π·ππππππ ππ ππππππ
PiΓΉ tardi, quella sera, durante la cena, saggiando sulla lingua sapore di tristezza e pollo, giocherellando con la forchetta fresca fra le dita, osservai mia madre, seduta di fronte a me.
Le caviglie incrociate sotto il tavolo e ciuffi rossi che mi solleticavano le guance, lievemente arrossate Β«Sai, mammaΒ» soffiai brevemente fra le labbra Β«Pensi ancora che sia una buona idea? Voglio dire... Il viaggio, la vacanzaΒ».
Lei alzΓ² lo sguardo, occhi verdi come tappi di bottiglia, freschi di vita e di speranza, inarcΓ² un sottile sopracciglio marrone, con la bocca stretta e la fronte corrugata Β«PerchΓ©?Β» chiese, pulendosi le labbra brillanti con un tovagliolo.
Mi strinsi nelle spalle, la testa lievemente curva sulla superfice marrone del tavolo, gli occhi azzurrini rivolti alla carne nel piatto. La guardai, rizzando la schiena.
Β«Be'Β» risposi, fra ciglia vermiglie, con casualitΓ Β«Con tutta la preoccupazione che aleggia in giro, lasciare i nostri amici...Β» mi morsi le labbra, staccando una pellicina.
La donna gettΓ² lievemente il capo all'indietro, le maniche della sua maglietta azzurra erano arrotolate sugli avambracci, umide d'acqua e sapone. Mi rivolse un'occhiata Β«Se ci preoccupassimo dei nostri amici ogni volta che dobbiamo fare un viaggio...Β» disse, sistemando una ciocca marrone dietro l'orecchio Β«Non faremmo mai niente e, anche se questo Γ¨ un caso particolare, i tuoi amici se la caveranno, per di piΓΉ credo che questo incidente sia una ragione ulteriore per partireΒ».
Sulla parola "incidente" i suoi occhi e quelli di Tom si erano incrociati per un momento. Erano seduti fianco a fianco. Il termine, già precedentemente utilizzato dall'uomo, suggeriva che era così che erano stati abituati a chiamare questo genere di avvenimenti, quasi in una deformazione professionale.
Sorprendentemente, ingoiando un ultimo boccone, fu Sebastian, che sembrava non essere mai sazio, a intervenire, gli occhi liquidi e le labbra increspate Β«Io sono d'accordo con zia Kate, RoseΒ» un ricciolo di bocca, mi rivolse una furba occhiata con la coda dell'occhio fra ciglia di carbone, danzante di luce, come lumi di candele e fumo.
La consapevolezza e la sorpresa mi travolsero come una scossa elettrica, pizzicarono la pelle pallida e animarono il cuore, in un frullio pressante contro la cassa toracica.
Β«Cosa?Β» borbottai, lasciando cadere la posata nel piatto con uno sbuffo Β«Stai scherzando?Β» in ogni mio ragionamento ero partita dall'errato presupposto che, almeno in questo caso, lui avrebbe preferito restare, combattere le ombre e schiacciare il male con morsi, schiocchi di zanne e occhi di fuoco. Pareva che, invece, non ne avesse intenzione e ciΓ² era ancor meno consolante.
Lui, alla mia destra, scrollΓ² semplicemente le spalle, un guizzare di muscoli e iridi fra ciuffi neri come piume di corvo Β«Quale momento migliore per andarcene?Β» mormorΓ², versandosi acqua nel bicchiere e bevendone un sorso.
Con le pupille sgranate e lo sguardo perso, gli assestai un calcio nello stinco, che lui incassΓ² stoicamente, spostai fili ramati dal viso, con stizza e fastidio Β«Hanno bisogno di te, lo saiΒ» ringhiai, fra i denti, la colpa che s'avviluppava nel petto, rovi di spine a premere nelle falle del cuore.
Nessuno mi avrebbe sentito, se non lui, non umano, dall'udito di belva con riccioli scuri e occhi d'agento, fare scocciante, incurante e strascichi di risa nei riguardi del mio tormento, stravaccato su quella ciondolante sedia di lucido legno a pochi centimetri dalla mia.
Con un piccolo sospiro e lo sguardo di Tom e mia madre su di noi, accostΓ² il viso perfetto al mio, il respiro che mi premeva sull'orecchio, il busto sporto in avanti. Trattenni il fiato, con macchie vermiglie sulle guance.
Β«NoΒ» sussurrΓ² placidamente, come acqua di stagno, implacabile come onde e sale di mare Β«Li sottovaluti, specialmente alcuni di loroΒ».
Arricciai le dita, afferrando il bordo seghettato della sedia, ci strinsi i palmi attorno, nocche bianche e ciglia svolazzanti, labbra schiuse, sguardo fisso di fronte a me, guardando mia madre nei suoi occhi freschi e stupiti, ma non vedendola.
TornΓ² al suo posto, il ragazzo con fauci di lupo, l'ombra di un sorriso sulla bocca e i muscoli guizzanti sotto la maglietta grigia. Era lieto d'aver vinto e che io avessi perso, perchΓ© da lontano non mi sarei piΓΉ potuta affacciare sulla veritΓ .
Ma si sbagliava.
Dopo qualche ora ci trovavamo nella mia stanza. Seduta sul letto a gambe incrociate, ero intenta a passare le dita fra i capelli, componendo lentamente una lunga treccia rossa, fermata da un elastico azzurro.
Sebastian era seduto a cavallo della sedia di plastica della scrivania, il busto rivolto verso di me e il gomito sullo schienale, il palmo a sorreggersi il volto. Un ciuffo scuro gli si arricciava sulla fronte e le sue pupille mi fissavano, vacue.
Β«Sei arrabbiataΒ» constatΓ², infine, stringendosi nelle spalle con semplicitΓ , posizionato al contrario com'era, lo stomaco contro lo schienale, sembrava una qualche statua di marmo, pelle chiara e occhi brucianti, labbra carnose arricciate e lunghe ciglia svolazzanti.
Non lo guardai, anche se sentivo il palpitare delle sue iridi sulla pelle, imprimere ustioni di pensieri e memorie, emozioni malcelate «Ovviamente» sputai, lasciando rimbalzare la treccia lungo la schiena, sulla bianca maglietta di cotone. Stringendo le mani attorno alle caviglie intrecciate «Volevo tirarmene fuori, lo sai. Lo avevi capito» l'ultima frase fluì in un sibilo.
Β«Ma non puoiΒ» rispose lui, calcando le parole, in un arricciamento di lingua premuta sul palato, vocali scandite contro i denti, le scarpe premute sul pavimento Β«Mia nonna giΓ non vede l'ora di averti tutta per sΓ©, tua madre non potrΓ piΓΉ sospettare niente e sarai fuori dal pericolo finchΓ© sarai in VirginiaΒ».
Le mie sopracciglia ramate arrivarono all'attaccatura dei capelli Β«Non ne dubitoΒ» sbottai, facendo saettare gli occhi azzurri verso di lui, brucianti come sale su ferite aperte Β«Non sono io quella per cui mi preoccupo. Quella che qui Γ¨ indispensabile. Sarei ben felice di stare un po' con Eleonor. Ma tu...Β».
La sua espressione si contrasse un po' in una concreta rappresentazione della vera bellezza, sporse il labbro inferiore Β«Ragioni come se io mi stessi muovendo in maniera direttamente proporzionale alla tuaΒ» si lamentΓ², ciondolando la gamba destra e incrociando entrambe le braccia sullo schienale.
Storcendo le labbra, scontenta, considerai il colpo basso con un sospiro «Questo perché è così che fai!» Ammisi esasperata, piantando le iridi nelle sue, rigirando attorno al dito un ricciolo sfuggito alla treccia «Non mi dà fastidio, ma non è neanche giusto nei confronti... Di chiunque altro».
Inclinando il capo per obliquo, mento premuto nell'avambraccio, sbuffò «Non posso fare quello che voglio fare?» chiese, stavo per rispondere, ma troncò ogni mia parola sul nascere «Anche se quello che voglio fare è far fare a te ciò che tu vuoi fare» proseguì, divertito «E ti ripeto, li sottovaluti. Io non ho quasi nulla più di loro, in abilità . Ashley mi batte persino, se invece parliamo di esperienza, lei è quella indispensabile».
Corrugai la fronte, mordendomi le labbra Β«Questo che significa? E Kelly? Katrina? PerchΓ© proprio Ashley?Β» sotto uno sguardo insofferente, scudo argenteo impenetrabile a ogni domanda, contrassi le dita attorno al lenzuolo floreale Β«Allora pensa a questo... Non hai forse promesso, proprio un paio di ore fa, che ti saresti occupato del rischio? Che avresti impedito che altri esseri umani rimanessero feriti?Β».
Β«E lo farΓ²!Β» EsclamΓ² Sebastian arricciando il naso, ciglia scure svolazzanti nell'aria Β«Negli ultimi tre giorni che trascorreremo qui, prima della fine delle vacanze di Natale. Poi se ne occuperΓ leiΒ».
Compresi immediatamente che si stava riferendo un'altra volta ad Ashley. Anche se ero piacevolmente sorpresa dalla scoperta di una tale fiducia, non riuscivo a sopprimere preoccupazione.
Se ne accorse e stava per schiudere le labbra, quando il telefono nero, all'angolo della scrivania di legno dietro di lui, vibrΓ² per la quarta volta. Lo afferrΓ², osservando lo schermo, ma prima di rispondere riportΓ² gli occhi pallidi su di me.
«Vuoi sapere la verità ?» chiarì, un sopracciglio inarcato e la bocca premuta in una linea sottile «C'è qualcosa che devo fare, ad Ashland, qualcosa di importante. Molto importante».
E, sotto le mie pupille sgranate, guance arrossate e un sospiro sorpreso nel petto, mormorΓ² un rapido Β«E' KellyΒ» premendo il pulsante verde, per accettare le chiamate.
Non compresi molto dalla conversazione. Colsi, tuttavia, lo sguardo consapevole di Sebastian che si limitΓ² a borbottare assensi, arricciando le labbra, come se ogni suo sospetto fosse stato confermato e qualche sussurro frenetico e senza freno, soffuso e incomprensibile, fuggire, veloce come pensiero, dalle labbra rapide di Kelly.
Nei suoi occhi argentei ballavano luci e filamenti di fumo, nuotavano in laghi di ferro fuso, ustionanti di rabbia, impronte di luna, fluire grigiastro di liquido chiaro e placido Β«Come immaginavoΒ» disse lui, infine, scostando dal viso ricci neri con i polpastrelli, masticando sentimenti tra canini bianchi.
AttaccΓ² senza un saluto, come sempre faceva, e affondΓ² il cellulare nella tasca dei Jeans Β«Devo andareΒ» disse, guardandomi. Annuii, ancora con dubbi incastrati in bocca e la lingua impastata.
Prima di sparire fuori dalla porta della mia stanza dalle pareti nivee, passando vicino al letto, mi rivolse un sorriso Β«Ci vediamoΒ» sussurrΓ², sfiorandomi la guancia con le labbra soffici e sgusciΓ² via.
Mi lasciai ricadere totalmente nella morbidezza del materasso. Affondai il volto nel cuscino, assaporando il sapore di lavanda in un sospiro, con nuova curiositΓ sulla punta della lingua, rilassando i muscoli.
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