๐ฝ๐๐๐๐๐
Mi strinsi nel mio soffice cappotto nero, sollevandone il caldo colletto fin sotto il mento con le pallide dita.
Afferrai nel palmo della mano tremante la morbida manica della scura maglia di Sebastian.
Le dita erano contratte attorno al tessuto in un piccolo pugno lattiginoso, le nocche erano spruzzate di lentiggini.
Cercavo inutilmente di trascinarlo dove era mio desiderio andare.
Mi lanciรฒ un'occhiata grigia ed estremamente tetra. ยซNon se ne parla neancheยป sentenziรฒ, le mani affondate nelle tasche dei larghi Jeans scuri. Un lieve sbuffo gli sfiorรฒ le labbra piene.
ยซMa perchรฉ?ยป.
Trascinai i piedi sull'asfalto, prolungando le parole piรน del dovuto. Lasciai ogni vocale rotolare sulla lingua, ogni consonante vibrare tra i denti, cantilenante.
Le scarpe emisero timidi scricchiolii.
ยซTu non devi fare nienteยป arricciai le rosee labbra in un broncio, osservandolo tra le folte ciglia ramate.
ยซVoglio provareยป.
Lo fissai intensamente, tracciando le piccole minuzie del suo volto: il lieve guizzare delle labbra in un mezzo sorriso sincero, i riflessi d'argento di quello sguardo torbido.
Per un attimo parve trattenere il respiro nel petto.
Scavรฒ nei miei occhi come se stesse cercando di distinguere il blu e l'azzurro in essi miscelato.
Sentivo il cuore svolazzare nelle orecchie. Sopraffaceva persino le urla dei bambini trascinati di peso lontano da giostre troppo dispendiose.
Scosse debolmente il capo.
Gli occhi grigi scintillavano.
Erano tetri come pietra tombale e io violentemente volevo riesumare gli scheletri celati, ripulire ragnatele incastrate negli anfratti piรน stretti del dolore.
Una muta resa, si staccรฒ delicatamente di dosso la mia mano, aprendo piano le mie dita lentigginose.
Lasciai deboli impronte di pieghe sgualcite nel cotone, come lui ne aveva lasciate nella mia anima.
Borbottรฒ un consenso.
La sua mano scivolรฒ lontana dalla mia in uno strofinare di nocche marmoree.
Nonostante tutto pareva sempre pronto ad assecondare i miei capricci.
Ci ritrovammo, cosรฌ, a passeggiare per il parco silenzioso.
Pareva che il freddo fosse abbastanza persistente da scoraggiare eventuali visite: poche erano le piccole creaturine che stringevano la manine paffute a quelle dei loro genitori.
Osservavano con occhi grandi e caldi, scoppiettanti, le strutture che dovevano apparire loro immense, colti nella contemplazione silenziosa.
Erano ancor meno i ragazzi coetanei miei e di Sebastian, che sembravano invece mantenersi sulle gelide panchine in legno.
Si scambiavano entusiaste effusioni, mani in ciuffi di capelli e denti strofinati su bocche umide fra nugoli d'aria solleticanti.
Il legno scricchiolava sotto le loro cosce, cadente e rovinato.
La superficie sotto le loro gambe era probabilmente coperta da un fine strato di condensa.
Eppure sembravano molto piรน che felici, stretti in un caldo abbraccio, nascosti all'imminente inverno.
Ci volle molto poco per attraversare il breve percorso che ci separava alla nostra meta: la piccola postazione di tiro al bersaglio, motivo delle mie pressanti insistenze.
Il tendone rosso fiammante era aperto sul davanti. Permetteva la vista dell'addetto; Un'uomo di mezz'etร .
Dondolava avanti e indietro, pensieroso, su una bassa sediolina in plastica azzurra, sistemata dietro il bancone, quasi si stesse nascondendo.
Occasionalmente si grattava la testa calva e lucida, a malapena visibile senza sporsi oltre l'allestimento in legno davanti a lui.
Il retro di una penna a sfera blu era accostato alla bocca screpolata, sotto dei lunghi baffi bianchi.
Con occhi vacui, osservava perplesso un piccolo giornaletto, di quelli che si comprano in ogni bar, cartoleria o edicola. Immaginai stesse cercando di risolvere uno degli enigmi delle parole crociate.
Non ci prestรฒ particolare attenzione.
Gli occhi erano di un nero fumoso, annebbiati nella concentrazione.
Non aveva ciglia e i denti davanti erano piuttosto prominenti.
Era molto magro. Annegava nel suo golfino blu cobalto, le guance scavate, praticamente pelle e ossa.
Arricciรฒ le punte di quella folta e candida coda di scoiattolo, chiamata baffi, che faceva sfoggio di sรฉ, appiccicata sotto il naso aquilino. Una patina di sudore sul mento appuntito.
Increspรฒ le labbra.
ยซMi scusi-ยป unii distratta le liscie mani dietro la schiena, dondolandomi lievemente sui bassi tacchi degli stivali scuri. Cercai di schiarirmi la voce, il busto chinato sopra di lui, i miei riccioli penzolavano oltre il bancone.
Un sorriso che sperai essere abbastanza cortese mi tese le labbra. ยซPosso giocare?ยป.
Mossi un vago cenno del capo, alzando il mento in avanti. Indicai il bersaglio di legno appeso a circa due metri di distanza da me.
Spessi cerchi concentrici erano stati dipinti sulla stele appesa alla parete superiore con della vernice di un giallo brillante.
L'ometto sobbalzรฒ come se gli avessi appena urlato in un grande orecchio.
Mi rivolse un'occhiata scura piuttosto truce. Si issรฒ premendo le mani sulle ginocchia, sopra il tessuto dei pantaloni in camoscio, e si alzรฒ.
ยซMi hai fatto perdere la concentrazioneยป spinse il labbro screpolato in una smorfia acida e tremula. Le parole emersero, nenia cantilenante ma stridula.
Tirรฒ fuori una piccola cesta di vimini da qualche anfratto sotto il bancone. Emetteva gemiti ogni volta che si abbassava e rialzava.
Ne estrasse quattro palline da tennis di medie dimensioni, di un verde innaturale.
Mi torturai il soffice labbro inferiore con i denti, sorpresa.
ยซMi dispiaceยป risposi infine, esitante.
E sussultai al tonfo sordo emesso dai quattro oggetti quando si schiantarono contro la superficie sbeccata del bancone di fronte a me.
Il mio sguardo incerto vagรฒ per lo stand, storsi la bocca.
Ingoiai una specie di risata divertita, quel vecchietto risultava inaspettatamente ridicolo, cosรฌ burbero e concentrato.
Sebastian puntรฒ le pupille strette sulla faccia appuntita, sembrando fermare il cuore del signore con un solo sguardo.
Quello sbiancรฒ, balbettando stancamente sotto gli occhi stoici.
Allora il ragazzo alle mie spalle mi offrรฌ una pacca delicata, spingendomi lievemente in avanti.
Aveva sottovalutato la mia goffaggine, inciampai, quasi finendo lunga sul bancone.
ยซQuattro tentativi, cinque dollariยป proseguรฌ l'uomo, osservando severamente le mie gambe malferme e le mie dita appendersi alla superficie di legno come salvavita.
Era quasi acre nella sua brutalitร .
Si posรฒ le mani sullo stomaco. L'unica parte di lui - notai - che fosse rigonfia.
Sbuffรฒ, i suoi occhi piccoli si strinsero in due fessure attente.
Sebastian estrasse dalla tasca un portafogli in cuoio.
Lo lasciai fare solamente perchรฉ quello sconosciuto mi induceva uno strano stato di soggezione, ma mi ripromisi che gli avrei restituito tutti i soldi.
ยซTieniยป.
Si rivolse all'uomo.
La voce era asciutta come il deserto del Sahara, raschiava contro i canini appunti, si arricciava nella contrazione preoccupata delle dita secche del vecchio attorno al denaro offerto.
Attento che la pelle non toccasse, rapidamente egli riscosse ciรฒ che gli spettava. La bocca premuta in una linea tesa e sottile, il naso sudato.
ยซBeneยป sbuffรฒ infine.
Mi osservava impaziente, chiaramente desiderando che mi sbrigassi a effettuare il primo lancio.
Feci come voleva e strinsi fra entrambe le mani la pallina da tennis, avvertendo una fastidiosa sensazione di ruvidezza.
Imbarazzata osservai il bersaglio attentamente. Socchiusi le palpebre concentrata e feci un lento passo indietro. Tesi il braccio.
Infine lanciai, sbagliando totalmente la mira, infatti riuscii a colpire il telo bianco dietro il punto designato.
L'uomo mi guardรฒ bieco, sbuffรฒ nuovamente. Mi fece uno sventolante cenno con la bianca mano, invitandomi a proseguire. Tentai nuovamente, approfittando delle tre possibilitร rimanenti. Sfortunatamente sbagliai e sbagliai ancora, finchรฉ non rimase soltanto un'ultima pallina.
Esitai piรน a lungo prima di lanciarla, consapevole di avere solamente un'opportunitร .
Sebastian si era offerto di vincere per me, ma no, volevo farlo da sola.
Infine, sotto due sguardi pressanti, ma per differenti ragioni, mi decisi a rischiare. Affondai i tacchi nel terriccio, una gamba indietro, l'altra avanti.
Inclinai lievemente il peso sul bancone davanti a me.
Puntai.
Fu una buona scelta di posizione.
L'ultimo colpo fu quello decisivo.
Un lieve tonfo a contatto con il legno scuro del bersaglio, che si abbassรฒ.
La pallina rimbalzรฒ su di esso e cadde in mezzo alle altre, rotolando pigramente nel terreno.
L'uomo tossicchiรฒ nel proprio pugno.
Mi voltรฒ le spalle e silenziosamente afferrรฒ qualcosa dal retro del piccolo capanno. Tornando, mi osservรฒ attentamente.
Mi allungรฒ un piccolo pupazzetto sventolandomi il braccio davanti alla faccia, sopra il bancone.
L'aggeggio era della grandezza di un mio dito indice. Aveva le fattezze di un minuscolo criceto. Era l'emblema del parco, la sua corta pelliccia era di un brillante rosa antico.
Due piccoli occhi neri in vetro mi fissarono nell'anima mentre lo rigiravo tra le dita.
ยซVuoi riprovare Rose?ยป Mi domandรฒ pigramente Sebastian.
Inarcรฒ le corvine sopracciglia, incuriosito, soppesando il portafoglio nelle mani bianche.
Anche l'addetto al capanno mi osservava, apparentemente attendeva ilย mio verdetto.
Strinsi fra le dita il soffice pupazzetto, le labbra rosee arricciate in un sorriso divertito. Scossi la testa, i ciuffi ramati mi seguivano frusciando lievemente nel movimento. ยซNo, mi piaceยป ammisi candidamente. Le pupille saettarono fra i due spettatori.
ยซOk, alloraยป.
Sebastian appariva alquanto scettico, quasi quanto il vecchietto.
I suoi occhi mi scavavano nel cuore, piantati sulla mia pelle.
Scrollai timidamente le spalle.
Rivolgemmo vaghi saluti all'uomo, riprendendo la nostra strada.
Ci allontanammo definitivamente da quello sguardo nero come cenere, vuoto e inquietante.
Il rumore lieve dei nostri passi ci seguรฌ lungo il cammino mentre pian piano facevamo il giro di ogni singola attrazione. Dopo quasi mezz'ora mi ritrovai con il bastoncino rosicchiato dello zucchero filato stretto fra le pallide dita.ย
Poca soffice sostanza nuvolosa e rosa era ancora attaccata ad esso.
Ero riuscita a comprendere che in realtร il piccolo criceto non era solo un pupazzetto, ma un portachiavi.
Fui anche piรน lieta della mia scelta.
Pagando nuovamente una piccola somma di denaro, riuscimmo a salire sulla ruota panoramica.
Premevo il naso contro il vetro.
Pian piano le luci fredde del mattino si diradavano in una brezza leggera.
Era il preludio dell'avvento di un freddo pomeriggio.
Quella era l'attrazione che piรน ambivo raggiungere: una grande struttura che si ergeva possente, osservandoci dall'alto dei suoi attestati ottanta metri.
Piccoli led si arrampicavano lungo il profilo. Il suo lento girare in circolo fu frenato nell'esatto istante in cui io e Sebastian ci trovavamo sulla cima.
Strinsi le dita attorno al parapetto umidiccio, la schiena fortemente fissata allo schienale rosso in plastica.
L'aria lร sopra era ancor piรน sferzante.
Frustava la pelle del mio viso con forza, eppure la sensazione non si dimostrava spiacevole quanto fresca.
Una brezza che corre fra i pensieri, riordinando in confusionaria maniera il complesso disordine della mente.
Schiacciata contro la lastra trasparente della finestrella chiusa, fissavo il cielo.
Era terso di nubi grigie.
Mi ricordavano gli annebbianti riflessi delle iridi di Sebastian.
Venni poi risvegliata, colta fra i pensieri, proprio dalla voce curiosa di quest'ultimo.
Il suo braccio era pigramente posato sullo schienale rigido della seggiola, nella nostra cabina sospesa in aria.
ยซMi dici perchรฉ ti sei voluta tenere quel coso?ยป Mi domandรฒ.
Mossi le iridi verso il basso, quasi bucando il finestrino per l'intensitร .
In un certo senso penzolavamo sul vuoto. Un lieve vociare, quasi inudibile, come il sussurro del vento, proveniva dalle postazioni inferiori.
Rivolse lo sguardo al minuto rigonfiamento nella tasca calda del mio cappotto, contenente il piccolo premio.
Schiusi timidamente le labbra, schioccandole pensierosa.
Voltai la testa verso di lui, ciglia ondeggianti.
ยซSe รจ piccolo รจ piรน facile conservarloยป sentenziai pacatamente. ยซLo metterรฒ nella scatola assieme al cucchiainoยป borbottai distrattamente.
Infilai la mano pallida nella tasca, avvertendo la morbidezza dell'oggettino.
ยซCucchiaino?ยป Ripetรฉ, palesemente perplesso, increspando le labbra carnose. I suoi occhi erano scintillanti, come se spuma si muovesse rappresa negli scogli, durante il temporale.
Mi scrutarono fra le ciglia folte e scure.
ยซQuello del gelatoยป risposi, evidenziando l'ovvietร delle mie parole, il suo sguardo rimase sul vacuo.
ยซQuello della prima volta, il tuo, quello che mi hai dato dopo che il mio era cadutoยป precisai con veemenza.
ยซOh, sรฌยป arricciรฒ le labbra in un mezzo sorriso. Strinsi fra le pallide dita tremanti e arrossate il bastoncino dello zucchero filato, ormai ripulito.
ยซQuesto non me lo aspettavoยป mi informรฒ distrattamente. Posรฒ una grande mano sulla seggiola.
Due pollici di distanza dalla mia.
A confronto pareva minuscola, fra i nostri due corpi. Avvertivo il calore della sua pelle stuzzicare le mie dita con solleticante delicatezza.
L'unico mio desiderio in quell'istante fu di poterle incastrare con le sue.
Cosรฌ come desideravo incastrare le nostre anime.
Scoppiai a ridere, posandomi una mano sul petto, a controllare le palpitazioni. Sentivo le guance cuocere per l'imbarazzo.
ยซOra credi che io sia ossessionata, non รจ vero?ยป Domandai, indotta in uno stato di disagio dalle sue iridi.
Parevano emettere scintille allo sfiorare la soffice superficie della mia pelle lentigginosa.
Scosse la testa, eppure non distolse lo sguardo. ยซMa mi stai fissandoยป constatai. Portai entrambe le fredde mani al mio volto, trovando refrigerio a quell'affiorare di roseo calore.
Un soffio di divertimento fuggรฌ alle sue labbra, custodi di segreti indicibili.
ยซNon per il cucchiainoยป mise particolare enfasi nella parola, a specificare la sua poca importanza.
ยซStavo pensando che dovresti ridere piรน spesso. Sei stata molto stressata ultimamenteยป i suoi lineamenti cesellati si tesero nella serietร .
ยซNon dovresti lasciare che qualcuno rubi le tue risate Rose, tu sei nata per ridereยป mi rispose.
Sentii il pungere delle lacrime salate.
Si aggrappavano alle scaglie di zaffiro nelle mie iridi. Molto spesso, quando eravamo bambini, mi ripeteva che ero nata per ridere.
Non ero mai riuscita veramente a comprendere il significato di quelle parole. Erano rimaste incise a fuoco nei battiti del mio cuore.
ยซE le tue risate, Sebastian?ยป Risposi, le labbra tremanti. ยซA loro chi penserร quando tu le trascuri? Chi le ha rubate?ยป.
Sorrise, quasi nostalgico.
Avvertivo il bollente calore della sua mano su una spalla.
ยซNon mi servono risate, Rose. Il furto risale a tanto tempo fa. Anche prima che io nascessiยป mi informรฒ dolcemente.
L'argento delle sue iridi invadeva le mie, era liquido, si incastrava negli anfratti nascosti.
ยซMi bastano le tueยป giocosamente mosse un dito ad arricciare un angolo delle mie rosee labbra ยซSono le tue risate a rendermi feliceยป.
Scansai delicatamente la sua mano, rifugio dal gelo.
ยซNon si รจ felici in due, se รจ uno a essere felice per dueยป scossi la testa, stremata. Osservavo il suo profilo fra le ciglia. ยซNon รจ la stessa cosa, non รจ la cosa giustaยป.
In quel momento, come in quelli a venire, il confine fra giusto e sbagliato era labile, ma sarebbe sempre stato sbagliato un mondo senza un suo sorriso.
Era popolato solamente dagli squarci d'ombra, riflesso di uno sguardo spento di luce. Luce che pareva essere fra le mie mani, giocando fra i riflessi del sole nei miei capelli.
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๐ ๐๐ก๐ข๐ฐ๐ฐ๐ฌ ๐ฐ๐ฌ๐ฉ๐ฌ ๐ช๐ข!
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