapore del pane e quello del burro, che si mescolano in un composto simile a gomma da masticare vecchia e bruciacchiata. Però, lo mangio tutto. -Mi potresti accompagnare all'aeroporto?- gli chiedo impulsiva guardando l'ora, e annuisce tranquillo:-Fammi cambiare- annuisco e lo seguo con gli occhi mentre raggiunge il divano e si toglie la canottiera. Serro la mascella, mi pietrifico e ricordo tutto il mio passato, che mi investe come una macchina ad alta velocità; però, il sentimento di repressione e paura svanisce velocemente come è arrivato, e quella macchina mi passa a due centimetri di distanza, senza però ferirmi. Per la prima volta in vita mia, riesco a vedere il torso nudo di un ragazzo e non provare mille emozioni contrastanti insieme, e quando nota il mio sguardo confuso sorride:-Non hai mai visto un ragazzo senza maglietta?- scherza, e io scuoto la testa seria:-Non con questi occhi- gli rispondo, allibita, e mi domando se anche Gerald possa farmi lo stesso effetto. Se, dopotutto, quei giorni di felicità sono serviti a qualcosa di buono. Tyler, dopo avermi guardato per un attimo con un'espressione impossibile da descrivere, dato che nemmeno io sono riuscita a decifrarla, si mette la camicia velocemente, si sistema i capelli e gli occhiali, prende la mia valigia piena di foto e mi dice:-Pronto- io sospiro, guardo per un'ultima volta casa, la saluto con gli occhi ed apro la porta, consapevole di lasciarmi alle spalle la culla che ha concepito i miei primi sorrisi sinceri dopo anni di infelicità.
-Vuoi che ti accompagni?- mi chiede Tyler mentre mi vede distruggermi e mi vede guardare fuori dal finestrino; io inizio a diventare bianca, come se dovessi vomitare da un momento all'altro, e improvvisamente voglio rimanere qui dentro, in questa macchina nera che mi ha salvata nel momento in cui non volevo essere salvata da nessuno. L'odore che la popola, che sa di vaniglia e di Tyler, calma un po' il mio panico, ma non del tutto. -Eleanor?- chiede di nuovo, e con le sue dita da infermiere, dirette e caute, ma anche da macellaio, forti e taglienti, mi gira verso di lui, e mi vede nel peggiore stato in cui una persona possa vedermi (nemmeno Gerald mi ha mai vista così): la mia mano sinistra preme sui tagli del mio avambraccio destro, che si aprono e sgorgano sangue, i miei occhi sono rossi e sul punto di piangere, il mio cuore è troppo arido per far uscire anche solo una lacrima, i miei capelli sono scompigliati e attaccati alle labbra secche, il viso è bianco e verdastro, come se dovessi vomitare tutti i miei problemi nella sua macchina. Un attacco di panico si impossessa di me e ritarda la connessione tra la mia mente e il mio corpo. Mi sembra di essere una creatura diversa dall'essere umano, una divergente della società, e mi faccio paura da sola mentre boccheggio e ordino ai miei polmoni di tornare a funzionare normalmente. Tyler mi osserva con il suo sguardo di tempesta che adesso si fa più calmo, pronto a cullarmi in un branco di morbide nuvole grigie; si allunga nei sedili posteriori, prende delle fasce del colore della mia pelle e se le appoggia sulle gambe muscolose. Abbassa lo sguardo per prendere la mia mano e pulirla dal sangue che ne ha macchiato le dita, poi mormora:-Stringi qui- indicando il suo collo, e ci appoggio entrambi i palmi sopra: al contrario di quello di Gerald, irto da vecchi lividi e vecchi traumi, il suo è freddo e liscio, come se fosse intoccabile, ulteriore prova della sua corazza impenetrabile. Mentre cerca l'inizio della fascia, noto il tatuaggio che ha sul collo, una falena in bianco e nero che mi guarda con quei grossi occhi che usa contro i predatori, e mi intimidisco proprio come loro, ritraendo le fauci che un secondo fa mordevano le mie braccia alla ricerca di sangue fresco. Le mie mani suonano una melodia al pianoforte sulle sue spalle, sulla sua nuca, pizzicandogli le corde di alcuni capelli troppo corti per finire legati, mentre lui medica le mie ferite con quegli occhi finalmente calmi, occhi da infermiere. Appena finisce mi bacia prima il polso sinistro, poi quello destro, e il mio viso prende improvvisamente colore, avvampandosi e facendomi sprofondare nell'imbarazzo. -È l'unica parte dite che posso baciare, dopotutto- sussurra, e divento più rossa di prima, profondamente in imbarazzo mentre la mia mente annaspa cercando di trovare delle parole, qualsiasi, ma trovando solo nebbia grigia, grigia come i suoi occhi, che mi cullano dolcemente. Poi, le sue mani scivolano come l'acqua tiepida della doccia sul mio viso, spostano i miei capelli fatti di pensieri e paure, e raccolgono la mia chioma di problemi fermandola con un elastico in una coda perfetta. -Non riesci a piangere?- chiede con un tono... bello, senza nessuna variazione di tenerezza, pietà o freddezza, rabbia, disgusto. Dà voce alle parole, e la voce è la sua, senza doverla modificare secondo la situazione; chiudo gli occhi, respiro profondamente, con finalmente il pieno controllo dei miei polmoni.
Inspira, espira. Inspira, espira. Inspira, espira.
Apro gli occhi, guardo il suo lampo viola e gli chiedo:-Cos'è?- Tyler mi fa l'occhiolino con quell'occhio, facendomi capire che non devo spiegarmi ulteriormente. -Un capillare che si era gonfiato quando ero piccolo e una pupilla un po' trasparente- come sempre mi sorprendo di lui come se lo avessi appena conosciuto, e quando scendo dall'auto finalmente rispondo alla sua domanda:-Sì, ne avrei bisogno- quindi mi sorride e spegne il motore, uscendo dall'auto e prendendo la valigia delle foto. Cammino nell'aeroporto come se fosse casa mia, sapendo dove si trovano tutti posti senza neanche averlo mai visitato: so cosa c'è, so cosa devo aspettarmi e cosa non troverò mai, semplicemente perché tutti gli aeroporti sono simili e la mia vita da adulta l'ho vissuta solo qui. Le gambe camminano sicure e leggere, e Tyler aumenta il passo per starmi dietro: guardo i tabelloni vedendo che il mio check-in è di un'ora avanti, e quando Tyler sta per dire qualcosa, lo fermo:-Hai fatto fin troppo per me, puoi andare- sospira e guarda l'enorme vetrata che si affaccia sugli aerei, che da qui sembrano fatti di carta e stuzzicadenti di legno. -Sei sicura di aver fatto le scelte sbagliate?- mi chiede contemplando il cielo, dello stesso colore dei suoi occhi, e io lo guardo, lo guardo cercando di capire come faccia a modulare delle frasi simili a poesia per la mia mente distrutta, creata in un modo che considero sbagliato. -Sì- rispondo torturando un lembo della fasciatura, che si nota meno di quello che credessi:-Eppure io dico di no... Anche se non sono il protagonista della tua vita- sospira di nuovo: mi sembra un marinaio che osserva la sua nave andare a fondo da lontano, sapendo di non poter fare niente per cambiare le cose, ma a differenza di Gerald lui ha un leggero sorriso, e quel leggero sorriso mi fa capire che lui sapeva fin dall'inizio che quella nave sarebbe affondata, e infatti l'unica sorpresa che gli dipinge il volto è quella del momento. La sua mascella si contrae, gli occhi minacciano temporali, le sue mani fremono alla ricerca di qualcosa che sa di non poter mai avere, e la sua armatura s'illumina d'immenso mentre ci si chiude dentro, lasciandomi fuori in balia delle trombe d'aria. -Ci vediamo, Eleanor- mi dice, per poi fissarmi e fulminarmi con i suoi occhi, di nuovo tempestosi, di nuovo di Tyler. -Ciao- lo saluto, malinconica, e lo vedo andare via come se fosse uno dei miei disegni più preziosi spazzato dal vento con una facilità crudele e cruda. Una parte del mio cuore lo segue, ribelle, e io mi ritrovo col respiro mozzato, di nuovo senza il controllo dei miei polmoni.
Quanto mi piace questo capitolo!... Voi che ne pensate? Spero che piaccia anche a voi, e se così non fosse, fatemelo sapere nei commenti. Sono curiosissima. Alla prossima ;)
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