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Antonio sferra l'ultimo calcio. Ha fatto goal.

Gli ho promesso che se avesse fatto goal, mi avrebbe potuto fare il solletico senza sottrarmi.

"Antonio noooo! Smettila, basta!"
Gli continuo ad urlare, sperando che la smettesse, ma purtroppo non serve a niente.

Lui continua a ridere e alla fine mi lascia andare.

"Ti sei divertito a vedermi soffrire eh?"
Gli dico guardandolo male per qualche secondo.

Lui si alza da terra e mi porge la mano per aiutarmi a fare lo stesso.

"Dobbiamo tornare in casetta, è tardi."
Afferma, quasi deluso.
Non se ne vuole andare e sinceramente neanche io.

"C'è la cena con i genitori stasera no?"
Chiedo mentre camminiamo l'uno affianco all'altro verso le rispettive casette.

Lui annuisce, senza dire una parola e mi rivolge solo un'occhiata veloce.

"Con tuo padre come farai?"
Mi chiede.
Nella sua voce scorgo la curiosità di chi se lo chiede da tempo ma non ha il coraggio di aprire bocca.
Lui, in realtà, ce l'ha fatta.

Io alzo le spalle in risposta, non è che m'interessi molto.

"Capirà prima o poi che è ora di crescere."
Gli dico.

"Hai ragione, lo spero almeno"
Rispose lui.
Sembra immerso nei suoi pensieri, come se avesse qualcosa di meglio a cui pensare.
Forse alla cena di stasera, e avrebbe anche ragione a pensarci.
Magari è stato quello il motivo per cui mi ha chiesto di mio padre, non vuole vederlo, e non lo biasimo.

"Ti aspetterò là con Juan Paulo"
Mi dice avvicinandosi per abbracciarmi.

Ormai siamo arrivati nel punto dove le nostre vie si separano, e purtroppo non possiamo più rimanere assieme.

Io lo accolgo a braccia aperte e lo stringo a me, posso sentirlo mentre sorride.

"Forse aver perso non è così brutto."
Ammetto accarezzandogli i capelli.

"Dici?"
Dice ridendo.
Nessuno di noi due voleva staccarsi.

"Beh, ci ha uniti di più no?"
Chiedo, temendo una risposta negativa.
Lui annuisce guardando dritto ne miei occhi e accarezandomi una guancia. Sarebbe un momento perfetto per baciarci, ma entrambi ci stacchiamo.

"Ci vediamo dopo"
Mi sussurra allontanandosi.

"A dopo! Gli urlo di rimando."
Torno in camera e sospiro, è stata proprio una bella giornata e vorrei che continuasse ad esserlo.
Dopo aver controllato mi accorgo che in camera non c'è nessuno e che ho tutta la privacy che esiste per entrare in bagno e fare una doccia in tranquillità.

Vista la situazione con Alejandro, a volte mi preoccupavo, senza motivo, del fatto che potesse bussare o buttare giù la porta se fosse necessario per entrare.

Scouto la testa, pensando che sia un pensiero stupido e prendo i vestiti per la serata.

Questa volta aggiungo anche una camicia, vista l'occasione.
Quando metto piede in bagno vedo qualcuno entrare in camera, e mi sbrigo a chiudermi dentro.

Non è il momento per affrontare una conversazione con Alejandro, o almeno penso sia lui colui che è entrato. Nonostante ciò, continuo a sperare che sia Maria o Anita.

Entro a farmi la doccia e decido di prendermela con calma, poi mi ricordo che Antonio avrà avuto fretta e sicuramente era già più che pronto, e andava a prendere Juan.

Sbuffo e chiudo l'acqua.
Mentre mi guardo allo specchio mi accorgo dello stato pietoso dei miei capelli, avrei proprio bisogno di un parrucchiere.

Fortunatamente quando esco, già vestito e pronto per andare via, in camera non c'è più nessuno.

Mi dirigo verso la mensa di fretta, oggi dovrebbe esser allestita meglio, molto meglio.
Più bella di quanto l'avessimo mai vista. Ed effettivamente è così.

Appena entro noto il tappeto marrone per terra, le candele sul tavolo, le forchette e i piatti che non sono di plastica e del legno messo sui muri al posto della vernice. Legno che sicuramente verrà tolto domani.

È tutto così diverso, ma i colori lo fanno sembrare romantico.

"Cristian!"
Juan mi viene addosso mentre ancora sono nel mondo delle favole.

Io lo stringo a me e vedo che è in compagnia di Antonio.
Lui mi sorride, compiaciuto dalla scena.

"Sei qui da tanto?"
Gli chiedo.
Lui scuote la testa.

"No, appena arrivato."
Dice entusiasta.
Poco dietro di lui scorgo sua madre, intenta a parlare con un uomo sulla cinquantina, pelato e con una barba poco folta.

Lui sembra essere a suo agio, quasi come se si conoscessero da una vita.

"Ti stai chiedendo chi sia?"
Mi chiede Antonio, distraendomi nuovamente dai miei pensieri.

Lo guardo per qualche secondo e poi annuisco.

"È mio padre."
Puntualizza, quasi fiero.
Mi sembrava di aver capito che i suoi non avessero neanche accettato il suo essere omosessuale, perché dovrebbe essere fiero dei suoi genitori?

"Sono carini"
Dico ma me ne pento subito dopo, che cosa stupida da dire.

Scuoto la testa per commiserazione verso me stesso.

"Vuoi che te li presento?"
Mi chiede Antonio sorridendomi.

"Cosa?"
Chiedo stupito di rimando.

"Papà!"
Lo chiama.
Dentro di me continuo ad urlare che è una pessima idea, ma ormai è andata, perciò non ho altra scelta se non stare fermo immobile.

"Questo è Cristian, è un mio caro amico"
Dice al padre mentre quest'ultimo si avvicinava.

"Piacere, Pedro."
Mi porge la mano e io la stringo immediatamente sussurrando il mio nome.

"Antonio mi ha parlato molto di te, è davvero un piacere conoscerti. Dice che sei un ragazzo sveglio, spero sia vero."
Detto ciò si allontana da noi salutandoci con un cenno.

La madre si ferma solo qualche secondo per salutarmi, visto che già ci conosciamo, ed entrambi si dirigono poi verso il tavolo.

Da lontano scorgo anche mio padre venirmi incontro come una furia.
Forse perché sono ancora al fianco di Antonio.

Non m'importa molto, ciò che davvero conta è il fatto che cambio umore.
Odio arrabbiarmi con i miei genitori ma quando lui si comporta così, io non riesco più a controllarmi.

"Che ci fai qui con lui?"
Mi chiede.
Si vede che è arrabbiato, ma siamo in pubblico, ed è l'unico motivo per cui si trattiene dallo strattonarmi e portarmi via mentre urla come un matto.

"Torna da mamma"
Gli dico, cercando anch'io di mantenere una certa calma.

"Io non vado da nessuna parte. Lo sai che non devi stare con lui, ci tieni a provocarmi."
Mi poggia una mano sulla spalla e stringe, ora, la calma, non la ha più.
Lo posso notare dal modo rude e impaziente con cui mi stringe il braccio.

"Mollami."
Gli dico, ormai arrabbiato.

"Lascialo andare."
Questa volta è Antonio a parlare.

"Chi sei tu il suo protettore?!"
Quasi urla questa volta.
Ora capisco che tutta questa storia non andrà a finire bene.

Non bastava presentarsi dalla preside e fare casino, doveva anche rovinare la cena a tutti.

Antonio stringe i denti, quasi come se volesse picchiarlo.
Io gli faccio cenno di stare tranquillo e lui annuisce, anche se non avrebbe voluto.

Anche mia madre si unisce alla discussione e gli toglie il braccio che stringe la mia spalla.
Lui continua ad urlarmi contro, e neanche mia amdre riesce a farlo stare zitto.

"Lascia che provi a ripetertelo un ultima volta: non m'interessa ciò che vuoi. Non sei tu a dover decidere le mie amicizie, perciò dai fuoco a questo posto se vuoi, picchiami pure, ma tanto sai che non cambierà niente"
Antonio mi fa cenno che forse sto esagerando, ma sinceramente non m'importa.

Mio padre sembra esser talmente fuori di sé, che sembra pronto a buttarmisi addosso.
Fortunatamente però arrivano in mio soccorso anche i genitori di Antonio.

"Le sembra il modo di comportarsi?!"
Le urla contro la madre di Antonio, avendo visto lo spettacolo.

"Mi vuole dire come mi devo comportare con mio figlio per caso?"
Gli risponde lui.

Io non so più che fare, mi sembro una pedina senza alcun ruolo.

"A quanto pare è neccessario che glielo dica, visto che lei non è in grado di fare il padre."
Afferma Pedro.

"Perché tu? Pensi di essere migliore di me lasciando fare a tuo figlio il teppista?! È tutta colpa sua se mio figlio è diventato così arrogante e indisciplinato!"
Urla indicando Antonio.

"Non si permetta di parlare così di Antonio! Se suo figlio è cambiato forse è perché lei è opprensivo e completamente pazzo. Le faccio presente che la vita di Cristian è sua, e può farci quello che vuole."
Continua Pedro, sempre più indignato dal comportamento di mio padre.

"Ma senti cosa ci tocca sentire!"
Commenta la madre di Antonio.

"Per qualsiasi cosa, qualsiasi ripeto, sei il benvenuto da noi. Non posso immaginare cosa sia stato crescere con quest'uomo, se può essere definito tale."
Mi dice dispiaciuta subito dopo.
Io annuisco e la ringrazio.

Il litigio riprende subito quando mio padre gli risponde.

Io prego perché lui stia zitto e si renda conto di quanto possa essere ridicolo, ma sembra essere inutile.

La sua voglia di aver un totale controllo sulla mia vita non sembra decrescere. Ora però sono io a ribellarmi, non ne posso più.

Mentre sono nel punto di parlare, mi sento tirare il braccio.

Quando mi giro per vedere chi sia, aspettandomi che fosse mio padre che dopo essersi teletrasportato, fosse venuto per uccidermi e nascondermi in qualche fossa, scopro che in realtà è Antonio.

"Forse è meglio se ci facciamo un giro"
Mi sussurra prendendomi per mano.

"Non merita neanche le tue parole"
Mi dice mentre usciamo fuori.
Ci allontaniamo di poco, raggiungendo quasi il piccolo fiume.

Ci fermiamo lì, io mi appoggio su un albero, ma piano piano, mi lascio andare e finisco col sedermi per terra.
Lui fa lo stesso.

"Mi dispiace."
Gli sussurro del tutto sincero.
Lui non mi guarda, gioca con le foglie, ma sorride.

"Non è colpa tua"
Dice mentre spezza una foglia.

"Ma sono l'oggetto del problema"
Puntualizzo.

"Beh, non lo sei per me. Lasciamelo dire: tuo padre è uno stronzo, e non solo, però mi limiterò a definirlo con quella parola perché altrimenti non sai quante cose davvero cattive potrei dire."
Ha sempre quel sorriso sul viso, lo tiene lì, come se fosse un ghigno. Anche se in realtà non lo è.

"Puoi dire quello che vuoi, sarei d'accordo con te. E poi hai tutte le ragioni per farlo."
Gli sorrido anch'io di rimando.

Comincio a fare la stessa cosa che fa lui: prende delle foglie secche e le rompe. Non so se sia un gran divertimento ma per ora è abbastanza.

"Sai forse dovresti davvero venire da noi ogni tanto"
Ora si fa più serio e mi guarda.

"Per passare un po' di tempo assieme."
Specifica.
Lo guardo anch'io sorridendo, e gli dico che è un ottima idea.

Lui si avvicina di più, e lascia cadere dalla mano la foglia che prima stringeva.
Prende la mia di mano invece e con l'altra mi accarezza una guancia.

So cosa sta per accadere, e non intendo fermarlo, anzi, sono io stesso ad avvicinarmi di più a lui.
Ci baciamo ancora una volta, sotto l'albero seduti per terra al chiaro di luna e percepisco più vicino a me che mai.
Chiudo gli occhi per lasciarmi andare e il bacio sembra durare per sempre. Quando ci stacchiamo però, lì ad osservarci c'è Alejandro.

Dev'essere un duro colpo per lui, ma io che sono veramente felice, decido di fregarmene anche di lui.
Sono sicuro che saprà cavarsela e sono convinto che, già sapesse, che fra di noi non ci poteva esser niente nonostante i suoi continui sforzi.

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