| 𝙲𝚊𝚙𝚒𝚝𝚘𝚕𝚘 9 |

<<Sei la più bella di sempre
Eh, eh-eh-eh
Sì, la più bella di sempre
Una notte così non ci capita più
Ed è perfetto così
Solo io, solo tu>>


"Te deseo mas que a nada en el mundo"

Nel sentire come, con estrema facilità ma, soprattutto, con assoluta sincerità, il noto capo dei Siervos del Diablo, Ruben Perez, aveva pronunciato tali parole, il giovane membro dei Sons of Silence, Samantha Moretti, sbatté alcune volte le palpebre, in parte sorpresa.

<Quanto tempo è passato dall'ultima volta che, qualcuno, mi aveva detto una simile frase?> si domandò mentalmente, riflettendo.

E la risposta la conosceva fin troppo bene. Di tempo, effettivamente, non ne era trascorso poi così tanto. Ma, quei lunghi mesi, senza di lui, agli occhi della ventiquattrenne sembrarono interminabili anni. L'amore della sua vita, perché, per lei, lui era proprio quello. La sua anima gemella, la sua metà. Se ne era andato, portandosi via, con sé, non solo il cuore di Samantha ma, anche, la sua stessa vita.

E, la nostra giovane protagonista, sapeva, fin troppo bene, chi era il responsabile, almeno in gran parte, della loro separazione.

Ovvero il mondo da cui proveniva.

Quel dannato universo, fatto principalmente di morte e male, nel quale era nata. Un cosmo terribile ed infinito. Nel quale, con estrema difficoltà, entravi a farne parte. E, al tempo stesso, terribilmente difficoltoso da poterlo abbandonare.

Si poteva lasciare, quel marcio mondo, attraverso solo due modi.

Il primo riguardava l'essere cacciato dal clan. Non potevi più mettere piede in nessun luogo legato alla congrega che ti aveva bandito. E, forse, all'inizio ti potevi anche sentire, per così dire, libero. Credevi di possedere, nuovamente, la tua autonomia. Di poter fare, di nuovo, quello che volevi. Ma, purtroppo, quella era semplicemente un'allucinazione. Una felicità... Una vita riflessa in quello specchio che, ai tuoi occhi, appariva integro. Ma che, in realtà, era rotto.

L'essere cacciato dal clan, alla fin fine, voleva dire una semplice cosa: vivere nascosto, nell'ombra. Attendendo, in preda al terrore, il momento in cui, il mietitore, veniva a farti visita. Conficcandoti una pallottola nel centro della fronte. Così da stroncare, ancora prima che potesse nascere l'idea di farlo, un possibile snitch.

Quindi, quel maledetto esilio, perché così veniva denominato dal clan, alla fine non era altro che una condanna a morte.

Il secondo metodo, invece, era dannatamente semplice. Lasciavi, quel marcio mondo al quale eri appartenuto, fino a quel momento, attraverso una cassa da morto. Non c'era alcun esilio ne, tanto meno, lo spiraglio per pregustare la libertà. Vi era, solamente, una morte lenta e dolorosa. Ed una bara da pochi spicci... Nel migliore dei casi.

Quindi forse, alla fin fine, il clan lo potevi abbandonare solo attraverso la morte. Un trapasso deciso non da te, sia ben chiaro. Ma dal consiglio.

E Samantha, per lui, avrebbe lasciato il clan. Se, il suo amato, le avesse chiesto di abbandonare il suo mondo, i Sons of Silence, lei lo avrebbe fatto. Se ne sarebbe andata, provando a trascorrere una vita standosene nascosta.

Ma che vita sarebbe stata?

La bionda scosse la testa, allontanando, in quel modo, i pensieri che le stavano affollando la mente. Sollevò appena lo sguardo, tornando ad ammirare quei maledettissimi occhi verdi i quali, con ferocia quasi, la stavano man mano stregando. La chiamavano a sé, portandola, inevitabilmente, a voler giocare col fuoco.

Sapeva, fin troppo bene, che era sbagliato. Che ogni singolo gesto che, volutamente, aveva fatto per ritrovarsi, ora, in quella situazione, era un fottutissimo errore.

Ma non poteva, assolutamente, farne a meno.

Voleva trovarsi lì. Intrappolata tra le malefiche grinfie del Diavolo stesso.

Inchiodata alla parete, immobile. Vittima quasi di quel strano incantesimo che, quei dannati smeraldi appartenenti ad El Diablo, le aveva scagliato contro.

Quei pozzi verdi, in modo lento, la stavano ammirando dalla testa ai piedi. La spogliavano, quasi. Vogliosi di poter vedere cosa, sotto quel stretto vestitino, si stesse nascondendo.

Ruben continuava, ininterrottamente ad osservarla. Volendo immagazzinare, nella propria mente, quanti più particolari possibili di lei. Nuovamente, si passò la lingua sulle secche labbra, mirando a scaturire una qualche reazione, anche piccola, nella biondina. La quale non tardò ad arrivare. Difatti, i zaffiri di lei, saettarono nel guardare cosa, quell'organo, stesse compiendo. E fu lì, in quel preciso istante, che Perez lo vide. Scorse come, con estrema fatica, Samantha deglutì.

Nell'osservare come, con assoluta facilità, era riuscito a prosciugarle la saliva, ma anche era stato capace di averla davanti a sé, docile quasi e alla sua mercé, gli angoli delle sue rosee e carnose labbra si curvarono all'insù. Creando un diabolico ma, al contempo, bel sorriso.

"Tengo unas putas ganas de besarte" le sussurrò all'orecchio, con voce roca.

Quelle parole, involontariamente, fecero venire la pelle d'oca alla Moretti. E Ruben li vide quei piccoli brividi. E decise di intensificare quel grazioso fremito presente nel candido collo di lei, soffiandoci sopra, in modo leggero. Inclinò appena il capo, così da poter osservare, di sbieco, il viso accaldato di Samantha. Poi, osservando che, la biondina, se ne stava completamente immobile, beandosi quasi di quel loro momento, Ruben abbassò piano il viso, poggiando, delicatamente, le labbra sulla liscia pelle esposta del collo di Samantha, depositandole un dolce e leggero bacio.

A quel contatto, il giovane membro dei Sons of Silence chiuse gli occhi, facendosi sfuggire dalle labbra un flebile gemito di piacere.

Lentamente, la biondina aprì nuovamente gli occhi, ancora leggermente stordita da quel semplice bacio ricevuto sulla gola. Puntò i suoi occhi chiari nella possente figura di Ruben, trovandolo, con sua somma sorpresa, ancora intento ad ammirarla. Si chiarì la voce, cercando di riprendersi.

<Samantha Moretti, è stato solo un semplice bacio sul collo, per l'amor di Dio!> più volte si disse quelle parole, mentre tornava in sé.

L'angolo destro della sua bocca si curvò verso l'alto, creando un piccolo sorriso sinistro. Il tutto accompagnato poi da uno sguardo di sfida che scoccò nei confronti del moro. Con calma, si staccò dalla parete dalla quale, fino a quel momento, era rimasta poggiata. Intrappolata per colpa de El Diablo. Compì un solo piccolo passo in avanti, obbligando, in tale modo, al moro di indietreggiare appena. Sollevò il mento, osservandolo con estrema attenzione.

"Fallo" disse con voce decisa. "Mi baci, signor Perez" aggiunse poi, dando del lei a Ruben.

Oramai sapeva che, il rivolgersi a lui con un tono formale e distaccato, ad El Diablo cominciava a piacergli ed a divertirlo.

Difatti, non appena la giovane gli si era rivolta dandogli del lei, gli occhi di Ruben luccicarono, completamente divertiti. Ed un sorriso genuino gli abbellì il viso.

E Dio. Il cuore della bionda, davanti a quel riso spontaneo, perse, accidentalmente, un battito. Rapito davanti a tanta bellezza.

"Mi stai sfidando, Mija?" le chiese, compiendo in avanti quell'unico passo che, qualche attimo prima, Samantha gli aveva fatto compiere all'indietro. I loro corpi si sfiorarono, carichi quasi di elettricità. Perez sollevò la mano destra, accarezzandole, con delicatezza, la gote accaldata. "Reto aceptado, mi querida"

A quelle parole, gli occhi azzurri di lei si illuminarono. Gioiosi di aver ricevuto una conferma positiva alla sfida.

Stava per accadere, insomma. Finalmente, entrambi, stavano per ottenere, anche se in piccola parte, ciò che, da vari giorni oramai, attendevano impazienti.

Ruben, continuando ad accarezzarle la gote, avvicinò il capo a quello di Samantha, fermandosi giusto a qualche millimetro di distacco dalle morbide labbra di lei. Bastava solo un piccolo spostamento, da parte di uno di loro due e, le loro labbra, sarebbero entrate in contatto. I loro respiri che, fino a quel momento, erano ben distinti, si mescolarono tra loro. Divenendo un unico, corto ed irregolare fiato.

"Non si torna indietro, Alex" sussurrò leggero Perez, ad un soffio dalla bocca della Moretti. "Quindi è questo ciò che vuoi, Mija?" domandò, conoscendo già la risposta.

Le loro labbra si sfiorarono, entrambe impazienti, di ricevere quel tanto desiderato bacio. E lo stavano per ottenere, davvero. Se solo però, quel loro intimo momento non fosse stato interrotto dal suono di un cellulare che, incessantemente, continuava a squillare. Irritando, non poco, El Diablo.

Cercò, con tutto se stesso, di ignorare quella fastidiosissima chiamata in arrivo ma, purtroppo, quel loro momento si era appena sfumato. E, quindi, non gli restava altro che rispondere. Maledicendo, mentalmente, chiunque si fosse permesso di interrompere la sua caccia, recuperò il proprio cellulare dalla tasca posteriore dei suoi jeans. Si rimise perfettamente il posizione eretta e, senza nemmeno prestare alcun interesse nel leggere il nome del mittente di quella telefonata, fece scorrere il pollice verso la cornetta verde presente sul display del suo smartphone, accettando la chiamata.

Col polpastrello del dito medio della mano sinistra, si tappò l'altro orecchio, così da poter udire meglio, anche se controvoglia, la voce della persona presente dall'altra parte della linea.

Rimase, per alcuni secondi, in silenzio. Ascoltando, dopo aver sollevato, per ben due volte, gli occhi al cielo, le lamentele che, in modo energico, l'altro individuo gli stava profilando. Sbuffò appena, portando subito la propria attenzione verso la giovane biondina che, per tutta quella telefonata, se ne era rimasta accanto a lui, curiosa quasi di sapere di chi si trattasse.

Anche se, la nostra cara protagonista, sapeva fin troppo chi, in quel momento, stava telefonando a Ruben.

"Ya voy, Penelope" chiuse così la chiamata, con voce esasperata.

Aveva pronunciato, volutamente, il nome della sua donna. Con l'intento di scaturire o, almeno, era quello che sperava di ottenere, una qualche reazione di gelosia, anche se minima, da parte della ventiquattrenne. Ma, ahimè, quello che ottene fu il nulla più assoluto. Non ci fu alcuna alzata di sopracciglio in richiesta di qualche spiegazione. Mancò, anche, uno sguardo di disappunto sul fatto che, lui, aveva preferito rispondere al cellulare piuttosto che baciarla. Come, ovviamente, furono assenti le parole da parte di lei.

Difatti, Samantha si era limitata semplicemente ad osservarlo, non facendo trapelare, da quella maschera che, da anni ormai, era abituata ad indossare, alcuna emozione.

E se, quella apparente indifferenza da parte della bionda, la stava facendo rodere all'interno, aggrovigliandogli le budella dal nervoso, al moro lasciò l'amaro in bocca.

<Possibile che ti sono del tutto indifferente?> ben presto il nostro caro capo dei Siervos del Diablo si era ritrovato a chiedersi, tra sé e sé, tali parole.

Oh, non ti preoccupare, Ruben. Non sei, affatto, indifferente a Samantha. Neanche un po'.

"Buon proseguimento di serata, Ruben" parlò, dopo alcuni attimi trascorsi in silenzio, Samantha. Facendo riscuotere, dalle proprie seghe mentali, il moro. Il quale, dopo aver sbattuto, per un paio di volte, le palpebre, aveva puntato i suoi occhioni chiari in quelli della biondina. "Salutami Penelope" scoccò quella velenosa frecciatina, sfoggiando uno dei suoi migliori sorrisi beffardi.

Con un piccolo cenno del capo, salutò El Diablo. Gli passò accanto, intenzionata più che mai a darsi alla pazza gioia con qualcuno. Dato che, alla fin fine, nemmeno era stata in grado di sfiorare i boxer di Perez.

Solo quando gli passò accanto, dandogli finalmente la schiena, Samantha si lasciò sfuggire un piccolo mormorio di disappunto. Seguito, a ruota, da alcuni piccoli e nervosi morsi che diede al proprio labbro inferiore. Quello era un gesto che era solita fare ogni qualvolta che qualcosa, qualsiasi cosa, non andava secondo i suoi piani. Per evitare di spaccare alcunché, si ritrovava costantemente a torturarsi il labbro inferiore. Facendolo, per il novantacinque per cento dei casi, sanguinare.

La Moretti percorse si e no qualche scarso metro quando, una possente mano che, in quel frangente, risultava avere un tocco molto delicato, l'afferrò per il polso, costringendola a fermarsi. E lei lo fece. Si fermò, senza mai voltarsi. Le bastò, solamente, abbassare appena lo sguardo per poter realizzare a chi appartenevano quelle dita affusolate che, in quel momento, la tenevano ferma. Timorose che, da un momento all'altro, lei potesse andar via. Sparendo dal Grass.

"Non andartene, ti prego" il timbro di voce di lui era incline ad supplichevole. Aumentò appena la stretta sul candido polso di lei, attirandola leggermente a sé. "Guardami, Mija" disse successivamente.

Non ottenendo la men che minima risposta da parte della biondina, il moro agì. La sorpassò, fermandosi proprio davanti a lei. Con due dita, le sollevò il mento, così da poterla guardare dritta nei suoi occhi chiari. Non appena le alzò il mento, notò come, lei, avesse appena terminato di martoriare il proprio labbro inferiore. Il quale era leggermente sporco di sangue e dolorante. Con estrema delicatezza, le passò, nel punto leso del suo volto, il pollice. Eliminando, in tal modo, quelle piccole goccioline di sangue presenti nella parte inferiore della bocca.

"Credo sia meglio che tu vada" mormorò la Moretti, sottraendosi alla presa di Perez. "Non vorrai mica far attendere, ulteriormente, la tua donna"

Di fronte a tali parole, El Diablo si passò la mano destra sul volto, frustrato da quella situazione.

<Ti sei messo nella merda da solo> esortì, con questa frase, una piccola vocina nella testa del moro.

<Invece che infierire, non potresti darmi una mano?> controbattè lui, rivolgendosi alla voce.

<Già sai quello che devi fare> rispose lei, tornando poi a far silenzio.

"Concedimi un'ora" parlò Ruben beccandosi, per tutta risposta, un alzata di sopracciglio ed un'espressione confusa da parte del giovane membro dei Sons of Silence. "Tra sessanta minuti, aspettami all'esterno del Grass"

"Perché mai dovrei farlo?" domandò la ventiquattrenne, incrociando le braccia sotto al seno.

"Perché..." si bloccò, alla ricerca delle giuste parole da proferire. "Quiero hacer contigo el amanecer" confessò in spagnolo.

"¿Debería creerte?" replicò in spagnolo la ragazza dagli occhi azzurri, lasciando totalmente di stucco El Diablo.

"¿Tú hablas español?" domandò, sgranando gli occhi dallo stupore.

Fin da subito, il capo dei Siervos del Diablo aveva avuto il sentore, per così dire, che la giovane ragazza comprendesse la sua lingua madre. Ma, mai, avrebbe potuto immaginare che la sapesse anche parlare.

Ruben, Ruben, Ruben.

Credimi quando di dico che, la nostra amata Samantha Moretti, è piena di sorprese. E' decisamente colma zeppa dei così detti assi nella manica.

"Lo aprendí por motivos de trabajo" confessò lei, abbozzando un piccolo sorriso.

Ed era vero. Per poter cominciare a gestire gli affari del clan, anche sotto la supervisione di suo padre o di suo zio, Samantha ed i suoi cugini, Stellan e Sebastian, dovettero imparare a capire e parlare correttamente inglese, spagnolo e russo. Dato che, la maggior parte degli affari dei Sons of Silence erano trattati in gran parte del nord d'Italia, Spagna, Irlanda del Nord e Rostov sul Don, una città appartenente alla Russia.

Per la prima volta, da quando i due si erano conosciuti, la ragazza dagli occhi chiari era stata sincera nel raccontare qualcosa che la riguardasse.

<Hai già rivelato abbastanza> le ricordò la sua vocina interiore, mettendola in guardia.

"Aspettami, ok?"

Al volo, le depositò un leggero e casto bacio sulle labbra. Suggellando, in quel modo, le parole che le aveva detto. Ovvero che sarebbe tornato da lei non appena avesse accompagnato a casa la Soler.


Vicenza, Italia

Erano da poco passate le sei del mattino quando, Andrea Rossi, accompagnato dai suoi figli, raggiunse la sede principale della propria impresa edile. In silenzio, tutti e tre scesero dalla Jeep di Stellan e, avvolti dalla chiara luce del sole di quella mattina, si avviarono verso l'entrata della ditta.

"Lasciate aperta la porta" aveva detto il maggiore dei Rossi, dopo aver aperto la grande porta a vetri che conduceva all'interno dell'impresa. "Tra non molto dovrebbe arrivare" aggiunse, mettendo piede dentro quel luogo che, per lui, appariva come un terzo figlio.

Quelle quattro mura racchiudevano sangue, sudore e sacrifici che, nel corso della sua vita, Andrea aveva versato per poter avere, finalmente, qualcosa di suo. Perché, l'impresa edile di Rossi, non era solamente una copertura per gli affari del clan che, molti anni prima, assieme al suo migliore amico, Alessio, aveva creato. Ma rappresentava, soprattutto, la sua rivincita nei confronti di tutto quel disprezzo che, Michela, la donna che lo aveva messo al mondo, aveva riversato nei confronti suoi e di sua sorella Nives.

I due fratelli, udendo le parole del padre, si scambiarono un rapido e confuso sguardo.

"Chi dovrebbe arrivare?" domandò il maggiore, Stellan, mentre seguiva l'omone che suo padre era.

"Papà, perché siamo qui alle sei di mattina di domenica?" chiese, sbadigliando, Sebastian.

"Di certo, tutta questa curiosità, non l'avete presa da me!" rispose l'uomo, voltandosi verso i propri figli. "Tra qualche minuto risponderò ad entrambe le vostre domande"

Stellan si passò una mano sulla folta barba, riflettendo. Un pensiero, anche se di veloce passaggio, gli balenò in testa, intimorendolo.

<Che abbia scoperto di...> non riuscì neanche a concludere quel pensiero. <Nah, è impossibile> affermò mentalmente, scuotendo il capo. Eliminando, in quel modo, quel sciocco pensiero. Ma che, di sciocco, non aveva proprio nulla.

Schiuse poi le labbra, pronto per porre l'ennesimo quesito al padre quando, l'inconfondibile rumore del vecchio e, sgangherato, Pick Up appartenente a Viper, echeggiò per tutto il parcheggio dell'impresa edile.

Sia lui, sia Sebastian, si voltarono in direzione della porta a vetri, del tutto sorpresi nel vedere che, in quel momento, stava facendo il proprio ingresso il misterioso Viper.

"Dalle espressioni che avete dipinte sul volto, direi che vostro padre si è scordato di dirvi che sarei venuto anche io" annunciò, mentre raggiungeva, a passo spedito, i tre Rossi. Si fermo davanti al più grande dei ragazzi, salutandolo con un caloroso sorriso "Più cresci, Ste, più assomigli a tuo padre" constatò, osservando il giovane uomo che si trovava davanti a lui.

"Spero di non metter su anche la sua stessa pancia" rispose Stellan abbassando, di qualche nota, il tono della sua voce. Non volendo farsi udire dal padre.

Cosa che, ovviamente, non accadde. Tant'è che, di fronte a quelle parole, il capo dei Sons of Silence aveva scoccato un'occhiataccia al suo primogenito. E, mentre Andrea borbottava parole di disappunto, Seba e Viper erano scoppiati in una fragorosa risata.

"Sebastian" chiamò il secondogenito di Rossi, Viper. Dopo essersi ripreso dalle risa. Sollevò in aria la sua grande mano destra, poggiandola sulla testa del giovane, scompigliandoli, successivamente, i neri capelli. "L'ultima volta che ci siamo visti eri alto un metro ed una banana" affermò, curvando gli angoli della bocca all'insù. "Ora, invece, sei più alto di me!" appurò, osservandolo con estrema attenzione.

"E' bello rivederti, zio" ammise il giovane Rossi, dando un caloroso abbraccio a quell'uomo che, per molti anni, era stata una presenza fissa nella vita dei ragazzi.

Viper era stato una costanza per i due fratelli e la loro cugina. Un punto di riferimento per tutti e tre. Era stato quel qualcuno che, quando tutto andava a rotoli... Quando quel mondo cominciava ad essere soffocante per quei bambini, era in grado di farli andare avanti, riportandoli a respirare. Se cadevano, lui era lì, pronto per sorreggerli. Li aiutava a rialzarsi, rendendoli più forti e sicuri di sé.

Non solo era colui che, da quando la piccola Moretti era venuta alla luce, aveva vegliato su di lei, divenendo poi il suo padrino. Ma era divenuto l'angelo custode di Ste e Seba.

Perché, per Viper, loro erano la sua famiglia. E la famiglia va protetta. Sempre e comunque.

Circa un'ora più tardi, tra i continui battibecchi da parte dei due uomini e, le risate trattenute a stento da parte dei ragazzi, nel vedere come, anche se, Andrea e Viper avevano limitato i loro contatti dopo che, quest'ultimo, era stato cacciato dal clan, sembrasse che i due si vedessero regolarmente tutti i giorni. Proprio come un tempo. Proprio come quando erano uniti e, tra di loro, non vi era alcun segreto.

"Quindi ragazzi, mi raccomando" prese nuovamente la parola il capo dei Sons of Silence, rivolgendosi ai suoi figli. "Quanto vi abbiamo appena detto, non deve lasciare queste quattro mura, intesi?" il tono di voce era serio e duro.

"Sissignore!" risposero all'unisono i due fratelli, ricevendosi, per tutta risposta, un'espressione soddisfatta da parte del loro papà.

"Quindi come agiamo?" chiese Stellan, mentre muoveva, freneticamente, su e giù la gamba destra. Era un gesto che era solito fare quando era nervoso. Ereditato proprio dal padre.

"Voi non farete nulla" rispose Viper, dopo aver fatto fuoriuscire, dalle proprie labbra, una piccola nuvoletta grigiastra di fumo. I due giovani Rossi lo guardarono, non contenti di quella decisione. "Vostro padre ed io ne abbiamo già discusso e, per una buona volta, entrambi siamo d'accordo che, voi due, dovete starne fuori"

"Come puoi chiedercelo, papà?" domandò Sebastian. "Come cazzo puoi richiederci di restare fermi ed immobili ad osservare?" chiese poi, lasciandosi sfuggire quell'innocuo e volgare termine.

"Sebastian Rossi!" lo intimò il padre, guardandolo torvo. "Non ti permettere di usare, in mia presenza, quei termini" aggiunse. "Che vorresti fare, mhn?" domandò, non permettendo al figlio di rispondere. "Pistola alla mano e cominci a sparare alla cazzo di cane?" Questa volta fu lui a pronunciare il termine cazzo.

"Ce li hanno portati via" mormorò il diciannovenne, serrando con forza i pugni che teneva poggiati sulle cosce. "Ci hanno strappato dalle nostre vite Shannon e Tyler"

"Pensi che non lo sappia?" chiese Andrea, addolcendo appena il tono della propria voce. "Ho dovuto seppellire, quasi un anno fa, due dei miei nipoti" aggiunse, passandosi successivamente la mano sul viso. "Secondo te, per la vendetta, dovrei rischiare la tua vita e quella di tuo fratello?" A quella domanda, Sebastian abbassò il capo, colpito. "Siete i miei figli... Voi e Samantha siete tutto ciò che mi resta. Non posso... Non voglio rischiare di perdere anche voi tre"

Quella confessione, da parte di Andrea, fu seguita da interminabili minuti trascorsi in totale silenzio da parte di tutti e quattro i maschi. Padre e primogenito avevano ripreso a muovere, su e giù, la loro gamba destra, nervosi. Sebastian, invece, continuava a mantenere il capo abbassato ed i pugni serrati. Gli teneva così stretti che le nocche gli divennero bianche e, inevitabilmente, le corte unghie gli si conficcarono nella carne, creando delle piccole mezze lune. Viper, invece, si era acceso la terza sigaretta, riflettendo sulla prossima mossa da fare in quella schifosa partita a scacchi che, contro la loro volontà, si erano ritrovati costretti a giocare.

Fu proprio l'ultimo uomo appena nominato che, dopo essersi passato una mano sui lunghi e folti ricci, ruppe quell'assordante silenzio che si era creato nell'ufficio.

"Avete ricevuto notizie da vostra cugina?" chiese ai due giovani.

Davanti a quella domanda, il maggiore dei figli di Rossi, scosse il capo in segno di negazione. Erano vari giorni che, la biondina, non si faceva sentire con lui. Non che Stellan, d'altro canto, si fosse fatto vivo con lei. Era stato, fino a quel giorno, troppo indaffarato con altre faccende. Questioni che, per ora almeno, non ci è dato conoscere.

E se Stellan aveva negato a quel quesito, Sebastian, nell'udire tale domanda, si ricordò della conversazione che, il giorno prima, aveva tenuto con la biondina.

<Merda!> imprecò mentalmente. <Ancora devo dire a papà quanto ho scoperto!>

Velocemente, si passò una mano sui capelli, dandogli una rapida sistemata. Sollevò lo sguardo, puntandolo in direzione del padre.

"Papà" chiamò l'attenzione dell'omone seduto davanti a lui. Il quale, prontamente, puntò i suoi occhi verso il figlio, attendendo. "Ho parlato con Samantha, la scorsa notte" iniziò così il suo discorso, ricevendo la completa attenzione da parte degli altri tre. "Mi ha chiesto di svolgere una minuziosa ricerca su un certo Ruben Perez, meglio noto come El Diablo a capo dei Siervos del Diablo"

Sia Andrea, sia Viper, impallidirono.

"Siervos del Diablo?" ripeté l'uomo dai capelli ricci, pronunciando il nome di quel clan con un pessimo accento spagnolo. Seba annuì. "Perché vuole informazioni su di loro?" domandò poi, sollevando un sopracciglio.

"Da quanto mi ha detto, è entrata in contatto, per sbaglio, con alcuni di loro. E poi..." si bloccò, non sapendo minimamente come riferire il seguito di quel racconto.

"E poi cosa, Sebastian?" chiesero, all'unisono, i due uomini.

"A quanto pare" riprese a parlare, iniziando a torturarsi l'interno della guancia sinistra. "Ha attirato, su di se, l'attenzione del loro capo. Ruben Perez, per l'appunto"

"Sanno chi è?" domandò, allarmato, il capo dei Sons of Silence.

"No papà, no" prontamente rispose così il diciannovenne. "Samantha è stata attenta a non rivelare la sua identità" aggiunse.

"Di cosa stiamo parlando, Seba?" prese la parola il suo fratellone, poggiandogli una mano sulla spalla. "Di cosa trattano? Droga? Armi forse? O..." non riusciva a dire quella parola. Stellan sperava, con tutto se stesso, che non si trattasse di quello. "...Prostituzione?" chiese, infine.

"Hanno il controllo del settanta per cento della criminalità organizzata a San Juan. Gestiscono il più grande commercio, della città e fornitura all'estero, di cocaina ed eroina. Stanno cercando di entrare in affari con un gruppo in Messico per il commercio di armi e si, Stellan" ruotò il capo in direzione del fratello. "Gestiscono una rete, su larga scala, di prostituzione"

"Perché cazzo non me lo hai detto subito, Sebastian!" tuonò, furibondo, Rossi. Non gli importava più, data la situazione, di avere un linguaggio volgare. "Dobbiamo andare, immediatamente, a riprenderla!"

"No!" esclamò il più giovane dei quattro, beccandosi degli sguardi del tutto confusi da parte degli altri. "Samantha è stata molto chiara. Mi ha detto di dirti tutto ma mi ha espressamente chiesto di vietarti di andare a San Juan" disse poi, agitandosi sulla sedia. "Se metti piede a San Juan, loro lo sapranno e scoppierà una guerra"

"Loro?" il tono di voce di Viper era confusionario. "Loro chi?" ripeté.

"I Dodici" rispose Seba. "I Siervos del Diablo sono collegati ai Dodici"

"Quindi che facciamo?" parlò Ste, dopo alcuni secondi di silenzio. "La lasciamo lì, da sola?" chiese, leggermente nel panico. "Non ha nulla con cui difendersi!"

Le rotelle poste, per così dire, nel cervello di Viper, cominciarono a girare incessantemente. Segno che, a breve, sarebbe stato in grado di trovare una soluzione a quel inaspettato casino. Difatti, un'immaginaria lampadina gli si accese, brillando.

Con forza, sbatté entrambe le mani, ben aperte, sulla liscia superficie della scrivania, facendo sussultare, appena, i suoi nipoti. Puntò i suoi occhi chiari in direzione di Andrea, parlando subito dopo.

"Possiamo usarlo a nostro vantaggio, Andrea" prese a parlare. "Quante altre volte, secondo te, ci può venir servita, su di un piatto d'argento, l'occasione di far crollare l'impero dei Dodici?"


San Juan, Portorico

"Dio mio, che caldo!" esclamò, sbuffando leggermente, il giovane membro dei Sons of Silence. Si staccò dalla parete esterna del Grass, guardandosi attorno. "02:40" lesse, ad alta voce, l'ora impressa sul display del suo cellulare, scuotendo il capo. "Ben trentacinque minuti di ritardo" aggiunse mentre riponeva l'apparecchio elettronico all'interno della piccola pochette che, assieme al vestito, Torres le aveva comprato.

<Chi cazzo ce lo fa fare di stare ancora qui?> parlò il suo io interiore con un tono di voce che era un mix tra l'incazzato ed il deluso.

"Già, chi me lo fa fare di stare qui, al caldo, in piena notte, ad attenderlo?" si chiese, sotto voce, non volendo risultare, alle persone all'esterno del locale, una pazza che parla da sola.

<Non verrà, Sam> proseguì a parlare quella piccola ed immaginaria Samantha, rivolgendosi alla sua padrona. <Torniamocene in hotel e che vada a farsi fottere quel sexy diavolo!>

"Credo tu abbia ragione" sussurrò, aumentando la stretta attorno alla borsetta. "Mi sono illusa per niente" aggiunse, deglutendo un grumo d'amara saliva.

Inspirò a fondo poi, dopo aver dato un ultimo e, veloce, sguardo lungo tutta la strada, decise di avviarsi verso l'albergo nel quale alloggiava. Rassegnata, oramai, all'idea che, alla fine, Ruben avesse preferito, di gran lunga, trascorrere il resto della notte assieme alla sua donna, Penelope.

<Quiero hacer contigo el amanecer>

Le parole che, quasi due ore prima, El Diablo le aveva detto, le balenarono in mente, mandandola in bestia.

"Bugiardo" sibilò, mentre aumentava il passo.

E, se la nostra cara Sam si stava, man mano, rassegnando all'idea di fare l'alba assieme al moro, il nostro adorato Ruben era di tutt'altro avviso. Difatti, dopo aver accompagnato, nel più totale silenzio, la Soler a casa, aveva cercato di tornare al Grass il più velocemente possibile. Ma, ahimè, doveva fare i conti con la sua donna. La quale, durante tutto il tragitto verso la propria abitazione, stava letteralmente ribollendo dalla rabbia. Non aveva creduto nemmeno ad una singola parola di quelle che, Perez, le aveva rifilato come scusa non appena era tornata da lei, ai divanetti che avevano prenotato. Ma se ne era rimasta in silenzio, volendo parlarne, con calma, non appena sarebbero arrivati a casa.

"Ti chiamo io, ok?" le disse El Diablo, non appena spense la macchina nel piccolo parcheggio riservato al grazioso complesso nel quale, da quando era divenuta la sua donna, Penelope viveva.

"No" rispose lei, incrociando le braccia sotto al seno. "Con chi eri, si può sapere?"

"Te l'ho già detto, Penelope" rispose lui, picchiettando le dita sulla pelle del volante. "Mi sono fermato a parlare con un mio possibile compratore"

"Balle. Eri con un'altra, non è vero?" domandò lei, alzando il tono della sua voce. "Chi è? Una delle tue nuove puttane?"

In automatico, non appena il cervello di Perez aveva associato, al termine puttana, l'immagine della biondina, il moro strinse con ferocia il volante. Evitando, in quel modo, di far degenerare quella sgradevole conversazione. Chiuse gli occhi, cercando di controllare quella rabbia che, rapida, cominciava a ribollirli nel sangue.

"Fossi in te, Penelope, starei molto attenta a come ti rivolgi al sottoscritto" sibilò il moro, dopo aver aperto gli occhi e voltandosi in direzione della castana. Lentamente, si slacciò la cintura di sicurezza, allungandosi poi verso l'esile figura della Soler. "Dopotutto, non sei forse anche tu una delle mie tante puttane?" le sussurrò quel quesito, aprendole poi la portiera.

Col capo, le fece cenno di scendere dal suo Suv, senza più profilar alcuna parola. Attese che, la giovane donna, gli chiudesse lo sportello poi, sgommando leggermente sull'asfalto, si allontanò da colei che, oramai, aveva smesso di considerare come sua donna. Volendo, più di ogni altra cosa al mondo, provarci con quella piccola peste dai capelli biondi. La quale, attraverso i suoi modi di fare, si stava insinuando nelle viscere del moro. Portandolo a provare quel sentimento che, mai, era stato capace di esternare con alcuna donna.

In tutta fretta e, non rispettando ben due stop ed un semaforo rosso, era arrivato davanti al suo luogo preferito dedito alla caccia. Diete una rapida occhiata all'ora impressa sullo schermo presente in quel lussuoso Suv, imprecando davanti all'ora letta.

02:43.

Al volo, recuperò il telecomandino per chiudere la vettura e, dopo averlo messo in tasca, si avviò verso la parte esterna del locale, brontolando quando, una volta giunto al luogo prestabilito per il loro incontro, non vide la ventiquattrenne ad attenderlo.

"Dove sei andata, Mija?" si domandò, cominciando a cercarla come un disperato.

Stava per rinunciare a proseguire quella sua affannosa ricerca quando, in lontananza, vide la figura della biondina, voltata di spalle, intenta a camminare il più velocemente possibile.

E Dio.

Gli bastò solamente vederla voltata di schiena per riconoscerla. E, questa cosa, lo confondeva. E non poco. Non gli era mai successo, nei suoi trentanni di vita, di essere in grado di riconoscere, una persona, dal sol guardarle la schiena.

La guardò per qualche altro breve secondo poi prese a correre. Cercando di raggiungerla quanto prima.

"Alex!" la chiamò, non appena l'ebbe raggiunta.

Il giovane membro dei Sons of Silence, sentendosi chiamare... Sentendo la possente voce appartenente all'incarnazione del Diavolo, si bloccò, voltandosi proprio in direzione di quel suono. Non appena si voltò, si ritrovò davanti un El Diablo col fiato corto. Infatti, per riprendersi dalla corsa appena fatta, si era piegato in avanti, poggiando le mani all'altezza delle ginocchia, riprendendo fiato.

"Credevo... Credevo non venissi più" farfugliò la Moretti, guardando il moro che le si trovava davanti.

"Te l'ho detto, Mija" parlò lui, dopo aver fatto l'ennesimo profondo respiro. Riempiendo, il più possibile, i propri polmoni d'aria. "Voglio fare l'alba con te" affermò, rimettendosi in posizione eretta.

"E Penelope?"

<Dio, quanto sono stupida! Dovevo proprio nominarla?!> si rimproverò mentalmente la ragazza dagli occhi azzurri.

"Possiamo evitare di parlarne?" chiese Perez, guardandola. "Voglio concentrarmi su noi"

"Noi?" domandò lei, sollevando un sopracciglio. "Da quando c'è un noi?" gli scoccò, in quel modo, l'ennesima frecciatina di sfida.

"Beh..." prese a parlare il moro, grattandosi il retro della nuca. "Sbaglio o mi devi un bacio?" contrattaccò lui.

"Semmai sei tu che lo devi a me"

"Oh si, si. Certo"

Piano, El Diablo si avvicinò alla figura della Moretti, fermandosi solo quando, i loro corpi, si sfiorarono. Con estrema delicatezza, le accarezzò la guancia poi, fece scorrere due dita verso il mento, così da poterglielo sollevare. Obbligandola, in quel modo, a guardarlo dritto in quei penetranti pozzi verdi che aveva al posto degli occhi. Avvicinò ulteriormente il proprio viso a quello di lei, facendo sfiorare, tra loro, le punte dei propri nasi. Si inumidì appena le carnose labbra, poggiandole poi all'angolo della bocca di Samantha, lasciandole un casto bacio. A quel contatto, la Moretti chiuse gli occhi, completamente rapita da quel loro, tanto atteso, momento.

"Te deseo, Mija" le sussurrò quelle dolci e leggere parole.

Le baciò l'altro angolo della bocca poi, non riuscendo più a resistere ulteriormente, fece scontrare le loro bocche. Dando, in quel modo, il via al loro più grande errore.

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