ᴄᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 14
"𝙛𝙪𝙩𝙪𝙧𝙤"
Erano passati quasi cinque anni da quando, per la prima volta, si era seduta in tribunale accanto a Robert.
Erano di nuovo dalla stessa parte quel giorno, con un nuovo caso e tanta voglia di vincere.
L'avvocato della controparte era visibilmente agitato ogni volta che Downey si alzava da quella sedia e il giudice sembrava già in procinto di sospendere la seduta per non dover più vedere quel tizio sudare sette camice.
Margot aveva fatto un paio di interrogatori e neanche per un istante aveva avuto quel timore di non farcela, vedere il suo uomo così pacato le dava sicurezza e accanto a lui si sentiva sempre invincibile.
Gli lanciò un'occhiata quando lo vide tornare al posto con il suo solito sorrisetto strafottente e lui ricambiò subito.
Mentre l'accusa stava facendo il contro interrogatorio, con non poche difficoltà, l'uomo fece scivolare lentamente la sua mano sulla coscia della ragazza lasciata scoperta dal vestito che indossava. Le sfiorò la pelle con le nocche senza alcuna malizia e poi le strinse la piccola mano per farle capire che ormai avevano finito.
Le cose stavano procedendo bene tra loro due: Margot stava da Robert già da tre giorni, siccome non aveva altro posto dove stare, e probabilmente la cosa sarebbe diventata permanente. Lui la trattava come una regina, si era promesso che avrebbe ricevuto tutto quello che non aveva potuto darle a Chicago e ogni giorno la sorprendeva, anche con piccoli gesti.
Si erano messi d'accordo che appena sarebbero usciti dal tribunale quel pomeriggio si sarebbero recati a Central Park per passeggiare come una coppietta di giovani innamorati mangiando un gelato, con l'obiettivo di parlare del loro futuro.
Non volevano programmare nulla in realtà, ma semplicemente volevano entrambi capire fino a che punto ciascuno era disposto a spingersi per far funzionare quella relazione. Le difficoltà non mancavano di certo e l'età era il male minore. Ma Robert voleva davvero stare con lei, lo desiderava più di ogni cosa.
Amava svegliarsi con lei accanto e stringerla tra le braccia, prepararle la colazione e vederla tutta assonnata scendere le scale, sentirla ridere ad una sua battuta stupida o vederla reggergli il gioco quando la provocava.
Quando il martelletto eccheggiò nell'aula, segno della fine di quella giornata lavorativa, Robert si ricompose lasciando scemare quei pensieri. Forse avrebbe dovuto dirle questo, ma probabilmente lei lo sapeva già.
Si alzarano contemporaneamente e si avviarono verso l'uscita.
L'uomo decise di azzardare e la prese sottobraccio stringendola a sé mentre con un cenno del capo salutava i colleghi sorpresi di vederlo così affiatato con qualcuno. Non passavano di certo inosservati, ma a nessuno dei due pareva importare più di tanto la cosa.
Era fiero di poter camminare accanto a lei o di poterle stringere la mano senza aver il timore di essere scoperti. A Chicago erano costretti a nascondersi anche solo per scambiare due chiacchiere. Non era di certo visto di buon occhio che una studentessa di poco più di vent'anni fosse così in simpatia con un professore che poteva perfettamente essere suo padre. In più non uno qualunque, ma quello nuovo, che veniva da un'altra città e che aveva la fama di non essere proprio un santarellino.
Le cose stavano cambiando in meglio e non c'era nulla che potesse farlo sentire meglio. Sperava tanto che anche lei provasse tutto ciò che lui sentiva quando le stava accanto e che non fosse solo un gioco, ma anche se si faceva le paranoie come al suo solito, in cuor suo sapeva che il legame che li legava era indistruttibile.
Raggiunta la macchina Robert lasciò da parte i pensieri e aprì la portiera alla ragazza che sorrise mentre le sue guance si tingevano leggermente di rosso. Era ormai abituata a quei suoi semplici gesti, ma era proprio la loro semplicità che li rendeva speciali.
-Smettila scemo!-
Robert scoppiò a ridere nuovamente quando Margot si scansò da lui con uno sguardo truce.
Da quando erano entrati nel parco continuava a farle il solletico sapendo bene quanto lei lo odiasse, ma dopotutto era un bambino troppo cresciuto.
-Dai vieni qui, non lo faccio più.-
Le disse con quegli occhioni da cane bastonato che lei tanto adorava, ma quella volta la ragazza non si fece impietosire.
Scosse la testa mettendosi a debita distanza da lui ed incrociò le braccia sotto al seno.
-Non ci casco.-
Esclamò imbronciata facendolo sorridere di rimando.
Adorava stuzzicarla in quel modo per poi vederla tutta arrabbiata, aveva poi la scusa per coccolarla e farsi perdonare.
Si sedette su una panchina a braccia conserte e iniziò a fissarla con aria di sfida. Lei non sembrava prossima a sedersi accanto a lui, ma lui d'altro canto non pareva dell'intenzione di alzarsi da lì.
-Dai Rob! Lo sai che odio il solletico.-
Le fece cenno di avvicinarsi e poi mise le mani dietro alla nuca.
-Giuro che ho smesso, faccio il bravo. Ora vieni qui così parliamo un po'.-
Margot, un po' titubante, si avvicinò e si sedette abbastanza lontana da lui così da poter scappare in caso avesse cercato di farle nuovamente il sollet. Robert scosse la testa divertito e poi le si avvicinò mettendole un braccio attorno alle spalle per sentirla più vicina al suo corpo.
Era arrivato il momento di parlare seriamente e di capire cosa entrambi volevano davvero.
La guardò per un istante mentre lei gli accarezzava distrattamente il petto e pensò che per il resto della sua vita non avrebbe voluto nessun altro accanto se non Margot.
-Io voglio stare con te piccola, ti amo lo sai, ma non so cosa vuoi tu.-
Le disse prendendola dolcemente dal mento per farsi guardare. Margot sbatté un paio di volte gli occhi e allungò una mano verso il volto di Robert per accarezzargli con dolcezza una guancia sbarbata.
L'uomo sorrise evidenziando le rughe di espressione e lei ricambiò strofinando il naso contro quello di lui lasciandogli poi un bacio a stampo su quelle labbra carnose.
Aveva già ricevuto la sua risposta, ma gli occhi di lui sembravano bramarla a voce, sentire quelle parole uscire dalla bocca della sua piccola.
-Ti amo anch'io.-
Sussurrò un istante dopo alzando lo sguardo.
-Amo il tuo sorriso, il tuo nasino perfetto, i tuoi occhi scuri, le tue mani grandi, le tue braccia che mi fanno sentire protetta. Amo ogni tuo modo di fare, sia quando fai lo stronzo arrogante, sia quando sei dolce e premuroso.-
Era sempre stata timida, con difficoltà diceva tutto ciò che provava, e da questo punto di vista assomigliava molto a Robert.
Lui la ascoltava in silenzio mentre la giovane elencava nei minimi dettagli ogni cosa, anche quelle più insignificanti.
-Ma soprattutto ti amo perchè sei sempre te stesso e non cerchi mai di cambiare per gli altri. Certo che voglio stare con te, forse non sarà una passeggiata conoscendo i tuoi mille difetti, ma anch'io non sono perfetta.-
Gli disse con un sorrisetto poco accennato e senza avere il tempo di aggiungere altro si ritrovò le labbra di Robert sulle proprie. La lingua dell'uomo iniziò a intrecciarsi con la sua iniziando a farla danzare in modo elegante, non c'era alcuna fretta nei suoi movimenti, solo il desiderio di sentire i loro corpi di nuovo vicini. Se fossero stati a casa sicuramente non si sarebbe limitato a questo, ma si accontentò di prenderla in braccio ignorando il chiacchiericcio dei passanti.
Quando stava con lei non gli importava di nient'altro, contavano solo loro due e il resto era superfluo.
Si staccarono per riprendere fiato e lei si risedette accanto all'uomo appoggiando la testa sulla sua spalla mentre lentamente le loro mani si intrecciavano.
-Per qualsiasi cosa, ricorda: io sono qui. Io sarò sempre qui per te.-
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