34: Calls.
-Eleanor-Tyler è dietro al bancone della reception, e mi saluta facendomi un sorriso bello come quello delle statue greche che studiavo al liceo, arcaico come il loro. -Tyler- lo saluto di rimando. -Gerald è uscito stamattina...- si affretta a dire, ma lo interrompo: -A proposito di Gerald... Com'era?- mi appoggio al bancone, ma Tyler si alza e mi fa strada, andandosi a sedere in un angolo della sala d'aspetto dell'ospedale ed invitandomi a fare altrettanto. -Scosso, infelice e pieno di energia, sia in senso positivo che negativo. Non vedeva l'ora di uscire di qui e fare qualcosa di utile- una lacrima, una sola, viandante e solitaria, solca il mio viso e segna il punto in cui inizierò a sgretolarmi, la prima crepa che avrò: perché pensare a quello che è successo e al fatto che ho poco tempo per sistemare la faccenda è dura da digerire, e potrei rompermi. Spezzarmi più di quanto non mi sia mai spezzata in vita mia.
-Ele, non intristirti. Non sarà l'ultima volta che ti arrabbierai con lui o che le cose non andranno bene, ma ha parlato di te come se fossi una dea. Gli manchi ogni singolo secondo...- lo guardo e vedo il suo sguardo distante da me, da questa conversazione. Piego la testa di lato:-E tu, perché sei triste?- a volte sembro così infantile: che glielo chiedo a fare? Sono affari suoi. -Perché non riesco mai nei miei intenti- dice freddo come una mattonella di marmo sulla mano, guardando le sue unghie corte, e cerco di farlo sfogare. -Tipo?- i suoi occhi grigi mettono le loro radici nei miei, e mille gocce di pioggia annebbiano la mia mente. Mi blocco, sentendo come se avessi bevuto del veleno. -Volevo fare lo psicologo, ma finisco per studiare infermeria perché mi pagano meglio. Volevo vivere da solo pagandomi l'affitto, invece sono costretto a dormire dentro una specie di garage perché non posso permettermi nulla, qua. E ora tu- aggrotto le sopracciglia: che c'entro io? -Non fare l'indifferente. Lo sai che mi piaci, ma io so che ti piace Gerald, ed è okay. Non ci speravo troppo, in fondo... Mi è stato tolto il dono della speranza da quando sono nato, e non incolpo nessuno per questo- faccio per toccargli la mano, ricercando i suoi occhi tempestosi con i miei, ma quando percepisco la freddezza che incute ricaccio via la mia mano, scossa da brividi impercettibili. -Okay- gli dico, e mi alzo. -Non scappare- si lamenta. -Ti ho solo detto ciò che penso. Non mi aspetto che tu ricambi, voglio solo che tu sappia che ci sono, se hai bisogno- annuisco. -Non scappo, torno semplicemente a casa a risolvere i miei problemi e, spero, anche quelli di Gerald- mi metto le mani fra i capelli e me ne vado massaggiandomi le tempie. Un mal di testa leggero mi preme i lati della testa, e a casa mi stendo sul letto, aspettando che l'oki faccia effetto. Mi siedo a gambe incrociate sul letto, quando Shaq si fionda in camera mia. -Ehi- lo saluto, ma lui non è venuto qui per parlare con me. È venuto qui per dirmi qualcosa. -Ele, mi ha appena chiamato Gerald- mi dice, e io alzo un sopracciglio. -Quindi?- gli chiedo, non vedendo il problema: Gerald, lui e Logan si sono scambiati i numeri di telefono da quanto non rispondo alle sue chiamate dall'ospedale, perciò Gerald scassa le palle ai miei due coinquilini per dirgli cazzate varie su di me e giustificazioni vane alla reazione che aveva avuto. -Quindi è distrutto. Felice perché farà il test d'ammissione, ma triste perché tu non sei con lui...-le solite cose, insomma. Non voglio parlare con lui adesso che la rabbia è ancora accesa dentro di me, perché non riesco a ragionare completamente. Oggi è partito insieme a Rich per fare quel maledetto test d'ammissione, e io aspetterò ancora un po' per far sbollentare il mio animo, che in queste ultime due settimane è stato fin troppo caldo per la mia pelle gelata. -Okay. Salutamelo- e lo invito ad uscire. -Ele, so cosa prova... L'ho provato anche io dopo aver fatto sesso con quella ragazza... è dilaniato dal senso di colpa...- alzo gli occhi al cielo:-Non me ne frega un cazzo né dei suoi né dei tuoi sensi di colpa- gli dico brusca, poi sussurro, più a me stessa che a lui: -Ci parlerò, ma ho bisogno di tempo per calmarmi- e chiudo la porta, lasciando Shaq fuori, allibito. Per il resto della giornata mi rilasso ascoltando della musica, leggendo un libro strano di Logan, che si legge dall'ultima pagina e fatto a fumetti – mi sembra si chiami manga, ma non ne sono sicura – e facendo dei disegnini sparsi sul mio diario. Verso le undici, mi chiama Rich:-Eleanor!- mi saluta caloroso, e mi rendo conto solo adesso di quanto io e lui siamo amici, di quanto ci diamo sostegno a vicenda: un po' di parole di conforto, qualche aiutino e riusciamo a sopportare Gerald e il suo atteggiamento. -Ehi Rich! Com'è andata?- gli chiedo, e posso sentirlo sorridere dalla risposte che da:-Alla grandissima! Santa Monica è meravigliosa e piena di brio, e Gerald è molto sicuro di sé per il test... Ha detto che è stato facile e che ora vorrebbe solo rivederti- sorrido perché mi manca quel lato di Gerald così premuroso e gentile. -Salutamelo- dico per la seconda volta oggi. Gli racconto della mia giornata e poi ci salutiamo. Appena appoggio il telefono sulla scrivania, mi arriva una telefonata: "di nuovo?!". -Pronto- rispondo annoiata.-Ciao- Johnathan Pierce. Mio padre. -Che c'è?- il mio tono è meccanico, triste ma incazzato al tempo stesso. -Ti voglio invitare ad un evento speciale a cui vorrei che tu venissi...- alzo gli occhi al cielo: da quando mi invita ad uno dei suoi eventi importanti? Da mai. -Che tipo di evento?- gli chiedo torturando le maniche della mia maglia. -Al matrimonio mio e di Lilian- mi va di traverso la saliva.
Mi va di traverso la parola.
Mi va di traverso la rabbia.
-Cosa?!- urlo, facendomi sentire dappertutto. -Già. Come sai, dato che te l'ho detto, io e lei stiamo insieme, e la nostra relazione va avanti da un po', così le ho chiesto se voleva diventare mia moglie, e ha accettato....- mi schiarisco la voce, pronta a farlo stare male. -A me non frega nulla di quello che fai, ma non vorrei che tu uccidessi un'altra donna, per giunta che dici di amare...- spiego concisa, e so di aver fatto centro nel suo punto debole. -Eleanor... Lo sai benissimo che tua madre si è suicidata, e tra noi due le cose sono andate male, diversamente da come credi...- prendo la notizia di petto e continuo ad arrancare contro corrente. -Ah si? Allora perché non me lo spieghi? Spiegami tutto, tutto di te e mia madre, di te e Lilian, tutto di te e me. Perché voglio capire un po' la tua mente, malsana tanto quanto la mia- lo incito, e lui mi blocca, tramortendomi e facendomi trascinare dall'acqua. -Se vieni al matrimonio, risponderò a tutto quello che vuoi- mi mordo le labbra: non voglio vederlo felice, ma al tempo stesso voglio che risponda alle mie domande, e voglio rivedere Lilian. -Posso portare chi voglio?- chiedo, sorridendo. -Chi ti pare- risponde, e attacco. Spengo il telefono e continuo a leggere, addormentandomi poco dopo mentre penso alle nuvole, grigie.
Siamo abbastanza vicini alla seconda parte della storia, e tenetevi forti perché ci saranno tanti cambiamenti. Spero come sempre che vi sia piaciuta, e se è così lasciate pure una stellina ;)
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