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Pov's Cristian

Non ho ancora aperto gli occhi eppure sento già delle voci arrivare a lenti colpi, come se fossi appena svenuto.

Nel tentativo di aprire gli occhi riesco a scorgere la luce del lampadario esattamente sul soffitto, dove sto guardando.

"È tutta colpa tua"
Posso distinguere la voce di Alejandro che chiaramente indica che era furibondo.

"Non puoi accettare la sconfitta per una volta!?"
Urla ancora sbattendo il piede per terra.

"Veramente ho vinto"
Si sente il forte accento spagnolo, classico di Antonio che lo rendeva al quanto tenero a volte, forse per il suo tono di voce leggermente acuto.

"Sai benissimo che non sto parlando di quello"
Rispose nuovamente Alejandro per poi sbuffare; forse ha capito che litigare con Antonio è una causa persa.

Una discussione con lui può andare solo in un modo, lui che vince con le sue teorie e idee. Solo lui può avere ragione e chiunque lo conosca sa che è un dato di fatto.

Mi fa male la testa, tanto che la voglia di sapere cosa sta succedendo cede al bisogno di continuare a dormire, però purtroppo non posso fare finta di niente.

"Ah"
La mia voce risulta bassa e con quel tono lamentoso che io odio, ma di qui ora non posso fare a meno.

Apro completamente gli occhi e inizio a tirarmi su poggiando le mani sul letto e spingendo con la forza delle braccia per potermi mettere seduto.

Mi porto una mano alla testa, sulla tempia destra, il dolore non si attenua, nonostante io mi sia già svegliato.

"Bravo, ora lo hai pure svegliato!"
Insinua Alejandro.

"Se tu non fossi mai venuto non sarebbe successo"
Antonio risponde con menefreghismo, era una risposta pesante da dare, ma trattandosi di Alejandro non gli importava un granché.

"Oh ragazzi che sta succedendo?"
Domando continuando a premere con il palmo della mano sulla tempia.

"Ti fa male la testa?"
Chiede antonio avvicinandosi a me, sotto lo sguardo attento di Alejandro che stava in piedi con le braccia incrociate.

"Si tanto, sono passati 5 minuti e già non lo sopporto più"
Sbuffo, ma perfino quel innocuo gesto mi procura delle fitte alla testa, che oltre a fare male erano fastidiose.

Antonio posa una mano sui miei capelli e li accarezza lentamente fino ad arrivare alla guancia mentre Alejandro inizia a parlare.

"Beh qualcuno ti ha tirato una pagagliata in testa, non sarebbe normale se non ti facesse male"
Il menefreghismo con cui entrambi si esprimono non mi era affatto familiare, ma inizio a capire che quando si trattava del loro rapporto, non mi potevo aspettare tanta gentilezza.

Sbuffo ancora, non ricordavo dell'effetto che ha sul mio corpo, perciò faccio una smorfia di dolore ghignando.

"Avete finito o continuerete per molto?"
Chiedo cercando di distogliere il pensiero dalla mano di Antonio che era ancora sulla mia guancia.

Spero almeno che scoprisse il mio rossore, il suo tocco è così delicato e caldo che avrei potuto non farne più a meno.

"No"

"Si"
Rispondono i due scambiandosi sguardi poco rassicuranti.

Decido di riappoggiarmi al cuscino e così facendo Antonio ritira la mano, accorgendosi forse solo in quel momento di quello che stava facendo.

Neanche il tempo di poter salutare Alejandro che qualcuno bussa alla porta.

Devono averli sentiti urlare.

Non aspettano neanche un 'avanti' per entrare e si fanno strada chiedendo ad Antonio di spostarsi.

"Potete uscire, l'ora della visita è finita"
L'uomo si schiarisce la voce con un paio di colpi di tosse prima di parlare, come se volesse essere il più chiaro possibile.

Un signore sulla cinquantina, con i capelli dritti e lisci, indossa una polo bianca e dei semplici jeans.

Alejandro lo guarda per capire cosa diavolo stesse dicendo.

Non ci sono orari di visita e anche se ci fossero mai stati, allora perché loro erano lì se l'ora era scaduta?

Entrambi mi fanno cenno per capire se dovessero veramente andarsene o se non conoscessi i due signori che avevano appena varcato la soglia della porta.

Gli faccio cenno, chinando leggermente la testa di uscire e loro lo fanno di malavoglia.

"Ehy ragazzone allora come va?"
Chiede la signora che altra non è se non mia madre, che si avvicina a me dandomi un bacio sulla fronte.

"Ci hanno detto che ti sei svegliato"
Dice invece mio padre che si è seduto sulla sedia accanto al letto.

Lui non è esattamente un tipo affettivo, per lui un uomo supera questo e altro, perché secondo la sua filosofia ci sono sempre intoppi, di qualunque tipo nella vita, e se ci facciamo abbattere dal primo che passa allora le nostre ambizioni non erano poi così tanto importanti.

Nonostante ciò mi sorride e mi fa l'occhiolino che per lui erano un po' come un 'ti voglio bene'.

"Sto bene mamma"
Gli sussurro abbracciandola, il minimo che posso fare per lei era togliergli ogni preoccupazione, ma faccio sempre solo il contrario.

"Ti ha lasciato un bel segno"
Dice lei passando le dita sui segni marcati che la pagaia mi aveva lasciato in faccia.

In quel momento penso che forse Antonio non si era proprio perso ad accarezzarmi, ma piuttosto a guardare cosa aveva procurato l'incidente, cioè i segni e i lividi sulla mia faccia.

"Ma voi cosa ci fate qui?"
Chiedo mentre mia mamma si stacca da me e si rimetteva in piedi.

"Dovevamo arrivare più tardi ma visto l'accaduto abbiamo cercato di arrivare il più presto possibile"
Risponde papà mentre continua a picchiettare il piede per terra.

È una cosa che fa spesso quando è nervoso, e sembra di sentire dei tacchi in procinto di arrivare, in poco tempo perciò dopo attimi diventa irritamente.

Annuisco non sapendo cosa dire, significa solo che avrò più tempo per stare con loro.

"Andres andiamo a chiamare il dottore"
Fa cenno a mio padre di alzarsi e seguirla prima di riportare l'attenzione su di me e sorridermi.
Dal suo viso riesco a riconoscere che era molto stanca, ha le lacrime agli occhi, segno che era stata preoccupata fino a quando non ha saputo che stessi bene.
Bene veramente.

Si chiudono la porta alle spalle senza pensarci molto ma non resta chiusa a lungo.

Non faccio in tempo ad iniziare per fino a pensare, che qualcuno fa il suo ingresso in camera, più precisamente Antonio.

Gli sorrido e cerco di mettermi più comodo, ormai inizio a reggere le fitte, forse dall'abitudine.

"Hey..."
Dice mettendosi sulla punta dei piedi mentre sorride con le mani in tasca.

Ha l'aria di un bambino che prima di dirti cos'aveva fatto veniva a dirti quanto bene ti voleva per non essere sgridato.

"Hey"
Dopo un paio di colpi sull'angolo del letto vicino a me in modo che venga a sedersi vicino a me.

"Sai beh, quel 'qualcuno' di cui Alejandro parlava prima, non volevo dirlo davanti a lui... Sarebbe stato come dargli pane per i suoi denti ma, sono stato io a beh sai farti male"

Inizia che neanche mi guarda in faccia, fissa costantemente un punto sul materasso pur di non alzare la testa ed affrontarmi.

"E me ne vergogno profondamente ma questa è una di quelle cose che la rabbia mi porta a fare quando mi acceca"
Sussurra deglutendo successivamente.

"Antonio"
Gli prendo la mano e la stringo per rassicurarlo e prima di continuare a parlare mi assicuro che lui mi guardi negli occhi.

"È stato un incidente, non è colpa tua"
Cerco di esprimermi come se non avessi pena per lui, o per apparire come se non l'avessi, quando io sono l'unico per cui bisognerebbe provare pena.

Un povero idiota seduto su un letto di infermeria con un pigiama, neanche proprio vero, a causa di aver provato a separare due persone che non si vogliono vedere neanche sulle foto.

Eppure lui non mi sembra così affranto.
Si, era dispiaciuto ma è come se mostrarlo veramente sarebbe stato inappropriato.

Stringe la presa sulla mia mano e mi sorride annuendo.

Forse ha soltanto bisogno delle mie parole per sentirsi meglio, e il solo pensiero mi fa sentire un idiota.

Davvero avevo creduto che a lui avrebbe importato qualcosa?

Nel distrarmi mi ero accorto che Antonio aveva lasciato la porta leggermente aperta, socchiusa. All'inizio vedo solo i piedi posati su un tacco decisamente alto prima di scorgere l'intera figura. È una donna sulla cinquantina e quando realizzo davvero che ci stava spiando sussulto dallo spavento.

"Ma che cazzo"
Urlo mentre mi allontano d'istinto facendo un balzo sul letto.

Le nostre mani si separarono e anche Antonio puntò i suoi occhi sulla stessa persona che stavo guardando io.

"Mamma?"
Chiede come se non si aspettasse di trovarla lì in quel momento.

"Scusatemi ragazzi, non volevo spaventarvi, voglio solo parlare con il ragazzo, solo che vi ho visti impegnati ed ho preferito aspettare"

Si spiega la donna apparendo completamente ai miei occhi dopo aver varcato la soglia della porta.

"A me pare che ci stessi spiando"
Osserva il figlio, quasi sfidandola.

La donna gli rivolge un'occhiataccia velocemente, segno che deve uscire dalla camera oltre che stare zitto.

"Tu sei Cristian Gamez giusto?"
Chiede poggiando una mano sulla mia spalla per poi ritirarla subito dopo.

"Sono la mamma di Antonio e mi dispiace per ciò che è successo"
Sembra che parli sinceramente da come si comporta, ha lo sguardo addolorato, e fa i gesti di chi vorrebbe semplicemente essere perdonato, ma pensavo che fosse semplicemente chiedere scusa soltanto per non ricevere qualche multa o addirittura causa da parte mia o dei miei genitori.

"Grazie"
Sussurro sorridendogli.

"Mio figlio è un tale sgarbato a volte, non capisco cosa gli prenda ultimamente"
Scuote la testa e non gli do torto, neanche io riesco a capire cosa passi per la testa di quel ragazzo.

"Credo che stia semplicemente passando il periodo dell'adolescenza"
Ribadisco, cercando di distrarla dall'arrivare al vero problema, se così si può chiamare.

"Non sapevo che i ragazzi dessero pagaiate in testa agli altri durante l'adolescenza"
Rido a quell'affermazione e lei ride con me.

Posso ancora sentire il dolore al muovere ogni muscolo del mio corpo, ma ero talmente agitato dalla conversazione che quello era il minimo dei miei problemi.

"Io vorrei solo che lui parlasse con me, io potrei aiutarlo"
Dice ancora, sedendosi sulla poltrona dove poco prima vi era seduto mio padre.

"Non si preoccupi, suo figlio è un ragazzo d'oro"
Gli dico, e lo penso davvero.

Lei mi sorride e mi ringrazia chinando di poco il capo.
È d'accordo con me.

Chi non lo sarebbe?

Nonostante abbia tutti i suoi problemi, nonostante il suo carattere o quello che ha fatto io rimanevo convinto che lui poteva ancora dare la migliore versione di sé stesso.

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