Capitolo 6
Y/N'S POV:
Seokjin e Lisa mi attendono per l’aperitivo sulla terrazza di un locale con affaccio su Yeouido Park, uno dei miei angoli preferiti della città: per prima cosa il parco è della giusta dimensione (né troppo piccolo né troppo grande), è sempre piuttosto vivace con un’umanità varia e divertente che non annoia anche se non hai niente di meglio da fare che startene seduto a scrutare gli altri (spiare è una cosa molto da scrittori, per quel che mi riguarda), e infine vi si affaccia la biblioteca pubblica. Quello che sanno in pochi è che quest’area fu inizialmente pensata, nell’Ottocento, come cimitero per i poveri, funzione che svolse per circa un ventennio, prima di essere riconvertita in parco. Un po’ di lato dark rende sempre interessanti le storie.
Per fortuna questo settembre si sta mostrando molto collaborativo dal punto di vista del meteo, e si possono ancora sfruttare le giornate calde per fingere che l’estate sia destinata a durare per sempre.
Sono un po’ in ritardo, ma ho avvisato, e infatti al mio arrivo trovo i miei amici già seduti al tavolo con la vista migliore; Lisa deve aver sfruttato il suo fascino in mia assenza. Di solito sono io quella ha il compito di sbattere un po’ le ciglia, ma anche lei non scherza.
«Scusatemi, tesori miei», mi avvicino salutando prima una e poi l’altro. Chaewon è in missione per un suo romanzo – credo stia provando a fare campeggio nella natura, incredibile ma vero – perciò siamo in numero dispari. Nonostante sia Lisa che Seokjin siano ormai felicemente accoppiati, sono sempre molto attenti a non rinunciare ai nostri momenti di chiacchiere tra soli amichetti. Confesso che ho temuto molto per la tenuta delle nostre vecchie abitudini, ma per fortuna le mie preoccupazioni sono state smentite, almeno per il momento. Non pensavo sarei mai arrivata a sentirmi il brutto anatroccolo del gruppo, ma nell’ultimo periodo una parte di me non può non notare che sono l’unica single, ormai. Chi ha un marito, chi ha un fidanzato, ma tutti sono passati al per me sospetto mondo della vita a due senza grandi mal di pancia.
«Carino questo vestito. È nuovo?», nota subito Lisa mentre mi accomodo sulla sedia accanto. Dire che non le sfugge niente è dire poco.
«E se fosse?», chiedo vaga.
«Sarebbe interessante: di solito le donne, anche quelle indipendenti ed emancipate, hanno la brutta tendenza a riservare i vestiti nuovi agli incontri con un uomo». Lo dice con uno strano tono, come se mi stesse sfidando a smentirla.
«Be’, ma Y/n è sempre stata più avanti di tutti noi», le fa notare Seokjin, che è così uno zucchero di uomo che in passato ho temuto che qualche lupo potesse mangiarselo. È stato un grande sollievo quando ho conosciuto la sua giovane rockstar e ho compreso che erano della stessa pasta. Evento molto raro, tra l’altro, perché di solito quelli buoni inciampano facilmente sullo stronzo o stronza di turno. È quasi una regola darwiniana.
«Vero…», gli concede Lisa. «Ma oggi è in ritardo, e lei non lo è quasi mai…». Mi scruta con quel sorrisetto furbo e sfrontato che le dona molto.
«Avevo delle commissioni», rispondo con il tono più neutro possibile.
A Lisa sfugge una risata. «Y/n, cara, ti conviene vuotare il sacco perché alla fine farai solo una figura barbina», mi avverte. Sospetto che sia dalla parte della ragione.
«E va bene, visto che la vostra curiosità non conosce confini… sono stata a visitare la chiesa dove si sposerà mia madre», esclamo con enfasi. Per mia fortuna pochi attimi dopo il cameriere compare con il gin tonic che ho ordinato mentre stavo per sedermi. Quando si dice il tempismo perfetto. Mi avvento sul bicchiere come se fossi terribilmente assetata.
«Sei andata a visitare la chiesa? Tu?», chiede conferma un confuso Seokjin.
«Non è che io sia una sorta di demone femminile che si trasforma in sabbia nel momento in cui mette piede in qualche ambiente sacro», cerco di buttarla sullo scherzo, ma un pizzico di offesa mi è rimasto addosso. Non vedo perché debba essere una cosa così sconvolgente…
Ok, non è vero, lo capisco benissimo. Ma non ho comunque intenzione di ammetterlo.
«E poi mia madre mi ha chiesto di aiutarla con l’organizzazione», concludo. Il che è vero. Più o meno. Mia madre l’avrà anche proposto, ma forse per mero “senso del dovere” materno, per farmi sentire in qualche modo coinvolta, senza contare che potrei benissimo trovare una scusa qualsiasi per dileguarmi.
«Non ti ci vedo», mi confessa Seokjin. Deve aver già bevuto ed essere particolarmente coraggioso questa sera.
Francamente siamo in due.
«Jin, ti sta sfuggendo la questione centrale», lo richiama Lisa. «La chiesa!», ripete scandendo bene la parola. «Chi c’è in chiesa?», le suggerisce alla fine.
L’altro si illumina all’istante. «Il prete!», strilla, facendo sobbalzare la coppia alle nostre spalle.
Lisa e io rivolgiamo loro un’occhiata di scuse. L’entusiasmo di Seokjin certe volte è fin troppo genuino per questa città.
«Il reverendo. Anzi, il rettore della parrocchia», chiarisco ancora meglio il punto. Non ci girerò troppo attorno: non sapevo un bel niente di gerarchie ecclesiastiche e mi è toccato googlare. Chiunque al mio posto l’avrebbe fatto, no?
«Il reverendo Hoseok ti ha fatto fare un giro?», domanda sfacciata Lisa, salvo scoppiare a ridere del suo stesso doppio senso.
«Molto divertente…», borbotto incrociando le braccia.
«Una Y/n diversa e meno coinvolta avrebbe apprezzato la battuta», mi incastra senza pietà.
«Sì, be’, si fa fatica a essere autoironici dopo una figura di merda in campo ecumenico, mia cara», mi permetto di farle notare.
«A te è sempre piaciuta la trasgressione, no?», chiede Seokjin. «Cerca di vederla in questo modo, come un banale atto irriverente».
«Certo che mi piace la trasgressione, ma deve essere condivisa. Non mi piace terrorizzare poveri reverendi». Nel caso non si fosse capito.
«Motivo per cui sei andata da lui», desume Lia.
«Sì, ho chiesto scusa».
«Sui ceci?», ride.
«E basta con queste battute!», la supplico.
«Forse, dopo tanti anni abbiamo finalmente trovato qualcosa che possa far arrossire la nostra amica: la religione», osserva facendosi seria.
Inspiro a lungo prima di risponderle. «Ma non è tanto una questione di religione – perché mi pare ovvio che non andiamo granché d’accordo – quanto di rispetto per i principi altrui. Mi ferisce che sia tanto difficile credere che io possa essere rispettosa di ideali differenti dai miei».
«Perciò un reverendo è off limits?», chiede lei volendo un’ulteriore conferma.
«Cielo, ovviamente è off limits! Per chi mi avete preso…?»
«Ok, ok», solleva le mani Lisa in segno di resa. «Stavo solo verificando… Perché in effetti sei corsa da lui…».
«Corsa… non esageriamo. Ho preso la metro. E poi cosa avrei dovuto fare? Far finta di niente dopo essere scappata in bagno?», ricordo non senza dolore del mio ego. «Fino a prova contraria, celebrerà il matrimonio di mia madre, che ha avuto anche la decenza di non approfondire troppo il motivo del mio strano comportamento».
«Per curiosità, cosa le hai raccontato?», chiede Seokjin.
«Di aver sviluppato una recente intolleranza al lattosio che mi costringe a repentine fughe in bagno». Non ne vado fiera, va da sé.
Lisa scoppia a ridere. «Touchée, mia cara. Sei stata coraggiosa, sia per la scusa terribile che per la visita. E quindi, com’è andata?». Si sporge in avanti fissandomi con tutta la curiosità possibile.
«Mmm, bene?», azzardo.
«Nel senso che non lo sai?», chiede Seokjin ridendo a sua volta. A quanto pare sono un’inesauribile fonte ludica per chi mi sta accanto.
«Nel senso che è stato uno strano incontro e che non sono certa di averlo pienamente compreso», confesso ai miei amici con una stizza da cui sgorga sincerità.
Questo cattura subito l’attenzione di entrambi. «Oh, e come mai? Cosa vi siete detti?»
«Io ho chiesto scusa. Lui ha chiesto scusa, perché è uno di quei maledetti gentleman che si sentono sempre in difetto se non contraccambiano. Ma poi il discorso ha preso una strana piega e in poche parole il reverendo Hope mi ha accusato di essere una che si giudica da sola».
L’espressione di Lisa non è incredula, come forse avrei voluto, ma invece molto seria. «Mmm», mormora.
«Qui ci starebbe bene un “ma figurati”», mi permetto di osservare.
«E da cosa lo avrebbe dedotto?», chiede invece la mia amica.
«Dice che ho un atteggiamento difensivo. Il che è ridicolo, perché questa è Seoul, per l’amor del cielo! Tutti sono diffidenti con il prossimo. E a ragione», argomento agitata.
«No, io non lo sono», interviene Seokjin.
«Tu non fai testo, detto con tutto l’amore possibile», afferma Lisa prima che lo faccia io. «Quindi, sostiene che tu abbia come dei pregiudizi su te stessa», torna subito a interessarsi di me.
«Presumo. Francamente non ho voluto perdere altro tempo». Il che è falso, perché è stato lui a interrompere la discussione con la scusa che avrei dovuto concedermi del tempo per rifletterci sopra. Ma direi di sorvolare su certi dettagli.
«Perciò, tutto a posto? Risolto così?», chiede Seokjin. Pare quasi deluso all’idea che non ci sia molto altro relativamente al reverendo.
«Certo. E io ho imparato la mia lezione», mi tocca concedere. «Mai palpeggiare un uomo prima di avergli chiesto se è un prete».
«Ti potrei suggerire un banale “mai palpeggiare un uomo”, ma a te l’inattività non piace, vero?», ride Seokjin. «Devi sempre essere quella che fa la prima mossa».
«Veniamo da secoli e secoli in cui gli uomini hanno fatto come hanno preferito. E in ogni caso toccava sempre a loro scegliere o manifestare in qualche modo interesse. Non siete stanchi di tutto questo maledetto maschilismo? Perché io sì. Da morire».
Lisa sorseggia il suo drink con un certo stile innato. «A forza di parlare di questioni più grandi di noi, qui stiamo perdendo a mio avviso la questione principale: a te Hope piace?». Domanda molto insolente, ma non del tutto sbagliata. La apprezzo perché anch’io l’avrei posta, a parti invertite.
«A me Hope è piaciuto quando l’ho incontrato, non l’ho mai negato». Il fatto che anch’io l’avrei domandato, non significa che però ho intenzione di rispondere, mi pare evidente.
«No, non intendo allora. Ma per esempio oggi. Rivedendolo, cosa hai provato?», mi incalza.
«Provato? Cosa vuoi che abbia provato? È un maledetto prete», esclamo seccata.
«E a te questo non va giù…», provoca.
«Cosa, che l’unico uomo ad aver catturato la mia attenzione da mesi e mesi a questa parte sia del tutto inavvicinabile? No, non mi piace granché. Ma è la vita». Se solo fossi così saggia anche nella mia quotidianità, invece che nelle mere risposte.
«Perciò non intendi rivederlo…».
«Dovrei? Voglio dire, oltre al giorno del matrimonio di mia madre, se mai dovesse arrivare a sposarsi sul serio…».
«Non lo so. Come siete rimasti?»
«In alcun modo. Addio per sempre. Cosa dovremmo fare secondo te, diventare migliori amici? La mia passione per le vicende travagliate non arriva a questo punto. Preferisco inventare storie improbabili di sana pianta, non viverle, grazie mille».
«A proposito, gli hai detto cosa fai per vivere?», è curioso di sapere Seokjin.
«Che scrivo? Più o meno», è la mia risposta vaga. Sono colpevole, vostro onore.
«Ah, ma allora vedi che ha ragione!», ride Lisa indicandomi con il dito. «Tu ti giudichi eccome! O in alternativa non avresti avuto problemi a parlargli della tua carriera di scrittrice erotica».
«Ma certo, sarebbe stato un interessantissimo argomento di discussione mentre passeggiavamo tra una navata e l’altra», borbotto sarcastica.
Alzo la mano in direzione del cameriere per indicargli che siamo pronti a ordinare un secondo giro di drink. O almeno lo sono io, disperatamente.
«A cosa brindiamo?», chiede Seokjin dopo che ognuno si è ritrovato con il suo bicchiere in mano.
«A che tutto fili noiosamente liscio almeno per un po’?», suggerisco.
«Ma a te il liscio non piace», mi punzecchia Lisa.
«E invece questa settimana ho cambiato idea. Per un po’ niente colpi mancini dalla vita, grazie, mi pare di aver fatto il pieno». E poi mando giù un sorso deciso di gin tonic. Per qualche ora sono attivamente impegnata a non pensare in alcun modo al reverendo Hope. Molto impegnata. Troppo impegnata, ora che ci penso.
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La telefonata di mia madre interrompe una mattinata molto poco produttiva; ero infatti ferma su una scena erotica, impantanata in una sorta di letale fango della fantasia. Non so se sia colpa della stanchezza – confesso di aver dormito piuttosto male – o se non abbia ancora del tutto digerito la questione del matrimonio, ma il risultato non cambia: il mio umore non è dei migliori ed è difficile cercare di infondere sensualità alle pagine quando dentro si è più spenti di un fuocherello su cui è stato scaricato un gallone d’acqua.
«Y/n, tesoro, tutto bene?», si informa. Non mi sfugge come abbiamo fatto in fretta ad allontanarci, metaforicamente parlando, quando invece non abbiamo mai avuto bisogno di convenevoli.
«Tutto bene», decido di risponderle, perché non vedo il motivo di intavolare con lei altre discussioni sui massimi sistemi prima di essermi chiarita le idee.
«Pensavo…», esordisce, salvo bloccarsi come se fosse in qualche modo tesa per quello che deve comunicarmi. Mettiamola così: almeno non può dirmi che si sposa due volte. Non mi vengono in mente altre notizie sconvolgenti come l’ultima bomba che ha sganciato. «Jin-young è fuori questa settimana. È in Giappone per lavoro».
Come se potesse fregarmene qualcosa. «Buon per lui». E che non mi si venga a dire che non sono stata conciliante.
«Sai, domani sera c’è una riunione del corso prematrimoniale…».
Mi ritrovo a sbattere le palpebre confusa anche se nessuno può vedermi. «Alla vostra età?», mi permetto di domandare. «Si presume che ormai sappiate tutto quello che c’è da sapere sulla vita di coppia».
«Lo so, lo so, ma in fin dei conti io non sono mai stata sposata… e Jin-young si è avvicinato alla chiesa solo un decennio fa e il suo primo matrimonio è stato celebrato civilmente, perciò abbiamo pensato che avremmo potuto farlo. Che sarebbe stato divertente…», prova a giustificarsi. Ma sta facendo fatica, lo sento dal tono della sua voce.
Cielo, divertente come una pulizia dentale. Esattamente, quanta parte del cervello di mia madre è stata messa fuori uso da quella pericolosissima emozione chiamata “amore”? «Immagino sia questione di punti di vista, ma contenta tu…».
«Contenta in modo relativo, visto che Jin-young sarà assente per la prima riunione con le altre coppie».
«Non si può collegare in videoconferenza?». Sto scherzando, ma mia madre pare sul serio prendersi il tempo per considerare la cosa.
«La vedo difficile», constata alla fine. «Ma sai che cosa invece sarebbe molto più fattibile?».
Perché ho l’impressione che sia una maledetta domanda trabocchetto? «No…», rispondo con molta attenzione.
«Che tu venissi con me!».
Per poco non mi sfugge di mano il cellulare. «Ma sei pazza?», esclamo con enfasi. «No, no e ancora no! Non riesco nemmeno a capire come tu abbia potuto avere un’idea simile!».
Il tono di mia madre è vagamente offeso. «Oh, scusami tanto se per un attimo ho pensato che mia figlia – la mia unica figlia! – potesse voler fare qualcosa per sua madre».
«Qual è esattamente il problema?». Ci sono tante cose che mi sono poco chiare in tutta questa vicenda. «Perché non puoi andarci da sola?».
Lei sbuffa. «Perché… perché non sarei a mio agio», confessa infine. «È la parrocchia di Jin-young, non la mia». Anche perché lei non ne ha mai avuta una in vita sua, piccolo inciso su cui decido di soprassedere. «E temo di farlo sfigurare dicendo qualcosa di sbagliato».
Detta così è sempre terribile, ma almeno più sensata. Sto scoprendo di recente che le questioni devono sempre avere un filo logico perché mi soddisfino. Si vede che sto invecchiando. «E la mia presenza dovrebbe servire a cosa, di preciso?»
«Detto fuori dai denti, a zittirmi quando sto per dire qualcosa di sciocco o inopportuno», ammette prima di scoppiare a ridere in un momento di autoironia.
La sua risata mi aiuta a rilassarmi. «Madre, io sono la prima a essere inopportuna in un simile ambiente», sono costretta a ricordarle.
«Forse. Ma almeno saremo in due. L’unione fa la forza». Non cede.
In effetti, siamo state noi due contro il resto del mondo per così tanti anni che non mi sento di lasciarla da sola ad affrontare quelle persone moralmente ineccepibili, incorruttibili e irreprensibili. Spaventerebbero non poco anche me, se le parti fossero invertite. Cosa che non potrebbe ovviamente mai avvenire, dal momento che io escludo di rimbambire a tal punto da voler giurare amore eterno a una persona. Ci sono giorni in cui faccio fatica a giurare amore a me stessa, figurarsi sopportare qualcun altro… Ma a quanto pare le persone cambiano. Immagino sia un loro diritto, sebbene lo ammetta a denti stretti.
«E va bene, verrò», cedo sbuffando. Sono pronta a scommettere che non si aspetta comunque troppo entusiasmo da parte mia. «Ma sappi che avrò diritto a un bonus. Un grosso bonus per il favore che ti sto facendo…». Nominatemi pure figlia dell’anno, grazie.
«Splendido! Grazie mille!».
«E chi tiene il corso? Qualche coppia di vecchia data?». Non ne so molto di corsi prematrimoniali, ma mi sembrerebbe sensato che una di quelle coppie pie con venti figli e matrimoni centenari si mettesse a pontificare su quanto sia “bello” essere sposati.
Mia madre sospira; pare all’improvviso a disagio. «In che senso? Il reverendo, presumo».
Oh cazzo. Per qualche incredibile motivo non ho assolutamente preso in considerazione una simile nefasta eventualità. «Ah…», mi limito a dire.
«Allora ci conto! Domani sera alle nove. Ci vediamo direttamente nella parrocchia di Myeongdong, cosa ne dici? Baci, grazie, sei la mia figlia preferita!», mi saluta in fretta.
Io rimango a lungo a fissare lo schermo del cellulare. Esattamente, com’è potuto succedere?
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