| 𝙲𝚊𝚙𝚒𝚝𝚘𝚕𝚘 17 |
<<Ciò che finisci per ricordare, non è sempre la stessa cosa di cui sei stato testimone>>
San Juan, Portorico
Era da poco passata l'ora di cena e, alla villa, regnava una strana quiete. Dopo l'ennesimo rifiuto ricevuto da parte della biondina, sul mangiare qualcosa assieme ad El Diablo ed al suo clan, Perez aveva deciso di lasciarla bollire nel suo brodo.
Dopo aver dato ordine a Mateo di lasciare a Samantha il piatto con la cena, sapendo benissimo che, l'indomani mattina, il piatto gli sarebbe tornato indietro con il cibo intatto, il giovane capo dei Siervos del Diablo si era recato in giardino, raggiungendo ben presto la piscina interrata. Si sedette e, dopo essersi sfilato scarpe e calzini, immerse le gambe all'interno della piscina, facendole ondeggiare piano nella cristallina acqua.
Non si poteva vedere ma, le rotelle di quel suo diabolico cervello avevano preso a muoversi velocemente, facendolo riflettere a fondo sul conto di quel peperino che si trovava rinchiusa in quella stanza da letto. Ostinata, più che mai, a non voler mangiare ne parlare con nessun individuo appartenente al cartello di Perez.
Più ci rifletteva, più si convinceva che, quel grazioso diavoletto travestito da innocuo angioletto, gli stava nascondendo qualcosa.
Ed, a convincerlo, non era solo il fatto che, quella ragazzina, fosse tranquillamente capace di tenergli testa, dimostrandogli di non avere la men che minima paura di lui. Ma erano state tutte quelle altre piccole cose che, forse, involontariamente aveva fatto e detto.
L'essere in grado di seminare tranquillamente i suoi uomini, durante un pedinamento, era un chiaro segno che, Samantha, non era come tutte le altre ragazze.
Per non parlare del fatto che, al loro primo incontro, aveva avuto il coraggio di presentarsi, a lui, con un nome falso. Incurante del fatto che, prima o poi, Ruben avrebbe scoperto la sua vera identità.
Oh, e non dimentichiamoci di come, con estrema facilità, era riuscita a mettere fuori gioco, anche se momentaneamente, alcuni dei suoi uomini.
E la pistola.
Dio, la pistola.
L'aveva sorretta in mano con nonchalance. Per nulla intimorita di avere, stretta in mano, un'arma da fuoco. Poi era stata capace di sparargli, senza batter ciglio. Senz'alcun dubbio la Moretti sapeva benissimo come usare una pistola, e non aveva alcun problema a premere il grilletto, se necessario.
Diablo.
Non appena a Ruben tornò in mente come, durante il suo tentativo di fuga, la ventiquattrenne si era permessa di chiamarlo, pronunciando il nome col quale, nella criminalità organizzata, Perez era conosciuto, i lucenti smeraldi che il portoricano possedeva, si sgranarono. Le sue carnose e rosee labbra presero a muoversi piano ma, da esse, non fuoriuscì nemmeno la men che minima sillaba.
<Sono più che certo che non ha udito dai miei uomini il mio nome> pensò tra sé e sé, mentre con l'indice ed il pollice accarezzò il leggero strato di baffetto presente sopra il labbro superiore. <Ma quindi...> si bloccò, realizzando finalmente.
Poggiò le mani sul bordo piscina, lasciò cadere all'indietro il capo, scoppiando poi in una fragorosa risata.
"Oh, Mija. Da quanto tempo è che sapevi chi ero realmente?" chiese, sapendo benissimo di non poter ricevere alcuna risposta. "Ma domanda ancora più importante... Come mai hai deciso, ugualmente, di voler giocare con me?"
*Più tardi*
La quiete che, fino a qualche ora prima, aveva regnato tra le mura della villa, aveva lasciato posto ad un'assordante silenzio. Tutti o almeno quasi tutti, si erano recati nella propria stanza da letto con l'intento di dormire.
La notte era calata già da alcune ore e, l'oscurità, era appena rischiarita dalla bianca luce proveniente dalla luna.
In punta di piedi, on di evitare di fare troppo baccano e di farsi scoprire dai membri dei Siervos del Diablo, la figura di Samantha Moretti si aggirava calma tra i corridoi di quella grande casa, con l'intento di recarsi in cucina. Aveva un chiaro obbiettivo. Ossia quello di trovare un qualche cosa da mettere sotto i denti. Visto che, da quando era stata rapita, si era sempre rifiutata di mangiare anche la più piccola cosa che, il cartello di Perez, gli aveva portato da consumare.
Ma, purtroppo, il suo piano di passare inosservata per quelle quattro mura, fallì non appena giunse dinnanzi alla cucina. Difatti, la porta in legno scuro era aperta per metà e la luce era accesa. Cercando di fare meno rumore possibile, la biondina compì due piccoli passi in avanti, sporgendosi appena oltre la porta per vedere chi, a quella tarda ora, fosse sveglio ed intento a cucinare.
Però, nello sporgersi per curiosare all'interno del cucinotto, il giovane membro dei Sons of Silence, accidentalmente si appoggiò contro la porta, facendola chiudere un pochino. E, quel leggero movimento della porta, attirò l'attenzione di colui che, fino a quel preciso momento, era intento a prepararsi un sandwich.
La snella figura, vestita completamente di nero, di scattò si voltò in direzione della porta, ritrovandosi ad osservare, coi suoi grandi occhi scuri, quelli chiari e limpidi di Samantha. Le rosee labbra che, fino a quel momento, erano ferme in una linea dritta, alla vista della biondina presero a rilassarsi, finendo col formare un piccolo sorriso.
Dopo aver poggiato sul bancone della cucina una fetta di pane, il moro andò in contro alla Moretti. E, dopo aver aperto interamente la porta, con un leggero cenno del capo, la invitò ad entrare. Facendola accomodare su di uno dei sgabelli posti su due lati della penisola.
"Quindi è così che fai, ragazzina?" domandò Javier, mentre finiva di preparare il proprio sandwich. "Ti rifiuti di mangiare con noi, per poi sgattaiolare in cucina a prenderti del cibo?" pose quel secondo quesito, andando ad accomodarsi davanti alla biondina.
"Chi mi dice che, il cibo che mi date voi, non sia avvelenato?" controbattè lei, puntando i suoi occhioni chiari verso il vassoio, posto al centro della penisola, colmo di frutta.
Romero, avendo visto che, la ventiquattrenne stava guardando la frutta posta poco lontana da lei, allungò il braccio verso il vassoio, spingendolo nella sua direzione. Silenziosamente, la Moretti raccolse dal vassoio una succosa mela gialla, intenzionata più che mai a mangiarla. Così da poter colmare, finalmente, quel buco dato dalla fame che le si era creato nello stomaco.
Osservò il frutto per alcuni secondi poi, dopo aver sbirciato appena in direzione de El Perro, si portò la mela alla bocca, schiudendo subito le labbra per addentarne un succoso pezzo.
"Chi ti dice che non abbiamo avvelenato la frutta?" pose quel quesito Javier, mentre poggiava il mento sul palmo della propria mano, ed un sorriso dall'aria divertita cominciava a farsi largo sul suo viso.
Nell'udire quella domanda, la ragazza italiana si bloccò di colpo, rimanendo però, per alcuni secondi, con le labbra schiuse. Sbatté un paio di volte le lunghe ciglia, metabolizzando il quesito che gli era stato posto. Poi, dopo averlo elaborato, allontanò dalla propria bocca la mela, andando ad appoggiarla sul tavolo. Incrociò le braccia sotto al seno, ed un piccolo ed adorabile broncio nasceva sulla sua faccia.
Romero, vedendo che la biondina aveva poggiato il frutto sul tavolo, evitando di mangiarlo, si affrettò a dire un "Puoi stare tranquilla, non abbiamo avvelenato nessun cibo" Il tutto detto afferrando il proprio sandwich e dandogliene un grande morso.
"No, infatti. Voi vi limitate solo a mettere la droga dello stupro nei drink delle povere ragazze indifese" controbattè lei, afferrando dal piatto l'altra metà del panino ed addentandone un pezzo.
"Touché" replicò il moro, masticando. Diede un altro morso al suo pasto, osservando con attenzione la ragazza, posta di fronte a lui, intenta a divorare quel mezzo sandwich che, pochi attimi prima, gli aveva sottratto. "Come hai fatto?" chiese poi, di punto in bianco. Per tutta risposta, la ventiquattrenne sollevò il sopracciglio destro, confusa. "A scambiare i drink, quella sera" spiegò, dopo essersi tolto dalla bocca delle briciole di pane.
In risposta, Samantha si limitò a finire di mangiare quell'ottimo panino al pollo, alzandosi poi dallo sgabello.
Non aveva la men che minima intenzione di rispondere ad Javier. E non per la risposta di per se. Ma per il semplice fatto che, semmai avesse dato una spiegazione, di come fosse stata capace di fregare, sotto al naso, un noto capo di un cartello portoricano, avrebbe insinuato nella mente di Romero, nuovi interrogativi.
"Grazie per il sandwich" lo ringraziò la Moretti, dirigendosi verso la porta.
Stava per uscire dalla cucina, con l'intenzione di andare a trascorrere una notte insonne nella propria camera da letto quando, la roca voce di Javier attirò la sua attenzione, obbligandola a fermarsi sull'uscio della porta.
"Inizio a capire come mai, mio fratello, è così interessato a te" confessò, puntando i suoi grandi occhi scuri sulla ragazzina. La quale, nel frattempo, si era voltata a guardarlo. "Sei come un rompicapo. Interessante e snervante al tempo stesso. E sai... Non vedo l'ora di vedere Ruben risolvere il rompicapo che sei"
Ozieri, Italia
Il sole era sorto oramai da un paio di ore nella città sarda, e Andrea Rossi attendeva, con una pazienza che non gli apparteneva affatto, che quel coglione di Pinna, capo di un noto cartello della Sardegna, riprendesse, anche solo in parte, i sensi.
Quanto era accaduto, la sera prima, al deposito di Pinna, aveva costretto Rossi a rivedere alcuni punti del suo piano. Viper era stato ferito alla spalla e, fortunatamente, tra una bestemmia e l'altra da parte di quest'ultimo, il capo dei Sons of Silence era stato in grado di estrarre la pallottola dalla carne del riccio, ricucendo la ferita come meglio poteva.
"Hai intenzione di svegliarlo, oppure lo lascerai dormire ancora per molto?" domandò Viper, mentre si passava la mano destra tra i suoi indomabili ricci.
"Scusami tanto se, fino a poche ore fa, ho trascorso il mio tempo a far dietro a te!" controbattè Rossi, guardando in cagnesco l'ex membro dei Sons of Silence.
"Sai che giorno è oggi, Andrea?" chiese l'altro, sollevandosi dalla malandata seggiola nella quale era seduto, "Lo sai oppure no?"
"Certo che lo so!" esclamò Rossi alzando, di qualche nota, il timbro della sua voce. "Per chi diavolo mi hai preso?!"
"Lo dobbiamo fare oggi" sentenziò l'uomo dagli indomabili ricci, avanzando prepotentemente verso l'inerme e, priva di sensi, figura di Pinna. "Svegliati, grandissima testa di cazzo!" quasi urlò colpendo, a mano aperta, la guancia del loro prigioniero.
A schiaffo ricevuto, gli occhi scuri di Giovanni si spalancarono, ed un lamento in mormorio fuoriuscì dalle sue labbra spaccate. Non appena le sue iridi misero a fuoco l'ambiente circostante, riconoscendo all'istante Andrea Rossi, Pinna cercò di muovere le proprie braccia e gambe, desideroso di andarsene da lì quanto prima. Ma, non appena tentò di muovere i suoi arti, si rese conto che sia le braccia, che le gambe, erano ben ancorate da delle catene alla sedia nella quale era seduto.
"Ma buongiorno principessa. Hai dormito bene?" lo sfotté Viper, attirando così su sé stesso l'attenzione di Giovanni.
"E tu chi saresti?" chiese Pinna, strattonando le catene che gli segnavano i polsi. "Sei forse il cane di Andrea?"
"Per te sono il signor Rossi, lurido bastardo" sibilò il capo dei Sons of Silence, raggiungendo un piccolo tavolino posto contro la sporca parete. "Ora ti faremo delle semplici domande, alle quali tu dovrai rispondere in modo sincero" proseguì il suo discorso l'uomo brizzolato mentre tirava fuori, da un borsone, alcuni attrezzi. "E credimi. Capiremo all'istante se, le parole che ci dirai, saranno sincere oppure no" concluse, voltandosi.
Stretta tra le sue grandi mani vi era una piccola borsa in cuoio contenente delle pinze di varie misure.
"Un uccellino ci ha riferito che, quanto è accaduto alla mia famiglia, esattamente un anno fa, sia opera tua. A quanto pare sei uno dei vari leccapiedi al servizio dei Dodici. Me lo confermi?" domandò Rossi, recuperando una piccola pinzetta. Che, rapidamente, passò a Viper.
Giovanni si raddrizzò sulla sedia, poggiando la schiena sul legno di quella seggiola malconcia. Assumendo, in quel modo, una postura più composta. Guardò dritto negli occhi chiari di Andrea, rimanendo in totale silenzio.
Davanti a quella taciturnità da parte del suo prigioniero, con un semplice cenno della testa, il capo dei Sons of Silence autorizzò Viper ad agire. Il quale, con estrema calma, si avvicinò a Pinna. Si chinò leggermente verso la sua vittima, obbligandolo a tenere ben aperta la mano sinistra.
"Ora vediamo quanto è alta la tua soglia del dolore" ghignò e, dopo avergli sorriso in modo quasi sadico, aprì leggermente la pinza, afferrando l'unghia del dito medio di Pinna.
Guardando dritto negli occhi Giovanni, con forza Viper tirò a sé la pinza, togliendo per intero l'unghia.
Scosse di dolore attraversarono il corpo già in parte martoriato di Pinna, obbligandolo a mordersi la lingua per trattenere un urlo di dolore.
Solo alla quarta unghia tolta, e ad una falange mozzata, il prigioniero di Rossi decise di parlare. Ma, quello che a breve avrebbe confessato, sicuramente avrebbe confuso i presenti. Obbligandogli a mettere in dubbio tutto quello che, fino a quel preciso istante, erano certi di sapere.
"Va bene, va bene. Vi dirò tutto quello che so" mormorò in un lamento Giovanni, osservando la lama del coltello che, proprio qualche secondo prima, Viper gli aveva conficcato nella coscia destra. Per alcuni secondi rimase in silenzio, respirando a pieni polmoni quanta più aria possibile. Schiuse poi le sue sporche e spaccate labbra, borbottando un "La tua mente sta giocando coi tuoi ricordi, Rossi"
Ci furono dei lunghi ed interminabili attimi di totale silenzio. Sia Andrea, sia Viper, stavano cercando di dare un senso logico a quanto, Pinna, avesse appena detto.
"Se non ti vuoi ritrovare ad avere la mano mozzata" prese a parlare Viper, cominciando a stringere, con molta cattiveria, la propria mano sulla gola di Giovanni. Più aumentava la stretta, più il volto di Pinna si faceva man mano paonazzo. "Ti conviene parlare per bene. Evitando di fare giochini"
Vari colpi di tosse abbandonarono la gola dell'uomo dagli occhi scuri, non appena il riccio allentò la presa sul collo della sua vittima.
"Perché i tuoi nipoti sono morti?" domandò Giovanni, beccandosi una trucidata da parte di entrambi i suoi aguzzini.
"Per un vostro errore. Volevate uccidere Samantha ma, nella sua auto, alla fine sono saliti Shannon e Tyler" parlò Rossi, incrociando le braccia al petto.
"Vedi, che ti dicevo?" una piccola risatina fuoriuscì dalla bocca di Pinna. "La tua testa ti sta facendo ricordare, in modo differente, quanto è realmente accaduto" aggiunse, beccandosi successivamente uno schiaffo da parte di Viper. Il quale lo incitò ad essere conciso nel suo discorso. "Noi non abbiamo mai voluto la morte di Samantha" confessò, sputando ai propri piedi un mix di saliva e sangue. "I Dodici la vogliono"
"E con questo cosa cazzo vuoi dire?" chiese Viper, guardandolo di traverso.
"La vogliono. E non come semplice affiliato, bensì come membro effettivo dei Dodici" confessò Giovanni. "Mi hanno ordinato di far sabotare la macchina di Shannon, così da costringerlo a portarla dal meccanico ed indurlo ad usare l'auto di Samantha. Nella quale ho fatto piazzare la bomba"
Man mano che Pinna parlava, gli occhi chiari del capo dei Sons of Silence si sgranavano sempre di più. E, purtroppo, tutti i frammenti di ricordi di quel maledetto giorno... Tutto ciò che era certo di ricordare del 3 Luglio di un anno prima, cominciarono man mano a sgretolarsi.
Ed il ricordo che sì, l'auto di Shannon era effettivamente guasta, in quel periodo, si fece sempre più nitida nella sua testa.
"Perché, eh? Dimmi il perché!" tuonò in preda alla rabbia Rossi. Questa volta fu lui ad avventarsi sulla gola del suo prigioniero, ed a fare man mano sempre più pressione con le sue grandi e forti mani. "Posso comprendere... Anzi no, non ci riesco... Avete ucciso un ragazzo di ventisei anni, il quale non aveva nulla a che fare con la mia organizzazione. Ma ok, nel nostro mondo può capitare di far fuori un ragazzo ma... Tyler... Aveva appena compiuto un anno quando ce lo avete portato via" La morsa sulla gola di Giovanni si faceva sempre più asfissiante. "Come cazzo avete potuto prendervela con un bambino?"
Viper, nel vedere come, il suo ex capo si stesse lasciando trasportare dalle emozioni, decise di intervenire. Poggiò una mano sulla spalla di Andrea, richiamando su di sé la sua attenzione.
"Lascialo, Andrea"
"Gli ordini erano chiari. Si dovevano eliminare tutti i membri più stretti della sua famiglia, così da invogliarla a lasciare i Sons of Silence. Dato che, fino a quel giorno, il vostro clan non aveva fatto altro che portare morte nella sua vita. Ma, purtroppo, nonostante tutto il dolore che il tuo clan le sta infliggendo, ti è ancora fedele"
"Fedele?" Il tono di voce di Andrea era incline allo stupito. "Non è affatto una questione di fedeltà, ma si tratta di famiglia. Se i Dodici la vogliono, devono prima passare sul mio cadavere, su quello dei miei figli e su quello di Viper" affermò, gettando in faccia a Pinna un grumo della propria saliva. "Fai di lui quello che vuoi" disse, rivolgendosi all'ex membro del suo clan. "Devo fare una chiamata"
In tutta fretta, Andrea Rossi lasciò quella squallida stanza, permettendo a Viper di divertirsi quanto voleva con Giovanni, prima di spedirlo al creatore. Velocemente, salì le strette scale che conducevano verso l'esterno e, solo quando fu certo di essere completamente da solo, recuperò dalla tasca dei suoi jeans il proprio cellulare.
Rapidamente sbloccò quell'apparecchio elettronico, entrando nella rubrica. Scorse i vari contatti, fermandosi non appena giunse al numero di telefono appartenente a suo nipote Nathan. Fece partire la chiamata, portandosi subito il cellulare all'orecchio destro. Rimase in attesa di qualche squillo, poi la voce di Bailey risuonò alle sue orecchie.
"Che succede, zio?" domandò Nate, non appena accettò la chiamata da parte di Rossi. Ma nessuna parola lasciò la bocca di Andrea. Il suo cervello stava ancora cercando di metabolizzare quanto aveva appena appreso. "Zio? Ci sei?"
"Nathan" pronunciò il suo nome l'uomo brizzolato, passandosi la mano sinistra sul viso, cercando di riprendersi. "Sei già a San Juan oppure sei a New York?" chiese, con voce insicura.
"Sono ancora a New York" rispose il moro dall'altra parte della linea. "Devo sistemare delle questioni importanti, prima di partire per Portorico" spiegò, riferendosi ad Anna. "Che succede, zio?" domandò, percependo nuovamente uno strano silenzio da parte dell'uomo. "Non è da te essere così taciturno" gli fece notare.
"Abbiamo sempre creduto il falso, Nate" mormorò Rossi con un filo di voce.
"E con questo cosa vuoi dire?" replicò Bailey. Ed il timbro della sua voce cominciò leggermente ad allarmarsi.
"E' da un anno che siamo convinti che, il vero obbiettivo dei Dodici, fosse l'uccisione di Samantha, ma non è affatto così" disse con la voce che si faceva sempre più bassa ed insicura. "Hanno ucciso Shannon e Tyler solo perché vogliono Samantha come membro dei Dodici. Pensavano che, con la loro morte, la nostra Semmi abbandonasse i Sons of Silence per seguire loro"
A quella confessione, seguirono svariati secondi di totale silenzio da parte di entrambi. Andrea ancora non riusciva a credere a quanto aveva appena scoperto assieme a Viper. Nathan, d'altro canto, stava metabolizzando le informazioni che, suo zio, gli aveva appena fornito. Ed un mix di rabbia e sgomento, per quanto stava apprendendo, presero a radicarsi nelle sue viscere, facendolo arrabbiare.
"Ne sei proprio sicuro?" chiese allora Bailey, ricevendosi una risposta affermativa da parte di Rossi. "Quindi è questo ciò che vuoi che riferisca a Semmi? Che non volevano la sua morte, bensì quella della sua famiglia?" Ennesima risposta affermativa da parte del maggiore dei due. "Questo la distruggerà. Lo sai, vero?"
"Deve saperlo, Nate" rispose Andrea, tornando sicuro di sé. "Ah un'ultima cosa" aggiunse. "Dalle l'informazione e torna a New York. Non portarla via con te"
"E dovrei lasciarla nelle mani di quei maiali?" Il timbro di voce di Bailey prese ad alterarsi.
"Attualmente San Juan... I Siervos del Diablo sono una sicurezza per lei" spiegò, ricevendosi un ok da parte di suo nipote. "Grazie, Nathan" lo ringraziò. "Tua madre sarebbe fiera di te"
"Fiera?" Trattenne una piccola ed amara risata. "Sarebbe fiera di avere un figlio che è uno spietato criminale?"
"La promessa, Nate" gli ricordò suo zio. "Stai mantenendo la promessa che le hai fatto tanti anni fa"
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SPAZIO AUTRICE:
Lo so, avevo detto che doveva esserci il pezzo dell'intro, ma sarebbe venuto fuori un capitolo troppo lungo. E mi sono ripromessa di farli più corti. E già così è lungo😅
Ruben e Samantha saranno sul prossimo capitolo😏
Finalmente abbiamo saputo la verità sulla morte di Shannon e Tyler. Quante di voi si aspettavano una cosa del genere?
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