35: Is this only a fucking game?


>Gerald's P.O.V.<

-Ci sei?- mi domanda Rich salendo in auto: controllo che ci siano tutti i libri nel mio zaino e lo seguo. Durante il viaggio verso Santa Monica mi ripasso i concetti chiave del marketing e della produzione, perdendomi in termini lunghi, complicati ma con dei significati precisi. Oggi darò l'esame per entrare alla Loyola, e sono febbricitante: finalmente posso confrontarmi con le altre centinaia di studenti che vogliono, come me, entrare in quella università, e così potrò avere un futuro, incontrare di nuovo mia madre e dimenticarmi di Eleanor. Già, perché sembra proprio che lei mi stia dimenticando, da quando ho reagito male per i lividi che le aveva provocato quel cazzo di egiziano di Shaq. Ma che dovevo fare? Avevano macchiato di viola e rosso la sua pelle nivea, e anche se lei aveva voluto ciò, non toglie il fatto che Shaq sia stato un'irresponsabile. Se uno ti dicesse di ucciderlo, tu lo faresti solo perché te lo chiede il diretto interessato? Ti fermeresti, ragioneresti e faresti un passo indietro. Ma lui, solo per un po' di morfina, si sballa a tal punto dal picchiare una ragazza; ed Eleanor non è una semplice ragazza, ma una autolesionista a cui piace il dolore e che si spinge talmente tanto in su dal poter sfiorare la morte con la punta delle dita. Quindi, l'atto di Shaq è ancora più pericoloso e irresponsabile: ha picchiato Eleanor, una ragazza che ha bisogno di aiuto, non di violenza. "Non di lui".

Rich è rilassato e attento alla strada, e mi fa arrivare in due ore alla SIP, una azienda editoriale che per oggi sarà la sede del test d'ammissione. Poco meno di una centinaia di teste si stagliano all'entrata, e appena Rich parcheggia, inizio a ripetergli tutto con una velocità micidiale. Dopo mezz'ora, una donna esce dalla SIP e cerca di calmare la folla. Scendo dall'auto e faccio un cenno di saluto al mio amico mentre mi avvio al resto degli studenti. Lo stomaco è in sobbuglio, le gambe sono pesanti e nella testa pensieri negativi vagano lenti tra le pareti celebrali, insieme al viso di Eleanor mentre disegna, che mi calma e mi da la forza di cui ho bisogno. "Dimenticatela! Lei lo sta già facendo". -Benvenuti a tutti! Siamo estremamente felici per la calorosa partecipazione al test d'ammissione per i corsi triennali della Loyola University. Per chi deve affrontare i test artistici, quindi Disegno, Teatro, Musica e i sottogeneri, segua il mio collega all'interno dell'edificio. Per le materie letterarie, aspettate ancora una mezz'ora, il tempo necessario per far venire qui tutti gli insegnanti. Infine, chi è qui per l'ala economica, del marketing e aziendale, mi segua- mi faccio spazio tra la folla e seguo la donna fino ad una delle sale conferenza, riempita da banchi e sedie. Mi siedo in prima fila, di fronte ad un'enorme cattedra scura rialzata, e sospiro di agitazione: mando un messaggio a Rich, spengo il telefono e, quando entrano tutti i docenti, lo porgo a loro, firmando il foglio di presenza. Mi siedo nuovamente, prendo una penna blu, la sistemo sul banco e inizio a giocare con il tappino mentre la stanza si riempe di una decina di ragazzi. Nessun banco resta vuoto e, dopo un piccolo discorso sulle classiche regole, come "non copiare", ci consegnano il test e danno il via. Il test è composto da ben diciotto pagine, ed è suddiviso in tre categorie: economia, con molti grafici, calcoli e terminologie tecniche, un testo di diritto con relative domande, e una parte di grammatica mischiata a qualche equazione di terzo grado. Tutte cose studiate e ristudiate, che affronto con tranquillità, sicurezza e padronanza delle tre ore a disposizione. Non stacco mai un attimo gli occhi dal foglio, ho sempre le risposte pronte e la mia mente è fulminea mentre sfrutta tutto il mio emisfero sinistro, quello della razionalità. Il destro, invece, si sta facendo un film mentale su Eleanor e sui suoi capelli castani che porta sempre sciolti in morbide onde, dai riflessi dorati e luminosi, che le arrivano a metà schiena e che le danno sempre noia, facendosi scacciare dalle sue mani dalle dita lunghe, e penso a quanto sarebbe bello se lei stesse facendo il test d'ammissione per la categoria artistica. I campus sarebbero vicini, alcuni corsi sarebbero simili e potrebbe vivere con me e mia madre, divenendo la mia ragazza e permettendomi di farla sorridere, di farla ridere e di farle abbandonare la lametta. Permettendomi di amarla con tutto me stesso, perché è questo che voglio.

Solo questo.

Come se fossero stati tre minuti, un uomo barbuto passa davanti a tutti i banchi e chiede il test indietro, dando in cambio il telefono e facendo firmare un altro foglio. Quando arriva di fronte a me, scrivo velocemente il mio nome sul test, prendo il telefono e firmo frettolosamente, per poi andare da Rich il più velocemente possibile. Appena esco dalla SIP abbraccio il mio migliore amico:-Allora? Difficile?- ridacchio mentre saliamo in auto. -Una cazzata!- rispondo felicemente. -Dove andiamo?- gli chiedo. -A bere, amico. Non so te, ma io alle sei del pomeriggio voglio prendere un bicchiere di whisky con il mio amico che andrà a fare la bella vita in New Orleans, cagandomi qui- gli sorrido e annuisco: per un'occasione così speciale, posso anche concedermi un bicchiere di Jack Daniels in santa pace.


Sono le nove. O le dieci? Non ne ho idea: sta di fatto che siamo in questo locale da troppo tempo. Dei capelli biondi mi volano sugli occhi, e li scaccio, sorridendo alla ragazza a cui appartiene la chioma quasi bianca. Mi sorride maliziosa, e posso ammirarla dal basso, dato che è su di me: indossa solamente una canottiera aderente e degli shorts neri di pelle, che le mettono in mostra quel poco che ha. Ma per dimenticare Eleanor è perfetta. Si struscia su di me e io le sorrido per poi dare un'occhiata a Rich, che sta giocando al vodka pong mentre ride con alcuni ragazzi. -Ehi bambola, che ne dici se ci appartiamo?- chiedo alla puttana. Mi sorride e mi guarda le labbra:-Devi pagarmi, prima- rido imitando Rich, poi mi calmo. -Non ho soldi con me- lei mette il broncio:-Allora la finiamo qua. Anche se avrei potuto fare qualcosa gratis...- lascia le parole sospese aspettandosi il mio apprezzamento, ma quando la noto in piedi e vedo le sue poche curve, una fitta di dolore mi ricorda la sinuosità di Eleanor, di quanto sia molto più scopabile di lei. Scuoto la testa e bevo un altro po' di whisky mischiato a qualcos'altro, prendendo il telefono: Eleanor, il suo numero, il suo bel visino in una foto scattata quando non se n'era accorta. Ne ho un sacco, di sue foto. È sempre così bella nella sua semplicità, nella sua tristezza perenne. -Non la chiamare! L'ho già fatto io un paio di ore fa!- mi urla Rich mentre beve con un gruppo di sconosciuti. -Io la chiamo!- gli urlo di risposta con tono trionfale. -Eleanoooor-dico al telefono mentre squilla. -Mmh, pronto?- dice una voce assonnata. La sua voce. -Eleanor! Buongiorno- le dico sorridente, e sento un mugolio. -Gerald... Che c'è?- mi chiede contrariata. -Oh-oh, qualcuna si è svegliata col piede sbagliato- mi mordo il labbro inferiore immaginandomi accanto a lei, adesso. A stringere la sua vita stretta tra le mie braccia, cullandola in un sonno ristoratore. -Sai, se mi chiamano in piena notte non mi ritengo molto disponibile...- ecco le sue risposte sarcastiche:-Ti voglio fare una domanda, anzi due o tre- mi spiego, e sento il suo verso di approvazione. -Mmh- mi schiarisco la voce:-Credi che sia ubriaco?- ridacchia e mi si scalda il cuore. -Ogni volta che lo chiami lo sei, quindi sì- "okay, adesso quelle serie". -Verresti qui da me?- le chiedo, trepidante. -No, perché sono sempre arrabbiata con te... e perché Santa Monica non è dietro l'angolo...- assumo un'espressione preoccupata, perché in fondo sono un po' triste: perché non mi vuole? -Non mi vuoi?- le chiedo preoccupato. -Quando sarò in grado di ragionare, risponderò a questa domanda. Buonanotte Gerald- mi dice, e no, non deve attaccare, devo ancora chiederle una cosa. -Ma la terza domanda?- dico agitato. -Me ne hai fatte quattro, con questa. Buonanotte- e sento il familiare tum-tum del telefono. L'ultima domanda era la più importante, l'unica che le avrei fatto anche da sobrio, quindi, invece che chiederlo a lei, lo chiedo al telefono, alla sua bellissima foto mentre mi guardava digitare sul cellulare:-Mi ami o tutto questo è solo un giochetto del cazzo?-.


Questo capitolo, anche se scritto un po' distrattamente (sto studiando per un test) mi piace tanto, e spero piaccia anche a voi. Ci vediamo al prossimo capitolo, se ci sono errori fatemeli notare e se vi è piaciuto mettete una stellina ;)

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