CAPITOLO 8
~ANNA~
"L'amore, com'io penso, e la ingenuità d'una lingua impacciata, pur senza parlare, sanno significare molto."
(Sogno di una notte di mezza estate)
WILLIAM SHAKESPEARE
Tra le lezioni in università, lo studio per l’esame di spagnolo e le preoccupazioni per la situazione di stallo in cui mi trovo per via della cotta che ho per Federico, sono tornata al lavoro con una punta di ansia all’idea di incontrare il mio capo. Ormai l’ho battezzato: “troglodita, tiranno e gran egocentrico del cazzo”.
Per fortuna, oggi lui non c’era. Nonostante l’iniziale felicità nel non dovermi scontrare per l’ennesima volta con lui, sotto sotto ho sentito una strana punta di inspiegabile delusione. Sì, la sua faccia da megalomane del cazzo mi fa incazzare come una iena, però mi ero preparata psicologicamente ad affrontare questa giornata, e non trovarlo in sede mi ha… delusa.
Ci ho pensato tutta la mattina, senza riuscire a capirla, poi mi sono concentrata sul lavoro per soffocarla.
Sbrigo gli ultimi documenti tradotti e guardo l’ora: sono le cinque del pomeriggio. Finalmente posso andare a casa e riflettere sulle mie strane sensazioni e sul loro significato, anche se sarà una perdita di tempo che mi porterà solo a farmi altre mille domande.
Spengo il PC, prendo la borsa porta documenti e corro fuori dall’ufficio. Un armadio dalle sembianze umane con addosso una giacca di pelle e una maglietta blu notte che disegna il suo fisico scolpito è appoggiato a una Mercedes, il cellulare in mano.
Mi blocco di colpo. È lui, quell’egoista bifolco del mio capo. Quello che ero felice di non aver visto oggi e che speravo non si presentasse mai più.
Lui solleva la testa e mi punta addosso gli occhi che sembrano portare dentro la lava liquida di un vulcano in eruzione. “Tanto unici…”
«Buonasera, signorina Giordania», la sua voce è fredda, professionale, priva di sentimenti.
I miei pensieri svaniscono come se qualcuno mi avesse gettato addosso dell’acqua gelata, un brivido freddo mi percorre la spina dorsale nel sentire quel potente timbro roco che mi entra sottopelle.
Il suo sguardo determinato sembra invincibile, mi fa sentire una nullità, , come se non potessi mai raggiungere la consapevolezza di avere anche solo la metà della sicurezza che emana.
Distolgo lo sguardo il mio e deglutisco, odiando me stessa per come mi fa sentire. Non voglio essere debole dinanzi a lui. Non posso permettermi di dargli questa soddisfazione. Accrescerebbe il suo ego.
Raddrizzo la schiena, scacciando via l’inadeguatezza che sento ogni volta che inciampo nei suoi occhi ingannatori e gli rivolgo uno sguardo distaccato. «Buonasera, signor Bailey».
«Non vedo la sua bici, oggi», gira la testa da un lato e dall’altro, come se la stesse cercando, e torna su di me.
«Era una bella giornata, sono venuta a piedi», mi affretto a rispondere.
Stira le labbra in quello che dovrebbe essere un sorriso, ma sembra più una smorfia, e inclina la testa.
«Allora, se permette la accompagno», indica la sua auto e io sgrano gli occhi.
“Cosa? No! No, certo che no! Non ti permetterò di portarmi a casa dopo le volte che che ti sei preso gioco di me solo per il gusto di vedermi perdere le staffe e mi hai fatta sentire così inadeguata con me stessa.”
«No, grazie. Preferisco andare a piedi, così mi sgranchisco le gambe. Sono stata tutto il giorno davanti al computer», gli rispondo tesa, col cuore che inizia correre con violenza contro la gabbia toracica.
“Odio ogni emozione spiacevole che mi fai sentire. Odio la tua faccia da stronzo manipolatore.”
«Insisto», il suo timbro perentorio mi fa sussultare, mentre fa un passo deciso verso di me, come a marcare l’ordine. La sua figura slanciata incombe su di me come un demone nero, un nodo mi si forma in gola.
«No grazie, davvero. Non c’è bisogno», cerco di sembrare quanto più convincente possibile, ma la voce mi tradisce, tremando appena mentre faccio un passo indietro.
La sua mascella squadrata e leggermente barbata si stringe, rivelando un muscolo fantasma che lo rende ancora più minaccioso. I suoi occhi diventano più cupi, creando un gioco d’ombra tra il nocciola e il verde boschivo. Non è abituato a ricevere un no come risposta, suppongo.
«Sali, ragazzina!» ordina freddo, mentre cerca di afferrarmi il braccio; un brivido mi attraversa petto e schiena.
«Le ho detto che non c’è bisogno», faccio due passi indietro e lui mi insegue, si ferma a un passo dal mio viso. Profuma di note legnose, di foreste mai esplorate e fitta vegetazione, e il suo respiro mi solletica; il cuore mi salta in gola, fa una capriola e mi finisce nello stomaco.
«Se cerca di farmi qualcosa, lo verranno a sapere tutti e la mia amica le caverà gli occhi», ho la testa incasinata e la ragione se l’è data a gambe o non avrei mai detto una stupidaggine del genere. Arretro piano.
«No, signorina Giordania. Non le farò niente. Volevo solo scusarmi per l’altra mattina», Nathan parla piano e mi fissa le labbra. Ho la gola secca e la tensione dei miei muscoli è al massimo.
Trattengo il respiro, allontanandomi di scatto. Rimane per qualche secondo ad osservarmi e si allontana velocemente.
«Buona serata».
Entra in macchina, sbattendo la portiera, accende il motore e se ne va lasciandomi perplessa. Spalanco la bocca, sconcertata. “Assurdo! Cosa voleva? Poi perché diavolo mi chiama ragazzina?”
Porto una mano al petto e svuoto i polmoni in un tentativo di rilassare i nervi e il cuore. Incredula rivivo nella mia mente quegli attimi. “Il mio capo ha tentato davvero di sequestrarmi? Nonostante il mio no, voleva caricarmi in macchina lo stesso per… cosa? Per darmi una lezione di potenza? Davvero gli è tanto difficile accettare un no?”
Imbocco spedita i portici di Bologna, diretta verso casa. Il brusio dei passanti fa compagnia alla mia solitudine, mescolandosi al rumore delle auto che attraversano la strada alla mia destra.
Di tanto in tanto, il profumo di caffè mi giunge alle narici. Non fa freddo, ma l’aria umida che preannuncia un’altra serata di pioggia mi si infila anche nelle ossa, redendomi la via di casa ancora più difficile da percorrere.
Appiattisco contro i mattoni rossi di un vicolo per aggirare una buca nella strada dissestata e superare in fretta un’anziana fin troppo lenta.
Non riesco a pensare ad altro che al mio capo. Sono frastornata dal modo in cui si è imposto su di me, come se la mia volontà di decidere valesse zero; una vampata mi scalda le guance.
Quel bastardo non sa che vuol dire accettare e rispettare la volontà delle altre persone. Il cielo, ormai coperto da nuvole scure. rispecchia tutta la mia rabbia, densa e infinita.
La suoneria del cellulare mi riporta nel mondo dei vivi. È mia madre. Ho le lacrime che stanno per uscire dalla rabbia, ma mi trattengo e mi fermo. Respiro profondamente per avere un tono di voce normale e placare il fiatone prima di rispondere.
«Ciao mamma, come stai?» soffoco un singhiozzo.
«Ciao Anna, amore. Noi tutto bene, tu? Come stai? » chiede con voce amorevole.
«Io sto bene, lo studio anche. Il lavoro…» Beh, considerato che il mio capo mi stava costringendo a farmi salire sulla sua macchina, direi una merda. «Insomma… Papà come sta?»
«Lui bene, sempre il solito. Hai finito con gli esami? Riesci a venire a trovarci? Ci manchi tanto, amore».
«Ancora no, però cercherò di trovare un po’ di tempo per tornare a casa. Anche voi mi mancate davvero tanto, mamma», due lacrime mi sfuggono e mi bagnano le guance. Non so se è perché non li vedo da parecchi mesi o per la situazione di merda in cui mi trovo.
«Anna, sicura di star bene?» la voce di mia si è fatta apprensiva. Faccio un lungo respiro e tento di riprendermi per non farla preoccupare oltre.
Chiudo gli occhi pere soffocare le lacrime e cerco di darmi un contegno ripulendo il moccio dal naso. «Ora mi manca solo l’esame di spagnolo. Magari, potrei prendermi una pausa e venire per qualche giorno a trovarvi, ma devo chiedere il permesso al lavoro».
«Okay, amore. Fammi sapere e chiedi anche a Carmen se vuole passare qualche giorno con noi».
«Va bene, mami, lo farò».
Resto al telefono con lei, che mi racconta di voler andare a trovare i nonni. Anche loro non vedono l’ora di vedermi e cucinare tutte quelle cose buone per un esercito intero, come se poi mangiassi così tanto. Rido, divertita dalle sue parole e torno a casa. Piano piano, la sua voce riesce a calmarmi.
Arrivo a casa, e mentre Carmen studia nella sua stanza, preparo la cena per tenere la mente occupata. Finisco e la chiamo dalla cucina, lei urla un ‘arrivo’ e appare sulla soglia.
«Come va coi disegni?» le domando una volta a tavola con un piatto di insalata ciascuna.
«Non chiedermelo. Non sono nelle facoltà mentali per darti una risposta ragionevole», sbuffa.
La lascio stare e finisco il mio piatto in silenzio. Gli occhi indagatori della mia amica mi scrutano con interesse, ma è troppo preoccupata per i suoi studi per intrattenersi in una conversazione piena di tensione con me e io evito di raccontarle cosa mi è successo. Non ho voglia di raccontarle quello che è successo e svio ogni parvenza di conversazione lavorativa.
«Oggi ho parlato con mamma, mi ha chiesto di dirti se ti va di venire con me quando andrò a trovarli».
Carmen mi sorride felice. «Sì, ci vengo! Di’ a tua madre che apprezzo l’invito».
«Allora chiederò delle ferie al lavoro». Le restituisco l’entusiasmo facendo un sorriso, anche se un po’ tirato. Dopo la vicenda di oggi con quello stronzo, mi ci vorrà un po’ di più per riprendermi.
«A proposito, come è andata oggi? Ti ha dato dei problemi il tuo stronzo capo?» mi domanda con la fronte aggrottata.
«Oggi è andata bene, come al solito», so di essere vaga, ma non voglio ripensare a quello che è successo. Non voglio pensare a lui. Al tipo stronzo e bello come un dio.
«Va bene, non ti chiedo più niente», Carmen batte le mani nelle cosce e si alza dal divano. «Vado a combinare qualcosa con la mia futura carriera da stilista». Alzando gli occhi al cielo fila nella sua camera dopo avermi dato un bacio caloroso sulla fronte.
🥀●Spazio Autrice●🥀
Ciao cuoricini viola💜
Avete visto tutti questi cambiamenti? Cosa ne pensate?
Il POV di Nathan tornerà, ve lo prometto. Ma tenete presente che ho omesso diversi capitoli. Perché sarà una sorpresa quando, oppure se, diventerà cartaceo.
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Come sempre vi ricordo che mi potete contattare per parlare con me su:
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Vostra, Kappa_07
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