Capitolo 12

Y/N'S POV:

Sono seduta davanti al mio computer intenta a leggere una e-mail di Jennie. A Londra stanno tutti benissimo, aspettano con ansia il mio ritorno.

La testa mi fa male, sento qualcosa premere sulla mia tempia. Devo assolutamente prendere un'aspirina. Forse anche due. Le ingoio velocemente, ma ho poca acqua nel mio bicchiere e finisco quasi per soffocarmi, tossendo violentemente.

Sento su di me lo sguardo di Sun Jung. Sollevo gli occhi e vedo il suo volto esitante.

«Tutto bene?» le chiedo, quando so benissimo che dovrebbe essere lei a pormi questa domanda.

Lei si alza dalla sua postazione e mi si avvicina. «Posso chiederti una cosa personale?» dice a bassa voce. Non vuole che gli altri sentano.

«Sicuro. Ti offro un caffè?» le propongo.

Lei annuisci e ci incamminiamo fino alla macchinetta.

«Grazie» mi dice, prendendo dalle mie mani la tazza. «Ecco, visto che tu sei una ragazza di mondo, volevo chiederti... sì, insomma... a che punto di una relazione è il caso di andare a letto con un uomo?»

Mi aspettavo tutto, ma non una domanda simile. «Stai frequentando qualcuno?» chiedo. Credo proprio di sapere chi, ma meglio farmelo dire da lei.

«Ecco, Hoseok ed io ci frequentiamo da Capodanno.» A quanto pare è stato un inizio d'anno intenso per tutti.

Le sorrido gentilmente. «E in questi due mesi non siete mai andati a letto insieme?»

Lei arrossisce ma nega con il capo. Ecco quello che avrei dovuto fare anch'io, niente sesso, penso decisa. Ma poi mi sforzo di non sviare dal nostro discorso.

«Capisco, e ora tu lo vorresti?» le chiedo delicatamente.

«Oh Y/n, non lo so nemmeno io cosa voglio!» mi dice con una certa esasperazione che non le ho mai visto prima.

Ah come la capisco, noi donne siamo esseri davvero complicati.

«Ma lui ti piace, anche fisicamente voglio dire...»

«Sì, mi piace» risponde arrossendo vistosamente.

Le sorrido benevola. Che cosa romantica.

«Tu e Namjoon state insieme? Andate a letto insieme, vero?» La domanda di Sun Jung mi coglie del tutto impreparata. Del caffè bollente mi finisce su una mano quando per un attimo perdo la cognizione del tempo e dello spazio.

«Non proprio. Noi non stiamo insieme» le rispondo asciugandomi. Mannaggia, la mano sta arrossendo visibilmente.

«Davvero?» È stupita. «Lo sai che io non lo direi mai a nessuno...»

«Non è questo, noi non stiamo insieme, davvero.» Qualcosa mi dice che è molto meglio negare tutto, non credo che una ragazza dolce ed innocente come Sun Jung potrebbe capire quello che c'è tra Namjoon e me. Non lo capisco neanch'io e sinceramente non ho molta voglia di parlarne.

Negli ultimi due mesi le cose si sono ulteriormente complicate, se mai fosse possibile. Il sesso tra di noi capita durante litigi o discussioni, esplode quando meno ce lo aspettiamo e francamente non mi sembra che stia migliorando i nostri già difficili rapporti. Ho deciso che oggi chiederò di andare in ferie. Ho bisogno di allontanarmi da questo posto e soprattutto da lui. Preannuncio l'intenzione di andarmene per un po' alla mia giovane collega.

«Fai bene» mi dice, «anche a me piacerebbe staccare per un po'. Dove pensi di andare?»

«A casa mia, a riposarmi.» Sì, riposarmi emotivamente prima di tutto.

Mentre torniamo alle nostre scrivanie vedo che Hoseok è venuto a cercarmi. «Il grande capo ha chiesto di te» mi dice alzando le spalle, come a dire ambasciator non porta pena.

Io sospiro, ma entro nell'ufficio di Namjoon come se niente fosse. Meglio togliersi il pensiero.

«Chiudi la porta per favore» mi dice con il suo solito tono seccato.

Eseguo gli ordini e mi siedo senza battere ciglio. L'idea delle ferie mi fa quasi sorridere mentre lo interrompo e gli dico: «Ciao Namjoon, prima che tu mi dica cosa ho fatto di sbagliato questa volta, volevo informarti che ho chiesto tre settimane di ferie e che l'ufficio risorse umane me le ha accordate.»

Alza il volto dal foglio che stava leggendo. Chiaramente mi aveva convocato per riprendermi. «Cosa?» mi dice solo sorpreso.

«Da sabato sono in ferie» ripeto per nulla intimorita. «Ho un tale numero di giorni di ferie arretrati che mi è stato detto che devo assolutamente prendere ferie.» Più o meno corrisponde a verità.

«Senza chiedermelo?» chiede con un tono che non so ancora interpretare.

«È capitato così.» Che pensi pure quello che vuole.

«Hai fretta di partire?»

«No, sono solo stanca.» Lo dico con decisione e lui non osa ribattere.

«Torni a Londra?»

Non gli devo alcuna risposta, ma non voglio discutere su tutto. «Sì, vado a casa.»

Per un attimo mi sembra quasi che voglia aggiungere qualcosa, ma non lo fa. Io mi alzo, lo saluto e torno a lavorare.

◦•●◉✿✿◉●•◦

Mi trovo a Londra da 6 giorni. Sono a casa di Jennie, è un venerdì sera come tanti altri. Ci stiamo preparando per andare al pub. Dovrei essere felice ma la verità è che non faccio altro che fissare un punto non meglio precisato davanti a me con sguardo perso.

«Sai Y/n, non sembri molto felice di essere tornata» mi dice la mia amica porgendomi un bicchiere di vino bianco e versandone uno anche per sé. Sta cercando di farmi bere per slegarmi la lingua?

«Lo sono invece, sono davvero contenta di vederti. Sono persino felice di vedere i miei, il che è tutto dire» rispondo ridendo.

Jennie si accascia sul divano accanto a me e mi fissa seria.

«Perché finalmente non parliamo di quello che è successo a Seoul? Dopo tanti anni ti leggo come un libro aperto, e c'è qualcosa che ancora non mi hai detto.» Poi fa ruotare il vino all'interno del bicchiere con grande padronanza.

«Hai fatto un corso da somelier mentre ero via?» chiedo cercando di sviare il discorso, ma lei mi lancia un'occhiataccia di avvertimento.

Mi butto indietro sul suo divano blu notte e chiudo gli occhi. «Oh Jennie, io davvero non ne vorrei parlare...»

Lei sospira. «Forza, sputa il rospo. Chi è? Come si chiama?»

Rialzo la testa. «È così evidente che si tratta di un uomo?»

«Evidentissimo.» sentenzia. «A chi verrebbe mai in mente di venire a Londra a febbraio se non ad una che sta scappando da qualcosa? Capirei ad aprile o a maggio, ma adesso...cara, non siamo nemmeno nella stagione dei saldi.»

Di fronte al suo istinto da segugio non mi rimane che arrendermi.

«Temo di aver combinato un casino» le dico titubante.

«E fin qui niente di nuovo. Forza!» Mi spinge con la spalla. Che bastarda insistente.

«Non lo vuoi sapere...» le dico prendendo tempo.

«Così mi fai preoccupare, Y/n!» Il suo tono diventa più severo, segno che ha perso la pazienza.

«Namjoon...» dico solo, ma devo averlo detto in un tono tale perché lei mi interrompe subito.

«Vai a letto con il tuo capo?» chiede alzando molto la voce.

Ma io ho solo detto il suo nome, da cosa lo ha capito? Glielo chiedo.

«È evidente, hai pronunciato il suo nome in un modo molto sensuale e familiare...» mi spiega pragmatica.

«Ok, ci vado a letto. Ma a parte il sesso il nostro rapporto è pessimo. E non stiamo insieme» mi affretto ad aggiungere come se questo cambiasse tutto.

Lei si ferma un attimo a riflettere. «Lo sai che non sei fatta per storie simili. Tu sei una romantica, per quanto non voglia ammetterlo. Ne sei innamorata, altrimenti non lo avresti fatto.»

La sua risposta non mi piace, non è quello che volevo sentirmi dire. «Guarda che sono cambiata!»

«Ma se porti le stesse meches e lo stesso taglio di capelli da 15 anni! Non sei capace di cambiare!» mi fa notare. «A proposito, sei riuscita a trovare un parrucchiere in Corea che riesce a farti i colpi di sole biondi?» domanda stupita prendendo in mano una biondissima ciocca dei miei capelli.

«Miracoloso, vero?» È stato difficilissimo ma grazie a Sun Jung anche questo scoglio è stato superato. «Ho fatto da cavia al parrucchiere, era la prima volta in vita sua che faceva una schiarita così drastica.»

«Non cambiare tema, cara mia! Dimmi invece, perché non stareste insieme? Ti vedi con altri?»

«No, veramente no» rispondo sulla difensiva. So dove sta andando a parare.

«E lui esce con altre?»

«Non è una cosa che mi interessa» ribatto falsamente.

«Ma smettila! Se lui si vedesse con altre lo avresti già ucciso.»

Probabile, ma meglio non ammetterlo apertamente.

«E come avete partorito questa brillante idea della storia fisica e basta?» mi incalza Jennie.

Io non ce la faccio più a rispondere al suo interrogatorio quindi mi zittisco.

«Y/n, io ti voglio bene, questa storia non mi piace. Sono certa che quest'uomo ti piace sul serio e anche tu gli devi piacere.»

Stringo il bicchiere che tengo in mano. «Jennie, tu sei la mia migliore amica e lo so che vuoi solo il mio bene ma ti prego, non parliamone più. Tra qualche mese io tornerò in pianta stabile a Londra, Namjoon rimarrà a Seoul e ognuno tornerà alla sua vita normale. Preferirei davvero non discutere con te dei miei sentimenti per lui, che francamente sono del tutto ininfluenti.»

È la verità, che scopo ha riflettere su qualcosa che è comunque destinato a finire? Tanto vale non sprecarci troppi pensieri.

Jennie mi porge il cappotto e si veste a sua volta. «Non mi hai convinto, ma farò come vuoi. Non ne parleremo più per questa sera. Se dovessi aver bisogno di me sappi solo che io ci sono. E ora usciamo, dobbiamo affogare tutti i nostri dispiaceri nell'alcol.»

◦•●◉✿✿◉●•◦

Mi trovo a casa dei miei genitori, sono passati 12 giorni da quando sono tornata a Londra. Il fatto che io stia contando i giorni dal mio arrivo non vuol dire niente, mi dico fiduciosa. Sto benissimo, adoro stare in Inghilterra. Adoro anche il fatto che sta piovendo da quando sono arrivata. Se me lo ripeterò altre 100 volte forse finirò per crederci davvero.

«Y/n, cara, cosa fai lì affacciata alla finestra?» Mio padre è entrato nel salotto e mi guarda stupito fissare un punto non meglio precisato davanti a me. Per inciso, da quella finestra si vede solo una strada desolatamente vuota.

«Niente papà, sto solo riflettendo» rispondo sincera.

«Perché non vai qualche giorno in montagna?» mi propone. Gli sono davvero grata per la sua preoccupazione. Devo assolutamente smetterla di trascinarmi in questo modo per casa.

La mamma interrompe il nostro discorso. «Maddy, c'è una telefonata per te» mi indica il telefono in corridoio.

Io mi avvicino, quasi impaurita. È Edward. Sono davvero stupita di sentirlo. «Ciao Y/n, come stanno andando le vacanze?»

Edward non chiamerebbe mai a casa dei miei. Deve trattarsi di qualcosa di importante.

«Abbiamo provato a rintracciarti sul cellulare ma, mia cara ragazza, lo tieni sempre spento.» Verissimo, è spento perché mi sono stufata di attendere un messaggio o una telefonata che tanto non arriverà. Così almeno non mi posso illudere.

«Ho voluto proprio staccare da tutto e da tutti» gli spiego.

«Mi spiace importunarti, ma da Seoul hanno chiesto se puoi rientrare una settimana prima.»

Mi rianimo, ecco qualcosa che non mi sarei mai aspettata. Hanno oppure ha?

«Perché?» domando.

«Nuovo progetto su cui devi lavorare. Una serie di alberghi a Jesu Island.»

La mia speranza si sgonfia immediatamente. «Capisco» dico solo.

«Namjoon mi ha detto che è molto soddisfatto di come stai lavorando». Lo dice agli altri ma non a me.

«Davvero?» chiedo.

«Certo. Ma io lo sapevo già che avresti fatto un ottimo lavoro.»

«Ti ringrazio, Edward.» Non so cos'altro dire.

«Quindi rientri?» domanda.

«Posso decidere di non rientrare?» gli chiedo.

«Che domanda...» mi dice ridendo. Poi mi saluta.

Io mi appoggio allo stipite delle sala, cercando di nascondere la faccia come uno struzzo. Meno male che c'è il lavoro, penso ad un tratto. E questo pensiero mi terrorizza...

◦•●◉✿✿◉●•◦

Eccomi nuovamente a Seoul, esattamente 15 giorni dopo aver lasciato questa città. Sinceramente non so se sono contenta o meno di essere tornata. Mi detesto perché spero che Namjoon mi venga a prendere. Cerco di scovare con lo sguardo la sua sagoma familiare.

Naturalmente non c'è. La consapevolezza di non vederlo ad attendermi stranamente non mi ferisce troppo. Sono felice di vedere che Sun Jung invece è venuta.

«Y/n!» mi chiama vivace muovendo la mano nella mia direzione. Almeno qualcuno è contento di vedermi.

«Hai viaggiato bene?» mi domanda abbracciandomi. Io annuisco.

«Ci sei davvero mancata! Devo raccontarti tutto quello che è successo durante la tua assenza!»

«Cosa è successo?» chiedo preoccupata. Sono stata via solo due dannatissime settimane, cosa può essere accaduto di tanto importante?

«Al lavoro niente di che, il capo era assolutamente intrattabile e di pessimo umore. Sbraitava in continuazione. Ma non è questa la cosa importante» mi dice, «la buona notizia è che Hoseok ed io...» si ferma e mi fa l'occhiolino.

Capisco al volo di cosa sta parlando. «Sono contenta per voi, davvero contenta. L'importante è che tu sia felice.»

«Oh Y/n, lo sono tanto!» Almeno lei.

«Forza, prendiamo un taxi e mi racconti tutto ben bene» le dico. A quando pare non aspettava altro.

◦•●◉✿✿◉●•◦

Finalmente sono nel mio minuscolo appartamento. Sono arrivata da tre ore, e continuo a pensare se sia il caso o meno di andare a salutare Namjoon. Una parte di me muore dal desiderio di vederlo, ma quella razionale mi dice di non farlo. Non mi ha mai chiamato in questo periodo, non è venuto a prendermi all'aeroporto... è chiaro che non gli importa. Devo assolutamente smetterla di sognare ad occhi aperti e accettare la situazione per quella che è. Le storie di sesso capitano, ma non significano molto.

Mi sdraio sul minuscolo divano e cerco di sentire qualche rumore dal pianerottolo. Niente da fare, non c'è segno di anima viva.

Sono delusissima, principalmente da me stessa e poi dalla situazione. Stizzita lancio una scarpa verso il soffitto che, ricadendo, mi colpisce in pieno sul naso. Mi sfugge un gemito di dolore.

Va bene, non proprio un gemito, piuttosto un urlo.

Sono ufficialmente un caso clinico. Mi sono colpita da sola e ora il mio naso sanguina. Mi alzo per andare in bagno, attenta a non sporcare in giro con il mio sangue.

Sono a metà strada quando vengo fermata da qualcuno che bussa in maniera irosa alla mia porta. Dimenticandomi per un secondo del mio naso mi affretto ad aprire. Mi trovo davanti Namjoon, ha indosso un paio di jeans sbiaditi e una maglietta blu girocollo, uno stile molto casual per uno come lui. Se non si trattasse di Namjoon, direi quasi trasandato. Ma questo è impossibile...

«Ma cosa diavolo ti è successo?» mi domanda seccato indicando il mio naso sanguinante.

Per un secondo mi sento a disagio. Avrei preferito farmi trovare in una forma migliore. Decisamente migliore: per un attimo avevo fantasticato su di una scena da film, tipo io bellissima, truccatissima e con le meches fresche di parrucchiere.

Certo, c'era una via di mezzo tra questo disastro e la scena di un film...

«Ho sentito un botto ed un urlo agghiacciante. Cosa stai combinando, a parte cercare di ucciderti?» domanda sempre più arrabbiato. Gli occhi sono praticamente nerissimi e incredibilmente minacciosi. Io mi colpisco e lui si incazza? Ma dico, scherziamo?

Entra senza essere invitato e mi afferra con decisione per un braccio. Io cerco di liberarmi, ma lui mi stringe ancora più forte. Sinceramente mi sta facendo male.

Mi fa stendere sul divano e finalmente lascia andare il mio braccio, poi si incammina verso il lavello e mi porta una benda che ha bagnato. Come se fosse casa sua. Ma prego, fai pure.

«Tieni, cerca di tenere la testa all'indietro» mi dice ma sembra più un'ordine.

Io non ho ancora aperto bocca da quando è entrato. Sinceramente non so cosa dire. Meglio che non gli dica come mi sono fatta male. E poi sono confusa. Con la coda dell'occhio lo guardo camminare nervosamente per la sala, da semi sdraiata non ho un campo visivo perfetto. Cerco di tirarmi su, ma il sangue riprende ad uscire velocemente. Forse è meglio rimanere sdraiata.

Con la coda dell'occhio noto solo che si risiede lontano da me qualche attimo dopo.

«Hai passato delle buone vacanze?» domanda.

Non vedo la sua espressione, non so come mi sta porgendo questa domanda.

«Ho passato delle brevi vacanze, grazie a te» rispondo mentre cerco di verificare se il naso sanguina ancora. A quanto pare sì, e anche copiosamente.

Gli occhi gli si incupiscono mentre mi guarda. «Non è stata una mia decisione quella di farti rientrare.» Se pensa che io ci creda non ha capito con chi ha a che fare.

«Certo, perché adesso non sei più tu che decidi per questo ufficio ma qualcun altro... ma fammi il piacere.» Nervosa mi rimetto a sedere e una grossa goccia del mio sangue rosso rubino plana sui miei pantaloni grigio chiari. Dannazione, sto per perdere le staffe.

«Stai giù!» mi urla Namjoon. Non si capisce chi ha l'umore peggiore tra noi due. Insofferente ripiego la testa indietro.

«Cocciuta come un mulo, come un dannatissimo mulo» dice più a se stesso che a me.

Volevo tanto vederlo e adesso che è qui non vedo l'ora che si tolga di mezzo. Ha un'aura talmente negativa che non riesco a soffrirlo. Con lui non si riesce mai a parlare, è sempre uno sbraitare continuo, una lite perpetua. L'evidenza mi colpisce in pieno. Non posso andare avanti così.

«Già che sei qui vorrei dirti che durante queste vacanze ho riflettuto a lungo su questa... faccenda...» spero che la parola sia sufficientemente neutra, «e ho deciso che finisce qui. Niente più debolezze da ora in poi. Stammi lontano, Nam.»

Non lo vedo bene ma potrai quasi giurarci che se lo aspettava. «Vacanze ispiranti, vedo. Hai conosciuto qualcuno?»

Il suo tono è offensivo. Cosa sta cercando di insinuare?

«Cosa c'entra?» domando arrabbiata.

Non ho conosciuto nessuno se non l'ombra di me stessa, ma non lo ammetterei neanche se da questo dipendesse la mia vita.

«Ma certo, qualche fascinoso inglese dagli occhi di ghiaccio per la nostra principessa che vuole una vita perfetta. Ha anche un adeguato conto in banca?» chiede.

Io sono sbigottita: non avrei mai pensato che potesse arrivare così in basso. Prendo l'altra scarpa posata accanto al divano e la lancio violentemente addosso a Namjoon, che la schiva per miracolo.

«Fuori!» gli dico solo. Credo proprio che ci siamo detti tutto.

Lui si alza senza scomporsi troppo, un perfetto principe di ghiaccio, prende e se ne va. Che mi venga un accidenti se penserò a lui anche solo per un secondo da ora in poi.

◦•●◉✿✿◉●•◦

In ufficio siamo sommersi dal lavoro. Effettivamente il nuovo caso della catena alberghiera è piuttosto complesso e richiede la mia più totale dedizione. Per la cronaca, Namjoon ed io non ci rivolgiamo la parola se non per motivi strettamente lavorativi. Gli altri lo hanno capito e non chiedono più di tanto. Persino Sun Jung fa finta di niente. Il clima purtroppo ne risente. Mi dispiace ma non posso farci niente, non è colpa mia se la situazione ha preso una piega simile.

Improvvisamente il mio telefono squilla. «Pronto?» rispondo.

«Ciao Y/n! Allora sei tornata!» Riconosco facilmente la voce di Taemin.

«Sì, da una settimana ormai.»

«Hai passato delle belle vacanze?»

Cos'è, il terzo grado? Inizio ad interrogarmi sul motivo della sua telefonata.

«Sì, grazie. Cosa posso fare per te?» Non vorrei sembrare troppo sbrigativa ma non sono molto dell'umore per chiaccherare con un membro della famiglia di Namjoon.

«Questo fine settimana c'è un ricevimento per la raccolta di fondi destinato agli orfanotrofi. Sei dei nostri?» domanda con fare disinvolto.

«Non credo di poter venire.»

«Su, non farti pregare. È per una buona causa...» mi supplica.

«Davvero, non posso» dico ferma. «E se ti stai chiedendo perché, ti basti sapere che io non verrò mai ad una festa dove ci sarà anche Namjoon.»

Lui ridacchia dall'altra parte della cornetta. «Lo so che avete litigato. Mio fratello è intrattabile da un mese circa. Ma questo non c'entra. Lui ha detto che non verrà al ricevimento, lo sai anche tu che è in partenza per Jesu Island per lavoro. La nonna quindi mi ha chiesto di invitare almeno te. Forza, ci divertiremo.»

Sono tentata, se Namjoon non ci sarà vuol dire che potrei godermi una piacevole serata, dimenticandomi per un attimo le ultime difficili settimane. Sospiro in segno di resa. «E va bene, potrei venire, se Namjoon davvero non ci sarà.»

«Fantastico! Vestito da sera lungo, mi raccomando!» mi dice. Poi mi detta l'indirizzo e l'ora. Come metto giù mi dico che non dovevo farmi incastrare. Dannata famiglia Kim!

◦•●◉✿✿◉●•◦

Mi sono comprata un vestito di gran classe. Mi sto dicendo che non devo far colpo o impressionare nessuno, ma voglio davvero avere un bell'aspetto. Lo faccio per me stessa.

Il mio vestito è verde scuro, con una profonda scollatura sul davanti che ricade in morbide onde fino a toccare terra. Naturalmente lo ha scovato Sun Jung, che negli ultimi giorni ne ha fatto una missione. Devo ammettere che ha scelto benissimo.

Ho raccolto i capelli in un elegante chignon da cui fuoriescono poche ciocche ondulate. Nel complesso mi sento davvero soddisfatta del mio aspetto.

Taemin ha insistito per venirmi a prendere ma io sono stata irremovibile. Gli ho chiaramente fatto capire che o venivo sola oppure non venivo affatto. Non mi serve un cavaliere questa sera, mi basto da sola. Per la cronaca, ho deciso che mi basto anche nella vita.

Fermo un taxi davanti a casa e in pochi minuti arrivo all'albergo dove si tiene il ricevimento. Vedo alcune teste voltarsi nella mia direzione. Non mi sono ancora del tutto abituata alla mia diversità, al fatto che una testa bionda, anche se mechata, scatena curiosità da queste parti.

Taemin mi vede quasi subito e mi viene incontro.

«Ciao Y/n, sei bellissima questa sera!» mi dice baciandomi sulle guance. Lui ha indosso un completo grigio scuro con una camicia bianca lasciata apposta sbottonata. Credo sia il suo modo giovanile di essere elegante.

«Grazie, anche tu stai bene.»

Mi sorride soddisfatto. «Hai visto quante mummie?» dice riferendosi all'elevata età media degli invitati... «Meno male che noi portiamo una ventata di giovinezza.»

Mi porge il suo braccio, che io afferro, e mi conduce al buffet. Stranamente sono nervosa e ho lo stomaco chiuso. Prendo solo un bicchiere di champagne, ma mi ricordo mentalmente di non berne troppi visto che sono a stomaco vuoto. In fondo alla sala ci sono i genitori e la nonna di Taemin. Andiamo subito a salutarli.

«Buonasera» mi dice la nonna, «sei uno splendore ragazza mia. Che peccato che Namjoon non sia qui con noi questa sera per vederti.»

Sorrido nervosamente non appena sento nominare il nome di Namjoon. Mi trattengo dal dire che se lui fosse qui questa sera io non ci sarei di certo.

La madre di Namjoon mi squadra dalla testa ai piedi senza proferire parola, mentre suo marito mi saluta educatamente.

Poco dopo partono le danze. Per fortuna.

Ho sempre trovato buffo questo modo di fare beneficenza molto da alta società. Cos'è, non è beneficenza raccogliere soldi in jeans e maglietta?

«Sai, non pensavo foste una famiglia che apprezza ricevimenti simili» bisbiglio a Taemin.

«Purtroppo ci tocca. Non solo bisogna fare beneficenza, ma è necessario anche costringere gli altri a farne» mi spiega.

Qualcosa però mi sfugge. «Dovete per forza?»

Lui si stringe nelle spalle. «Purtroppo i soldi portano anche molti obblighi.»

«Quali soldi?» chiedo stupita.

«I tanti soldi della mia famiglia» mi dice meravigliato. «Pensavo lo sapessi.»

«No. Cos'è che dovrei sapere esattamente?» chiedo con una voce che svela un parziale risentimento.

«Beh, come dire... non per tirarmela, ma la nostra famiglia è tra le più benestanti di Seoul. Namjoon non ti ha detto che è lo scapolo d'oro della città? Io sono ancora troppo giovane, ma lui è nelle mire di tutte le fanciulle nubili. Oserei dire anche di quelle non nubili.»

Mi fermo un attimo. Meno male che Namjoon si trova molto lontano questa sera, perché qualcosa mi dice che finirei per strozzarlo se lo avessi davanti. Non si è fidato a dirmi tutto. Per cosa mi ha preso, per una che mira ai soldi? O meglio, idealmente potrei anche mirare ai soldi... ma sono solo parole, Namjoon dovrebbe conoscermi e sapere che sono tutte stronzate le mie storie sul fondo fiduciario.

Dico davvero, se avessi voluto farmi mantenere da qualcuno mi sarei trasferita dall'altra parte del globo per lavorare anche 15 ore al giorno?

Sono molto, molto, molto seccata, e mi dirigo velocemente a prendere un nuovo bicchiere di champagne. Meglio berci sopra.

E proprio mentre mi immagino tutte le parolacce che direi a Namjoon se lui fosse davanti a me, ecco il signore che entra maestoso nel salone. Indossa un dannatamente perfetto smoking che sembrano avergli cucito addosso ed emana una luce che tutti notano. Le teste femminili si voltano immediatamente nella sua direzione.

Non sono i soldi a fare questo effetto sulle donne, è proprio lui, mi dico arrabbiata.

Namjoon si ferma un secondo, analizza velocemente le persone presenti nella sala e poi viene nella mia direzione. Non sembra sorpreso di vedermi. Io invece ho spalancato la bocca e non riesco a muovermi. Come un ragno con la sua preda.

Mi si avvicina e mi guarda. Non dice niente. Non sarebbe almeno educato da parte sua salutarmi? Certo, tale madre tale figlio.

Taemin ci si avvicina ed interrompe la tensione. «Ciao Namjoon, vedo con piacere che ce l'hai fatta a rientrare.»

Il bastardo sapeva perfettamente che suo fratello sarebbe venuto e mi ha comunque trascinato qui. Morirà in maniera lenta e dolorosa.

«Ho corso parecchio per riuscire a venire» ci dice. Sposta nuovamente il suo sguardo su di me. Cosa diavolo vuole dirmi con quel suo sguardo indagatore?

«Hai visto quanto è bella questa sera la cara Y/n?» gli fa notare Taemin. Vorrei sprofondare per la vergogna.

Namjoon non dice niente, tossisce solo. Dovrebbe essere un sì?

Dietro di noi si è come materializzata la nonna Kim. «Ciao Namjoon, sono contenta che tu sia riuscito a venire.»

Lui saluta la nonna con un bacio sulla guancia.

«Perché non fai ballare questa bella ragazza?» gli dice sorridendo la vecchia signora. Furba come una volpe.

«No, grazie» mi affretto a rispondere.

Namjoon mi guarda e sospira. «Visto nonna, la dama non vuole ballare con me.»

«Per forza, non glielo hai neanche chiesto come si deve. Forza.» Lo spinge con decisione nella mia direzione.

«Vuoi ballare Y/n?» mi chiede Namjoon molto di malavoglia.

Io me ne sto zitta pensando a cosa dirgli. Vedendo la mia indecisione lui mi prende per mano e inizia a trascinarmi in mezzo alla pista.

Si sta ballando un lento o comunque qualcosa di molto simile. Mi afferra per la vita e mi avvicina a sé.

«Ci stanno guardando tutti» mi sussurra all'orecchio. «Fai almeno finta che ti piaccia.»

Con una rapida occhiata noto subito che ha ragione, ma quel tempo della mia vita è finito: lui avrà sempre ragione, penso disillusa, ma non per questo sarà una persona felice. Mi faccio condurre nel giro di pista alquanto inerme. Non voglio opporre resistenza ma nemmeno sembrare troppo collaborativa. Questa cosa non mi piace e voglio che lui lo sappia senza ombra di dubbio.

«Sei bellissima, comunque» mi dice velocemente facendomi piroettare.

Rimango di sasso a questa frase. Non so perché ha voluto dirmi una cosa simile. Balbetto un sofferto grazie. Le cose tra di noi sono già abbastanza complicate anche senza finte carinerie. Io almeno non ho la minima intenzione di essere gentile con lui.

«Lo sai che non sarei mai venuta se avessi saputo che tu ci avresti raggiunto?»

Sorride come un bandito. «Certo che lo so.»

Gli pesto un piede. Sembra un gesto casuale ma è stato fatto assolutamente apposta. Voglio che lo capisca.

«Sei sempre la solita vipera velenosa» mi dice con tono casuale. Ecco finalmente il solito Namjoon di sempre, non so dove si fosse nascosto tutto questo tempo.

«E tu sei sempre il solito bugiardo» ribatto. «Quand'è che ti sei dimenticato di dirmi che sei miliardario?»

Per un secondo vedo lo stupore sul suo volto. Mi stringe ancora più forte mentre mi dice: «Io non sono miliardario, lo sono i miei. Io non c'entro niente.»

Ma per favore, con chi crede di avere a che fare? Lo guardo con astio senza aggiungere nient'altro.

La canzone per fortuna finisce in fretta. Mi libero velocemente dalla sua presa e con passo deciso mi dirigo verso il bar. Lo so che non è il caso, ma davvero, come faccio ad arrivare alla fine di questa dannata serata senza altro alcol?

Namjoon si avvicina subito. «Non per insistere, anche perché non sono minimamente fatti miei, ma quanti bicchieri hai già bevuto questa sera?» La domanda è antipatica e posta nel modo peggiore possibile. Vuole offendermi.

«Come hai detto, non sono affari tuoi» sibilo quasi senza aprire la bocca.

«Ma siccome qui dentro pensano tutti che tu sia la mia ragazza, tanto vale che diventino anche affari miei.» Certe volte non capisco il suo ragionamento contorto.

«Ma io non sono la tua ragazza, quindi girami alla larga.» E con un gesto alquanto teatrale della mano gli indico di andarsene. Per un attimo si sofferma a riflettere sul da farsi, ma poi decide di andare fino in fondo con il suo piano di irritarmi irrimediabilmente. Mi prende il bicchiere che sto per bere dalla mano. Lo sguardo mi provoca. Cosa vuole da me?

«Non hai intenzione di mollare?» domando risentita.

«No.»

Sospiro in segno di rassegnazione mentre lo guardo bersi il mio champagne.

«Quasi quasi allora tolgo il disturbo. Ora che sei qui tu nessuno si accorgerà che manco io. È arrivato il principe.»

«Niente da fare. Un principe non è tale se non ha una principessa al suo fianco.» La frase potrebbe anche illudere, ma io so che il tono con cui la pronuncia non indica niente di buono.

È un tentativo di scherzare? Quale onore.

«Se facessimo una tregua?» mi propone.

Medito per un attimo. «Certo, contando che si tratta di una guerra che non ho iniziato io...»

«Devi sempre sprecare tutto questo fiato per dire cose così poco significative?»

Colpito e affondato. Ma quando le pensa certe frasi ad effetto, mentre dorme?

«No, solo quando si tratta di far capire qualcosa ad un pallone gonfiato come te. Ma lo so che è fatica sprecata... figurati se sua maestà può capire cose come queste...»

Improvvisamente mi rendo conto di essere stanca, sono terribilmente stufa di tutta questa situazione che si è creata. Lo sapevo sin dall'inizio che una persona come Namjoon non aveva nulla in comune con me, che non ci saremmo mai capiti, che iniziare qualcosa con lui era da stupidi. Il mio sesto senso ha cercato di avvertirmi più e più volte a riguardo. Ma io niente... non gli ho voluto dare retta. O non ho potuto dargli retta, il che poi ha portato comunque allo stesso identico risultato. Stringo al petto il bicchiere vuoto che Namjoon ha appena svuotato e rifletto tristemente sugli ultimi sviluppi della vicenda.

Lui mi osserva quasi sospettoso, il silenzio è qualcosa che in genere non mi appartiene, se non quando sono effettivamente un po' brilla. E nonostante tutto si vede che lo sono ora.

Senza dire una parola mi allontano dal banco, non degno Namjoon di uno sguardo, e lentamente inizio ad avvicinarmi all'area guardaroba.

«Te ne vai?» mi chiede Namjoon che deve avermi seguito passo per passo.

«Credo sia meglio» gli rispondo piano.

«Meglio per chi?» domanda fermandomi con il suo corpo.

«Forza Namjoon, non insistere quando sai benissimo che è meglio per entrambi rinunciare a questa cosa. Per una volta, comportati da uomo saggio quale normalmente sei quando non sei in mia compagnia.»

Alzo gli occhi e vedo le sue labbra contratte in segno di ira. Spero vivamente non stia per esplodere.

«Ti prego» gli dico con un tono di voce molto diverso questa volta, «lasciami andare. È davvero quello che voglio.»

Namjoon sospira, chiude gli occhi per un periodo più lungo del necessario e quando finalmente li riapre vedo che qualcosa dentro di lui è cambiato, che la sua certezza vacilla.

«Per favore, il cappotto della signorina» dice infine all'uomo all'interno del guardaroba. È il suo modo per dirmi che mi lascia andare.

«Grazie» gli dico soltanto. Lui non dice niente, ma accenna un sorriso debole e poi si volta e se ne va con passo deciso.

Io invece afferro il cappotto che mi viene porto e mi incammino verso l'uscita. Meglio così, molto meglio così... almeno lo spero.

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