14 - ℓυкє

I primi giorni di lavoro all'alimentari della famiglia Wilson erano stati tranquilli. Il mio compito era scaricare gli scatoloni con le merci che arrivavano nel magazzino sul retro del negozio, e poi rifornire gli scaffali se necessario.
Non era male come lavoro: la paga era accettabile e mi teneva la mente occupata, in più c'era Amber che mi teneva compagnia.
Ogni giorno pranzavo a casa sua e poi andavamo all'alimentari con il padre.
Io e Amber stavamo cominciando a conoscerci meglio.
Il quarto giorno fu... impegnativo.

Avevo appena finito di scaricare gli scatoloni sul retro del negozio quando sentii delle urla provenire dalla porta d'ingresso.
Aprii leggermente la porta e scorsi un ragazzo alto dalle spalle larghe, con addosso una felpa nera e il cappuccio che gli copriva la testa. Era in piedi davanti al bancone della cassa, Amber era davanti a lui e teneva le mani in alto. Lui teneva in mano qualcosa che luccicava e lo puntava contro Amber. I suoi occhi impauriti si fissarono su di me per qualche secondo.
Mi stava implorando di aiutarla.
Poco distante a lui c'era un altro ragazzo incappucciato che minacciava altri due clienti.
Quelli erano dei rapinatori, e stavano tenedo in mano un coltello.
<< Apri immediatamente la cassa e non fare scherzi! >> urlò il ragazzo davanti ad Amber. Lei sobbalzò e aprì velocemente la cassa.
L'altro ragazzo si avvicinò veloce e spintonò Amber da una parte.
Dovevo assolutamente fare qualcosa.

L'adrenalina prese il sopravvento.
Spalancai la porta e corsi verso il ragazzo davanti alla cassa. Lo afferrai per una spalla per voltarlo e gli diedi un pungo in faccia.
Notai che aveva una bandana nera che gli copriva bocca e naso per non farsi riconoscere.
Cadde a terra e perse la presa sul coltello che finì poco distante da lui; lo allontanai con un calcio. Mi abbassai sul ragazzo bloccandolo a terra. Lui cercò di liberarsi colpendomi e prendendomi i polsi ma io gli tirai un altro pungo che gli fece sanguinare uno zigomo.
Ero troppo impegnato a cercare di stordirlo che mi dimenticai del suo complice.

<< Luke! >> mi chiamò Amber cercando di avvisarmi, ma non feci in tempo a girarmi.

L'altro ragazzo mi afferrò per la maglietta da dietro e mi sollevò da terra. Mi voltai e mi diede un pugno in faccia che mi fece cadere sul bancone della cassa. Mi voltai ancora per cercare di reagire ma vidi che stava per accoltellarmi. Ero come paralizzato, non riuscivo a muovermi, era tutto troppo veloce.
All'improvviso qualcosa di grosso e rosso colpì il rapinatore che andò a sbattere sul bancone davanti ad Amber. Il suo coltello era arrivato a pochi centimetri dal mio stomaco, e ora era ai miei piedi.
Alzai gli occhi su chi mi aveva salvato la vita; era Alex, il fratello di Amber, con un estintore in mano.
L'altro rapinatore si alzò e fece per andare verso la borsa riempita per metà di soldi, ma Alex raccolse veloce il coltello da terra e si mise tra lui e la cassa spostando me da un lato.

<< Non ci provare. >> disse con tono minaccioso puntandogli contro il coltello.

Il rapinatore fece un passo indietro, non sapeva che fare. Dopo pochi secondi alzò il suo complice stordito da terra e corsero fuori dal negozio.
Io ero stordito; sia a causa dei pugni che mi ero preso che a causa del fatto che era successo tutto troppo velocemente.
Guardai prima Alex e poi Amber. Lei stava respirando affannosamente e mi stava guardando con occhi molto preoccupati.

<< Oh mio dio! Stai bene? >> chiese subito lei, prendendomi il viso tra le mani.
Al tocco delle sue dita sulle mie guance, il mio viso si scaldò all'istante. Il dolore che sentivo svanì per un attimo.
Alex mi riportò alla realtà.

<< Amber, chiama subito la polizia. >>

Lei tolse le mani dal mio viso e compose velocemente il numero della polizia sul suo cellulare e si allontanò.

<< Luke, tieni. >> disse lui lanciandomi un pacco di ghiaccio, poi si mise a rimettere i soldi della borsa nella cassa.

Appoggiai il ghiaccio vicino al mio occhio sinistro; il sopracciglio e lo zigomo bruciarono appena entrarono in contatto con il ghiaccio.
Sibilai dal dolore ma cercai di resistere.

<< Grazie Alex, avrei dell'acciaio in corpo se non fosse stato per te. >>

<< Fortuna che ho finito l'allenamento in anticipo. >>

In quel momento Amber ritornò vicino a noi.

<< La polizia sarà qui a momenti. >> disse lei sistemandosi una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio.
Il fratello le si avvicinò e le mise un braccio intorno alle spalle.

<< Tutto bene, Amber? >> le chiese.

<< Sì, sto bene. Tu come stai? >>

<< Bene... sono solo arrabbiato per il fatto che certa gente respira la mia stessa aria. >>

Quando l'agente di polizia arrivò gli descrivemmo la situazione nei minimi dettagli cercando di dare tutte le informazioni necessarie per identificare i rapinatori. Consegnammo a lui i coltelli e la borsa vuota e lui ci disse che ci avrebbe contattati se ci fossero stati dei progressi con il caso.

Quando il poliziotto se ne andò il sole stava tramontando perciò pensai che forse era meglio se tornavo a casa; ma in quel momento Alex mi bloccò e mi disse:
<< Senti, visto che è anche grazie a te che mia sorella sta bene e che quei ladri non hanno preso niente, ti va di venire a casa nostra? >>

Io accettai. Erano passati anni dall'ultima volta che ero andato a casa loro. Quando eravamo piccoli era la nostra base; passavamo ore nella casa sull'albero, lontano da ogni preoccupazione. La vita sembrava così facile a quei tempi.

Appena entrammo in casa la madre ci venne incontro preoccupata.
<< Ragazzi, come state? Tutto bene? Ho sentito quello che è successo. >>

<< Stiamo bene, mamma. >> la tranquillizzò Amber.

<< Luke, tesoro, vieni dentro. Ti dò un altro po' di ghiaccio. >> mi disse mettendomi una mano sulla spalla.

La madre di Amber e Alex è sempre stata molto amorevole nei confronti di tutti gli amici dei suoi figli. Amber aveva preso da lei l'amore per il cibo, infatti, quando eravamo piccoli, ci viziava sempre con dolci e merendine fatte in casa.
Mi accompagnò in cucina e mi porse un altro pacco di ghiaccio. Era una bella sensazione. Non me ne ero reso conto ma l'amore materno era una delle cose che mi mancava di più.

Vidi il padre scendere le scale e avvicinarsi a me.
<< Luke, ti ringrazio molto per quello che hai fatto. Il minimo che possiamo fare è invitarti a cena. >> disse dandomi una pacca sulla spalla.

<< No, grazie; è già tanto che mi abbia dato l'opportunità di lavorare nel suo negozio. Non voglio disturbare. >> dissi facendo qualche passo indietro verso la porta.

<< Insisto. Dopo tutto quello che hai passato te lo meriti. >>

Guardai attentamente il padre di Amber e Alex.; aveva gli occhi sinceri, il modo in cui mi guardava mi ricordò subito mio padre: era uno sguardo molto convincente al quale era impossibile mentire o dire di no. Quando mio padre faceva quello sguardo era impossibile tenergli nascosto qualcosa, perché era come se lui sapesse che qualcosa non andava.
Alla fine smisi di opporre resistenza e accettai.

La cena è stata molto tranquilla e solare, nessuno tirò fuori argomenti spiacevoli o pesanti; era come se tutto fosse normale. Era un'atmosfera che non vedevo da quasi un mese, ma era come se fossero passati anni.

I genitori di Amber e Alex erano amici dei miei da quando ne avevo memoria e mi stavano offrendo quello di cui avevo più bisogno al momento: una distrazione, un attimo di pausa dalla mia vita incasinata.
Per la prima volta da tanto tempo mi sentivo bene.
Purtroppo non potevo scappare dagli argomenti scomodi in eterno. Appena finimmo di cenare e la madre e Amber cominciarono a sparecchiare, il padre mi guardò e mi chiese:

<< Luke, seriamente, come state tu e tuoi fratelli? >>

Quella domanda mi prese alla sprovvista. La serata era andata bene fino a quel momento; non volevo rovinare l'atmosfera con i miei problemi; quindi tagliai corto.

<< Beh, ce la caviamo. Tiriamo avanti come possiamo. Non è semplice per nessuno ma in fondo non stiamo così male. >> mentii, e lui se ne accorse.
In quel momento, mentre stavo parlando, Amber ritornò nel salone per prendere gli altri piatti sporchi, e mi guardò per un momento; come se anche lei avesse capito che in realtà non stavamo bene affatto. Distolsi lo sguardo e lei ritornò in cucina.

<< Luke, per qualsiasi cosa ricorda che noi ci siamo sempre. >> disse il padre guardandomi negli occhi.

<< Lo so, vi ringrazio molto. >>

Poco dopo mi alzai, salutai tutti, li ringraziai e mi avvicinai alla porta d'ingresso, quando Amber mi disse:
<< Se ti va posso accompagnarti a casa. >>

Il mio cuore prese a battere più velocemente. Ero combattuto tra il mio istinto che mi diceva di accettare e la mia testa che mi diceva di rifiutare.
Aprii la bocca per rispondere, quando il mio cellulare prese a squillare nella mia tasca. Guardai lo schermo; era Amy.
Lo vide anche Amber, che fece qualche passo indietro.

<< Oh, no ok, capisco. Non l'hai sentita per tutto il giorno quindi è normale. >> disse lei con un tono che sembrava imbarazzato.

<< Amber... >> provai a dire ma lei mi interruppe subito.

<< No, tranquillo, è tutto ok. Ci... ci vediamo a scuola. >>

Non riuscii a replicare in nessun modo se non con un saluto con un cenno della mano.

Mentre Amber chiudeva la porta mi sembrava quasi dispiaciuta.
Dentro di me crebbe una sensazione strana; come se stessi male per il fatto di averle causato un dispiacere e di non aver fatto nulla per evitarlo.
La vibrazione del telefono mi distaccò dai miei pensieri. Era ancora Amy.
Risposi alla chiamata e cominciai ad avviarmi verso casa.

<< Oddio, finalmente hai risposto! >> sentii dire dall'altra parte del telefono.

<< Sì, scusami, stavo... >>

<< Lo so cosa stavi facendo! >> mi interruppe lei alzando la voce.
<< Ho sentito cosa è successo. È possibile che non ho notizie su di te per un giorno interno e dopo scopro che sei stato coinvolto in una rapina?! Perché non mi hai detto nulla? >>

Respirai lentamente e a fondo cercando di mantenere il mio tono il più neutrale possibile.

<< Amy, scusami ma non posso dirti subito tutto quello che succede. >>

<< Ero preoccupata, Luke. >> la sentii respirare profondamente dall'altra parte del telefono.
<< Lo so che questo è un brutto periodo per te e io sono disposta a darti tutto lo spazio che ti serve, ma non posso farlo se mi tagli fuori dalla tua vita così. >>
Sentii che stava combattendo per evitare che la sua voce si incrinasse.

Il senso di colpa crebbe sempre di più nel mio petto fino ad arrivare alla gola.
Amy era sempre stata molto gentile e comprensiva con me; non mi aveva mai proibito niente e mi ha sempre aspettato. Forse mi aveva aspettato anche troppo.
La mia mente si soffermò subito ad un ricordo di due anni prima, quando ero andato in piscina con lei, sua sorella Ashley e Peter.
Io e Amy eravamo seduti sul bordo della piscina, con le gambe fino al ginocchio immerse nell'acqua. Ashley e Peter si erano allontanati verso i lettini lasciandoci soli. Ci eravamo messi a parlare del più e del meno fino ad arrivare ad un argomento che in quel periodo mi stava buttando giù di morale: i miei amici. Era passato poco tempo da quando Alex e James si erano allontanati ed ero rimasto solo con Peter. Vedere loro che lentamente uscivano dal gruppo, senza poterlo impedire, mi aveva fatto sentire impotente; come se tutti intorno a me stessero cambiando tranne me. Avevo paura che i miei amici potessero andare avanti e considerarmi come un ricordo, un rimasuglio del passato, e che sarei rimasto lì per sempre.

In quel momento mi aprii con Amy. La conoscevo dalla prima media quindi per me era naturale confidarmi con lei, ma quella volta era diversa; lei era diversa. Mi aveva supportato e consolato in un modo che sapeva fare solo lei.
Si era avvicinata a me lentamente e mi aveva accarezzato il braccio per poi prendermi la mano e mi aveva detto:

<< Loro non ti dimenticheranno; nessuno potrebbe mai farlo. Sei stato una parte importante delle loro vite tanto quanto lo sono stati loro per te. Anche se adesso ti sembrano distanti sono sempre i tuoi amici d'infanzia; siete cresciuti insieme. Ognuno ha bisogno dei propri tempi e modi per crescere ma non si dimenticano mai le persone incontrate lungo il cammino. >> i nostri occhi si incrociarono.
<< Sono sicura che presto ritornerete ad essere un gruppo, come una volta. >>

Quelle semplici parole risvegliarono in me una scintilla di sollievo, come se il dolore di una ferita si fosse alleviato tutto all'improvviso.
Fu allora che cominciai a vederla sotto un'altra luce. Quello era stato il primo segnale che mi fece rendere conto, un anno e mezzo più tardi, dei sentimenti che provava per me.
Ripensandoci con il senno di poi mi resi conto che lei aveva cominciato a mandare segnali di interesse all'incirca due anni e mezzo prima del giorno in cui aveva cominciato a piacermi.
Avrei tanto voluto avere la sua pazienza e la sua perseveranza.

Il mio senso di colpa crebbe ancora di più destandomi dal ricordo.

<< Hai ragione, Amy. Mi dispiace tanto, non volevo ignorarti. >>

La sentii sospirare leggermente.

<< Ti va di uscire sabato sera? Offro io. Voglio farmi perdonare. >>

<< Mmmh >> disse lei con un tono pensieroso e incuriosito allo stesso tempo.
<< Ho sentito che sabato sera, quelli della squadra del lancio del peso, hanno organizzato una festa pre-torneo per gli atleti della scuola. Se ti va puoi venire con me. >>

"Perfetto", pensai; di sicuro ci sarebbero andati anche Alex e Amber, quindi io avrei potuto invitare Peter e cercare di farlo parlare con lei.

<< Va bene. >> accettai.

Ci salutammo e chiusi la chiamata.
Pensai che forse tutte quelle strane emozioni che provavo quando ero vicino a Amber erano solo una conseguenza del fatto che involontariamente mi stavo allontanando da Amy. Una volta sistemate le cose con Amy tutte quelle sensazioni sarebbero sparite e mi sarei potuto concentrare di più su come fare da spalla a Peter.
La mia vita stava finalmente cominciando ad aggiustarsi molto lentamente.

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