ᴄᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 3

"𝙩𝙞 𝙖𝙢𝙤"

Un vecchio vinile di Frank Sinatra girava sul giradischi da una decina di minuti divenendo la colonna sonora di un film mai scritto.
Se ne stava davanti alla vetrata con addosso soltanto un asciugamano avvolto attorno alla vita e i capelli ancora bagnati, non si era preoccupato neanche di asciugarsi dopo la doccia.
Con un bicchiere di ottimo brandy nella mano destra, mentre quella libera volteggiava nell'aria seguendo la melodia, osservava la città svegliarsi.
Viveva nel quartiere di Broklyn da tutta la vita e conosceva ogni strada, ogni angolo più nascosto della Grande Mela.
La città che aveva affascinato tutto il mondo però non gli faceva più alcun effetto, non lo lasciava senza parole come quando da bambino guardava gli alti palazzi. Si alzava ogni mattina e pensava che ormai quella non era più casa sua, che lui apparteneva ad un altro posto.
Appoggiò il bicchiere quando sentì dei passi leggeri avvicinarsi, ma non si degnò di voltarsi troppo concentrato su qualcosa che andava ben oltre quel momento.
Due braccia lo avvolsero da dietro, ma lui non ebbe alcuna reazione.
-Io devo andare, ci vediamo allora.-
Annuì senza proferire parola, dopotutto era sempre stato molto silenzioso quando una cosa o un argomento non era di suo interesse.
La ragazza gli lasciò un bacio sulla nuca e poi uscì dalla stanza senza aggiungere altro. L'ennesima conquista di cui non ricordava neppure il nome, la semplice avventura di una notte che più avrebbe rivisto, la solita storia da quando era tornato a New York.
Robert continuava a fissare fuori, il vinile non emetteva più alcun suono e i suoi occhi erano vuoti.
Gli mancava Margot, da quando l'aveva vista con Tim Chase tre giorni prima non aveva fatto altro che pensare a lei tra le braccia di un altro uomo e la sua gelosia era aumentata a dismisura. La voleva, la desiderava più di ogni altra cosa, avrebbe rinunciato a tutto pur di tornare con la sua piccola.
Aveva però agito in modo infantile come al suo solito, andando con la prima che capitava come per ripicca, ma tanto lei non lo avrebbe saputo, tanto a lei non importava.
Indurì la mascella e si avvicinò al tavolino. Alzò il braccio del giradischi e, dopo aver riposto il vinile in modo ordinato nella libreria, prese il cellulare che aveva lasciato sul comodino.
-Ciao Tommy. Ascolta ho bisogno di un favore, ti pagherò bene.-
Sorrise appena il ragazzo gli disse che lo avrebbe aiutato senza problemi. Robert lo aveva tirato fuori dai guai più volte e il giovane era in costante debito con lui.
-Devi trovarmi tutto quello che sai su Margot Coulson: dove abita, dove lavora e soprattutto con chi cazzo sta.-

Margot aveva passato la mattina a parlare con alcuni clienti che facevano parte della class action.
Era andata da sola siccome Tim aveva altro da fare e non le era dispiaciuto conoscere personalmente chi avrebbe rappresentato. Erano stati tutti molto gentili, non era così facile trovare clienti inclini ad ascoltarti al cento per cento in queste situazioni, ma era stata molto fortunata.
Stava sorseggiando un caffè mentre tornava a casa, erano passate da poco le due e il capo le aveva lasciato il pomeriggio libero per premiarla del grande lavoro che stava facendo. Era fiera del suo operato alla Caplan&Specter e a quanto pare anche i suoi superiori erano della stessa idea.
Assottigliò lo sguardo quando scorse da lontano un uomo seduto davanti alla porta del palazzo dove vi era il suo appartamento.
Più si avvicinava più la figura dello sconosciuto si andava a definire meglio e non ci mise molto a capire che era Downey.
Alzò gli occhi al cielo quando raggiunse l'entrata e lui la guardò con quello sguardo appositamente studiato per farla intenerire, ma non voleva cascarci quella volta. Aprì la porta ignorandolo totalmente, ma quando stava per richiuderla l'avvocato la seguì.
-Smith? Thomas Smith! Davvero? Mi hai rimpiazzato con quel poppante?-
Continuò a camminare mentre saliva le scale seguita da lui.
Avrebbe tanto voluto girarsi e tirargli un'altro schiaffo talmente forte da girargli la faccia, ma una parte di lei era in realtà contenta di vederlo e Margot non riusciva a reprimerla.
Giunta davanti al suo appartamento si voltò verso l'uomo e lo fissò negli occhi con sguardo truce.
-Hai fatto i compiti Downey? Non sei proprio capace di farti gli affari tuoi vero?-
Scosse la testa e sbuffò sonoramente mentre lui la fissava senza aprire bocca sorpreso da quella sua reazione improvvisa.
-Ti credevo migliore di così. Non hai alcun diritto di giudicarmi dopo quello che mi hai fatto.-
Gli puntò un dito contro. Voleva sembrare forte e dargli l'impressione che non le facesse alcun effetto vederlo, eppure sapeva bene il potere che aveva su di lei, lo sapevano entrambi.
Robert si tolse gli occhiali da sole e le prese una mano, ma lei immediatamente cercò di liberarsi dalla sua presa costringendolo a stringere un po' di più. Era troppo forte, non potevano di certo competere in quel campo.
-Ti supplico Maggie. Mi manchi, non posso stare senza di te. Non capisci che non avevo scelta?-
Margot aveva imparato a capire quando Robert mentiva, ma non era quella l'occasione.
Si trovava davanti ad un bivio e scegliere stava diventando sempre più complicato. Il suo cervello le diceva di non dargli retta, che l'avrebbe ferita ancora, ma il suo cuore impazziva in sua presenza.
Decise di entrare in casa e lasciarlo perdere. Aveva bisogno di riflettere da sola e soprattutto di stargli lontana.
Inserì la chiave nella serratura dando le spalle all'uomo che se ne stava con la testa bassa. Era combattuto, c'erano tante cose che avrebbe voluto dirle, ma non era il tipo che esternava i suoi  sentimenti con tale facilità e ciò che le aveva detto era stato davvero difficile.
Margot stava per chiudere la porta,così Robert capì che quella era la sua occasione per cambiare tutto e non poteva farsela sfuggire.
-Io ti amo Maggie.-
La ragazza sgranò gli occhi stupita. Robert aveva gli occhi lucidi e in balia di troppe emozioni, come il temporale che aveva preso possesso della città la settimana precedente.
La vide scoppiare a piangere, le lacrime le solcavano il viso senza ritegno proprio come quella volta che le aveva detto che sarebbe tornato a New York.
Di tutto si sarebbe aspettato, ma mai un reazione del genere, e sentì l'improvvisa voglia di stringerla tra le sue braccia e coccolarla tutta la notte. Si avvicinò ma lei lo respinse ancora.
-Non avevi il diritto di dirmelo. Perché devi sempre complicare le cose? Sei uno stronzo.-
Gli chiuse la porta in faccia e scappò in camera sua.
Downey rimase immobile a fissare la maniglia notando che lei non aveva chiuso a chiave, forse presa dalla foga del momento. Sarebbe potuto entrare oppure avrebbe dovuto lasciarla in pace e andarsene.

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