40: Santa Monica.
-Voglio farti passare una giornata indimenticabile- dico vedendo il suo meraviglioso sorriso sbocciargli sulle labbra, rendendole ancora più belle. -E come?- mi chiede, e finalmente, con un sospiro di sollievo, vedo la vera Eleanor: è come una bottiglia di spumante, frizzante e leggera, rannicchiata sul divano di fianco a me. -Consegnami il telefono- le dico, e lei mi porge il suo costoso cellulare, sicuramente regalato dal padre. Lo spengo e lo appoggio sul tavolo. -Andiamo- mi alzo e protendo un braccio verso di lei, vedendo tutta la sua curiosità in quei bellissimi occhi dove il marrone si mischia con il nero della pupilla, ancora dilatata. Mi sento talmente contento e spensierato che non voglio sentir parlare né di Marilyn, né della Loyola e neppure di Mad o Rich. Voglio godermi Eleanor, la risposta sottintesa che mi ha dato e voglio subito farle capire che le mie intenzioni sono serie. -L'ultima volta non siamo andati a Santa Monica insieme perché era un periodo "no", giusto?- chiedo alla sprizzante ragazza che ho davanti, tutta curve morbide e felpa grigia. Annuisce mordendosi il labbro. -Bene, partiamo- le dico, e lei annuisce di nuovo, come a confermare che è tutto vero: finalmente potrà godersi la vacanza, e finalmente potrò fare festa dai miei problemi. Salgo in macchina e aspetto che si sieda accanto a me, facendo poi partire il motore e canticchiando le canzoni alla radio, mentre lei osserva il panorama, intriso di case, persone, colori e pensieri. -Siamo quasi arrivati- le dico dopo mezz'ora di strada circondata da alberi e piccoli agglomerati urbani. Per la prima volta, la sua solita aria ha quel qualcosa in più che mi fa sorridere: non è diventata improvvisamente solare e piena di brio, è sempre la stessa Eleanor cupa, depressa e malinconica, ma adesso ha un sorrisetto un po' più sincero. Parcheggio l'auto di fronte ad un fast food e le apro la portiera, come un vero gentiluomo, per poi farla entrare nel locale e farle osservare il menù. -Io prendo del tè alla pesca e una porzione piccola di patatine- riferisce al cameriere, e io le sorrido rassicurante. Dopo aver ordinato la cosa più energetica che dispongono, lei si affretta ad aggiungere: -Mi sono impegnata- le faccio l'occhiolino. -Lo so, lo so- e poi si guarda intorno, come se fosse sempre rimasta rinchiusa in una teca di vetro opaca, incapace di riuscire a vedere chiaramente al di fuori del suo piccolo spazio privato. Se mi sforzo di guardare intorno alla sua testa, posso vederle i pensieri fluttuare intorno a quegli occhi curiosi. -Tutto bene?- le chiedo, e lei torna a fissarmi, piantando delle altre radici nei miei occhi. Quel castano scuro della sua pupilla adesso è più aranciato e caldo, pronto ad accogliermi in un mare di morbide foglie autunnali. -Mi sento così strana, come se fossi nuova. Un po' più leggera, forse- ammette pensierosa, e per smorzare la tensione la butto sul lato comico. -Perché, le mie avances erano un peso?- farfuglio, avvicinandomi a lei, che è seduta di fronte a me. Capisce al volo il mio tono di voce scherzoso: -Ovviamente. Quando mai non sei un peso?- chiede sarcastica, e io le sorrido ancora di più. -Beh, allora sono felice di averti liberata- le faccio un occhiolino e lei arrossisce. Tanta tenerezza tutta insieme non fa che farmi dolere il cuore, di per sé debole; mi sporgo sul tavolo e le stampo un bacio sulla guancia, per poi rimettermi composto e osservare il cameriere che viene verso di noi con le nostre ordinazioni. Mangiamo in silenzio e velocemente, e dopo aver pagato ci mettiamo a camminare per le strade pedonali di Santa Monica, immersi nel clima mite del primo pomeriggio e nelle persone che camminano pigre per i viali costeggiati da delle grandi palme ombrose. Prendo la mano di Eleanor e la stringo alla mia, per poi osservare la sua reazione beandomi di questo punto di vista che ho adesso, dove Eleanor è al centro del quadro perfetto; non siamo venuti a Santa Monica per visitare nessun posto particolare, né tanto meno per fare i turisti: ho usato questa scusa solo per staccare un po' la spina e rilassarmi, ora che so che lei mi vuole. Verso sera ci mettiamo a camminare per delle strade colme di negozietti vari, e mentre Eleanor ammira le luci colorate alle bancarelle, io mi godo l'aria marittima respirando a fondo. Come ho fatto a cambiare così tanto in così poco tempo?
Eleanorha scattato varie foto della giornata, e le lascia asciugare sui posti dei passeggeri mentre torniamo a casa; a metà viaggio, mentre la notte si scurisce alle nostre spalle, la mia bella ragazza si addormenta rannicchiata di fianco a me, con le gambe appoggiate al cruscotto e il viso incollato al finestrino. Mentre guido le lancio molti sguardi dolci e non mi capacito ancora di come, in sole due settimane, la corazza inespugnabile del mio cuore si sia sciolta di fronte a tanta intelligenza e a tanta ingenuità. "Quanto ci si innamora in fretta".
>Eleanor'sP.O.V.<
-Ehi- Gerald mi sveglia. Sono nella sua auto, rannicchiata e con i capelli scompigliati. In un attimo mi ricordo di ciò che abbiamo appena passato: una placida giornata a ritmo dei nostri passi e del vento marittimo di Santa Monica. Gli sorrido, e una ruga sulla sua fronte sparisce. -Dove siamo?- gli chiedo. -A casa tua- mi dice, accennando con la testa alle mie spalle, dove presumo ci sia "casa mia". -Grazie per la bella giornata- gli dico cercando di raccogliere un po' di compostezza mentre mi sistemo i capelli. Lui alza una mano verso di me, ma invece di fare come hanno sempre fatto tutti, mi accarezza la testa e mi spinge verso di lui. Improvvisamente, l'auto si riempe di calore e il buio intorno a noi sembra lucente, illuminato solo da un lampione; mi bacia la fronte con fare amorevole e mi guarda negli occhi. -Perché hai avuto paura?- mi sussurra, la voce piena di amarezza. -Perché quando la gente alza le mani su di me, mi picchia- gli spiego in un borbottio. Abbasso lo sguardo, ma lui me lo alza di nuovo cercando i miei occhi, che si fondono con i suoi non appena accenno a guardarlo: quel mogano scuro delle sue iridi è talmente intenso e carico di pensieri confusi che mi rendono la mente chiara e precisa: so che in questo momento vorrei finire tra le sue braccia e restare con lui, perché so che entrambi vogliamo dimenticarci tutto quello che abbiamo passato e goderci questa piccola e nuova vita insieme, e so perfettamente che ormai non posso più tornare indietro. Gerald rimarrà una costante nella mia vita, qualunque cosa accada, qualunque distanza si porrà tra di noi. Eppure ho ancora quelle nuvole tra le camere del mio cervello, e mi ritrovo sempre a pensare ad altro. -Voglio toccarti dappertutto, ma non in quel senso...- dice con un sorrisetto perverso, guardando le mie labbra e cambiando in una frazione di secondo l'atmosfera nell'abitacolo: il calore aumenta, la sua mano sulla mia nuca è più leggera e mi spinge a portare la mia mano sul suo petto, tentando di diminuire le scariche elettriche che si propagano dalle nostre labbra. Apro leggermente il mio labbro inferiore e guardo i suoi meravigliosi occhi scuri, che mi supplicano di baciarlo; questo attimo di tensione è talmente fastidioso, ma al tempo stesso stimolante: tutti i miei sensi sono più svegli che mai, i pensieri si sono placati nella mia mente e tutto ciò a cui riesco a pensare è l'odore di Gerald, così banale ma al tempo stesso irresistibile. La sua mano destra si appoggia sulla mia vita, spingendomi verso di lui, e anche le sue labbra si socchiudono: io le guardo, tentando di imprimermi, con tutta la concentrazione rimasta, quel rosa chiaro simile ad un fiore di ciliegio, e quando ormai sembra che le nostre labbra si debbano unire, Gerald cambia traiettoria e in un attimo repentino inizia a baciarmi il collo. "Cazzo..." mi mordo le labbra, reprimendo un gemito, e inizio a spingere contro le sue labbra il mio collo bianco, che in tutta la vita non ha mai ricevuto trattamento migliore; reclino la testa più che posso, dandogli tutta me stessa, e lui gradisce con un ansimo rumoroso, per poi sfiorarmi la pelle con i denti. -Ti tremano le dita- dice mentre continua a baciarmi le clavicole, e io me ne accorgo solo adesso, adesso che quelle mani sono tra i suoi capelli. La passione brucia talmente tanto in noi che rischiamo di consumarci, finendo per scioglierci come candele accese. Gli tiro la testa indietro, ammirando i suoi zigomi rossi e i suoi occhi socchiusi, poi depongo un bacio casto sulle nostre labbra, sfioro il suo labbro inferiore con i denti ed esco dalla macchina, lasciandolo sconcertato e inappagato. Prendo velocemente le foto sul sedile dei passeggeri e raggiungo casa mia, chiudendomi il portone alle spalle ed iniziando a piangere.
"Ecco l'ennesima crisi."
Scusate il ritardo, ma ho avuto problemi con l'accesso a Wattpad. Spero che questo capitolo vi piaccia, ci vediamo nel prossimo ;)
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