𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝐭𝐫𝐞𝐧𝐭𝐚𝐜𝐢𝐧𝐪𝐮𝐞𝐬𝐢𝐦𝐨

Seonghwa stava seduto su quelle sedia da ormai parecchie ore, era sera a quel punto e il sonno stava iniziando a farsi sentire, ma riposare lì non era nelle opzioni e neanche lasciare quel posto, per cui si disse che avrebbe dovuto resistere. Non aveva idea di quanto tempo ci avrebbe impiegato l'altro, magari era una cosa che sarebbe durata giorni, forse neanche lui sapeva quanto tempo lo avrebbero tenuto lì, ma si aspettava che per lo meno si ricordasse che lui lo stava aspettando e tornasse per dirgli come stavano le cose. Però, il tempo passava e del biondo non ce n'era alcuna traccia, le persone continuavano a passare lanciandogli occhiate e sguardi in cui si riuscivano a leggere numerose domande riguardo la sua identità o il perchè un tipo come lui fosse lì. Si sentiva fuori luogo per giunta, in un ambiente così pulito e chiaro, lui che era vestito di nero e completamente appiccicato dal sudore con dei vestiti che non cambiava da giorni. Non si sorprendeva del fatto che le persone passando lo guardassero male o ne stessero alla larga, sembrava la pecora nera in un gregge di quelle bianche e la cosa peggiore era che non poteva farci niente. 

Si chiese come facessero così tante persone a vivere in quel posto, o erano sempre le stesse che facevano avanti e indietro? Era stanco, era probabile che la mente gli stesse giocando qualche brutto scherzo, in effetti stando vicino all'entrata vedeva molte persone uscire e quasi nessuno rientrare, era sera e forse stavano rincasando per la notte, che il grigio non aveva idea di dove passassero, ma restavano comunque molte persone lì dentro, alcuni passavano con dei fogli correndo oppure altri tranquillamente con un caffè in mano che probabilmente gli sarebbe servito per rimanere svegli ancora diverse ore. Seonghwa si perse a pensare ad Hongjoong, a come quel ragazzo fosse riuscito a cambiarlo in così poco tempo senza fare letteralmente niente, era passato dall'essere la persona più scontrosa del mondo quando parlava con lui ad essere la persona più dolce che lui stesso avesse mai visto. Non si spiegava il motivo e per un attimo rise pensando a come quando fossero tornati a casa, Yunho e Mingi lo avrebbero preso in giro perchè lui era sempre stato il primo a dire di essere etero e poi si era ritrovato ad essere perdutamente innamorato di un ragazzo con cui aveva sorprendentemente scoperto di avere più somiglianze che diversità. Ma proprio mentre stava pensando questo, sentì il nome del ragazzo che da ormai un po' si era stanziato nel suo cuore venire pronunciato da un uomo accanto a lui.

«Sai dove lo hanno portato?» si girò subito appena sentì quella domanda venire posta da un altro medico lì presente, entrambi ignoranti riguardo l'identità del grigio. «Ho sentito che lo ha messo in una stanza al quinto piano, se non parlerà non finirà bene per lui temo» rispose il collega girando il cucchiaino nel bicchierino del caffè per poi berlo. 
Gli occhi di Seonghwa sgranarono, che cosa stavano facendo ad Hongjoong? Cosa c'era al quinto piano? Cosa intendeva con 'se non parlerà non finirà bene per lui'? Ma soprattutto, continuare stare lì con le mani in mano sarebbe stata veramente la scelta migliore?

⊹⊹⊹

La stanza era fredda, più del normale, e soprattutto era chiusa e vuota. Quando Hongjoong riaprì gli occhi si trovava in un posto diverso, un posto nuovo e che gli parve incredibilmente inospitale. Era sdraiato su un lettino e immediatamente dopo ever riacquistato tutte le forze si alzò per capire dove fosse, una cosa notò per prima e ne fu paradossalmente sollevato, si trovava nello stesso edificio e non era stato portato in nessun altro luogo. Lo poteva capire dall'odore del posto che attribuiva ai prodotti usati per pulire pavimenti e soprattutto dall'aria secca che veniva mantenuta costante in un posto come quello in cui venivano fatti esperimenti scientifici. Si alzò in piedi avvertendo per un momento un giramento alla testa e solo allora si rese conto che gli faceva estremamente male, si guardò le braccia ma non aveva aghi che gli iniettavano sostanze, era libero e in quella stanza spoglia c'era solo un letto, un comodino vuoto e una sedia. Iniziò a girarsi attorno muovendo la testa da una parte all'altra per cercare di capire qualcosa in più, e solo allora la sua mente si attivò totalmente facendogli ricordare gli ultimi eventi prima che venisse addormentato.

Il medico, l'antidoto, l'acqua, la siringa. Era chiuso in una stanza completamente solo e in un luogo sconosciuto, la porta era bloccata e nella parte superiore aveva un vetro opacizzato attraverso il quale poteva vedere se passasse qualcuno all'esterno, ma nessuna ombra si vedeva e lui non aveva idea di come fare ad uscire di lì. Si risedette poco dopo iniziando a riflettere, lui era medico esattamente come loro e non gli ci volle molto per mettere insieme i pezzi, la testa gli faceva male per via del tranquillante che gli avevano dato, se si muoveva poteva ancora sentire i suoi muscoli intorpiditi e la poca lucidità. Ma c'era una cosa che lo preoccupava di più, non ne era certo, ma aveva paura che gli avessero dato anche qualche altra cosa oltre a quello, non capiva per quale motivo altrimenti il medico anziano avesse dovuto offrirgli una boccetta di antidoto dicendo che gli sarebbe stata utile. Inoltre la debolezza dei muscoli e la leggera nausea che sentiva non facevano altro che confermare questa sua ipotesi. C'era solo una cosa che non capiva, la stanza in cui si trovava era fredda, troppo fredda per essere estate e solo una cosa poteva spiegare questo, stavano cercando di abbassare le sue difese, per renderlo più vulnerabile fino a farlo arrendere a ciò che volevano loro. Ma tutto questo solo per testare uno stupido farmaco?

Capì che le risposte le avrebbe potute chiedere direttamente all'artefice di tutto quello quando vide un'ombra palesarsi dietro la porta e attendere qualche secondo prima di entrare facendo scattare la serratura. Ed eccolo lì, l'uomo con cui aveva parlato il giorno e che in quel momento avrebbe avuto tanta voglia di strozzare con le proprie mani se solo ne avesse avuta la forza. «Vedo che ti se svegliato finalmente» e lo capì subito che non era lì per aiutarlo, ma che anzi probabilmente era colui che ce lo aveva portato, dal modo in cui gli si rivolse abbattendo ogni barriera di formalità. «Preferivate che non accadesse?» ma Hongjoong decise di comportarsi intelligentemente, senza mancargli di rispetto perchè per quanto potesse odiarlo, se in quel momento ci fosse stata una pistola con loro, lui sarebbe stato quello dalla parte della canna.
«Al contrario, mi servi vivo» l'uomo la cui identità rimaneva ancora sconosciuta per il biondo, si avvicinò a lui che stava seduto sul bordo del letto prendendo la sedia che fino a quel momento era rimasta nell'angolo opposto della stanza. «Cosa mi ha fatto e cosa vuole da me?» domandò subito Hongjoong preoccupato prima di tutto per la sua salute, «Non andare di fretta, prima vorrei presentarmi dato che oggi non ne ho avuto l'occasione.» scherzava e quasi sembrava che volesse farsi beffa di lui con quell'atteggiamento tranquillo e falsamente amico «Io sono Yunhyeok e sono il primario di questo ospedale» si sedette su quella sedia con una cartella in mano, che non osò guardare per tutto il tempo. 

«E c'è un motivo per cui mi ha addormentato e chiuso in una stanza, Yunhyeok?» il biondo volle usare un tono diverso per pronunciare il suo nome, un po' per fargli intendere che in quel momento fosse probabilmente l'ultima cosa di cui gli importava e un po' per farlo sentire più chiamato in causa. Dentro di sè, Hongjoong sapeva che non era stato il medico anziano a fargli quello, nonostante stesse parlando con lui in quel momento, era rimasto tutto il tempo in silenzio ed aveva attirato la sua intenzione solo per tentare di dargli l'antidoto, così facendo gli aveva in pratica fatto capire prima del previsto di essere stato avvelenato e ciò aveva portato gli altri a fargli perdere conoscenza per tenerlo come ostaggio. Era una cosa malata e allo stesso tempo disperata da fare, era comprensibile che dopo anni di studi e di fatica volessero testare ciò che avevano creato per far sì che il loro lavoro avesse dato dei frutti, ma quello non era il modo e se per farlo avrebbero dovuto rapire una persona e torturarla psicologicamente allora avevano sbagliato tutto fin dall'inizio. Perchè quella che volevano infliggergli era una tortura psicologica dopotutto, volevano che lui sapesse di essere stato avvelenato perchè in quel modo ci avrebbe pensato e ripensato inducendo sé stesso a stare ancora più male finché non avesse ceduto. 

«Forse non mi sono spiegato bene quando ti ho detto che devi darmi quelle informazioni» iniziò guardando il volto di Hongjoong, il quale era rimasto più alto di lui essendo seduto sul letto «A me servono, e se non vuoi essere tu ad avere l'onore di provare il farmaco per primo, ti conviene darmele e dopo potremmo anche diventare amici» parlò lentamente con un falso sorriso in volto. «Finché non mi dici cosa mi hai dato io non faccio proprio niente» ed ecco che anche il biondo iniziava a spazientirsi, dentro di sé stava morendo dalla paura, ma fuori era impassibile perchè se solo l'altro avesse visto la sua debolezza sicuramente si sarebbe convinto di star raggiungendo il suo obbiettivo, mentre lui non aveva la più minima intenzione di dire nulla. «Sei furbo vedo, e io sarò sincero con te. Ti ho dato un veleno a lento rilascio, ti darò l'antidoto non appena mi avrai detto ciò che voglio sapere, fino ad allora, buona fortuna» e in quel momento capì che ciò che aveva dedotto fosse veramente reale, un veleno a lento rilascio di cui non conosceva il nome, ma certo, in quel modo avrebbe iniziato a stare male con il tempo e più cercava di resistere più sarebbe stato male, fino a quando ad un certo punto i sintomi e la paura di morire lo avrebbero portato a dire tutto pur di ricevere l'antidoto, era un bel giochetto psicologico se non fosse che avevano scelto la persona sbagliata a cui farlo. «Stava nell'acqua, è così?» il biondo fu veloce a chiedere la conferma di ciò che aveva pensato sin da subito, dopo tutto non ci voleva affatto un genio per capirlo, non era stato toccato da nessuno prima di venire addormentato e quella era l'unica cosa che aveva ingerito. «Sei più furbo di quanto sembra» l'uomo che ormai sapeva chiamarsi Yunhyeok si alzò dalla sedia per dirigersi verso la porta dopo avergli fatto un occhiolino che chissà cosa sarebbe dovuto stare a significare, ma Hongjoong lo fermò per porgli una domanda che lo stava tormentando. «Perchè?» urlò scendendo dal letto e andandogli in contro, forse per dimostrargli che ancora era perfettamente in grado di muoversi e stava bene, come se l'altro non lo sapesse già «Fai tutto questo solo per uno stupido farmaco? Sei disposto ad uccidere persone solo per un farmaco?» continuò arrivandogli parecchio vicino, nonostante fosse più basso sapeva anche lui intimorire gli altri. «Non è solo uno stupido farmaco, si tratta del futuro di tutta l'umanità, si tratta di ucciderne pochi per salvarne molti, si tratta di avere il coraggio di rischiare e prendersi la responsabilità della morte di pochi piuttosto che rimpiangere dopo la propria codardia.» disse Yunhyeok guardandolo negli occhi, ciò che diceva era vero, aveva senso, ma per Hongjoong si trattava di condividere o meno quei fatti, e lui non li condivideva affatto. Decise quindi di rispondere a tono, dimostrando che ciò che stava facendo non lo avrebbe portato a niente «Il tuo ragionamento ha senso, se non fosse che non puoi uccidermi. Mi stai minacciando perchè vuoi che ti dica come controllare dei cazzo di infetti, ma sai qual è la verità? Neanche tu sai cosa stai facendo. Mi hai avvelenato perchè pensi, o forse speri, che io ti dica tutto per salvarmi. Ma la verità e che tu non vuoi veramente uccidermi, non puoi farlo, perchè se lo facessi non passeresti inosservato. Le persone conoscono il mio nome, la mia faccia, il lavoro che faccio e anche il motivo per cui ho lasciato la mia città. Se scomparissi, il primo a cui verrebbero a chiedere spiegazioni saresti tu, e se puoi guardarmi negli occhi e affermare con certezza che ogni singola persona che vive e lavora qui ti coprirebbe, se puoi dire questo a mani basse, allora ti crederò, ma fino ad allora io rimango il figlio di Kim Yonghwan e tu solo colui che ha creato una cura inutilizzabile» probabilmente per la prima volta nella sua vita, Hongjoong ringraziò di essere chi era e di portare quel nome.

«Io ho molte più armi di quelle che credi, Kim Hongjoong» disse l'uomo prima di lasciare la stanza chiudendo l'altro dentro. Il biondo rilasciò un sospiro di sollievo e si passò una mano sulla fronte, fingere di non avere paura era la cosa più difficile che avesse mai fatto e la cosa peggiore era che in quel momento stava morendo di paura. Le sue parole, avevano un fondo di verità, ma sapeva benissimo che non avrebbero retto perchè nel parlare aveva apposta ingigantito troppo le cose con la speranza che l'altro ci avesse creduto. Non poteva fare altro, se non aspettare e trovare la soluzione a tutto quello prima di iniziare a stare troppo male, e mentre si sedette di nuovo su quel letto non potè fare a meno di pensare a Seonghwa al fatto che stava ancora chissà dove ad aspettarlo, non poteva farci niente eppure si sentiva in colpa perchè era stato lui a condurlo fin lì e alla paura di morire si aggiunse anche quella che il grigio potesse stancarsi e tornarsene indietro, i sentimenti che li legavano erano forti e eppure Hongjoong li credeva ancora deboli.








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