Ludwiga Schulz • Could Roses Bloom Again?

(Consiglio di leggere la one-shot con "Six Feet Under" di Billie Eilish in sottofondo. La one-shot è un po' cruenta, ma niente di che. Buona lettura!)

- RUHE! -

Quel tono autoritario che non accettava un "no" come risposta era stato catturato e intrappolato troppe volte dai muri della casa.

Silenzio, aveva ordinato l'uomo, a voce tanto alta che essa aveva riecheggiato nell'intera stanza, buia e gelida, facendo tremare le pareti.
Lo scantinato della villa degli Schulz non era mai stato così freddo.

- V-Vater... b-bitte... -
Ludwiga aveva pregato suo padre con tutta la forza che le era rimasta, o almeno ci aveva provato. Quella supplica di tregua non era mai stata ascoltata, ma troncata sul nascere da un sonoro schiaffo che aveva raggiunto la guancia della giovane, lasciando un segno rosso che non sarebbe andato via prima di qualche ora.

Solo un minimo spiraglio di luce si poteva scorgere, all'altezza della porta socchiusa alle spalle di Adalbrecht Schulz, il capofamiglia, abbastanza per illuminare di poco la ragazza, allora quindicenne, affinché l'adulto di fronte a lei sapesse quale punto del corpo di sua figlia andava a sfregiare, in una severa punizione che le sarebbe entrata fin sotto le ossa, stabilendosi tra i ricordi più vividi e dolorosi di cui ella potesse avere memoria.

Era una sofferenza straziante, impartita con una calma insensibile quanto polare, violenta quanto di un'impassibilità inverosimile. Un imperturbabile distacco tra la ragione e l'irrazionalità umana. Una furia senza fondamenta, dettata dal solo impeto che l'animo tempestoso di quell'uomo nascondeva. Soprusi senza limiti, gratuiti, assegnati come se fossero stati il migliore dei doni. E allo stesso tempo ricevuti nel più completo mutismo, assordante quanto un'intera città in subbuglio.

Ludwiga non poteva urlare; non un solo sospiro sarebbe uscito dalle sue labbra, neppure di sollievo, poiché quella violenza non sarebbe finita mai, neppure una volta conclusasi: avrebbe continuato ad accompagnare la mora, senza lasciarle neanche un attimo di pausa.

Quanti tagli aveva sul viso? Quanti segni violacei aveva lungo le braccia, lungo l'addome, lungo le cosce? Sarebbero andati mai via?

E quante lacrime aveva versato? Quante urla aveva zittito? Abbastanza da permetterle di non saper più piangere, di non saper più gridare. Sarebbero tornate indietro, tutte quelle lacrime, tutte quelle urla?

- Cosa ti ho detto, Ludwiga? Cosa voglio da te? -
Adalbrecht l'aveva messa alla prova, ancora una volta. Sua figlia conosceva la risposta, ma stringendo le labbra per trattenere qualunque singhiozzo ella scosse il capo, socchiudendo gli occhi dello stesso colore del cielo plumbeo in attesa di un altro schiaffo, che però non arrivò subito. Prima, suo padre prese un profondo respiro, poggiandole una mano sulla guancia per provocarle bruciore e tenerla ancora in ginocchio davanti a lui.

- Non restare in silenzio. Rispondimi. -

Essere così fintamente pacato era servito a poco: Ludwiga aveva preferito subire, piuttosto che pronunciare l'aggettivo che tanto disprezzava, ma che sapeva fosse la risposta esatta da dare.

Un altro schiaffo. Poi un altro, poi un altro ancora.
Di fronte a una ribellione così azzardata, cosa poteva mai aspettarsi quella troppo giovane ragazza?
Nel vuoto più totale, respirava tanto, respirava forte, quasi avesse paura di essere morta anche fuori e non solo nello spirito. Aveva gli occhi lucidi, ma che non lasciavano mai cadere alcuna lacrima: occhi che chiedevano aiuto, chiedevano pietà, urlavano a squarciagola, supplicavano con tutto il silenzio possibile.
Si sentiva come se avesse cercato di tenere in equilibrio ogni cosa, di tenere salda sulle sue spalle tutta la sofferenza in modo che non la schiacciasse; era un peso così enorme che quasi faticava a prendere ossigeno, pregando anch'esso di non entrarle nei polmoni per concederle una fine, che essa fosse lieta oppure no.

- Sei la vergogna della nostra famiglia. Non ti bastano tutti questi schiaffi? Perché non riesci ad essere un minimo più...? -
Adalbrecht non concluse la frase, perché la risposta che aveva richiesto poco prima gli arrivò all'orecchio, in un dispetto avventato quanto coraggioso, ma allo stesso tempo stupido quanto pericoloso.

- Perfetta, papà? -
Osò infatti Ludwiga, finendo per lui la frase, mentre alzava con una lentezza quasi inattendibile lo sguardo duro e tagliente, che mascherava in un modo impeccabile il terrore di quel momento. D'altronde, la quindicenne era abituata a fingere tanta sicurezza. Lo faceva ogni giorno, quando si mostrava agli altri indossando la corazza di educata ed elegante altezzosità, contrapposta alla sola voglia di vivere per davvero, intrappolata pulsante e veemente nelle sue vene.
Guardava quotidianamente quelle figure incravattate, fini, ma ingessate e finte quanto marionette stare immobili sui pensieri di scranni scarlatti, elevati ed elogiati fino all'impazzire. Erano immobili a cercare il perfetto appiglio affinché qualcuno facesse valere con la solita superficialità le loro ragioni, insulse, frivole, prive di alcuna consistenza umana. Erano inermi a studiare ogni minimo particolare, attente a ogni dettaglio, a ogni parola pronunciata, a ogni accento, a ogni flessione di verbo. Avrebbero potuto condurti alla reclusione solo per uno sguardo di troppo. Si doveva badare a ogni movimento, ogni passo, ogni gesto: una sola sillaba errata avrebbe potuto condizionare il verdetto finale.

Adalbrecht non rispose immediatamente; si prese qualche secondo per valutare fino a che punto quell'assurda e rischiosa follia potesse essere lodabile. E, quando accennò un sorriso, sua figlia capì di essersi spinta troppo oltre.

C'erano limiti che dovevano restare tali, sapeva lei. Eppure ogni tanto li infrangeva, come un oceano in burrasca, nella vana illusione di avere la possibilità di ribellarsi. Ma la rivoluzione non era tra i suoi diritti, già troppo ristretti di per sé.

L'uomo che le era di fronte, con una compostezza atroce, estrasse dalla tasca posteriore dei costosi pantaloni in lana, di un nero rigoroso, un piccolo coltellino; se lo portava sempre dietro, nonostante ci fosse sempre qualcuno a preservare la sua sicurezza.
Senza alcuna fretta, avvicinò la gelida lama dell'oggetto all'alto zigomo destro della ragazza dai corti capelli castani. Con un gesto sin troppo flemmatico ma voluto, in modo che provocasse più dolore possibile, la affondò nella carne della giovane, spostandola poi affinché il taglio si protendesse fino a poco prima dall'inizio dell'orecchio. Ripeté poi lo stesso procedimento leggermente più in basso, dunque ancora su diverse parti del corpo: dapprima la spalla, scoperta e fredda, poi lungo tutto il braccio, infine nell'incavo del seno, appena svestito.

- Che ti serva da lezione, Ludwiga. - Sentenziò Adalbrecht, concludendo.
- Non osare mai più ribellarti a ciò che ti ordino. È per il tuo bene.
Perché posso giurartelo sull'intero patrimonio degli Schulz che, se mi manchi di rispetto ancora una sola volta, farò in modo che tu non riveda mai più la luce del giorno. Sai che ne sono capace. Mi hai capito? -

Ludwiga non annuì neppure quella volta; semplicemente serrò le labbra e riaprì gli occhi che aveva socchiuso durante i tagli, focalizzandosi sulla sensazione che il sangue che scorreva sulla sua stessa pelle le provocava. Ma, quando l'ennesimo schiaffo, più violento dei precedenti, il più amaro e dolente mai ricevuto la riportò con i piedi per terra, la giovane tedesca singhiozzò appena e chinò lievemente il capo, in segno di riverenza, mormorando una flebile risposta affermativa, tanto impercettibile da pensare di essersela immaginata.

E, una volta che suo padre ebbe ripulito l'arma dal liquido cremisi sulla spalla che non era stata sfregiata, si allontanò, sbattendosi la porta dello scantinato alle spalle e chiudendola a chiave. Tre mandate erano state quelle calcolate da Ludwiga, prima che ella perdesse il conto.

Si era piegata leggermente in avanti, per quanto il dolore dei lividi le permettesse, e aveva iniziato a sfiorare il pavimento con la punta dell'indice della mano sinistra.
Lasciava dei segni visibili solo a lei, nel buio più totale, in una silenziosa supplica di tregua.

Quattro segni brevi.
Uno spazio.
Due segni brevi.
Uno spazio.
Un segno breve, una linea, due segni brevi.
Un altro spazio.
Due segni brevi, una linea, un segno breve.
L'ultimo spazio.
Infine, tre linee.

Era il codice Morse, aveva scritto "hilfe".
Aveva scritto "aiuto".

•Angolo Autrice•
Ammetto di essermi commossa non appena ho finito di scrivere. Chi l'avrebbe mai detto che la storia di quella nazista fosse così dolorosa?
Lol, apparte gli scherzi, ho avuto la possibilità di ruolarla davvero troppo poco durante la prima role, e l'ho ruolata anche male. Spero solo di riuscire a concederle i giusti spazi stavolta.
Bien, spero che la one-shot vi sia piaciuta e che sia scritta in un modo appena decente, lol, e che vi abbia aiutato a comprendere la ragione di alcuni comportamenti che Ludwiga ha e avrà durante lo svolgimento della role, e soprattutto cosa l'ha portata a compiere alcune scelte negli anni che hanno preceduto il trasferimento a New York City.
Okay, la smetto di parlare, fatemi solo sapere se vi è piaciuta.
~Ari🖤

Der_Dictatressoldat
-Moonvrx
Redkion-_
Val-J_
_SCREAM_GIRL
Blue__Matt

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top