Capitolo 14: Sogni premonitori

Fu varcando la soglia del Dreamjolt Holstery che Eden sospirò, percependone la piacevole familiarità accompagnata dalla musica jazz in sottofondo che contribuiva a conferire al luogo la calorosa atmosfera a cui era tanto affezionata.

“Oh, clienti? Mi spiace, siamo in orario di chiusura…” Udì la voce della barista, Siobhan, impegnata a spolverare bicchieri come di consueto. “...Eden?”

Qualsiasi movimento cessò di fronte ad una ballerina alquanto estenuata. Prese posto al bancone con un flebile movimento delle ali, nonché ulteriore indizio del suo stato abbattuto. “Mi spiace per essere svanita così di punto in bianco, sorellona. Ti sono mancata?”

Siobhan batté le ciglia una volta, susseguita da una seconda, prima che la sua espressione si tramutò in acerba. “Mancata? Mi hai quasi fatto prendere un colpo, che sia ben chiaro!”

La barista haloviana ripose i vari bicchieri ed utensili con un clangore, poggiando i palmi delle mani sulla superficie in mogano come per enfatizzare la propria frustrazione. “Hai idea di come mi sia sentita nelle ultime ore? Sì, dopo che i clienti mi hanno messo al corrente del tuo stato. E per giunta hai ignorato i miei messaggi e le mie chiamate!”

La Dreamjolt Troupe solita a gironzolare per il bar volse un'occhiata incuriosita verso le due giovani donne, altri invece sobbalzarono a causa della quasi palpabile irritazione dietro ogni parola.

Perfino Eden s'irrigidì, ed un silenzio a dir poco asfissiante aleggiò tra loro. Fu allora che la realizzazione giunse poco a poco nella mente della barista, la quale si schiarì la gola. “Perdonami, non era mia intenzione quella di alzare i toni. So perfettamente che sei una donna in gamba e in grado di badare a te stessa.”

Un sorriso malinconico cominciò ad assumere una forma sui delicati lineamenti dell'albina. “Ne sono consapevole. Non ce n'è alcun bisogno... Semmai quella che deve porgere scuse sono io.”

Siobhan inarcò il sopracciglio, interdetta da una simile affermazione. “Ormai quel che è fatto è fatto. Vorrei solo essere aggiornata su quanto accaduto… sì, beh, l’ultima volta che hai visitato il bar andavi piuttosto di fretta. E adesso, sento vociferare di una ballerina della Famiglia Iris avvistata in condizioni allarmanti.”

Lo sguardo di Eden fu concentrato su tutt’altro che l’immagine perplessa della sua interlocutrice, allacciando le dita l’una con l’altra sul suo grembo. “Ah, ero semplicemente un po’ indisposta, tutto qui. Davvero, sono profondamente mortificata.”

La barista emise l'ennesimo sospiro esasperato, massaggiandosi lo spazio tra le sopracciglia. “Ti conosco da una vita ormai, e so che non si tratta semplicemente di 'essere indisposta'. Allora, spara. Dovrei credere che ciò non abbia niente a che vedere con quel… Friday? Saturday? Insomma, quel giovane Bronze Melodia.”

Al solo sentir nominare ‘Bronze Melodia’, il cuore di Eden cominciò a battere all'impazzata a tal punto da pervaderle l'udito. Poggiò inconsciamente una mano al petto, come per comandarlo di placarsi, ma il sentimento che aveva scaturito una tale reazione era più forte di lei.

Sin dalla tenera età le era stato inculcato di mettere da parte le proprie emozioni, generando un'invisibile maschera che celasse il suo reale stato d'animo. Una facciata che, nonostante ciò, vacillò poco a poco di fronte a quel momento di debolezza.

Siobhan sembrò cogliere quel piccolo ma fondamentale dettaglio mentre si apprestò a versarle il medesimo drink nell'apposito bicchiere, decidendo di insistere sulla questione. “Capisco… Avrei dovuto immaginarlo. Non ti avrà mica fatto il lavaggio del cervello, spero.”

La ballerina sospirò, stabilendo finalmente che fosse giunto il momento di essere schietta. “Posso assicurarti che è lontano dalla verità, Sio. Ma ti prego di non rivelare a nessuno ciò che sto per riferirti... incluso il signor Gallagher.”

Siobhan fischiò, anch'ella concedendosi un drink prima di appoggiarsi al bancone, agitandone il contenuto languidamente. “Perbacco, l'hai fatta grossa, huh? Non posso affermare di non essere sorpresa, ma hai la mia parola. Suvvia, ti ascolto.”

Fu con un cenno grato che accettò la bevanda che le venne simultaneamente offerta, osservandone il liquido mulinante prima di scuoterne il vetro che lo conteneva con sguardo pressoché assente.

Ma anziché sorseggiare, prese un profondo respiro, raccogliendo qualsiasi rimasuglio di energia rimasto in ogni fibra del suo corpo. “Ho avuto l'ennesimo incubo, e sono giunta a una conclusione: tutti sembrano collegarsi al Gran Teatro di Penacony.”

“Il… Gran Teatro di Penacony?” La barista sollevò un sopracciglio inquisitivo. “Dunque è questa la ragione per la quale hai sviluppato una strana tendenza a volatlizzarti nel nulla? Ebbene, cosa ci facevi lì? Pensavo che l'accesso a quel luogo fosse stato proibito dalla Famiglia Oak—”

“Ho l'autorizzazione della Famiglia Oak e l'appoggio della Famiglia Iris,” Eden intervenne prontamente, avendo percepito il tono sospettoso dell'altra. “Mi è stato chiesto di prendere parte del Festival Charmony, e ho libero accesso al teatro per svolgere i preparativi necessari.”

Effettivamente, la Famiglia aveva temporaneamente bandito l'accesso a tutti coloro non facenti parte di essa, più precisamente non membri della Famiglia Iris, a cui Eden apparteneva. Tale fu motivo per il quale non fu minimamente preoccupata nel menzionare il luogo in cui era solita a incontrarsi con Sunday per i loro momenti di danza, poiché Siobhan non avrebbe avuto modo di accedervi da ex membro.

“Davvero, ma è magnifico—aspetta, come prego!?” Gli occhi della barista si sgranarono, digerendo quell'informazione. “Vuoi dire quel Festival Charmony? E sei stata selezionata per danzare in onore di Xipe l'Armonia in questa Amber Era?"

“Shh, shh!” La ballerina esclamò con tono a malapena udibile. “Esattamente, ma non è questo il punto. Comincio a pensare che si trattino di sogni premonitori… Inoltre, c'è qualcosa in quel teatro che continua chiamarmi—una voce, forse di una marionetta. In quel momento ho percepito un forte timore, ma il signor Sunday è arrivato in mio soccorso con i poteri dell'Armonia.”

Siobhan, quasi in procinto di lasciarsi sfuggire il proprio drink, commentò. “Quindi mi stai dicendo che il signor Sunday è riuscito a risvegliarti? Dev'essere un uomo davvero potente, allora. Non mi stupisce che verrà eletto da molti per diventare il prossimo Capo della Famiglia.”

Con un cenno affermativo, Eden strinse il bicchiere e socchiuse le palpebre. Parte di lei si sentì in colpa per lasciare Siobhan all’oscuro di tutto, raccontandole soltanto parte della verità, ma come la più rinomata ballerina di Penacony e il Bronze Melodia della Famiglia Oak, ritenne opportuno che le loro vicende rimanessero un segreto da orecchie indiscrete.

La barista, percependo lo stato d'umore tutt'ora ancora scosso della ballerina, scosse il capo. “Senti, Eden, capisco perfettamente come ti senti. Non abbiamo esattamente una bella impressione sulla Famiglia, come loro non ne hanno una di noi. Ma una cosa è certa: puoi ingannare chiunque dietro a quella facciata da bambola e i graziosi fiocchi, ma non me."

Ci fu una breve ma intensa pausa, nella quale una Eden sbalordita batté le palpebre con malcelato smarrimento. "Quel che voglio dire è che... nonostante tutto, capisco il tuo rapporto con quel Bronze Melodia. Non è la prima volta che si offre per aiutarti, com'è giusto che faccia un buon prete—potrebbe addirittura trattarsi della chiave per venire affondo a questa storia dei sogni. Ma come tua sorellastra, ti chiedo soltanto di... fare attenzione."

Momenti di puro, agonizzante silenzio susseguirono tali parole, e lo sguardo ametista dell'albina sgranò all'implicazione che si celava dietro. Agli occhi di Siobhan, era come un libro aperto, avendo senz'altro colto il reale conflitto che tanto la affligeva e come fosse perfettamente conscia di quanto fosse sbagliato.

Ingoiando le proprie emozioni come era solita a fare, Eden le sfoggiò un sorriso rassicurante. "Puoi starne certa, Sio. Hai la mia parola."

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