8 - єℓιѕαвєтн

Parcheggiai sotto l'appartamento, spensi la macchina e rimasi lì dentro per qualche minuto.
Che cosa gli avrei detto? Stava succedendo tutto troppo velocemente e ancora non me la sentivo di spiegare tutto a qualcun altro. Tuttavia erano tre giorni che continuavo ad evitare l'argomento. Gli dovevo una spiegazione.

Un lampione si accese di fianco a me; tra poco avrebbe fatto buio, il sole stava già tramontando.

Salii le scale lentamente, pensando ad ogni singola parola che gli avrei detto.
Arrivai davanti alla porta dell'appartamento.
Inspirai profondamente.

Bussai alla porta.
Pochi secondi dopo Mike comparve sulla soglia. La sua espressione era sorpresa e preoccupata allo stesso tempo.

<< Elsie! >> disse abbracciandomi con tutta la forza che aveva.
<< Che cosa è successo? Perché non sei tornata qui? >> mi prese il viso tra le mani e mi guardò negli occhi. Io dovetti trattenermi dal piangere.
La sua preoccupazione era reale, e io mi sentivo in colpa per non aver avuto abbastanza forza per dirgli tutto subito.

<< Mike... ti devo dire una cosa. >> dissi liberandomi lentamente dal suo abbraccio.

Mi sedetti sul divano. Ero rigida e non riuscivo a guardare Mike negli occhi.
Lui si sedette accanto a me. Sentii la sua mano che stringeva la mia.

<< Sai che a me puoi dire qualsiasi cosa. >> disse con voce calda e rassicurante.

<< I miei genitori sono morti. >> dissi con tutta la forza che avevo in corpo.

Sentii Mike irrigidirsi accanto a me.
Alzai lo sguardo su di lui. Era sconvolto; fissava un punto indefinito davanti a sè.

<< Cazzo... >> fu tutto quello che riuscì a dire.
<< Come? Tu come stai? I tuoi fratelli come stanno? Avete bisogno di aiuto? >> cominciò a chiedere velocemente.

<< Abbiamo solo bisogno di tempo. >>

<< E l'eredità? Avete abbastanza soldi? >>

<< Tutti i soldi sono spariti dal conto principale. L'unica cosa rimasta sono delle collane. >> dissi tirando fuori dalla maglietta la mia collana con il topazio.

Mike era confuso. I suoi occhi si spostavano da me, alla collana, al pavimento e poi ancora a me.

<< Ti aiuterò io, posso cercare un altro lavoro oltre a quello da fonico e posso dare lezioni di piano. >>

<< No, Mike. >> mi sforzai per non piangere ma le lacrime mi stavano bruciando gli occhi.

<< Farei di tutto per aiutarti e questo lo sai bene. >>

<< Non puoi spacciarti la schiena di lavoro solo per me. Non te lo meriti. >>

<< Io voglio che tu sia tranquilla. >>

<< Mike... >> cercai di prendere la parola.

<< Se questo vorrà dire che dovrò lavorare anche di notte allora lo farò. >>

<< Mike! >>

Lui si fermò. I suoi occhi erano fissi nei miei. I suoi occhi buoni; troppo buoni per questo mondo.

<< Penso che dovremmo annullare il matrimonio. >>

<< Annullarlo? Possiamo semplicemente rinviarlo oppure possiamo sposarci in municipio senza fare una festa. >>

<< No, Mike, non hai capito... >>
La mia vista era offuscata dalle lacrime che premevano per uscire.

Ogni volta che mi allontanavo da casa e mi dedicavo alla mia vita sentimentale qualcosa andava storto.
Ogni volta che cominciavo ad essere felice con Mike succedeva qualcosa di brutto: prima la malattia di sua madre, e ora questo.
Ovunque andavo portavo disgrazie.
Lui non se lo meritava.
Aveva già dovuto sopportare la malattia di sua madre; non gli avrei permesso di stravolgere tutta la sua vita per sopportare anche questo.

Guardai nei suoi occhi. Il senso di colpa mi invase. Delle lacrime calde mi bagnarono le guance.

<< Mi dispiace. >> dissi con un filo di voce.

Lui allentò la presa alla mia mano, come se avesse già capito quello che stavo per dire.

<< Penso che dovremmo lasciarci. >>

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