Capitolo 3

HOSEOK'S POV:

Y/n rientra in sala con un sorriso forzato e una determinazione che emana in onde quasi tangibili. A giudicare dalla reazione di vero panico e successiva fuga, ha avuto un mezzo colpo nello scoprire che quella famosa sera ha cercato di sedurre un prete.

Siamo esseri umani anche noi, ma la gente se lo dimentica con fastidiosa frequenza; il nostro ruolo viene sempre prima della persona. Forse è per questo che non le ho detto niente, mentre chiacchieravamo al bancone del bar e lei stava chiaramente flirtando. Avrei dovuto dichiarare che sono un prete ed evitare che le cose andassero troppo avanti, ma a mia parziale discolpa sono del tutto arrugginito e fuori allenamento e non mi aspettavo che fosse così, come dire, schietta. Senza contare che per una volta era piacevole essere trattato solo come un uomo qualsiasi, e non uno che deve continuamente anteporre il suo ruolo a tutto il resto.

Sollevo lo sguardo e le sorrido sperando di risultare rassicurante. Ritrovarmela qui oggi è una sorpresa di cui quasi non mi capacito, ma uno che crede ai miracoli non ha problemi ad accettare i capricci del caso.

La sua diffidenza non accenna a diminuire, sebbene a una prima occhiata paia essersi ripresa dal colpo inatteso.

«Cara, tutto bene?», le domanda preoccupata quella che nel frattempo ho scoperto essere sua madre. Taeyeon era solo la futura sposa di un mio parrocchiano fino a cinque minuti fa, ma ho la sensazione che le cose si siano appena complicate senza che nessuno possa farci niente.

«Mal di pancia, ma ora è tutto a posto», si giustifica Y/n con un sorriso che percepisco come tirato.

Mentirei se dicessi di non aver pensato a lei in questi giorni. E dal momento che di solito consiglio agli altri la sincerità, sarebbe ben ipocrita da parte mia scegliere la via più facile. Sebbene al momento sia un tantino pallida, è come me la ricordavo, ovvero bellissima e con quello sguardo che provoca e promette allo stesso tempo. Una vera Eva moderna, con quei lunghi capelli scuri che le scendono lungo le spalle e gli occhi verdi che lanciano dardi di avvertimento. La tentazione le dona, inutile fingere altrimenti.

«Le posso offrire qualcosa da bere, padre Hoseok?», mi si rivolge Park Jin-young.

Non dovrei, a dire il vero, ma non miro di certo alla santità. Solo alla decenza. «Un dito di whisky», gli rispondo con un sorriso di ringraziamento.

«Y/n?», le chiede il padrone di casa.

«Io due dita, grazie», gli risponde.

Mi sfugge una mezza risata appena accennata, ma lei la coglie, e mi lancia un’occhiataccia di rimprovero. Temo di non essere la sua persona preferita, al momento.

«Y/n, padre Hope è colui che ci sposerà», le preannuncia nervosa la madre. «A proposito, se ho capito bene, voi due vi conoscete già…». Da come lo pronuncia, si direbbe faccia molta fatica a ritenerlo possibile.

«Non esattamente. Ci siamo solo incrociati a un… evento», le risponde alla fine la figlia, a corto di scuse più plausibili. «E comunque, tornando alle cose davvero importanti, hai detto che vi sposerà lui?».

Mi sento in dovere di intervenire. «Esattamente», confermo con un sorriso.

Y/n inarca ad arte le sopracciglia, per nulla intenzionata a nascondere la sua sorpresa. «In chiesa?», chiede conferma alla madre, come se la sola idea fosse totalmente folle.

«Jin-young e io ne abbiamo parlato a lungo e abbiamo convenuto che sia la scelta migliore per noi. Sarebbe un modo per confermare la serietà delle nostre promesse», si sente in dovere di giustificarsi Taeyeon.

Y/n emette uno strano suono strozzato. «Di che chiesa stiamo parlando?», chiede infine.

«Chiesa protestante evangelica», le rispondo, intromettendomi. «Ti risultava che tua madre fosse vicina a qualche altra chiesa?», domando con tatto. Mi pare di percepire una strana tensione tra le due donne.

Y/n manda giù in un colpo solo il whisky contenuto nel suo bicchiere, prima di sollevare lo sguardo e fissarmi a lungo. Padre Yoongi direbbe che certe donne, sinonimo di complicazioni e mal di testa, andrebbero tenute a distanza. E avrebbe ragione. Se solo la vita fosse semplice.

«Mamma?», le si rivolge Y/n.

Taeyeon mi pare molto a disagio. «Padre Hope è a conoscenza del fatto che io mi ero allontanata dalla chiesa a un certo punto della mia vita…», balbetta agitata la diretta interessata.

«Be’, per allontanarti, devi essere stata vicina», le fa notare la figlia. «In questa vita. Non in una precedente. Non è così, padre Hope?», mi interpella con un tono palesemente sarcastico.

«Di vita ce n’è una», la rassicuro. «A meno che uno non si chiami Gesù».

«Non abbiamo parenti simili», mi risponde Y/n con spirito.

«Ma vorrei tranquillizzarvi tutti: quello che è stato, è stato. Concentriamoci piuttosto sulle intenzioni attuali di Jin-young e Taeyeon», affermo cercando di interrompere il momento di tensione generale.

«Come la fate facile, di questi tempi», insiste Y/n. È un osso duro e vuole che sia chiaro a tutti.

Se potessi darmi un consiglio spassionato, mi direi di stare lontano come la peste da questa donna. Tuttavia, non sono certo di essere così capace di seguire i consigli come lo sono nel darli.

«Ci accomodiamo a tavola?», ci propone Jin-youn, probabilmente nella speranza di spezzare la tensione.

L’idea mi pare saggia. «Volentieri», accetto subito, costringendo Y/n a seguirci. Una volta seduti e iniziato a mangiare, per un po’ la conversazione scorre piacevole e neutrale, anche perché Y/n è ostinatamente silenziosa, limitandosi a sorridere o ad annuire, quando interpellata.

Dopo che ci hanno portato via i piatti dell’antipasto, è finalmente il momento di decidere quello per cui sono venuto qui oggi. «Quindi, cari Taeyeon e Jin-young, quando volete sposarvi?», gli domando.

«Avremmo pensato a Natale o una data vicina. La magia del Natale potrebbe essere di certo benaugurante per la nostra vita insieme», risponde il padrone di casa, allungando la mano e afferrando quella della sua promessa sposa, seduta accanto.

Lei gli sorride con occhi innamorati. «Ho sempre sognato di sposarmi sotto Natale», conferma.

«Primo matrimonio per te, non è così?», le chiedo, ricordando qualcosa di simile.

«Ebbene sì, è la prima volta», conferma ridendo nervosa.

«Frutto del peccato», esclama con tono di voce teatrale la figlia, indicando sé stessa e scegliendo quel preciso istante per interrompere il suo ostinato silenzio.

Le va dato atto che è molto portata per le scene a effetto. Mi chiedo che lavoro faccia, se sia sul serio un’attrice o qualcosa di simile. In questa città Seoul garantisce un discreto numero di posti di lavoro, in fin dei conti. Avrei dovuto sfruttare l’occasione del nostro primo incontro per saperne di più di lei, e invece mi sono lasciato stregare al punto da non riuscire a farle nemmeno le domande più elementari; il risultato è che le uniche cose che ho scoperto di lei sono il suo essere una campionessa mondiale di freccette e il profumo delizioso di cui sapeva quando mi si è avvicinata pericolosamente. Qualcosa di intrigante e non scontato. Come deve essere – sospetto – la stessa Y/n. Chissà se lo ha indosso anche oggi, a proposito. Il pensiero è inappropriato ma impossibile da bloccare.

A distrarmi da riflessioni poco adatte ci pensa per fortuna sua madre, che finge di tossicchiare mentre arrossisce con violenza. «Sciocchezze, cara», cerca di rassicurare la figlia, la cui espressione non mi sembra affatto conciliante. Anzi. Ho l’impressione di essere inciampato in un discreto dramma familiare. Per loro fortuna ho una certa esperienza in tema.

«Ogni vita è preziosa. Abbiamo superato da tempo questa ridicola storia dei figli legittimi e illegittimi», confermpo a mia volta.

Y/n solleva lo sguardo battagliero e mi fissa a lungo. Ha un’intensità a malapena trattenuta in quegli occhi verdi che mozzano il respiro. «Oh, ma che fortuna…», mormora criptica. «Altrimenti mi sarebbe toccato finire all’Inferno», mi prende in giro. Nel caso ci fossero dubbi, pare avercela sia con sua madre che con me.

Trattengo a stento una risata. Mi piace che non abbia paura di lanciarmi delle frecciate; in genere le persone sono sempre così preoccupate di mostrarsi ipercorrette in mia presenza, che non riesco a fare a meno di sentirmi sempre al centro di una recita. Gente pia, gente morigerata, gente attenta alle parole che pronuncia… che enorme farsa. Con Y/n, invece, non ho affatto questa impressione; è palesemente arrabbiata con me per non averle detto forte e chiaro chi fossi l’altra sera e non ha alcun timore di farmelo capire. Il suo modo di fare è per certi versi originale. «L’Inferno lo riserviamo in genere solo a quelli molto, molto cattivi. Pensi sul serio di appartenere alla categoria?», le chiedo con un sorriso.

Lei mi scruta stupita. In effetti, ora che ci faccio caso, la frase aveva un che di giocoso poco adatto alla situazione attuale. Per mia fortuna Jin-young e la sua fidanzata sono troppo occupati a dare indicazioni alla domestica su come servire l’arrosto e le patate.

«Io non sono una grande cuoca…», si giustifica Taeyeon a disagio. «Ma sto imparando! Mi sono anche iscritta a un corso», ci comunica lanciando un’occhiata apprensiva alla figlia.

«Quante novità tutte insieme, oggi», commenta l’altra con fare sempre piuttosto freddo. «Addirittura un corso di cucina… e pensare che noi abbiamo sempre vissuto di take-away durante la mia infanzia. Ti ho sempre considerata una vera antesignana dei tempi moderni: in un certo senso il delivery lo hai inventato tu». Poi si ferma per tagliare un pezzo dell’arrosto, lo assaggia ed è costretta ad ammettere: «Buono comunque».

«Ottimo, Taeyeon!», la rassicura Jin-young, allungando una mano per stringere la sua.

«I miei più sinceri complimenti, Taeyeon», mi unisco alle lodi, perché la carne è morbida e gustosa. «E poi ha fatto benissimo: non si è mai in ritardo per imparare. Di qualsiasi cosa si tratti».

«Pare che ci sia sempre tempo anche per sposarsi», commenta come se niente fosse Y/n.

«L’amore è amore, non è così che dite?», le ricordo. Mi rendo conto di divertirmi molto più di quanto sarebbe ammesso, data la situazione. Ma, come dico sempre, la santità è per pochi eletti. Non aspiro affatto a fare parte del club.

«Diciamo? Noi chi?», vuole sapere, posando le posate con fare serio. «Pensavo che l’amore fosse un insegnamento universale».

«Oh, ma lo è. Da cui, appunto, il matrimonio», concludo. «È la massima forma di celebrazione dell’amore. Sbaglio, forse?».

Lei non risponde, volutamente, e rilancia invece con un altro quesito. «E per voi lo sarebbe anche se, per esempio, io volessi sposare una donna?», mi punzecchia.

Scrollo le spalle mentre la madre la scruta come se fosse impazzita. «Vuoi sposare una donna?», le chiede confusa Taeyeon, ignorando il motivo di questo piccolo scherzo.

«Certo, lo confermo. È per questo che esiste lo Stato e la funzione civile: per me puoi sposare chi vuoi, Y/n», la rassicuro sapendo bene di farla solo arrabbiare. «Esattamente come tua madre è libera di sposare chi desidera».

La mia velata accusa ha ragion d’essere: non so bene quale sia il problema tra Taeyeon e Y/n, ma in questo momento io vedo solo una madre desiderosa a tutti i costi di compiacere e di farsi accettare da una figlia che invece vuole complicare le cose. Y/n non è più una bambina e forse è il caso di smetterla di comportarsi come tale.

La osservo sospirare. «Ragionamento corretto», è costretta ad ammettere. «Ma…».

Non sono solito interrompere le persone, ma in questo caso è bene dare un taglio alla polemica. Y/n mi pare una donna capace di lunghe e complicate discussioni fine a sé stesse. «Dicevamo, Natale…», mi inserisco, tornando a parlare del felice evento, il motivo per cui ci siamo riuniti tutti oggi.

Jin-young mi lancia un’occhiata di ringraziamento. «A Taeyeon piace molto il periodo natalizio», conferma. «Ci chiedevamo se fosse possibile, non so, sposarsi magari il giorno della Vigilia», azzarda speranzoso.

«Be’, potremmo, se fosse di pomeriggio, in modo da non incidere sulla messa della sera».

«Di che chiesa stiamo parlando?», si informa Y/n. È curiosa suo malgrado.

«La chiesa di Myeongdong, quella sul Jung-gu».

«Location molto chic, anche se non ho ben presente la chiesa, a dire il vero».

«Forse dovresti passare», le suggerisco prima di avere modo di riflettere a fondo. E decidere che no, in fin dei conti non sarebbe chissà quale brillante idea.

«Sì, Y/n». Taeyeon prende subito la palla al balzo. «Dovresti assolutamente visitare la chiesa e darmi una mano con i fiori», suggerisce con così tanta speranza nello sguardo che mi ritrovo a trattenere il fiato per lei. Un diniego la ferirebbe non poco, e lei non sta facendo nulla per nasconderlo. È un atteggiamento molto coraggioso, e io non posso che sperare che vanga in qualche modo ricompensato. Ma sua figlia è un osso duro, mi pare evidente.

Y/n sospira sonoramente. Sembra che la fame le sia passata del tutto. «E va bene, visiterò la chiesa», conferma a sua madre. L’entusiasmo è quello di un condannato a morte, ma Taeyeon sceglie di non farci caso, sorridendo invece contenta.

«E poi, mi piacerebbe che il ricevimento fosse alla Flavors, cosa ne pensate?».

La figlia alza gli occhi al cielo ma rimane saggiamente in silenzio. I sogni delle persone sono preziosi e fragili allo stesso tempo.

«Certo, sarà sicuramente prenotata…», si risponde da sola subito dopo.

«O magari no», insiste Jin-young. «Telefoneremo oggi stesso!», le suggerisce.

Lei torna a illuminarsi e i due vanno avanti a sorridersi come se fossero le uniche due persone in questa stanza. Cosa che non sono, per loro sfortuna: ci siamo anch’io e una giovane donna, che ci fissiamo in modo confuso senza sapere a un tratto cosa dirci. L’impressione è che i fraintendimenti iniziati dal primo istante abbiano di molto complicato una situazione che avrebbe potuto essere molto semplice e fermarsi a una partita di freccette.

«Dobbiamo parlare», le sussurro, ma facendomi ben capire con il labiale.

Altra alzata di spalle e rotazione di occhi, gesto in cui eccelle come poche altre persone, a quanto pare. Ma poi deve ripensarci, perché annuisce con un gesto rapido e secco.

Sono noto per essere una persona estremamente conciliante. Va da sé che riuscirò a risolvere in poco tempo anche questa situazione. Mi chiamano “risolvi-brighe” mica a caso.

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