Sanctum Sanctorum, New York City.
10 - 02 - 2019.
13:00 p.m.
Camera di Aveline.
ᴀᴠᴇʟɪɴᴇ
Ero stesa sul letto da una buona mezz'oretta, ma non davo segni di addormentarmi, continuavo a rigirarmi sul letto senza chiudere occhio.
Ciò che era successo nell'atrio mi aveva scosso molto e cercavo di negarlo a me stessa, ma per quanto ci provassi non ci riuscivo; qualcosa me lo impediva e non sapevo se era per la discussione di Strange o per quello che avevo scoperto quella mattina.
Dopo aver appreso che non avrei chiuso occhio, mi misi seduta sul morbido materasso, prendendomi la testa tra le mani.
L'immagine della mia infanzia mi tornò in mente a ciel sereno e si insinuò prepotente nei miei pensieri, un leggero fastidio mi prese la testa e la presa nei miei capelli aumentò di più, come se ciò riuscisse ad alleviarla.
Non so il perché di quel fastidio, ma lo ricollegai ai ricordi che mi si erano insinuati nella mente, e decisi di concentrarmi al massimo per cacciarli, o almeno per un po', perché era una ferita ancora fresca e la mia mente doveva ancora riprendersi, a quanto pareva.
Quando fui sicura che il fastidio se ne fosse andato, decisi di chiamare Peter e gli altri; ormai erano due giorni che non li sentivo, per me era passata un'eternità.
Poi ero preoccupata per loro, così a piedi scalzi scesi dal letto e andai a prendere il tablet che avevo lasciato sulla scrivania, per poi risedermi sul letto a gambe incrociate.
Premetti il pulsante e l'aggeggio si accese, la luce per poco non mi accecò visto che gli occhi erano abituati al buio, poi premetti un piccolo cerchio sullo schermo con la scritta "Peter Quill" e attesi che rispondessero alla chiamata.
Dopo qualche secondo, finalmente mi risposero e una faccia pelosa apparve nello schermo, evidentemente il possessore del tablet era occupato, così dissi «Ciao Rocket!»
"Ciao Aveline!"
«Come va?»
"Noi bene, e tu?"
«Non c'è male dai, a parte un leggero fastidio alla testa.»
"Ti hanno picchiata? Perché se è così gli do cinque o sei colpi ben assestati sulla faccia!"
A quelle parole mi affrettai a rispondere «No no Rocket! Non mi hanno picchiata sta tranquillo.»
"Sicura?"
«Sicurissima, loro non lo farebbero mai.»
"Se lo dici tu. Ma se lo facessero, chiamami, che li sistemo per le feste."
«Sarà fatto!» ridacchiai e continuai «Sono passata per un saluto, siete occupati?»
"In verità si, ma sta tranquilla, non lo siamo tutti."
«Dove siete?»
"Ancora ad Ovunque, quando siamo arrivati il Collezionista era via ed è tornato oggi."
«Capisco... siete lì in questo momento?»
Lui annui "Quill, Gamora e Nebula sono a parlare con lui in questo momento, mentre io, Drax, Groot e Mantis stiamo guardando in giro nella sua collezione privata."
«E cosa colleziona?»
"Tutte le rarità di questo mondo, pensa che voleva comprare Groot."
Ridacchiai «Peter ne aveva accennato, questo... Collezionista ha un nome?»
"Taneleer Tivan... un nome strano."
«Proprio strano.» ridacchiai e poi chiesi «Ma cosa colleziona esattamente?»
"Colleziona... aspetta, faccio prima a mostrartelo." poi passò il tablet a qualcuno e continuò rivolto a questa persona "Drax tienilo così per favore."
L'interessato lo fece, ma lo tenne storto, per cui vidi tutto in obliquo e Rocket, ovviamente, se ne accorse, perché sbraitò "Drax! Tienilo dritto diamine!"
"Ma lo tengo dritto!"
"Non è vero! Ma è possibile? Cosa ti fa credere che sia dritto, intelligentone?"
"Perché lo tengo in mano."
Rocket, a quelle parole, si passò le mani sulla faccia, frustrato, e poi mormorò "Che qualcuno ci salvi dalla sua stupidità." poi, guardandosi in girò, chiese "Qualcuno di voi ha un nastro? Devo bloccare il tablet alla mano di Drax."
Sentii Mantis rispondere "No, mi spiace."
Il mio amico albero rispose dopo di lei "Io sono Groot."
Rocket sbuffò e disse "Lo so che non ce l'ha nessuno! Era solo per esserne sicuri... Qui devo fare tutto io!"
Drax, che era al centro della polemica, esclamò "Non so il motivo di tutto questo subbuglio!"
"Non lo sai? Capisci la nostra lingua?"
"Certo."
"Non si direbbe."
"Invece si."
Rocket, stufo della situazione, sbuffò e rimise dritto il tablet, esclamando "Ecco! Ora è dritto razza di zuccone!"
Drax guardò il tablet ed esclamò, contento "È vero!"
Il procione lo guardò, con bocca spalancata, e poi esplose "Ora ti ammazzo sul serio!"
Stava per saltargli addosso, ma decisi di intervenire «Rocket no!»
Lui si fermò e disse "Aveline non capisci... sono anni che lo sopporto!"
«E lo sopporterai ancora per molto tempo.»
"Devo proprio?"
«Si.»
Sbuffò sonoramente e poi disse "E va bene, per oggi non lo uccido."
Ridacchiai e, per cambiare discorso, chiesi «Allora, cosa colleziona quel Taneleer Tivan?»
Lui indicò la teca dietro di lui "Non hai visto questa piovra gialla dietro di me?"
Guardai bene e solo in quel momento mi accorsi della sua presenza, ed esclamai «Mio Dio! È orrenda!».
"Si, non è un bello spettacolo."
«Assomiglia alla piovra gigante che avete combattuto su Sovereign.»
Lui mi guardò confuso "Come fai a saperlo?"
«Me lo ha raccontato Gamora.»
"Capisco... ora che mi ci fai pensare è proprio vero, che assomiglia a quel mostriciattolo."
Ridacchiai e poi chiesi «Poi c'è altro d'interessante?»
Si guardò in torno e poi rispose "C'è un Chitauro, un essere stupido tra l'altro; poi c'è un Elfo Oscuro, che è un essere spregevole quindi non è un tipo con cui fare amicizia, poi c'è Cosmo, il cane cosmonauta, che possiede poteri psichici ma che è un amore di cane e poi c'è Howard il Papero, lui si che è il pezzo più forte della collezione... parla e fuma sigari persino, che figata è?"
Restai meravigliata della collezione di quel Taneleer Tivan«Proprio una figata Rocket, posso vedere questo Howard il Papero?»
«Certo, tanto stiamo girando finché aspettiamo gli altri e ci vorrà molto tempo." poi il gruppetto si mosse verso destra e si fermarono davanti a una teca di vetro dove, seduto al suo interno, c'era un grosso papero bianco che fumava un sigaro; in testa portava un cappello rosso scuro, in tinta con il suo completo elegante e i grossi piedi palmati color arancio.
Il mio amico, mettendosi davanti allo schermo, intervenne "Hey Howard, c'è una persona che vorrebbe vederti."
Il papero, con voce roca, chiese "E perché vuole vedermi? Spero che non sono in debito con codesta persona, perché come vedi sono impossibilitato a risarcire."
Rocket ridacchiò "Nulla del genere, la mia amica è solo curiosa di conoscere un papero che parla e fuma."
"Dove sta lei non ci sono paperi parlanti?"
"A quanto so no, ho meglio, ci sono i paperi ma non parlano."
"Ed io sono un fenomeno da circo per lei, insomma."
"No, che dici! È solo una tipa curiosa, tutto qui, e ti posso assicurare che è una brava persona."
"E' carina?"
"Moltissimo, a mio parere."
Lo sentii sbuffare e poi disse "E va bene, fammi conoscere codesta persona."
Rocket si spostò, rivelandomi al papero, che vedendomi, sbarrò gli occhi ed esclamò "Cribbio!"
Il mio amico, agitato, chiese "Che c'è?"
"Hai detto moltissimo a mio parere? E' uno schianto di donna questa che ho davanti ai miei occhi!"
"Cerca di calmare i tuoi bollori papereschi."
"Che c'è? Ho solo fatto un apprezzamento verso questa bellissima donna." poi mi guardo e continuò "Come ti chiami dolcezza?"
Io arrossì e risposi «Aveline Dawson.»
"Aveline... che splendido nome."
«La ringrazio.»
"Non darmi del lei mia cara, sono Howard, Howard il Papero."
«Piacere di conoscerla Howard.»
"Che ragazza gentile, vorrei essere suo prigioniero invece che di capelli bianchi."
«Vi tratta male?»
"Non sa quanto, ci tratta come animali da circo e tratta la povera Ophelia come schiava."
Rocket mormorò "Come tutte a quanto pare."
Curiosa chiesi «Chi è Ophelia?»
Il papero rispose dopo aver fatto un medesimo tiro dal sigaro "La sua assistente, fa tutti i lavori sporchi come pulire le teche... quel miserabile la tratta da schiava, e l'unica cosa che farei sarebbe ridurlo in bocconcini di carne per poi darlo a Cosmo... a proposito, hai visto Cosmo? E' una figata quella palla di pelo."
Ridacchiai «Non l'ho ancora visto sfortunatamente.»
"Bé vallo a trovare, vorrebbe sempre giocare ma è rinchiuso pure lui... che vita da schifo."
«Poverino.»
"Proprio poverino, i suoi bisognini deve farli lì... come me del resto."
Quel papero era troppo forte e, dopo aver ridacchiato, guardai il mio amico peloso «Rocket, che cosa intendevi con "Come tutte a quanto pare"?»
Lui si grattò la nuca e poi rispose "Vedi Aveline... Ophelia non è la prima assistente di Tivan, ne ha avute molte prima di lei e l'ultima che ho visto non gli è andata bene."
«Cos'è successo?»
"Si chiamava Carina ed era graziosa, ma era sottomessa a Tivan e stufa della situazione optò per la scelta più facile, il modo per liberarsi una volta per tutte del suo padrone... la Gemma del Potere."
Howard intervenne "Quello si che è stato un bel botto."
Rocket annuì e poi continuò "Io, Quill, Gamora, Drax e Groot glie l'avevamo portata per venderla e fu qui che scoprimmo cos'era realmente. Lo apprese anche lei e decise di usarla contro Tivan, ma non andò a buon fine, perché appena la prese esplose e con lei tutto l'edificio. Fortunatamente noi ci mettemmo al riparo in tempo, sennò saremo finiti spiaccicati sul muro."
Il papero aggiunse "Come mosche."
"Esatto!"
«Se questa è la portata della Gemma del Potere, non so come ho fatto a sopravvivere.»
Il mio amico mi guardò "Non lo so, ma vedrai che lo scopriremo, Aveline, te lo prometto."
«Lo spero, perché quello che ho fatto all'uomo è stato orribile, anche se era dei cattivi.»
"Ho visto quant'eri sconvolta ed io non ti ho aiutato con il mio comportamento."
«E' acqua passata ormai Rocket, quindi sta tranquillo.»
"Magari fosse così facile, ma cercherò di farlo."
Ad un certo punto Howard intervenne "Hey pupa! Ti va di venire qui a far compagnia a questo papero? Ti farò passare una bella nottata, non so se capisci." e mi fece l'occhiolino.
Mentre io me la ridevo il mio amico procione esclamò "Cosa? Ci stai provando sul serio con Aveline?"
"Perché non dovrei? È impegnata con te?"
"No!"
"Allora posso invitarla quanto voglio." mi guardò e continuò "Allora baby ci stai? Passerai una bella nottata con il papero... Oh Yeah!"
Prima che potessi rispondere, lo fece Rocket "No mio caro! Lei non verrà a fare "compagnia la papero" come dici tu."
"Chi sei, sua madre?"
"No! Sono quello che protegge la sua virtù da un papero in calore, quindi trovati una paperella e accoppiati con lei, perché Aveline è off limits per te."
Howard sbuffò "Sei peggio di mia madre Raccoon, già sono rinchiuso qui e non posso avere nemmeno un'ospite di riguardo come quella bellezza."
Rocket ridacchiò nervosamente "So cosa intendi con ospite di riguardo, quindi non ti permetterò di andare oltre."
"Come vuoi" poi mi fece l'occhiolino e continuò "Se cambi idea dolcezza, sai dove trovarmi." e mi mandò un bacio.
Il mio amico procione alzò gli occhi al cielo ed esclamò "Paperi."
L'altro ovviamente lo sentì "Procioni, esseri stupidi e ignoranti che non pensano altro che mangiare."
"Stupidi e ignoranti dici? Io a differenza di te sono libero e sai una cosa? Ho un bel fucile che posso usare su chi mi sta sulle palle, e indovina Paperino? Tu mi stai sulle palle."
"Che paura! Ti sfugge però che io sono dietro a una teca e quindi sono protetto."
"Vediamo se sei ancora al sicuro dopo cinque o sei colpi ben assestati al vetro."
"E dopo danno a noi paperi degli irascibili."
Rocket, sbuffando sonoramente, mi guardò "Mi sono stufato del papero! Andiamo dal cane, sperando che sia più intelligente di questo qui!" si allontanò dalla teca e poi continuò "Mi correggo sul fatto che è una figata Aveline! Odio i paperi."
Ridacchiai e dissi «Ma se sembravate andare d'accordo.»
"Prima, ora non più." poi guardò i suoi amici "E voi perché non avete detto niente? Mi servivano delle spalle."
Drax rispose "Non stavo ascoltando."
"Ma quando ascolti mai tu!"
Il mio amico albero aggiunse "Io sono Groot."
"Hai ragione amico! Ascolta solo quando si parla delle Zargnoci."
Il diretto interessato esclamò "Ma sono buone! E mi fanno diventare invisibile."
Rocket esplose "Non è vero! Zio, non diventi invisibile solo perché mangi una Zargnoce."
"Lo divento veramente!"
"E cosa te lo fa credere?"
"Nebula non mi vede."
"Lei ti vede, razza di imbecille! Ti sta solo ignorando, come dovremmo fare tutti!."
"Calunnie e falsità! Stai mentendo procione."
"Io non mento mai... forse qualche volta si, ma su questo non mento."
"E perché non mi avete detto niente?"
"Non volevamo ferirti, zuccone! Siamo una famiglia, ricordi?" poi mi guardò "Vero Aveline?"
«Si che lo siete.»
Rocket mi corresse "Noi lo siamo." poi guardò il suo amico e continuò "Peter, Gamora, tu, io, Groot, Mantis, Nebula e Aveline, noi siamo una famiglia e resteremo uniti qualunque cosa accada, chiaro?"
Io sbalordita chiesi «Veramente mi considerate della vostra famiglia?»
"Certo che si Fiorellino, pensavi che non lo fossi perché stai sulla Terra con gli Avengers invece che con noi?"
«Una specie.»
"Bé ti sbagli, sei un membro della nostra famiglia e la distanza non conta."
Gli sorrisi «Oh Rocket... sei un tenerone.»
"Hai dichiarato l'ovvio, ma ti ringrazio."
Ad un certo punto sentimmo Drax scoppiare a piangere e tutti, me compresa per quanto potevo, lo guardarono e Rocket esclamò "Principessina, non dirmi che stai piangendo!"
Il diretto interessato rispose "Siii!"
Il procione si mise una mano sulla faccia "Per tutti i circuiti! Perché piangi?"
"Le tue parole mi hanno commosso."
"Cosa? Piangi per questo?"
"Si! Per cosa sennò."
Il mio amico albero intervenne "Io sono Groot."
Rocket annuì in risposta "Si amico, è decisamente un'imbecille."
Mentre Drax continuava a piangere, consolato da Mantis, il mio amico procione si massaggiò le tempie "Ne ho viste molte nella mia vita, ma non ho mai visto un essere così grosso mettersi a piangere."
Io, per difendere Drax, dissi «Solo perché sono grandi e grossi non significa che non hanno sentimenti, Rocket.»
"Messa così hai ragione."
«E poi ha fatto un apprezzamento al tuo commuovente discorso sulla famiglia, dovresti apprezzare.»
"Questo è vero." sospirò e continuò "Dopo chiederò scusa a Drax."
«Bravo.»
"Grazie Aveline."
«E di che? Aiuto solo un amico.»
Mi sorrise e chiese "Allora vuoi andare a vedere Cosmo?"
<<Certo! Sono curiosa>> poi, prendendo il tablet dalle mani di Drax, si avviò verso la teca dove, al suo interno, c'era un grosso cane con il pelo marrone che indossava una tuta spaziale bianca con una scritta sul petto di colore rosso: CCCP.
Quest'ultimo ringhiò a Rocket ,che mostro i denti ringhiandogli contro pure lui, e dissi «A quanto pare ti detesta.»
"Questo cagnaccio mi odia a morte! Anche la scorsa volta lo aveva fatto e pensavo che si fosse polverizzato con l'esplosione, ma a quanto pare mi sbaglio."
«Sarà perché sei un'animale Rocket, non ti odia... è solo l'istinto.»
"Istinto o no, lo polverizzo io questa volta, per esserne sicuri."
Io, con tono deciso, dissi «Sta lontano da quel cane!»
"Ma Aveline! Mi ha ringhiato contro!"
«Ringhiato o no lo lasci in pace!»
Rocket sbuffò e poi, guardando il cane, disse "Sei fortunato palla di pelo, per oggi non ti uccido."
Cosmo mi guardò e mi fece gli occhi dolci con la lingua di fuori, forse aveva capito che gli avevo salvato la vita e perciò mi stava ringraziando «Ciao cucciolo.»
Il mio amico lo capì e disse "Si si, guardala con quegli occhi dolci perché è grazie a lei che non ti ho trasformato in un cappello."
Io scoppiai a ridere e dissi «Rocket, tu mi farai morire dal ridere una volta o l'altra.»
"Spero di no, non voglio averti nella coscienza."
«Sai una cosa? Dovresti fare amicizia con Cosmo.»
"E perché dovrei farlo Fiorellino? Perché siamo animali?"
«Non solo per quello, ma perché mi sembra solo rinchiuso in quella gabbia.»
"Ehi, se voleva scappare ne aveva l'occasione quando tutto questo è esploso, ma ha preferito restarsene qui tranquillo aspettando che Tivan lo rimettesse nella teca, non è colpa mia se è un cane stupido."
«Si vede che gli piace dove sta.»
Rocket stava per parlare quando Mantis entrò nel campo visivo del tablet e, vedendomi, esclamò "Ciao Aveline!"
Ridacchiai «Ciao Mantis.»
Il mio amico procione si voltò verso di lei e disse, implorante, "Ti prego, non dirmi che non sapevi che stavo parlando con Aveline."
Lei, con faccia innocente accentuata dai suoi grandi occhi, disse "Non lo sapevo."
"Con chi credi che sia stato a parlare fino adesso, Mantis? Con Yondu? Ah si è vero... è morto!"...Yondu? Chi era? Non ne avevo mai sentito parlare... avrei indagato.
Drax, che si era calmato dal pianto, esclamò "Non farti sentire da Quill!"
"Lo so! Non sono nato ieri!" poi guardò la sua amica con le antenne e continuò "Volevi qualcosa in particolare oltre a salutare Aveline?"
"Si! Peter ci ha detto di raggiungerlo, vuole che ci siamo tutti."
"Si vede che siamo sulla pista giusta."
Confusa chiesi «Pista giusta? Per cosa?»
"Per prendere i bastardi che ti hanno fatto del male, non sapevi che eravamo qua per questo?"
«Si, me lo avevate detto, è solo... che l'allenamento con Wanda mi ha scombussolato un po', tutto qui.»
"Com'è andata?"
«Bene... ma vene ne parlo la prossima volta che siete tutti insieme, così sentite tutti, ora credo dobbiate andare da Peter.»
"Va bene, ma ce ne parlerai capito? E non tralasciare niente."
«Capito! Te lo prometto Rocket.»
"Ah! Prima che vada, di agli Avengers che gli arriverà una chiamata in cui spieghiamo cosa abbiamo appreso da Tivan, quindi che siano pronti e che ci sia anche tu."
«D'accordo, ma quando? Lo sai che sto da Strange.»
"Giusto... ti manderemo un messaggio con scritto il giorno e l'ora."
«Perfetto!»
Ad un certo punto sentii Peter gridare "Ragazzi? Sbrigatevi su! Il tempo è denaro."
Ridacchiai e dissi «Vi lascio al vostro Capitano, che a quanto pare vi cerca.»
"Si, sembra un anatra che starnazza in cerca di cibo."
Risi e poi dissi «Alla prossima Rocket, e salutami gli altri.»
"Sarà fatto! Alla prossima Aveline."
«E state attenti.»
"Lo faremo, ma fallo anche tu."
«Lo farò.» gli sorrisi «Ciao.» e poi chiusi la chiamata, ritornando nella completa solitudine in cui il silenzio era sovrano.
Dopo qualche minuto cominciò a diventare opprimente, per cui decisi di ascoltare un po' di musica per spazzare il silenzio che cominciava a starmi stretto.
Presi le cuffiette posate sul comodino, le collegai al tablet e guardai la musica da mettere; alla fine optai per Father & Son di Cat Stevens.
Le note tristi della musica che stupidamente avevo scelto entrarono in me nel profondo, facendomi tornare in mente le immagini della mia infanzia, ciò che avevo dimenticato per colpa dei mostri che mi avevano fatto questo.
Non mi ricordavo mio padre, se eravamo legati e se ci volevamo bene, non mi ricordavo di mia madre, se mi fossi aperta con lei e chiesto consigli sulle mie decisioni.
Non mi ricordavo di mio fratello, se avevamo mai bisticciato e resi partecipi delle nostre vite, non mi ricordavo dei miei zii, se andavamo d'accordo e passavamo il tempo insieme; non mi ricordavo di mia cugina, se avevamo mantenuto la promessa del sempre e per sempre ed eravamo cresciute insieme.
Non ricordavo niente della mia vita, era un vuoto assoluto; avevo la sensazione di essere rinchiusa in un bozzolo da cui non potevo uscire, anche se facevo di tutto per riuscirci.
A causa di questi miei pensieri e dei sentimenti di solitudine che provavo, scoppiai a piangere; le lacrime scivolavano copiose sulle mie guance, per cadere poi sue lenzuola, ma non me ne curai perché avevo un grosso macigno che mi opprimeva il petto ed era ora che me ne liberassi una volta per tutte... forse piangere era la scelta migliore che potessi fare.
Decisa a continuare la crisi di pianto, mi buttai sul cuscino stringendolo a me, e detti sfogo alle mie emozioni represse, sperando che una volta espulse sarei stata meglio.
Ma diciamocelo, mi sarebbe servito qualcuno con cui parlare, così liberarmi del peso, ma non sapevo chi sarebbe stato disposto a farlo, e sopportare una donna in lacrime e i suoi problemi.
Volevo tanto che esistesse quella persona.
ꜱᴛᴇᴘʜᴇɴ ꜱᴛʀᴀɴɢᴇ
"Capirmi... Non potrebbe mai capire come ci si sente ad aver perso la propria vita."
Queste erano le parole che mi martellavano il cervello da quando le avevo sentite uscire dalle labbra della mia allieva, colei che avevo accusato di non pensare prima di parlare, colei che reputavo responsabile delle parole dure, seppur veritiere, nei miei riguardi... non mi conosceva e si era eretta da persona che sapeva tutto di tutti, e ciò mi aveva fatto arrabbiare.
Però la rabbia era scemata subito dopo quelle parole, e mi resi conto che l'orgoglio, come al mio solito, aveva parlato a sproposito scollegando il cervello dalla bocca, e avevo ferito quella donna.
Quelle parole mi avevano aperto gli occhi, perché capivo cosa significava perdere la propria vita, vederla sparire come polvere tra le mani e non poter fare niente per impedirlo... come se fossi uno spettatore insoddisfatto da quello che vedeva.
Sapevo cosa significava perdere tutto, compresa la propria identità, strappatisi da qualcosa che non potevi prevedere... nel mio caso si, se avessi guardato la strada probabilmente sarei ancora un neurochirurgo egoista e solo in quel momento mi accorsi che non ero cambiato, specialmente dopo il comportamento che avevo avuto con la mia allieva; cui mi sentì molto sporco ripensando a ciò... che avevo fatto? Perché rovinavo sempre tutto? Era una prerogativa di Stephen Strange comportarsi da stronzo.
Avevo promesso a me stesso di essere umile e lasciare per sempre l'egoismo, ma a quanto pareva aveva miseramente fallito e ciò mi causò rammarico e rabbia... rabbia per aver permesso al mio orgoglio e all'egoismo di prendere possesso della mia mente e ferire non solo la signorina Dawson, ma anche Wong, l'unico vero amico che avevo.
Un'altra frase mi tornò in mente: "Volevo solo che fossimo amici".
Oltre che a ferirla, l'avevo privata dell'amicizia che voleva da me e mi promisi che glie l'avrei concessa, non appena le cose tra noi si fossero sistemate; lo volevo veramente.
Infondo che c'era di male ad avere un'altra amica che mi tenesse compagnia? Anche perché, me ne accorsi solo in quel momento, io e lei eravamo molto simili e ciò avrebbe aiutato a instaurare un buon rapporto d'amicizia... amicizia, una parola quasi sconosciuta per me, essendo pessimo a farmi degli amici; nemmeno da piccolo ero bravo, e trovavo conforto nei miei fratelli che, anche se avevo un caratteraccio, c'erano sempre per me... odiavo certe parti del mio carattere e avrei fatto di tutto per cambiare, ma finora non avevo trovato un motivo per cambiare.
Mi domandai se non fosse per Aveline che dovevo farlo.
Mi piaceva chiamarla per nome... Aveline... un nome bellissimo, e da stupido me ne accorsi solo in quel momento.
Ero in salotto, seduto su una poltrona con un libro aperto sulle mie ginocchia, ma non stavo leggendo da un bel po'; con lo sguardo pensieroso, fissavo fuori dalla finestra e mi lisciavo il pizzetto, pensando a quelle parole e cercando un modo per farmi perdonare... più che altro, cercando il coraggio di alzarmi dalla poltrona e andare da lei.
A quelle parole mi tornò in mente una frase che mi aveva detto Mordo in un momento di titubanza, per ciò che dovevo fare.
"No, Stephen, tu... non hai... coraggio."
Ed era vero, nelle cose più importante della vita umana, come perdonare, mancavo di coraggio, mi bloccavo cercando un modo per risolvere il problema differentemente da come dovevo... era tipico del mio carattere e provai una vergogna pazzesca; molto probabilmente, se Mordo fosse stato qui me l'avrebbe ripetuto con lo stesso tono accusatorio che aveva usato la prima volta, e me lo meritavo.
Sentii dei passi fermarsi poco distante da me e la voce del mio amico mi risvegliò dai miei pensieri «Strange.»
Smisi di lisciarmi il pizzetto e lo guardai «Wong.»
«Dobbiamo parlare.»
Sospirai «Lo so.»
Con voce dura continuò «Come hai potuto dire quelle cose sapendo cosa ha passato quella povera donna e sapendo che hai passato la stessa cosa? Cosa ti è passato per il cervello?»
«Niente.»
«Esatto! Diventare uno Stregone ti ha dato uno scopo e ti ha aiutato ad uscirne, lei invece non ha uno scopo tranne scoprire chi è, ma a quello ci penseranno gli Avengers.
Noi dobbiamo aiutarla a sentirsi accettata, anche se non ricorda nulla, e tu le hai dato della cerebrolesa!»
Mi alzai dalla poltrona, andando davanti alla finestra, e poi esclamai «Non le ho dato della cerebrolesa!»
«Non a parole Strange, ma dal tuo comportamento nei suoi confronti si, e ti conviene rimediare subito.»
«Darle della cerebrolesa non era mia intenzione, te lo giuro.»
«Allora rimedia prima che sia troppo tardi.»
«E se lo fosse, Wong?»
«Non è troppo tardi amico mio>>.
«E come fai ad esserne sicuro?»
«Perché da quello che ho visto Aveline è di animo gentile, e se vai da lei chiedendo perdono con il cuore ti perdonerà senza riserve. Puoi pensare tutto di lei, ma di certo è una persona di animo buono e ti ci vuole qualcuno che ti insegni cos'è la bontà.»
Lo fissai «Credi che sia cattivo?»
«No Strange, non ti reputo cattivo, solo uno che deve imparare un po' d'umiltà e che capire quando sbaglia.»
«A quanto pare manco d'umiltà.»
«Devo essere sincero con te Stephen, manchi d'umiltà se non riesci a capire i tuoi errori e commettendone di nuovi, anche se questa è perseveranza.»
«Lo so Wong! Manco d'umiltà e ho un carattere pessimo! Non serve che me lo ricordi, come non devi ricordarmi di ciò che ho fatto.»
«Oh si che te lo ricordo signorino! Ti ricordo le conseguenze delle tue azioni sconsiderate.»
«Le so le conseguenze delle mie azioni.»
«Però non fai niente per rimediare! Hai ribadito le tue ragioni di grand'uomo e poi hai piagnucolato come un cane ferito!»
Mi voltai a guardarlo «Non parlare di cose di cui non sei a conoscenza Wong.»
«Ne so abbastanza grazie.»
«E cosa?»
«Che pensi sempre di aver ragione anche quando hai torto! Che non provi rimorso per ciò che hai fatto e che non ti importa di lei, potrebbe accadergli qualcosa e tu non proveresti niente se non soddisfazione...ecco cosa ho capito Strange.»
«Allora non hai capito niente di me, Wong, in questi tre anni, se mi reputi una persona senza cuore che gode delle sofferenze altrui, bé... ciò non mi soddisfa affatto.»
«Dammi una ragione per crederti.»
«Vuoi sul serio che ti dia una ragione?»
«Si.»
Sospirai e poi dissi «Perché mi sono pentito di quello che ho detto appena ho aperto la mia boccaccia! Mi sento uno schifo se ripenso allo sguardo che mi ha rivolto appena le ho dette, avrei voluto farmi piccolo per la vergogna e non trovo un briciolo di coraggio per salire quelle maledette scale, andare in camera sua e chiederle perdono! Mi sento sporco e non degno del suo perdono, ti è sufficiente come motivo Wong? O credevi di dovermi convincere ad andare a chiederle scusa dopo avermi aperto gli occhi? Non c'è nessuna parola che io non mi sia detto già da solo.»
«Mi è sufficiente, ma non capisco come mai sei ancora qui, essendo che hai capito il tuo sbaglio.»
«Te l'ho detto Wong, non trovo il coraggio necessario per bussare alla sua porta, specialmente dopo quello che le ho detto.»
«Ma tu vorresti?»
«Certo! Che domande mi fai.»
«Una domanda corretta se non so cosa vuoi veramente.»
«Vorrei non averla ferita in quel modo, vorrei non averle dato l'impressione di un uomo arido ed egoista, vorrei darle la mia amicizia, che stupidamente le ho negato a causa del mio ego. Sono solo capace di rovinare tutto, come al mio solito.» poi mi risedetti sulla poltrona, sconsolato, passandomi le mani sulla faccia, perché queste ultime parole erano vere e sapevo che sarebbe finita così.
Wong mi posò la mano sulla mia spalla destra e dolcemente disse «Non sei solo capace di rovinare tutto Strange, sei solo pessimo nei rapporti umani.» ridacchiò e poi continuò «Sei anche una brava persona, e sotto quella scorza da uomo tutto da un pezzo c'è un grande cuore, ed è ciò che devi mostrare ad Aveline.»
«Non so come fare.»
«Per prima cosa devi farti perdonare, poi devi solo aprirti con lei e mostrargli quel lato di te. Devi essere aperto alla possibilità di essere felice, dargli fiducia e soprattutto la tua amicizia, che lei brama... mostragli il tuo vero io.»
«Potrebbe non piacerle.»
«Ma che dici! Gli piacerà sicuramente>>.
«Ne sembri molto sicuro.»
«Lo sono.»
«Perché lo sei?»
«Perché anche se vuoi mostrarti forte, sei un uomo buono capace di cose straordinarie e non ti arrendi mai, ciò ti ha reso un bravo Stregone Supremo, ma deve renderti anche un uomo umile. Non devi lasciarti influenzare dal carattere che hai sempre avuto finora, perché si può sempre cambiare. Ogni uno di noi qui ha subito un mutamento significativo della sua vita e anche tu lo hai avuto... specialmente dopo l'arrivo di Aveline.»
«In cosa sarei cambiato dopo il suo arrivo?»
«Non ti saresti mai pentito di qualcosa che hai detto, ecco perché dico che grazie a lei sei cambiato, e dovresti esserne felice perché non a tutti è concessa la possibilità di cambiare, Strange.»
«Quindi dovrei prenderla al volo?»
«Senza esitazione.»
Mi alzai nuovamente dalla poltrona e, camminando avanti e indietro, chiesi «Ma cosa dovrei mostrargli di me Wong? Il vero io si, ma cosa?»
«Dimostragli che sei umile, che sei curioso, volenteroso, flessibile, fiducioso, altruista, educato, gentile, buono, che sai ascoltare e che sei comprensivo... raccontagli cosa ti è successo.»
«Dovrei raccontargli del mio incidente? A cosa dovrebbe servire?»
«A dimostrargli che capisci come ci si sente ad aver perso la propria vita e quanto siete simili. Lei ne dubita, ma se non le dimostri che le tue parole sono vere non potrete mai instaurare un rapporto d'amicizia Stephen.»
«Lo so! Solo... non so se ne sono in grado Wong, per quanto siano passati tre anni ancora non riesco parlarne senza sentirmi un peso sul petto.»
«Quel peso è dovuto alla tua restia a parlarne, amico mio. Ti sei tenuto tutto dentro, accumulando così tutta la paura che provi quando si tocca l'argomento... devi liberarti di quel peso.»
«Non è così facile.»
«Nulla è facile nella vita, ma bisogna superare quelle difficoltà piano, e con un aiuto.»
«E immagino che quell'aiuto dovrei trovarlo nella signorina Dawson.»
«Esatto, potete aiutarvi a vicenda.»
Lo guardai e chiesi «Credi che sia un buon modo per instaurare un rapporto d'amicizia se mi apro con lei allora?»
«Lo credo fortemente, ma prima devi farti perdonare.»
«Più facile a dirsi che a farsi.»
«Nessuno ha detto che sarebbe stato facile.»
«Scommetto che sarebbe più facile combattere Kaecilius.»
«Non puoi paragonare Kaecilius al fatto di chiedere scusa ad Aveline.»
Divertito, chiesi «E perché mai?»
«Perché Kaecilius era un buono annulla, e se non avesse avuto i poteri datigli da Dormammu non sarebbe arrivato a fine giornata... poi si nascondeva dietro ai suoi adepti, come un coniglio spaventato, quindi non puoi paragonare le due cose.»
Scossi la testa con un sorriso divertito, e poi dissi «Effettivamente, hai ragione.»
Dopo essere tornati seri, il mio amico mi guardò e disse «Hai la forza di un leone Stephen, non ho conosciuto persona e Stregone più forte di te, quindi devi avere quel coraggio che ho visto in te da quando ti conosco e andare da quella donna, so che puoi farcela perché io credo in te.»
A quelle parole sorrisi con gratitudine e, dopo essermi avvicinato a lui, gli posai la mano sulla spalla destra per infondere codesta gratitudine «Grazie per queste parole amico mio, mi ha fatto bene sentirle.»
Mi sorrise «Queste labbra signorino, dicono solo la verità.»
«Oh lo so! Ed è per questo che mi fido di te.»
«Ed io so che tu ti fidi di me per questo.»
«Ma sentilo! Si pavoneggia a gran signore.» a quelle parole ridemmo posandoci l'un l'altro e, dopo che la calma tornò, lo guardai «Wong, ti devo delle scuse.»
«Per cosa?»
«Lo sai per cosa! Ti ho trattato malissimo, dopo tutto quello che hai fatto per me non sono stato riconoscente.»
Questa volta fu lui a posarmi la mano sulla mia spalla destra «Accetto le tue scuse amico mio, l'importante è che hai riconosciuto di aver sbagliato, e poi sono abituato hai tuoi sbalzi d'umore.»
Lo guardai con le sopracciglia aggrottate «E con questo cosa vorresti dirmi, di grazia?»
«Che non è a me che devi chiedere scusa.» sapevo che la persona a cui dovevo chiedere scusa era un'altra e lui, da buon amico, me lo aveva ricordato... era ora di andare a farmi perdonare il mio errore.
Stavo per rispondere, ma Wong, alzando l'indice destro in aria, intervenne «Ora, se vuoi scusarmi, ho la torta in forno.» poi, con le braccia dietro alla schiena, se ne andò lasciandomi da solo in salotto con la solo compagnia dei miei pensieri... ero fortunato ad avere un amico come lui, perché nei momenti in cui ero confuso riusciva a farmi tornare sulla retta via grazie ai suoi preziosi consigli... ero perso senza di lui.
Restai ancora qualche minuto in piedi, in mezzo al salotto, a pensare alle sue parole; cercai verso di esse di racimolare il coraggio sufficiente per andare dalla signorina Dawson e chiedere così il suo perdono.
Ero stufo di comportarmi da stronzo e rovinare tutto, compresa la possibilità di aprirmi alla condivisione del peso che portavo dentro di me, dall'incidente che mi aveva portato via la mia vita... ero stufo di essere scontroso ed egoista.
Lei aveva passato la mia stessa esperienza, si sentiva perduta e voleva solo qualcuno che l'aiutasse a superare la fase peggiore, quando realizzi di non avere nulla in mano se non un pugno di mosche... decisi di essere io quel qualcuno.
Le avrei concesso la mia amicizia e insieme avremmo potuto superare le nostre difficoltà, che ci avevano segnato nell'anima... sospirai e, deciso mi avviai su per le scale, diretto alla sua stanza.
ᴀᴠᴇʟɪɴᴇ
Non so da quanto avevo smesso di piangere, perché tutto intorno a me sembrava andare tutto a rallentatore e non sapevo qual era più la realtà ormai... sapevo che soffrivo per la mia situazione e non vedevo una via d'uscita da questo incubo. Sembrava ci fossero muri intramontabili posizionati davanti a queste uscite e, per quanto tentassi di superarli, non ci riuscivo... ero bloccata lì.
L'unico modo che avevo trovato per liberarmi di quel peso, era piangere, piangere finché non sentii il petto dolermi per lo sforzo e cercare quindi di calmarmi per dare un po' di tregua alla mia parte dolorante; ma, nonostante questo, singhiozzai per un po' stesa sul letto, stringendo il cuscino... era il mio modo per cercare di tornare alla normalità, per quanto questa fosse possibile.
Dopo che i singhiozzi cessarono, decisi di alzarmi dal letto e andare in bagno, sicuramente il mio viso era segnato dalla crisi di pianto che avevo avuto e volevo nascondere quei segni... non volevo che si vedessero, o peggio, che li notassero Strange e Wong.
Non volevo che pensassero che ero una donna debole che non sopportava il che minimo dolore, specialmente lo Stregone Scorbutico, che avrebbe usato ciò a suo vantaggio... non glielo avrei servito su un piatto d'argento e quell'uomo non sapeva con chi aveva a che fare, ma lo avrebbe scoperto.
Arrivata alla mia destinazione, il bagno in camera che avevo scoperto da poco, accesi la luce per poi guardarmi allo specchio; quello che vidi non mi piacque molto.
Il viso olivastro sembrava spento, le guance erano bagnate a causa delle lacrime, i capelli erano tutti arruffati, le labbra erano secche e gli occhi erano rossi per il pianto prolungato... sembravo una donna appena uscita da un disastro o da una lotta furiosa, ma che aveva perso... insomma, ero da buttare.
Posai i palmi sul lavandino di ceramica e abbassai la testa... cosa portava una persona a disperarsi in questo modo? Sicuramente a causa di un grande dolore, dovuto a qualcosa inferto o, come me, emotiva... quest'ultimo è il dolore peggiore in cui può incappare un uomo, perché le ferite del corpo di rimarginano, ma quelle dell'animo erano difficili da risanare e se anche fosse, resterebbe una cicatrice a ricordarti che quel dolore esiste e che ci sarà per sempre.
Aprii il getto d'acqua fredda e, quando la temperatura era quella che volevo, misi le mani a cucchiaio e me la buttai in faccia, sfregando; lo feci per almeno tre volte. Speravo che con l'acqua fredda sarei riuscita a togliermi i segni del pianto che aveva segnato il mio viso.
Con l'asciugamano stavo asciugandomi la faccia, quando sentii bussare alla porta con tre colpi delicati ma decisi; la guardai, poteva essere solo Wong ma, guardando l'ora, constatai che non erano ancora le quattro, quindi non era lì per dirmi di scendere ma per qualcos'altro. Decisi di scoprire il motivo della visita.
Rimisi l'asciugamano a posto e poi, sorridente, andai ad aprire aspettandomi di vedere il viso sorridente di Wong, ma non c'era lui davanti alla mia porta... c'era Strange.
Aveva uno sguardo tra triste e sollevato, come se avergli aperto gli avesse dato speranza per qualcosa... non aveva sento come cosa e di certo non volevo scoprirlo.
Il sorriso se ne andò dal mio viso, facendo spazio allo sguardo più serio che potessi fare e dissi «Strange.»
Lui mi fece un lieve sorriso «Signorina Dawson.»
Con la mano destra sulla porta, mi morsi l'interno della guancia e chiesi «Cosa ci fa qui?»
«Dovevo venire.»
«Per cosa doveva venire?»
«Ecco...»
Lo interruppi con tono duro «Senta, se è venuto qui con l'intenzione di ricominciare la discussione avuta nell'atrio, può anche andarsene. Non sono dell'umore giusto per battermi inutilmente con lei, anche perché sarebbe fiato sprecato.» potevo essere dura, ma non me ne importava, dovevo mettere in chiaro il fastidio che mi dava nel vederlo davanti alla mia porta e, soprattutto, della mia poca voglia di conversare con lui.
Lui mi fissò attentamente e poi chiese «Ha pianto per caso?» doveva aver notato i miei occhi rossi, quindi mi maledissi per non averli nascosti bene, perché non volevo il suo terzo grado.
Abbassando gli occhi, risposi «E cosa gliene importa, se vuole la soddisfazione di vedermi debole si sbaglia.»
Mi fece un segno con la mano destra «Non voglio avere la soddisfazione signorina Dawson, perché non è mia intenzione, ma era solo una mia curiosità.»
«Bé, sappia solo che non ho pianto per lei.»
«E le credo, voglio solo sapere perché.»
«Il perché non la riguarda minimamente, e non capisco come mai dovrei dirlo a lei, che non ha fatto altro che disprezzarmi da quando sono qui.»
«Io...»
«E poi lei non mi ha mai detto niente di se, perché quindi dovrei dirgli le cose mie?»
«Perché potrebbe farle bene parlarne con qualcuno.»
Feci una risata che non aveva niente di divertente e poi dissi «Questa è bella, lei che chiede di confidarmi con lei? Mi crede stupida solo perché non mi ricordo niente?»
«Non la credo stupida.»
«Pensavo di si essendo il comportamento che usa con me, sa sono una cerebrolesa io e non ho diritto di pensiero.»
Lui sospirò «Capisco che è infuriata con me e lo comprendo, ma non deformi le mie parole facendomi passare per un uomo senza cuore, ve ne prego.»
«Ma è quello che è! Cosa dovrei pensare di lei se non questo?»
«Ha ragione, non le ho dato modo di vedermi sotto una luce diversa dall'uomo senza cuore, ma le assicuro che non lo sono.»
«Ho difficoltà a crederlo dopo tutto quello che è successo.»
«Lo so...» si grattò la nuca imbarazzato e poi continuò «Posso entrare?»
«Perché dovrei?»
«Io... la prego voglio solo spiegarle, mi dia la possibilità e se ciò non dovesse piacerle, può sbattermi fuori a calci.»
Ero veramente indecisa su cosa fare, non sapevo se dovevo dargli la possibilità dopo tutto quello che mi aveva fatto passare, ma alla fine decisi di dargli almeno l'opportunità, e se come aveva detto lui non mi sarebbe piaciuto quello che sentivo, lo avrei sbattuto fuori a calci, quindi sospirai e mi spostai dalla porta per lasciare la via libera «Entri.»
Lui mi sorrise «Grazie.» e poi entrò nella mia camera... speravo di non pentirmene.
Dopo averla chiusa, mi posizionai davanti ad essa con le braccia incrociate e dissi «Bene, ora che è qui può iniziare a spiegare.»
Dopo un'occhiata alla mia camera, si voltò verso di me e disse «Vedo che è molto diretta.»
«Sulle cose che voglio lo sono e, in questo momento, voglio che inizi a spiegare.»
Mi fissò per qualche secondo e poi sospirò «Inizio con dirvi che so di aver sbagliato e di avervi causato dolore con il mio gesto egoistico, come ha detto lei sono stato senza cuore in quel momento e mi pento di ciò che ho fatto... mi creda, vorrei tornare indietro e impedire tutto ciò.»
«Ho sentito bene? Lei che riconosce di aver sbagliato e si scusa?»
«Strano vero? Non è da me, ma riconosco che ho sbagliato e sono qui per farmi perdonare.»
«Lo sa che potrei dirle no come lei ha fatto con me? Ne avrei tutto il diritto.»
«Se ciò avvenisse, lo accetterei senza obiezione alcuna e la lascerò in pace, mi creda.»
«Senza obiezione alcuna? Non tenta di far valere le sue ragioni?»
«Adesso, ma se mi dirà che non mi perdona e di andarmene allora si, non farò più valere le mie ragioni e non creerò obiezioni.»
La cosa mi sorprese un po' devo dire, non mi sarei aspettata questo comportamento da parte sua, specialmente dopo aver appreso che non si scusava mai per le cose che credeva giuste e le cose che aveva detto era giuste per lui prima, quindi non capisco come mai era lì per scusarsi e credevo ci fosse lo zampino di qualcuno di nostra conoscenza, così con sguardo indagatore chiesi «E' stato Wong a mandarla qui a chiedermi scusa?»
«No, sono qui di mia spontanea volontà.»
«Mi è difficile crederlo, ma credo nel fatto che vi abbia costretto lui a venire qui.»
«Mi ha parlato si, ma non mi ha costretto ve lo assicuro... ho capito da solo di aver sbagliato.»
«Quindi Wong non centra niente?»
«Esatto, anzi è rimasto sorpreso quanto lei di sapere della mia volontà di scusarmi.»
«Forse perché la conosce e sa che non chiede mai scusa se sa di aver ragione.»
«Ma questa volta ho torto e me ne sono accorto da solo, lui mi ha solo ricordato chi posso essere.»
«E cosa può essere?»
«Una persona più umile di quanto io sia, per tutta la vita sono stato così egoista che adesso mi è difficile accorgermi delle cose intorno a me... mi è difficile pensare agli altri al di fuori di me.»
«Si può sempre cambiare.»
«Ed è ciò che voglio fare, non posso farcela da solo, ora lo so.»
«A lei servono degli amici, signor Strange.»
«Amici... per me ha sempre avuto un significato diverso e forse è per questo che sono restio ad avere degli amici.»
Sospirai e poi lo guardai «I tuoi nemici, per quanto malvagi siano, hanno degli amici. A te farebbe comodo averne.»
«Lo so, ma tranne Wong non ho amici e nemmeno nella mia vecchia vita li avevo.»
«Lei potrebbe avere altri amici se lo volesse davvero, potrebbe considerare gli Avengers tali ed io le ho offerto la mia amicizia, ma lei l'ha rifiutata.»
«So anche questo e mi dispiace.»
«Davvero le dispiace? Non l'ho vista disperarsi per non avere la mia amicizia.»
«Un gesto stupido lo so, ma sono serio sul fatto del mio pentimento.»
Sembrava veramente dispiaciuto per quello che mi aveva fatto e una parte di me decise di perdonarlo, infondo non sarei stata meglio di lui se non l'avessi perdonato; l'altra parte di me non voleva cedere subito, così decisi per una via di mezzo. «Prima di prendere in considerazione di perdonarla, cosa che vorrei fare, devo sapere una cosa e deve essere sincero.»
«Lo sarò, glielo prometto.» una luce si era accesa nei suoi occhi, sapendo che era mia intenzione perdonarlo, e per ciò ero sicura che se voleva davvero il mio perdono sarebbe stato onesto con me.
«Ha detto che mi capisce più di quanto io immagini, ma non posso crederle se non so niente di lei ed io vorrei crederle, ma solo se mi dice qualcosa di lei e della sua vita.»
«Era uno dei motivi per cui sono qui, se devo guadagnarmi la vostra amicizia devo essere sincero con lei, quindi sarà accontentata... sempre se vuole ancora ascoltarmi e non mi sbatta fuori a calci.» fece un sorriso che mi fece scogliere e speravo che non notasse che ero arrossita... quest'uomo mi faceva sempre uno strano effetto.
Ridacchiai e quando smisi annuii «Incominci pure, signor Strange.»
Lui si sedette sul letto sospirando e, dopo aver incrociato le dita, iniziò «Ero un neurochirurgo di fama mondiale, ero geniale ma arrogante, il mio ego ha alimentato la mia carriera di medico ma ciò ha causato l'allontanamento di tutte le persone che amavo.
La mia paura della morte e soprattutto di fallire mi ha reso si un grande medico, però mi ha impedito molte altre cose. Accettavo pazienti che riuscivano ad accrescere la mia fama di medico e non curavo quelli che invece avevano forse più bisogno... mi chiedo se sono mai stato un bravo medico, pensandoci adesso.
Molto probabilmente la risposta è no, e me lo merito perché avrò fatto soffrire molte persone con quel gesto egoistico e questo ancora non me lo perdono.
Ero così concentrato su me stesso da non accorgermi di cosa facevo alle persone, le allontanavo, le trattavo da inferiori come se io sapessi tutto e loro no... le trattavo quasi come degli schiavi e ciò mi fa vomitare pensando a chi ero prima, non che sia cambiato a quanto pare.»
Mi sedetti di fianco a lui e lo guardai «Una vita di egoismo vi ha accompagnato, a quanto pare.»
«Non posso darle torto... c'è una frase che diceva sempre mio padre.»
«E quale?»
«Un gesto di altruismo in una vita intera di atti di egoismo.»
«Una frase profonda.»
Lui annuì «Non ho mai capito a pieno il suo significato, ma ora si. Ho avuto una vita di egoismo e devo fare un gesto di altruismo... anche se non compensa quello che ho fatto in tutti questi anni.»
«Ma è già qualcosa, sempre meglio di non far niente.»
«Concordo.»
«Signor Strange non capisco dove vuole arrivare, perché crede di capirmi?»
«Per ciò che mi è successo dopo.» si passò le mani sulla faccia e continuò «Questo che sto per dirle è una parte della mia vita dolorosa per me e forse dopo potrà capire come mai dico che comprendo quello che ha passato e che sente.»
«L'ascolterò attentamente e senza interromperla.»
«Vi ringrazio.» sospirò e poi continuò «Una sera dovevo tenere un discorso a una cena di una società di neurochirurgia, come mio solito decisi di partire in ritardo perché reputavo la mia Lamborghini in grado di portarmi in orario, non c'era da preoccuparsi, mi ripetevo... Bè non fu così.
Quella sera incaricai Billy, un mio ex collega di lavoro, di trovarmi qualche paziente che potesse darmi notorietà e di passarmi le radiografie... un gesto stupido che mi tolse tutto.
Stavo guardando la radiografia di un paziente quando urtai la macchina davanti a me, a causa della mia poca attenzione non l'avevo vista e finii fuori strada, giù da un pendio che fece ribaltare l'auto per molti metri, causandomi la perdita dell'uso delle mani.»
«Uso delle mani? Le cicatrici sulle tue mani...»
«Sono segni inequivocabili del mio madornale errore.
Le ossa erano distrutte da undici schegge d'acciaio, lacerazioni multiple ai legamenti, i nervi delle mani gravemente lesionati e sono stato sotto i ferri per undici ore... l tempo utile per intervenire sui nervi lo avevo trascorso in auto.»
Misi le mani sulla bocca «Mio Dio... posso solo immaginare cos'ha passato.»
«È stato terribile.»
«Ed è comprensibile il suo stato d'animo... se non se la sente di continuare la capisco.»
«No! Io... devo dirvelo, perché è un peso che ho nel cuore da un po'.»
«Non ne parla spesso, immagino.»
«Non ne parlo mai in verità e forse è questo il motivo del perché sono così chiuso.»
«Per cui ora ha deciso di togliersi via il peso?»
«Si, con lei.»
«Perché io?»
«Perché è giusto che sappia del mio passato, l'ho tenuto nascosto così a lungo che quando ci penso ho difficoltà a respirare, se poi lei non vuole io...»
Lo interruppi «No! Voglio ascoltare, quindi continui pure.»
Lui mi sorrise e poi ricominciò il racconto «Reputavo i dottori che mi avevano curato di avermi rovinato, perché con quelle mani non potevo più lavorare e lo sapevo, ma per me era più facile incolpare loro che me stesso.
Da li diventai più irritabile e mi chiusi in me stesso, lasciando tutti fuori, nessuno poteva aiutarmi quindi distanziai tutti quanti.
Con la riabilitazione che non portava risultati, diventai ancora più intrattabile e l'unica che lasciai avvicinare era una mia... amica, ma distanziai anche lei quando la trattai in un modo orribile ed è la stessa cosa che ho fatto con voi.
Cercavo ogni soluzione che potesse far guarire le mie mani, ma ogni cosa che tentavo falliva e ciò mi portò di più nello sconforto, mi lasciai persino crescere i capelli e la barba che non potevo più tagliare a causa del mio tremolio alle mani.» e me le mostrò, ed effettivamente vidi che tremavano.
Con sguardo triste chiesi «Questo tremolio ce l'ha da quando hai avuto l'incidente?»
Lui annuì «Sta un po' migliorando, ma non tornerò mai come prima.»
«Migliorando? Quindi capita che non tremino?»
«Esatto, uso la magia per impedirlo ma a volte le lascio libere.»
«Dispendio di energia?»
«Esattamente, ma ormai ci ho fatto l'abitudine.»
«Prova dolore quando tremano?»
«Solo un leggero fastidio, ma appena successo il dolore era insopportabile.»
«E ha dovuto prendere anti-dolorifici per far passare il dolore.» non sapevo come facevo a saperlo, e questo gli causò uno sguardo sorpreso nei miei confronti... era già la seconda volta che parlavo di questioni mediche, che non sapevo di conoscere.
«Esatto... comunque a forza di prenderle cominciava a non farmi più effetto, e ciò mi rese irritabile.»
«Cosa la portò a Kamar-Taj?»
«Un modo per guarire le mie mani. Avevo sentito di una persona che non poteva più camminare a causa di una lesione alla colonna vertebrale che era tornato a camminare e volevo scoprire come aveva fatto.
Lui mi disse di essere andato a Kamar-Taj e che li lo avevano guarito, non potei ignorare questa possibilità di riavere la mia vita quindi partii per Katmandu e finii per diventare uno Stregone.
Non era ciò che avevo in mente quando ero partito, ma non mi sono mai pentito della mia decisione perché ora salvo lo stesso vite, solo in modo più strano.»
Ridacchiai e poi chiesi «Ma non ha mai pensato di tornare alla tua vecchia vita dopo essere riuscito a trovare il modo di curarsi?»
«Ci penso a volte, ma ormai la mia vita è qui a proteggere la vostra realtà, se tornassi mi sentirei fuori posto in verità.»
Con la mente al ricordo che mi tormentava dissi, pensierosa «Si... per quanto è stato il tuo posto, dentro di te sai che sei cambiato e per questo ti sentirai fuori posto senza che tu possa fare qualcosa... non so se mi sono spiegata bene.»
Mi sorrise «Si... si è spiegata bene.» sospirò e continuò «Se tornassi a fare il medico dopo aver scoperto tutto questo, non riuscirei più a fare il mio lavoro come se nulla fosse... non ci riuscirei.»
«Ormai sei uno Stregone ed hai scelto la tua vita.»
«È stata una decisione sofferta scegliere questa via, ma era l'unica possibile perché non sarei tornato ad esercitare la professione di medico anche se volevo, quindi perché non salvare vite in questo modo?»
«Ha preso la decisione giusta, specialmente se è stata di tua spontanea volontà.»
«Lo so che è giusta solo...» si passò le mani tra i capelli «Solo che è difficile accettarla.»
«Nessuna decisione non lascia conseguenze, ma sta a noi accettarle e vivere la nostra vita.»
«Vita... La mia è stata strappata via per un mio errore che pago caro tutt'ora, le ferite fisiche mi sono passate, ma quelle emotive devono ancora risanarsi e sono passati tre anni da allora.
Non riesco ancora a capacitarmene e pensavo che buttarmi sul mio dovere di Stregone Supremo avrebbe alleviato il peso, ma non è così.
Forse parlarne con qualcuno era la cosa giusta da fare fin dall'inizio, però non l'ho mai fatto.
Ho perso la mia vita in un momento, cosa che potevo evitare se avessi fatto più attenzione e mi chiedo come sarebbe stata la mia vita se non avessi avuto quell'incidente, ma molto probabilmente sarei ancora il medico stronzo ed egoista di sempre, quindi reputo l'incidente anche una cosa necessaria che mi ha fatto maturare... può sembrare senza senso ma per me ne ha.
Quindi, signorina Dawson, posso capire come si sente a perdere la propria vita e spero di averle dato la prova che cercava.» poi posò le mani sulle ginocchia stringendole forte tanto da far diventare le nocche bianche per lo sforzo.
Un moto di tristezza si era fatto largo in me vedendo quanto era devastato nel rivelare la parte più oscura della sua vita, quindi gli presi la mano destra delicatamente stingendola nella mia mano minuta e dissi «Sicuramente è stato difficile per lei dirmi cosa le è successo, quindi la ringrazio per averlo condiviso con me.»
Lui, dopo aver fissato la sua mano stretta alla mia, la ricambiò con la stessa delicatezza che avevo usato io e sorridendo disse «Ha una mano bellissima e delicata.»
A quelle parole arrossii «La ringrazio... lei invece ha una grande mano ed è...»
«Ruvida.»
«No! Anche!» sospirai e continuai «Stavo per dire delicata anche io.»
«La ringrazio per voler cercare di non offendermi, ma vi assicuro che se volete provare orrore alla vista delle mie mani martoriate siete libera di farlo.» e una nota dolorosa attraversò i suoi occhi, provocandomi una fitta al cuore.
Lo guardai e chiesi «E perché dovrei farlo? Non hanno niente che non va.»
«Forse non le ha viste bene.»
«E cosa dovrei vedere se non delle forti mani che sanno dare sollievo alle persone ferite?»
«Non può trovare belle delle mani martoriate come le mie.»
«Invece è quello che è, quindi temo dovrà farsene una ragione.» gli sorrisi «Non conta l'aspetto esteriore signor Strange, ma quello che ha dentro, quindi non pensi minimamente che la gente possa trovarla rivoltante solo a causa delle mani perché di lei guardano solo com'è dentro.»
«Allora ne rimarranno delusi.»
«Io no invece, sono molto soddisfatta da quello che vedo.» poi, con fare ammiccante, continuai «Anche delle sue mani.»
Lui ridacchiò e dopo avermi guardato con gratitudine chiese «Questo è per dirmi che mi ha perdonato?»
«Può essere.»
Mi sorrise e poi con tono implorante disse «Mi dispiace molto signorina Dawson per come l'ho trattata... l'ho trattata in un modo orribile e posso solo sperare che perdoni uno Stregone sciocco ed egoista, anche se io non mi perdonerei.» c'era sincerità nel suo sguardo e nella sua voce, per cui decisi di perdonarlo mettendo fine alla sua agonia vedendo che erano scuse sincere e non per chiudere la questione a modo suo.
Ricambiai il sorriso e dissi «La perdono signor Strange, ma veda di non farlo mai più ve ne prego.»
«Promesso.» i suoi occhi si illuminarono alla notizia del mio perdono e continuò «Voleva la mia amicizia giusto?»
«Esatto.»
«Bé... a me piacerebbe se diventassimo amici, sempre se lei lo vuole ancora.»
Gli sorrisi «Certo che lo voglio ancora, se dobbiamo vivere sotto lo stesso tetto per un bel po' mi sembra doveroso avere un rapporto civile, non crede?»
«Mi sembra una buona idea, sarà bello avere un'altra amica oltre a Wong.»
«Lo è anche per me.»
«Bé lei ha i Guardiani della Galassia come amici e non è poco, poi ci sono gli Avengers, me e Wong, quindi non è a corto di amici.»
«Lo so... è solo che mi chiedo se avevo un migliore amico prima di tutto questo, qualcuno a cui potevo confidare tutto, capisce? Voglio bene ai ragazzi, ma vorrei scoprire cosa avevo prima di perdere tutto.» poi abbassai gli occhi, cercando di ricacciare il ricordo che mi opprimeva il cervello... non volevo che uscisse solo per causarmi del male.
Lui posò l'altra mano sulla mia e, con tono premuroso, chiese «Come mai ha pianto signorina Dawson? E non mi dica niente che so che qualcosa la turba e le opprime il petto.»
«E che dovrei fare?»
«Confidarsi con me come io ho fatto con lei, mi creda quando le dico che dopo starà meglio.»
Lo fissai per qualche secondo, per vedere se aveva una nota di menzogna negli occhi, ma trovai solo sincera preoccupazione e basta, quindi distolsi gli occhi e risposi «Ho pianto perché ho visto una parte della mia infanzia senza ricordarmi di averla vissuta, ecco come mai ho pianto.»
«Dove l'ha vista? Le è venuta in mente?»
Scossi la testa «No, stamattina io e Wanda abbiamo avuto la nostra prima seduta e li ho visto quella parte della mia infanzia... lei dice che la strada è lunga e che per ricordare deve scavare molto a fondo.»
«Ha senso, per farle ricordare tutto deve partire dall'inizio quindi vedrà molte parti della sua vita che ha dimenticato.»
«Pensate che a me sembravano dieci minuti, ma in realtà erano passate ben tre ore... non ci credevo quando Wanda me l'ha detto.»
Si lisciò il pizzetto pensieroso «Potrebbe avere senso! E' questione di prospettiva, lei lo ha vissuto per dieci minuti, ma per Wanda è stato molto di più perché era nel mondo reale, poi la ricerca non è stata immediata come forse pensava, signorina Dawson.»
«Evidentemente no! Anche lei mi ha dato la stessa spiegazione.»
«Wanda è una ragazza molto perspicace.»
«Si devo ammetterlo.»
«Comunque non capisco la sua tristezza, ha visto un pezzetto della sua vecchia vita, quindi perché ha pianto?»
Facevo fatica a parlare, sembrava che avessi qualcosa in gola che mi bloccava le parole, per cui mi schiarii la voce e risposi «Perché è un ricordo bellissimo ed io non ne ho memoria! Sapevo di essere io quella bambina di sei anni, ma era come guardare un'estranea... come guardare un'altra persona.
Sapere di essere stata una bambina spensierata che giocava con la sua cuginetta della stessa età, sapere di avere un fratello più piccolo, sapere che hai causato dolore a tua madre perché eri chiusa in te stessa e senza amici, mi ha causato un tale dolore che non ho potuto più trattenere le lacrime... ho lasciato che scendessero senza preoccuparmi di fermarle.
Come farò a tornare dai miei genitori sapendo che per me sono estranei? Che non so niente di loro? Non posso... gli causerò dolore e non lo sopporterei.
È come se un verme scavasse dentro di me e più a fondo va più lascia dolore alle sue spalle... se ricordare significa quello, non so se voglio continuare. Forse rifarsi una vita è la cosa migliore da fare e come hai detto tu, desiderare una cosa che non puoi avere può distruggerti... e lo sta facendo.
Mi sento annientata e impotente di fronte a tutto questo e... non so cosa fare. Sento una parte di me che ritorna dove dovrebbe stare, ma che una parte mi abbandona subito dopo... mi sento un guscio vuoto.» sentivo gli angoli degli occhi pizzicarmi, per cui distolsi lo sguardo.
Finalmente avevo esternato i miei sentimenti in merito e mi sentivo più libera... forse era stato un bene togliermi il peso che mi opprimeva ed era facile aprirmi con lui, forse perché non avevo paura di essere giudicata essendo che anche lui aveva avuto un passato doloroso e mi capiva meglio di quanto io pensassi... comprendevo che capiva come mi sentivo ed era una soddisfazione.
Lui mi prese il mento e dopo aver riportato l'attenzione verso di lui disse «Rifarsi una vita quando sai di averne una non è la cosa migliore da fare, signorina Dawson, mi creda e lasci stare quello che ho detto, sono parole di un'egoista. Lei possiede una grande forza, l'ho vista, quindi deve lottare per ciò che vuole... lei vuole ricordare, giusto?»
«Più di qualsiasi altra cosa.»
«Allora deve farsi forza e continuare le sedute con Wanda, perché solo così riavrà la vita che le è stata strappata con ferocia. Lei merita di sbattergliela in faccia a quei mostri che gliel'hanno fatta e noi possiamo aiutarla a farlo.»
Lo guardai confusa «Noi?»
«Esatto! Noi, sarò più partecipe d'ora in poi, lo prometto, ma voglio una promessa da lei.»
«E quale?»
«Che non si arrenderà mai, che lotterà per riavere la sua vita.»
Sorrisi fissandolo negli occhi «Glielo prometto.» ero confusa e contenta allo stesso tempo di sapere che voleva che mi battessi per la mia vita, mi stava spronando a riprenderla con i denti se necessario ed io l'avrei fatto, costi quel che costi.
Con umore ritrovato, dissi «La ringrazio signor Strange per queste parole, mi hanno aiutato molto, mi creda.»
Mi sorrise «Mi fa piacere averla aiutata signorina Dawson, le è stato fatto molto male e merita di riavere quello che ha perso.» poi mi lasciò le mani e si alzò «Bene, ora che abbiamo risolto la lascio da sola a riposare. E ricordi, non si lasci influenzare da questa prima esperienza, la prossima volta andrà meglio, ne sono sicuro.» non avrei ripreso sonno nemmeno volendo, e non sapevo se ero terrorizzata per l'eventualità di un incubo o cosa.
Gli ripresi la mano destra, bloccandolo, e dissi «Può rimanere se vuole, non voglio che pensi che deve andarsene solo perché è la mia stanza.»
Lui mi guardò «Non è per quello, mi creda, ho solo del lavoro arretrato. Ma ci vediamo stasera e dopo cena passeremo del tempo insieme signorina Dawson, quindi non si preoccupi.»
Arrossii lievemente e poi chiesi «Le va di darci del tu? Se dobbiamo diventare amici sarebbe il caso di smetterla di darci del lei, non crede?»
Mi sorrise e poi rispose «Credo che sia una bella idea... Aveline.» mi piaceva come diceva il mio nome «Chiamami pure Stephen.»
Ricambiai il sorriso «Va bene... Stephen.» mi piaceva anche dire il suo nome... ma che cavolo mi succedeva?
«A stasera allora.»
«A stasera.»
«E riposi.»
Ridacchiai «D'accordo.» sembrava un papà alle prese con la figlia, ed il belloera che pensavo che sarebbe stato un bravo padre.
Dopo avermi sorriso, uscì dalla mia camera lasciandomi da sola, seduta sul letto con i miei pensieri.
Ero felicissima di aver sistemato le cose con Strange, era diventata una cosa insopportabile per me e la rabbia mi stava corrodendo il fegato.
Tenergli il muso dopo che aveva chiesto scusa di sua spontanea volontà mi avrebbe resa peggio di lui e non volevo, poi ero una persona che sapeva perdonare e non trovavo l'utilità di mandare avanti il litigio.
Su una cosa aveva ragione, dovevo battermi per la mia vita e tutto quello che avevo perso... potevo rifarmi una vita, ma sarebbe stata falsa e vuota.
Wanda mi aveva fatto un grande regalo e non avrei mai smesso di ringraziarla per quello che aveva fatto e che avrebbe fatto.
Avevo fatto i primi passi in entrambe le mie questioni in sospeso, ed era solo l'inizio.
ᴀɴɢᴏʟᴏ ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ:
Salve Marveliani!.
Eccomi con la seconda parte del capitolo.
Questo capitolo è stato così lungo che mi è servito dividere il capitolo!...Che scrivana che sono ahahaha.
Passiamo al capitolo.
Aveline sentendosi sola ha chiamato i Guardiani e ha avuto una bella chiacchierata con Rocket che gli ha mostrato Howard il Papero e Cosmo...ci pensate? Ho fatto un loro cameo che era d'obbligo!.
Strange ha capito che ha sbagliato, cosa strana da lui vero?...Anche se Wong lo ha strigliato per bene.
I due si sono chiariti e hanno intenzione di istaurare un amicizia, dei bei propositi ma durerà? L'amicizia sarà in grado di superare tutte le difficoltà di Aveline e Stephen? Riuscirà a sopravvivere al carattere di Stephen e alla fragilità di Aveline?.
Una domanda, Aveline sarà un Avengers, ma vorreste che sia anche una Guardiana?.
Non resta che scoprirlo nei prossimi capitoli!.
Alla prossima.
Vi amo 3000.
ElisabethPrime.
PS. Vorrei ringraziare la mia amica 0euphoria che mi sta aiutando con la revisione dei capitoli.
Sarei persa senza di lei e le sono grata per il tempo che dedica alla revisione dei capitoli della mia storia.
Grazie.
Poi vorrei anche ringraziare un altra mia amica SeleneGreen per i consigli preziosi che mi da a ogni capitolo, mi aiutano a migliorare.
Grazie.
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