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Quella fatidica mattina piovigginosa mi risvegliai con occhi mezzi socchiusi e rosse ciglia strette. I miei pensieri si accapigliavano, rispecchiando il maltempo.

Scesi dal letto, arricciando le dita dei piedi contro il parquet, labbra increspate. Mi vestii in fretta e furia, beandomi del fresco di ogni primo mattino.

Mentre, in cucina, mi versavo un bicchiere d'acqua e portavo il vetro alla bocca schiusa, scorci rossastri di un sole dormiente fra le nuvole si affacciavano pacatamente alle finestre.

Filamenti di giorno si intrecciavano fra i miei ciuffi di rame, raccolti in uno chignon scompigliato. Il cinguettio degli uccelli faceva da sottofondo.

Mia madre spalancΓ² la porta di legno con un tonfo di proporzioni astronomiche, gli occhi verdi sprizzanti di energia e le labbra lucide di cosmetico piegate in un ghigno.

Con le braccia incrociate sul petto, batté il tacco dello stivale contro il pavimento, fissandomi «Dai, Rose!» mi redarguì con stizza «Sbrigati, stiamo aspettando solo te. Tom è in macchina, il motore è già acceso».

Alzai lo sguardo su di lei, perplessa, rimisi la bottiglia nel frigo, dopo aver deglutito un ultimo sorso e mi diressi verso l'uscita, lei mi rimase alla calcagna.

Β«E Sebastian?Β» chiesi distrattamente, arricciando le dita attorno alla fredda maniglia di ottone.

Mia madre mi osservò con aria stralunata, indossava solamente un paio di Jeans e una sbiadita maglietta azzurra «Non lo sai?» disse, nell'esatto istante in cui spalancavo la porta con poca convinzione «È qui!».

Fu un attimo. A malapena sentii la sua ultima constatazione, troppo presa dalla figura che imponeva su di me la propria richiesta di attenzione.

Sebastian aveva la schiena premuta contro lo sportello dell'automobile grigio argento di Tom. Lo sguardo rivolto verso la mia direzione, o meglio, verso la porta.

Il mio cuore saltΓ² un battito e d'un tratto accelerΓ², potei quasi sentirlo fisicamente pulsare, in quello spazio striminzito fra le costole. Avevo passato quattro lunghissimi giorni senza vederlo. Troppo.

Tuttavia con il sollievo, la soddisfazione e la calma arrivarono anche la disperazione e l'indignazione, ma soprattutto la rabbia. Mi accorsi di essere letteralmente e inesorabilmente furiosa.

L'ira mi punzecchiava sotto la pelle come punte di spillo. Vederlo lì, con un mezzo sorriso a fior di bocca, che discuteva di qualcosa con Tom, non era affatto gratificante.

Gli occhi grigi come la tempesta nel cielo che riflettevano un velo di nebbia e strascichi di luna, le mani affondate nelle tasche dei suoi pantaloni di stoffa.

Era avvolto nei suoi vestiti di nero cotone sottile, le caviglie incrociate, maniche lunghe arrotolate attorno agli avambracci.

Come se non mi avesse abbandonata d'improvviso, come se non continuasse a rifornirmi solamente di stracci sporchi a soffocare voci di domande nascoste.

Tom alla vista di mia madre era corso ai ripari, gettando nel terreno una sigaretta fumante, che aveva poi spento con la suola della scarpa. ArricciΓ² un'ultima nuvola bianca nell'aria.

Mia madre mi allungΓ² la giacca, che avevo scordato di prendere, infilandomela tra le braccia a forza. La misi, conscia che il mio semplice maglioncino viola non mi avrebbe tenuta al caldo.

Poi la donna che mi aveva dato alla luce mi rifilΓ² una spintarella con la mano, facendo pressione sulla schiena perchΓ© passassi avanti. Inciampai un po' sulla leggera brina che rircorpriva l'asfalto, goffa.

Poi mi riempii i polmoni d'aria ghiacciata, trafitta da lame di vetro nel petto. Mi feci avanti esitante, stringendomi nella lunga giacca verde, con l'interno in pelliccia.

Ormai le mie iridi non si staccavano dai fiordi ghiacciati che erano gli occhi di Sebastian, nelle loro migliaia di peculiaritΓ .

Staccai la lingua dal palato con forza, come da bambina l'avrei staccata da un ghiacciolo al limone troppo freddo Β«CiaoΒ» biascicai, strofinando le mani insieme.

Lui mi scrutΓ² attentamente. Accidenti se avevo scordato quanto fosse bello, con quei riccioli di demonio e la bocca carnosa, denti bianchi e trappole d'acciaio. Soffiai un sospiro nell'aria.

Β«CiaoΒ» rispose e io mi pentiti di essermi legata i capelli in quel dannato chignon disordinato, quando piccole scosse di ghiaccio mi bruciarono la nuca e il collo, percorrendo la spina dorsale.

«Sì, certo. Ciao a tutti, belli e brutti» mia madre sfondò la tensione con lingua tagliente «Anche se di brutti qui non ce ne sono» poi guardò Tom con iridi infuocate «Ma potrebbero essercene, stavi fumando?» aggiunse minacciosamente.

Le dita dell'uomo tremolarono, stringendosi attorno ai lembi sottili della giacca che stava indossando Β«No!Β» soffiΓ² nell'aria, fin troppo velocemente. Gli occhi color caramello scattarono lungo la strada semideserta.

Mia madre schioccΓ² la lingua come fosse una frusta, le ciglia marroni strette e un alone di ciuffi castani sulle spalle, ma la interruppi prima che potesse combinare qualche guaio irreparabile.

Β«Che ne dite di andare?Β» squittii, non poco preoccupata. Tom si agganciΓ² immediatamente al suggerimento, spalancando la portiera della macchina, frettoloso.

Β«Prima le signoreΒ» mormorΓ², con lo sguardo basso tra ciuffi brizzolati e io non esitai a seguire il richiamo attraente di un veicolo caldo e asciutto.

Così, alla fine, ci ritrovammo tutti accalcati nell'auto. Tom guidava, stringendo le dita attorno al volante, gli occhi fissi sulla strada ghiacciata.

La tensione un po' comica fra lui e mia madre, seduta nel sedile di fianco, quello del passeggero, non poteva essere affatto paragonata a ciΓ² che stava avvenendo alle spalle dei due adulti.

Io non avevo assolutamente idea di cosa avrei dovuto dire, ma piΓΉ restavo in silenzio, piΓΉ le gote mi si imporporavano d'ira.

Le mie ossa si stavano scongelando, grazie all'aria calda nell'abitacolo, questo mi conferiva un ritorno alle mie capacitΓ  intellettive.

A irritarmi ancora di piΓΉ, tanto da farmi serrare la mascella con tanta forza da sentir schioccare i denti, era che Sebastian avesse il capo posato sul finestrino, fronte contro il vetro.

Suoi respiri pesanti condensavano l'umiditΓ  e appannavano il materiale trasparente, fuggendo alla bocca schiusa.

Le sue iridi d'argento si muovevano, scrutando l'esterno, le case sbiadite, le macchie di prato e le macchine in movimento. Ma la sua mente sembrava altrove.

Io mi trovavo poco piΓΉ lontano, le braccia incrociate sul seno, rimuginando ardentemente.

Fu un viaggio molto imbarazzante, durato troppo a lungo. Ricordo solamente che a un certo punto aveva cominciato a piovere, le gocce scoppiettavano sul tettuccio della macchina, come popcorn in una padella.

Ricordo anche di aver pensato, osservando Sebastian tracciare un percorso con dita bianche sul vetro, che il tutto appariva come un quadro.

Un dipinto colorato di cera, screzi di nero e cobalto, ghiaccio e tempesta. Mentre scivolavo nel sonno, accoccolata nel sedile, mi parve quasi che lui posasse le iridi su di me, attraverso il riflesso.

Fu solo un attimo. Mi fissΓ² determinato, come solo chi ha appena preso una decisione sa essere. Mi fissΓ² come se qualcuno nel suo cervello avesse appena scoccato una corda d'arco.

Come se qualcuno avesse appena premuto Start.

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π”ˆ π”žπ”‘π”’π”°π”°π”¬ 𝔰𝔬𝔩𝔬 π”ͺ𝔒!!!
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