24: Tears.
-Eleanor!-mi urla Madison venendomi incontro: mai prima d'ora ho amato così tanto lei e i suoi capelli rossi: -Sali!- e faccio come mi dice, mentre mi accompagna nell'abitacolo.-Mad...- le dico con il fiato rotto e le lacrime agli occhi, in preda alla confusione. Mi passa una busta:-Tieni. Mi ha detto tutto Gerald- cerco di sorriderle prima di riversare dentro quella busta di carta tutto l'accaduto, e mentre le mani mi tremano, la butto fuori dal finestrino. In quel momento, Mad mi dice di spostarmi mentre noto la presenza al volante di Rich, e poco dopo, Gerald sale di corsa e chiude la portiera:-Vai!- dice a Rich, il quale mette in quarta l'auto e mi fa appiccicare al sedile posteriore mentre ci allontaniamo da lì. -Dove andiamo?- chiedo dubbiosa, e Rich sorride:-Non ne ho idea- Mad alza le spalle, e mi giro verso Gerald, pieno di lividi, graffi e sangue:-Cazzo- sussurro, guardandolo. Si gira verso di me, e posso osservare l'espressione più dolorosa e triste che gli ho mai visto in viso; si scusa con uno sguardo carico di sensi di colpa per non so cosa, e torna a fissare fuori dal finestrino, mentre il suo respiro rallenta lentamente. Mad gli passa una bibita energetica e un antidolorifico, che scola frettolosamente:-Andiamo a casa mia- gli dico, non sapendo che altro dire. Rich mi chiede l'indirizzo, e poi mi appoggio con la testa al finestrino, improvvisamente stanca. La rissa di prima mi aveva catapultata in un altro mondo, in un libro di fantascienza, perché tutt'ora non mi sembra possibile che uno come Gerald, gentile, calmo e fermo sia in grado di avere qualcosa in comune con quelle persone talmente brutte da farmi schifo. Rich si ferma di fronte all'appartamento, e cerco con gli occhi la Jeep di Shaq, non trovandola. Scendo, prendo le chiavi ed entro, trovando la casa piacevolmente deserta. -Fate come se foste a casa vostra- dico agli ospiti, e Mad mi chiede:-Posso perfino dare fuoco a qualcosa? O invitare qualche mio amico per una festa?- la guardo e noto un sorrisetto da pazza. -No, non quel genere di cose. Potete bere, mangiare, dormire, andare in bagno, accendere la tv e riposarvi...Fumate con le finestre aperte e non fate casino. Se prendete la morfina di Shaq rimettetela apposto- Rich ridacchia e cerca qualcosa in frigo; io invece prendo Gerald per un braccio e lo porto nel bagno al piano di sotto, facendolo sedere sul bordo della vasca. -Chi erano?- gli chiedo mentre prendo del disinfettante. Sospira:-Erano un gruppo di ragazzi che venivano di solito alla Chimera, il locale di fronte casa mia, e aiutavano chi aveva bisogno di soldi per i propri vizi... Un po' di tempo fa gli ho chiesto 400 dollari per la droga, e me li hanno dati, dicendomi che entro un mese dovevo restituire i soldi... Beh, non l'ho fatto e li ho lasciati per un po' senza mie notizie- poi chiude la bocca e sibila appena poggio il disinfettante su un graffio profondo sulla tempia, tamponando bene. Si abitua al dolore e mi chiede, sfiorandomi con le nocche spaccate la guancia:-Tu stai bene?- lo guardo e ci penso sopra. Certo, sono stata quasi violentata da un gruppo di sconosciuti con cui non avevo a che fare, ho intravisto il brutto giro in cui sta cercando di togliersi Gerald, l'ho visto combattere contro un'orda di cervelli vuoti ma astuti e lamia vita da depressa e suicida è stata rinnovata da questa esperienza. Ma dall'altra parte ci sono le preoccupazioni di Gerald, il suo dolore che mi fa stare bene e male al tempo stesso, l'aiuto di Madison e di Rich, due persone che non mi devono dimostrare niente, e questi giorni di pura felicità con Gerald, con quest'uomo assurdo e complicato che adesso mi sta chiedendo come sto. -Non sono ferita...- sussurro imbevendo un altro po' di cotone, poi metto una garza sulla ferita, fissandola alla pelle con dello scotch. Faccio lo stesso con le ferite profonde, e quando arrivo alle nocche e stringo le sue dita, lui con uno strattone mi fa trovare sulle sue gambe, e mi guarda, verificando se quello che ho appena detto sia vero. Io lo guardo di rimando, vedendo una landa desolata, piena di tristezza, colma di rimorsi, immersa nella nebbia e nella pioggia scrosciante, fitta, che mi riempe le ossa di freddo e mi fa desiderare di fargli dimenticare ciò che è successo pochi minuti fa. In difesa al ghiaccio che trasmette il suo sguardo, le sue dita appoggiate sui miei fianchi accendono un fuoco mai conosciuto dentro di me, che scoppietta desideroso di crescere, che mi fa tornare al presente e mi fa volare con l'immaginazione, mostrandomi come sarebbero morbide le sue labbra sulle mie, come sarebbe bello se diventassi sua e se lui fosse mio. Quel piccolo aggettivo che fa crescere quell'incendio dentro di me, che mi ripete quanto sarebbe bello poter vedere Gerald e pensare che nessuno potrà essere quello che io sarei per lui. Ma quell'incendio incontrollato finisce per bruciare le mie speranze, ricordandomi che tra un mese io non sarò più qui, non sarò più tra le braccia, ma mi troverò su un aereo diretto da mio padre, e non a casa. Perché per ora, l'unica casa che conosco è lui.
Continuiamo a guardarci, poi lui apre le braccia e mi invita ad appoggiarmi al suo petto, e così faccio: il mio viso si incolla alle sue clavicole e le mie braccia si avvolgono intorno alla sua vita stretta e forte, mentre mi circonda con le sue braccia potenti che fino a poco fa stavano picchiando una decina di persone, facendomi dimenticare ogni cosa, ogni persona sulla faccia della Terra tranne lui. -Mi dispiace- mi ripete, e io non mollo la presa, sussurrando vicino al suo collo:-Anche a me- e poi, il silenzio. È talmente confortante che ci abbraccia entrambi, sussurrandomi con tono dolce che posso smetterla di fingere, che posso abbandonarmi ai sentimenti, che posso liberarmi; e con sorpresa mia e di Gerald, piango. Per la prima volta in vita mia mi abbandono ad un fiume di lacrime e singhiozzi sinceri, senza sentirmi né sola né arrabbiata, ma sentendomi triste, triste e in fin di vita; la vita l'ho vissuta solo da quattro giorni, al suo fianco, e so che finirà, perché tutte le cose belle sono destinate a finire. Gerald mi stringe ancora di più tra le sue braccia e mi bacia sui capelli, facendo partire un brivido dalla nuca che si dirama dappertutto, facendomi singhiozzare ancora di più e liberandomi da questo peso assurdo che si sta accumulando sulle mie spalle. Per la prima volta piango come tutte le persone normali e voglio che Gerald mi veda, voglio che lui veda il mio primo vero pianto, non un pianto di rabbia né una cazzo di crisi che ho da quando ero più giovane. Bagno la sua maglietta mentre sfogo tutta questa tristezza accumulata negli anni e mi lascio andare, ripensando a quanto sia difficile piangere così e a quanto sia stato facile rompere le dighe nei miei occhi. Il mio corpo viene impadronito dai singhiozzi che piano piano si placano, e poi parlo con una voce chenon conosco, roca e velata dalla tristezza:-Scusa per la maglia- lui alza il mio viso con le sue mani, calde e rassicuranti. -Ehi, è tutto okay. Mi piace quando ti sfoghi- e mi toglie le ultime lacrime dalle guance. Sorride, e mi trovo ad imitarlo mentre mi riavvia una ciocca di capelli. -Come mai sei così triste? Dimmelo- mi sussurra con gli occhi socchiusi. -Perché io me ne andrò, e per la prima volta in vita mia voglio restare qui...- dico guardando in basso, verso le mie braccia radunate intorno al suo corpo, così freddo ma che accende il fuoco dentro di me, ancora una volta. -Ti piace questo posto?- "ora o mai più" mi ripete la mia vocina, e alzo lo sguardo verso di lui prima di parlare. -Mi piaci tu- dico mentre le mani tremano come foglie.
Ci siamo. Siamo arrivati al fatidico punto.
Adesso, vi lascerò sulle spine per un po' di tempo, e spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto.
Alla prossima.
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