2 - วυℓιєттє

Era la terza volta che passavo davanti alla tavola calda Rosie's Diner.

Non sapevo dove andare.

Dopo scuola, non avendo voglia di tornare a casa, ero andata al Diner per mangiare qualcosa che contenesse zucchero. Quando uscii c'era ancora il sole così pensai di fare quattro passi per le strade ricoperte di foglie.

Tutto sommato l'autunno non era male: i colori, il clima mite, il sole che splendeva tenue nel cielo... anche se non sembrava, mi piaceva molto quella stagione.

Ero passata attraverso il parco, superata l'edicola avevo svoltato a sinistra per entrare in una via piena di villette a schiera.
Passai velocemente davanti alla casa delle sorelle White per evitare di rimanere bloccata in qualche discorso imbarazzante.
Arrivai alla fine della via e andai a destra; non sapendo dove altro andare ripetei il percorso per altre due volte, e ora eccomi lì: ancora davanti a quel ristorante.
Il cielo si stava rannuvolando, così decisi di tornare a casa per evitare un possibile temporale.

Stavo per aprire la porta di casa quando quest'ultima si spalancò all'improvviso.
Mia sorella Dorothy uscì a grandi passi spingendomi da un lato.

<< Hey! Fai attenzione.>> la rimproverai sistemandomi i boccoli biondi.

<< Scusa, sono in ritardo. >> rispose Dorothy senza voltarsi.

Certe volte quella ragazza era davvero sgarbata; tutto il contrario della sua gemella.
Sin dalla loro nascita erano evidenti le differenze tra di loro, e continuavano ad aumentare man mano che crescevano.

Ormai era un mese che Dorothy lavorava come volontaria all'ospedale di Dale Wood e io non capivo perché ci tenesse così tanto; non aveva mai mostrato alcun interesse per il campo medico; ma per quanto la conoscessi, mia sorella poteva anche avere quattro braccia.

Entrai in casa.
Cecil, mio fratello minore, era seduto di traverso sulla poltrona, con le gambe e la testa appoggiati sui braccioli, mentre leggeva un libro molto spesso.
Anche se aveva solo dodici anni, aveva un grande interesse per la lettura e leggeva spesso dei libri difficili per la sua età. Era talmente concentrato che non si accorse della mia presenza.

Dalla cucina proveniva "We Are Never Getting Back Together" di Taylor Swift, un segno che mia sorella Cassidy stava cucinando.
Lei adorava Taylor Swift e quasi sempre, quando cucinava o puliva, metteva le sue canzoni a tutto volume.
Alla lunga questa cosa cominciò a risultare fastidiosa ma Cassidy continuava ogni volta a cantare nonostante i miei rimproveri esasperati.

Era incredibile come ognuno dei miei fratelli trovasse un modo diverso per infastidirmi ogni giorno.

Salii le scale e andai nella mia stanza.
La porta della mia camera era ancora decorata con degli adesivi a coniglietto, risalenti a quando ero piccola.
Sulla porta accanto c'era affisso un cartello con sopra scritto "genio a lavoro - non disturbare".

Entrai.
Era la camera di Luke, mio fratello maggiore. La persona che più mi irritava al mondo.

<< Ciao, Julie. Sei tornata tardi. E hai anche perso la capacità di bussare. >> disse lui. Era sdraiato sul letto e leggeva qualcosa sul telefono

<< Liza voleva fare un giro. >> mentii, ignorando la sua critica.

Osservai mio fratello; non staccava gli occhi dallo schermo del telefono. Cosa ci sarà mai stato di così interessante? Ero davvero così insignificante da non meritare neanche uno sguardo?

<< Ho saputo di te e Amy White. >> dissi con un tono secco.

Luke mi guardò. Ero riuscita a catturare la sua attenzione.

<< Le voci corrono velocemente, soprattutto se hai un'amica come Queenie. >> continuai.

Luke si mise a sedere sul bordo del letto e posò il telefono sul comodino.
<< Va bene, sputa il rospo. Qual è il problema? >>

<< Non c'è nessun problema! Sono felice per voi. >> dissi subito.
<< Solo che pensavo che me lo avresti detto tu, invece di venirlo a sapere da Queenie. >>

Luke sospirò.
<< Scusa ma non capisco perché avrei dovuto dirtelo; questi sono affari miei. >> disse calmo e ritornò a guardare il cellulare.
<< Chiudi la porta quando esci. >>

Indispettita, andai in camera mia sbattendo la porta alle spalle.

Ecco perché era impossibile comunicare con Luke; ogni volta che cercavo in qualche modo di fare conversazione o di parlare in maniera civile senza che finisse tutto in litigate come sempre, lui attaccava con la classica frase "sono affari miei".

Non mi andava proprio giù il fatto che fossi sempre l'ultima a sapere le cose, e non cose che riguardavano delle persone qualunque, ma cose che riguardavano mio fratello maggiore; la mia famiglia, la persona con cui ero cresciuta, quella che avrebbe dovuto sostenermi e difendermi!

Sembrava che tutti in quella casa mi considerassero come una mosca fastidiosa, che appena si avvicina la vuoi solo scacciare via.

Ero cresciuta insieme a nove fratelli ma era come se fossi figlia unica; costretta a vivere ogni giorno con degli sconosciuti.

Mamma e papà mi avevano sempre detto che io avrei dovuto sempre esserci per la mia famiglia; che non avrei dovuto lasciare nessuno indietro. Ma come facevo a sostenere i miei fratelli se poi nessuno sosteneva me.

Ero come l'anello di una catena: preso da solo è troppo debole per sostenere un peso, ma se legato ad altri anelli diventa più resistente.
Come fare però se gli altri anelli non vogliono nemmeno legarsi?

Da bambini io e Luke eravamo inseparabili, mentre ora ci sopportavamo a stento.

Quando si è fermato il tempo? Quando il nostro legame fraterno aveva cominciato a vacillare?

I miei pensieri furono interrotti dal suono di una macchina che parcheggiò proprio sotto la mia finestra e dalla musica di Cassidy che si spense di colpo.

Uscii sul pianerottolo.
Sentii la voce di Elisabeth al piano di sotto. Sembrava allarmata e confusa. Cassidy continuava a chiederle quale fosse il problema.

Qualcosa non andava.

Se ne accorse anche Luke che uscì dalla sua camera e mi rivolse uno sguardo interrogativo.

Scendemmo le scale l'uno accanto all'altra, ignari delle parole che nostra sorella maggiore ci stava per rivelare.

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