𝓛𝓾𝔁𝓾𝓻𝓲𝓸𝓾𝓼 𝓪𝓭𝓿𝓮𝓷𝓽𝓾𝓻𝓮 2
Passarono dieci minuti. Il ritmo incontenuto del tempo mi convinse ad approffitarmi della situazione e di scappare. Se fossi stato più furbo, avrei avuto l'opportunità di farlo.
Tuttavia, sentii un tonfo, il quale echeggiò per tutto il paese.
Mi girai e supposi che Akira fosse tornato. La polvere impermeava i suoi calzoni di tela e il viso era striato da tagli e ferite novelle. Il sangue tingeva di porpora le gote di lui.
-Piccolo Kohaku, dovevi usare i tuoi incantesimi per salvarmi. Ora sono ferito, stupidino.-
Nonostante provasse ad alleggerire il mio "peccato", il tono di voce minacciava rabbia e delusione. Ero stato troppo distratto. Dovevo farmi perdonare.
-Mi dispiace, Akira-san. Non ti avevo visto- mi scusai, supplicando in cuor mio che credesse alla mia verità, enunciata in qualità di preghiera. Il suo arto tattile soffocò la mia spalla, recandomi sempre più la sensazione di divenire una specie di proprietà religiosa. Il mio cuore si mise a battere ansiosamente.
Ora cosa sarebbe successo?
-Non temere, piccolo Kohaku. Ho una sorpresa per te.-
Il ragazzetto lasciò la presa e scagliò tra le mie braccia un kimono di seta viola, il cui mistero era esaltato da fiori blu dipinti sul tessuto. L'obi aveva il colore dello zafferano, un oro scuro, quasi sporco. I calzini bianchi, corti avevano la misura del piede. Oltre all'eleganza indumento e alle calze corte, Akira mi aveva portato degli zōri con un laccio di seta viola.
-Ora ti aiuterò a vestirti, piccolo Kohaku.- disse il giovane pescatore. Cominciò lentamente a togliermi i miei abiti, sfiorando volentieri la mia nudità con le sue tozze dita.
Un brivido corse lungo le ossa della mia cerea schiena. Se Akira si reputava un amico, perchè mi provocava? Perchè mi sfiorava? Che cosa avevo fatto per incantarlo in quel modo?
Non potendo rispondere alle mie stesse domande, concessi ad Akira di vestirmi come se fossi un suo giocattolo.
Mi osservò, compiaciuto del suo lavoro. In quella notte, rinchiuso in un kimono viola, stretto da una cintura di seta giallo scuro sembravo una bambola destinata ad essere soffocata dall'abbraccio di una bambina.
-Ora ti devo truccare.- sussurrò il giovane ragazzo. Affondò il dito su un sacchetto di farina bianca e contaminò il mio viso con siffatta sostanza. Gradualmente le gote persero colore, divenendo tutt'uno con la materia polverosa incastonata su loro. Le mie labbra furono tinte di rosso scuro.
Non ricordo quale materia usò Akira, però suppongo che era composta di ciliegie o il sangue liquido di un defunto. Non lo rammento, onestamente.
⛰⛰⛰⛰⛰⛰⛰⛰
-Allora, piccolo Kohaku, sei pronto?- chiese il giovane pescatore, intrecciando i nostri membri tattili. Deglutii, poiché ero incompetente nell'arte del dissenso autorevole e tenace. Il mio sguardo si orientava sull'entrata del bordello, in cui erano racchiuse le celebri risatine torbide. Realizzai che ormai avevo compiuto la mia malefatta e che essa non sarebbe stata più rimediabile.
-Sono pronto, Akira-San.-
Entrammo introdotti da un tonfo sordo del decrepito portone in quercia. Davanti a noi, il paesaggio interno rumoreggiava simile alla sua musica, selvaggia. Cuscini rossi erano sparsi sul pavimento di legno nereggiato, tavolini di legno-dispersi secondo uno schema delirante- erano accerchiati da uomini e oiran, le quali avevano colori sgargianti ricamati sul loro kimono. Da ogni parte, si udiva lo scalpiccio dei camerieri che portavano bicchierini di sakè, pietanze a base di riso e pesce, zuppe incandescenti di carne.
Shamisen, flauti, tamburi si perdevano nella confusione paralizzante del luogo.
Akira sembrava estasiato da quell'oasi irregolare, anarchico. In me, tuttavia si uccidevano a vicenda impeti contrastanti: la mia mente asfissiava un certo capriccio sessuale, pronto a farmi gettare su fanciulle innocenti e violarle con poco riguardo, per assaggiare il dolce piacere di un appetito trasgressivo. Il mio cuore, all'opposto, empattizzava con quelle creature vestite di seta, truccate fino all'eccesso e destinate a dormire con dei vecchi per tutta la vita. I clienti, nel profondo del mio inconscio, mi disgustavano.
Si, mi disgustavano! Detestavo come costringessero le fanciulle del bordello a macchiarsi di lussuria soltanto per assecondare i loro immaturi desideri. Odiavo come i loro corpi grinzosi, satolli di crepe grinzose, sofficassero quelli innocenti delle prostitute. Nella mia immaginazione di giustiziere divino, sembravano dei predatori ossessionati dal volere di sbranare delle fragili prede.
Oh, quanto avrei voluto salvare quelle fate di sesso! Come avrei voluto aiutarle, calmare le loro paure e comprendere il motivo delle loro tristi scelte. In quel piccolo frangente, non sapevo che avrei avuto l'opportunità di realizzare il mio sogno altruistico.
-Piccolo Kohaku, io vado a cercare una signorina. Tu esplora il posto e, se non sei riuscito a trovare qualcosa, dimmelo affinché possa aiutarti- spiegò Akira, prima di addentrarsi nel tunnel di respiri, sudore, sperma e ebrezza degradante.
Abbandonato dal mio nuovo amico, il mio occhio notò una fanciulla. Costei era in disparte, in un angolo della struttura. Il suo corpo rannicchiato era avvolto da un kimono meno appariscente rispetto a quello delle altre. I capelli nerissimi, fini, coprivano il pallido faccino, bagnato dalle lacrime e deformato dai singhiozzi in sordina. Attirato da quel dolore mortale, mi avvicinai ad ella e mi sedetti vicino alla fanciulla piangente.
-Non piangere, sono dalla tua parte.- cominciai, evitando di inspirare l'odore di vino che si era fatto più asfissiante. La ragazza non mi sentii, poiché chiusa nella sua tristezza.
Non mi arresi.
Se dovevo consolare quella oiran, l'avrei consolata, che le sarebbe piaciuto o no.
Scivolai verso di lei e feci scorrere il mio braccio attorno alla sua schiena.
-Sono dalla tua parte.- ripetei, scandendo le parole. La fanciulla si girò, allarmata dalla mia spettrale comparsa e dal mio volto truccato. Il suo punto di vista diceva chiaramente che ero una specie di donna pazza, venuta a confortarla perchè guidata dall'ubriachezza.
-Chi sei? Cosa vuoi da me?- fece la giovane, scioccata. Serrai delicatamente la pressione del mio arto sulla sua colonna vertebrale, per rassicurarla.
-Sono una donna eletta dagli dèi per salvare le prostitute- mentii. In quel contesto non ero una menzogna.
Le mie fattezze effeminate celavano la verità del mio genere virile, quindi non sarei finito nei guai in breve tempo.
-Davvero? Sicura che non stai mentendo?- domandò la ragazza. Annuii, facendo un piccolo sorriso.
-Lo giuro. Gli dèi,in sogno, mi hanno detto di salvare una ragazza con i capelli sciolti e con il volto ricoperto di lacrime.- spiegai, gentilmente. -Mi hanno detto anche il tuo nome, ma non lo ricordo.....-
-Sono Kiko, Kiko Amarutyo.- Mi interruppe
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