CAPITOLO 19

~ANNA~

Siamo progettati per farci del male, perché è l'unico fenomeno che non abbiamo ancora capito come controllare●

Com’è possibile che quello stronzo mi faccia sentire come se fossi sull’orlo del precipizio emozionale ogni volta che cerca di trattarmi come un essere umano e non come un animale pronto ad obbedirgli? Ancora non riesco a capire.

La sua vicinanza mi ha elettrizzato ogni fibra del corpo, e benché gli sia stata lontana, è riuscito a fare i suoi giochetti mentali anche senza toccarmi.

«La scelta sta a lei, signorina. È sempre stata sua», gli faccio il verso, mentre cammino verso casa come se fossi inseguita da un’orda di zombie affamati di cervello umano.

Stringo forte i pugni, in collera con me stessa per non esserci riuscita a rispondergli per le rime. E maledizione a me e alle mie emozioni senza senso che quando sono vicino a quel troglodita si annullano! Come se non fossi cosciente delle mie azioni, o non avessi la facoltà di respirare normalmente.

Mi ha invitata a cena per fare ammenda di avermi baciata “senza il mio esplicito consenso”.

Vuole farlo solo per torturarmi maggiormente, lo so. Evito una pozzanghera e svolto a destra, sotto i portici, mentre stringo forte la borsa a tracolla.

Mi manderà un’autista, è così che ha detto. Ma io non ci voglio andare affatto a quella cena, non voglio vederlo mai più. Però mi tocca farlo.

Urto accidentalmente qualcuno con la spalla.
«Mi scusi», dico; quello mi tranquillizza con un cenno.

Faccio un lungo respiro, ho la testa che mi scoppia, l’ansia mi dilania il petto. Avevo tanto sperato di trovare una soluzione, licenziandomi, ma eccomi qui, finita in un problema ancora più grande. E adesso come me ne esco?

Potrei semplicemente fregarmene e non presentarmi a quella dannata cena, ma che ne so se non ci saranno altre conseguenze? Conoscendolo, probabile che me lo faccia pagare il triplo.

Ma allo stesso tempo, non posso avere paura di una ripercussione: è stato lui stesso a dire che la scelta è mia.

Cammino veloce e cerco di non intralciare il cammino delle persone che mi passano di fianco. Sospiro, alzando il collo verso la volta ovale dei portici, l’aria è fredda e nell’aria si sente il profumo della pioggia imminente. Il cielo è coperto di nuvole e, nonostante siano solo le sei meno venti, sta già venendo buio.

Sul portone di casa, scrollo le spalle e faccio scroccare il collo. La tensione si è aggrovigliata nei muscoli e fino alle ossa. Pensare a Nathan mi lascia sempre senza energie.

Faccio le scale fino a primo piano e rovisto nella borsa per trovare le chiavi, ma prima che possa metterle nella toppa, Carmen spalanca la porta e le note dolci e sensuali del profumo di Carolina Herrera mi otturano le narici.

I suoi bellissimi occhi mi catturano e non ci vuole un genio per decifrare la sua espressione: un sopracciglio biondo è inarcato sul volto dai tratti spigolosi. Mi sta esaminando.
«Perché sembri distrutta?»

Sbuffo, alzando gli occhi al cielo e mi faccio largo con una spallata. Carmen si fa di lato per agevolarmi l’accesso. Appendo la borsa all’appendi abiti sulla destra e mi tolgo giacca e scarpe.

«Io sono stufa!» libero i capelli dall’elastico e mi tolgo la camicia, sfilandola dalla testa; resto in reggiseno in mezzo al soggiorno.

«Quell’imbecille…», mi volto verso di lei, che arriccia le labbra con le mani piantate sui fianchi, e vado verso la camera per prendere qualcosa di comodo.

«Ha avuto l’ardire di non accettare le mie dimissioni! E per di più pretende che io vada a cena con lui!» agguanto con troppa forza la maglietta nera di cotone che trovo nel cassetto.

«Scusa, che?» le sue sopracciglia si alzano fino all’attaccatura dei capelli dalla sorpresa.

Infilo la maglietta e la strattono fino a coprirmi la pancia. «Quell’imbecille, il mio capo. Lo sai? Mi ha invitato a cena per parlare delle mie dimissioni e per…». Mi blocco.

Non le ho raccontato del bacio. Quella sera ero troppo sconvolta, e lei ha rispettato il mio silenzio. Ma ora mi osserva piena di aspettative. Non ho alternative, se non raccontarle la verità.

«E per?» chiede con la fronte aggrottata.

“Da dove inizio?” Faccio per aprire bocca, ma la richiudo subito.
Carmen fa un passo avanti, incrocia le braccia al petto e mi squadra severa.

«Sputa il rospo».
«Ci siamo baciati». distolgo lo sguardo per non imbattermi nella sua espressione. Forse è ancora più arrabbiata?

«Tu che cosa?», strilla. «E quando avevi intenzione di dirmelo?» mi domanda ferita, le labbra a cuore arricciate.

«E che…», un peso mi schiaccia il petto. L’ho ferita, lo so. Ci diciamo tutto, è la nostra prima regola dall’alba dei tempi. Ma quella sera mi ha vista baciare Federico.

Che razza di persona sono se bacio due uomini nella stessa sera? E che idea si è fatta adesso di me?

«Mi dispiace, è che…», abbasso lo sguardo sulle mani che ho raccolto nel grembo. «Mi vergognavo». Susurro.

«Perché ti dovresti vergognare? Lo sai che non ti giudicherei mai, Anna…», mi dice, ammorbidendo la voce.

Deglutisco e alzo lo sguardo sul suo, lei mi guarda con amorevole dolcezza e gli angoli degli occhi pungono.

«È che… è stato un bacio strano. Lo volevo e non lo volevo allo stesso tempo. Poi lui è stato irruento, e mi ha ferita, e poi io…» mi passo le mani sul volto. «Avevo baciato Federico e tu mi avevi vista e non riesco…» faccio dei respiri profondi, ho le parole incastrate in gola.

Ho paura di pronunciarle: è come se, una volta dette ad alta voce, tutto il mondo mi crollerà addosso.

«Pensi solo a lui». Conclude la mia migliore amica per me.

Resto senza fiato e una lacrima mi scappa dalle ciglia. Non c’è bisogno che le dica che è così, sa già tutto. Carmen mi abbraccia forte, in silenzio, il tempo necessario di riprendermi dalla confusione totale che ho dentro.

Mi parla piano: «Non andare a cena con lui se non te la senti». Resto in ascolto, ma non rispondo. «Tu sei libera di scegliere ciò che vuoi fare, lo sai questo, vero?» si libera dall’abbraccio e mi poggia le mani sulle spalle.

Annuisco prendendo un lungo respiro. «E dovevi dirmelo. Io tifavo per Federico», tenta di fare una battuta.

Arriccio le labbra e mi sento calda. Sono sicura di essere diventata una mela rossa e cotta. Mi passo una mano sulla fronte e per sfuggire al suo sguardo indagatore vado verso la cucina. Ora vuole saperne di più, ma io non so che dirle.

«Stasera, comunque, Gaia ci ha invitate a mangiare la pizza a casa sua, avrai modo di vederti con Federico e capire come ti senti quando sei insieme a lui».

Mi sfrego gli occhi coi palmi e mi siedo con un tonfo sulla sedia. «Passami il gelato per favore». Mi sento già angosciata, ho solo voglia di ingozzarmi di qualcosa di dolce senza pensare a nulla.

Carmen si volta e apre il freezer, estrae il gelato al pistacchio e prende due cucchiaini dalla mensola alla sua destra. Lo deposita sul tavolo e si siede di fronte a me. Tolgo il coperchio e dopo aver agguantato il cucchiaio, lo conficco nel gelato e me ne caccio in bocca una buona quantità.

«Vaci piano tigre. Non hai cenato. Il freddo ti fa male, lo sai?», mi redarguisce bonariamente prima di staccare un pezzetto molto più piccolo dal mio e mangiarlo lentamente.

«Ho le mestruazioni. Sento solo il bisogno di mangiare cose dolci. Voglio anche mettere un freno alla mia mente, ma non ci riesco. Quindi mangio il gelato come voglio, sei d’accordo?» dico con la bocca piena di gelato.

Carmen mi osserva divertita prima di ridere con la bocca mezza piena, si mette una mano di fronte per non sputarmi il gelato addosso.

«Ecco perché ti sei comprata tutte le vaschette al pistacchio che hai trovato al supermercato!»

Annuisco, conficcando un’altra abbondante cucchiaiata in bocca. «-i, -iahe», rispondo con la bocca piena, ho il palato freddissimo, ma il gusto dolce del pistacchio che mi scivola in gola è appagante.

«Ti cosa?», ride.
«Mi piace», ripeto, sorridendo.

Carmen mi toglie il gelato e il cucchiaio dalle mani troppo velocemente perché possa oppormi. «Ora basta, dobbiamo andare a mangiare la pizza e il tuo spuntino è stato sufficientemente abbondante»,

Alzo gli occhi al soffitto. «Va bene, mamma».

🥀

Le macchine di Federico e degli altri ragazzi  sono parcheggiate nel vialetto dell’immensa villa a due piani; il cuore comincia a battermi velocemente per l’ansia e l’imbarazzo. Non ho visto più Federico dopo il bacio.

“L’ho lasciato, andandomene via con un altro uomo. Che poi mi ha baciata. E io ho pure risposto…”

Noto con la coda dell’occhio Carmen che mi manda delle occhiate, di tanto in tanto. È preoccupata per me, glielo leggo in volto: ha i tratti abbastanza tesi. Ma è una cosa che devo affrontare da sola e lei ci può fare ben poco.

Gaia, raggiante, ci attende sulla soglia. Ha i capelli neri legati in una coda alta e indossa una maglietta verde con lo scollo a V che le risalta il seno. I jeans chiari fasciano le sue gambe lunghe, su fino alla vita stretta. È una diva in tutto e per tutto.

«Ho già ordinato le pizze. Dovevate essere qui un’ora fa!», sgrida entrambe. L’abbracciamo a turno.

«È colpa di Anna, quando ha le sue cose non riesce a scollarsi dal divano», m’incolpa la mia amica traditrice.

Sbuffo: «Sicura? A me è sembrato che ti sia cambiata dieci volte prima di essere pronta».
Faccio il verso della sua voce: «A me questa gonna nera non piace, questa maglietta non lascia nulla all’immaginazione, no meglio indossare un abbigliamento casual; jeans neri e dolcevita chiaro», com’è effettivamente vestita.

Ricevo una occhiataccia da parte sua, che incrocia le braccia al petto e mi rende pan per focaccia: «Meglio che mettere quel cardigan che non indosserebbe mai nessuno».

Gaia ride. Apro la bocca incredula. «Cosa c’è che non va! Mi sono vestita comoda. Dobbiamo solo  mangiare una pizza!»

«Sì, ma almeno ti potevi mettere un paio di jeans e non i pantaloni della tuta!» mi sgrida Carmen.

«Ha ragione. Sei inguardabile», la spalleggia Gaia.

Alzo gli occhi al cielo. «Bell’amiche che siete. Volevo stare comoda, ho le mie cose e oggi sono irascibile. Non vi conviene mettervi contro di me!» le minaccio.

Entrambe sanno che non è vero, infatti alzano le mani ridendo. Imbronciata le sorpasso e con due spallate entro dentro casa e le sento bisbigliare.

«Che cos’ha?» chiede la mora.
«È confusa», risponde la bionda. «Non sa chi scegliere».

Sospiro, chiudendo gli occhi, e a passi veloci mi allontano dalle due lingue lunghe. Mi volto a sinistra, verso la sala da pranzo, e trovo tutti i ragazzi seduti a chiacchierare, facendo chiasso. I miei occhi catturano Federico.

Si zittisce appena mi vede e si alza velocemente per venire a salutarmi; un groppo mi chiude la gola.
Mi raggiunge e mi dà un bacio lento sulla guancia. Sento il bisogno di chiedergli scusa, ma il perché sfugge a me per prima.

«Come stai Anna? Non ci siamo più visti dall’ultima volta…» mi dice toccandosi la nuca come se fosse imbarazzato. La cosa mi mette molto a disagio; entrambi stiamo pensando a quella sera.

Deglutisco. «Abbastanza bene», mi tocco nervosamente la fronte, mi sento gli occhi di tutti i presenti addosso. Tutti ci hanno visti, quella sera. Il cuore mi tamburella nel petto, ma cerco di restare calma.

«Sono stata dai miei. E tu?» domando restando in piedi come un albero oscillante.

Federico si stringe nelle spalle, scrollando il capo. «Solito… Vieni, sediamoci. Le pizze sono in arrivo», m’invita.

Prendo posto insieme agli altri, e volto lo sguardo verso Carmen, che alla mia sinistra chiacchiera con Filippo. Di tanto in tanto mi rivolge un’occhiata per capire come sto gestendo la situazione.

Federico mi passa in rassegna con occhi sognanti: ha le pupille dilatate, il respiro pesante. Nascondo le mani tra le cosce e le torturo per l’imbarazzo.

«Domani usciamo insieme?» mi chiede il ragazzo che mi ha baciata.

Il groppo in gola si ingrossa, l’unico bacio a cui riesco a pensare è quello irruento che mi ha dato il mio capo.

Mi sento un’impostora, una traditrice. Ho preso in giro il mio amico. Ma allo stesso tempo non voglio concentrare le mie emozioni e i miei pensieri su quello stronzo. Ho bisogno di capire cosa mi succede. Mi tocco di nuovo la fronte, confusa.

Mi sento come se fossi incastrata su una parete di ghiaccio, ogni mia terminazione nervosa è in allerta e il cuore mi sprofonda dal disagio.

“Perché non sento più le farfalle allo stomaco quando lo guardo negli occhi? No, no, Anna, non lasciarti abbindolare dal tuo capo. Federico è un ragazzo d’oro”.

«Sì, domani usciamo insieme», lo rassicuro con un sorriso che non mi parte da dentro.

Federico annuisce sollevato e tra le chiacchiere arrivano le pizze. La serata procede bene, ma mi sento come se un masso grosso come una montagna mi stesse schiacciando il petto, e non posso fare altro che restare in silenzio, rispondere a monosillabi e sorridere a fatica quando Filippo fa delle battute molto sconce sulle professoresse dell’università.

🥀

A

rrivo all’appuntamento con Federico con dieci minuti di anticipo. Ho bisogno di comprendere ciò che mi succede, perché da quando sono stata baciata dal mio fottutissimo capo, non ho più pensato al dolce ragazzo per cui ho avuto una cotta durata un anno intero.


È come se pensare a Nathan annullasse ogni mia volontà di dare una possibilità a Federico. Non ho chiuso occhio la notte: ogni volta che penso e ripenso al bacio col ragazzo più dolce che conosca, in un millesimo di secondo si sostituiva con quel bacio da fuori classe che mi ha dato Nathan.

Sono diventata matta, mi sono messa a pulire casa alle due di notte solo per non pensarci. “Dio, aiutami tu. Mi sento così confusa”.

«Ciao!» mi volto e incontro gli occhi verdi di Federico. Indossa una camicia blu chiaro e un paio di jeans beige, i capelli riccioluti ben pettinati. In mano tiene una dozzina di rose rosse.

Sento il cuore sprofondare nel petto e un groppo salire in gola. Mi obbligo a restituirgli il sorriso. Lui si avvicina e mi porge le rose.

«Ciao. Non dovevi», dico prendendole con titubanza. Vorrei non illuderlo, ma è così difficile dire la verità.

«Sì che dovevo. Delle rose per la ragazza più bella», dice, avvicinandosi per darmi un bacio.

Gli porgo di nuovo la guancia, e noto che ci resta male. “Voleva baciarmi, per caso?” deglutisco.

«C’è qualcosa che non va?» chiede con la fronte leggermente aggrottata, le mani nelle tasche dei jeans.

«No», rispondo velocemente, abbozzando un sorriso, ma so che non ha raggiunto i miei occhi. Ogni pensiero è proiettato su un altro uomo e questo mi fa davvero male. Mi sento sconfitta e le ragioni sono tante.

“Smettila di pensare a lui, e falla breve. Tirare per le lunghe le avances di Federico ti farà stare ancora più male”.

Sospiro, e mi siedo su di una sedia fuori dal bar. Lui fa lo stesso, ma non ha più quello sguardo sognate e felice di poco fa. Ha capito che c’è qualcosa che non va. “E non ha torto”.

«Cosa succede, Anna?» mi chiede dolcemente, poggiando la mano sopra la mia.

La levo di scatto, come se fossi stata scottata e a lui questo dettaglio non sfugge affatto. Si appoggia allo schienale di metallo e con espressione triste osserva da un’altra parte.

«Non ti preoccupare», mi dice, riportando lo sguardo nei miei occhi; ho un vuoto allo stomaco.

«Per cosa?», chiedo quasi a volere una conferma dalla sua bocca perché tutto quello che sento è un’enorme rabbia verso me stessa. Mi sento in difetto. Sono una traditrice.

«Se non ti piaccio. Non ti preoccupare. Farò in modo di piacerti. Farò di tutto perché cambi idea su di me. Voglio qualcosa di più dell’amicizia». mi dice con gli occhi sognanti e la posa sicura dalle spalle dritte e il mento alto.

Mi sento sopraffatta dal disagio. La sedia mi sembra fatta di lava liquida e sento il bisogno di scappare, non riesco a pensare altro che alle parole del mio capo.
“Vorrei fare ammenda”.

«Federico io…» boccheggio e deglutisco per allentare il disagio. «Mi dispiace».

So che dovrei perorare di più la mia causa, dato che gli ho fatto credere il contrario, ma non ho la forza di dire altro. E mi sento male per questo.

Federico mi osserva indecifrabile per un paio di secondi, poi annuisce in silenzio. Capisco che non gli vada bene, anch’io sono arrabbiata con me stessa, ma non posso mentirgli, e soprattutto non posso mentire a me stessa.

«Devo andare». Mi alzo di scatto. Ho bisogno di scappare da tutta questa tensione, dal silenzio, e rimettere in ordine le idee.

«Ti accompagno», si propone alzandosi a sua volta, ma muovo il capo con veemenza.

«No, ho bisogno di camminare», dico prendendo i fiori. «E, grazie per questi, sono stupendi».

“Ma non me li merito, entrambi lo sappiamo bene”.

Federico annuisce con lo sguardo ancora più adombrato e mi lascia andare.

Corro fino a casa, salgo le scale a due a due. Mi sento confusa e pesante, il dilemma se accettare o no la cena col mio capo mi sta spaccando a metà.

«Che bei fiori», dice una voce in cima alle scale, alzo la testa di scatto e mi fermo come se fossi stata colta in fallo.

Un giovane uomo dai tratti chiari mi sorride dalla cima. Ha i capelli biondissimi, sembrano quasi tinti, gli occhi scuri leggermente a mandorla e i tratti marcati. Indossa una polo blu elettrico e dei jeans neri. Ai piedi calza un paio di anfibi. È alto e muscoloso, la maglietta gli fascia le braccia.

Per un attimo resto muta, poi noto che nella mano destra tiene un paio di chiavi. “Forse è il nuovo vicino. Carmen me ne aveva parlato”.

Guardo i fiori che tengo in mano e poi di nuovo quell’uomo. «Questi? Sì, ma in realtà non me li merito», confesso salendo le scale, guardo di nuovo le chiavi che tiene in mano.

«Tu sei il nuovo vicino di casa vero?»
L’uomo sorride, toccandosi la nuca e guardando le chiavi.

«Eh già» sorride, assottiglia gli occhi come volesse mettermi a fuoco, e mi porge la mano. «Io sono James».

«Io sono Anna. Piacere di conoscerti», ricambio la stretta.

L’uomo mi sorride amabilmente. «Ci vediamo, allora. Buon pomeriggio», mi saluta, entrando in casa.

«Anche a lei». Rispondo cordialmente.
Entro in casa, Carmen è seduta sul divano con un libro in mano. Sta studiando per l’esame e non fa caso a me, che sgattaoiolo verso camera. La sua voce mi raggiunge: «Ti ho lasciato una cosa sul letto…»

Mi blocco e accigliata mi giro verso di lei, che alza gli occhi dal libro e gira la testa verso di me. «Nel caso tu decida di andarci». Aggiunge tornando con lo sguardo sullo studio.

Sicuramente sarà un abito o qualcosa del genere. Faccio un lunghissimo respiro, improvvisamente tutto mi ritorna nella mente e la decisione che mi dilania il petto da due giorni si intensifica facendo sì che anche il mio cuore incominci a battere frenetico nel mio petto.

«Non dovevi».
«Sì, invece». Risponde scialba.

Sospiro e mi avvio verso la camera. Disteso sul letto c’è un abito dalle spalline sottili di un chiaro beige. È così corto da non lasciare nulla all’imaginazione. Ha lo scollo quadrato e sul lato destro è arricciato in modo da creare delle pieghe simmetriche.

Sgrano gli occhi, quel coso mi coprirà a malapena il sedere. Lo raccolgo, la stoffa è morbidissima. È bellissimo, nulla di incredibile o esagerato, a parte il fatto che è dannatamente corto. Almeno il seno sarà coperto, spero.

«Bello ma non ho intenzione di metterlo!» le urlo dalla mia camera.

Sento il fruscio del divano e i passi leggeri della mia amica. Si ferma sulla soglia e mi osserva col sopracciglio alzato. «Se ci vai ti metti quello. Punto!»

Alzo gli occhi al cielo. «Appunto. Se, ci vado».

«Devi farti una doccia», il suo sguardo cade sul bouquet. «E i fiori mi piacciono, ma sono comunque dispiaciuta per Federico. È stato carino, in fondo». E se ne ritorna in soggiorno.

Mi passo le mani in volto, confusa, e imprecando a denti stretti mi avvio verso la doccia.

🥀🦋🥀

Il vestito mi fascia ogni cosa. Dopo aver litigato con Carmen sul metterlo o meno, ha vinto lei. Le ho detto che lo provavo e basta, e che non ero sicura se ci sarei andata o meno a quella dannata cena, ma ora che la mia amica sta rispondendo al citofono ho il corpo in allerta.

Mi sudano le mani e sento il respiro corto. Sposto una ciocca di capelli dietro l’orecchio, li ho solo asciugati col phon e mi sono messa un leggero stratto di mascara, non ho voglia di agghindarmi più di così, ma fisso le Louboutin nere di Carmen che mi chiamano dallo specchio.

Questo dannato abito è cortissimo, e lo scollo quadrato mi stringe i seni abbondanti facendo vedere una piccola porzione. Mi mette assai a disagio.

«Anna, è un autista!» mi informa la bionda.

Chiudo gli occhi indecisa sul da farsi.

“Non ho fatto altro che pensare al suo bacio, forse sarebbe meglio chiudere qui il discorso. E poi devo convincerlo a lasciarmi andare un po’ prima dal lavoro. Sto facendo tutto questo per liberarmi di lui”.

Deglutisco, mi siedo sul letto con un tonfo e indosso velocemente le scarpe. Prendo il cappotto nero per proteggermi dal freddo di fine marzo ed esco in corridoio. La mia amica mi fissa con la bocca mezza aperta.

«Mio dio, quanto sei bella», mi dice battendo le mani con gli occhi sognanti.

Arriccio le labbra e alzo gli occhi al cielo. «Ti trovo a casa tra mezz’ora?»

Carmen mi fissa alzando il sopracciglio. «Non ho intenzione di stare più di mezz’ora con lui».

La mia amica annuisce, per nulla convinta. «Io esco, stasera. Ho un ritrovo con le ragazze del mio corso. Tornerò a casa tardi».

«Ok, non tornerai a casa stasera. Ho capito».

Carmen fa spallucce. «Tu, divertiti. E se non ti piace, tornatene a casa, oppure chiamami, non esitare di chiamarmi se hai bisogno di me, intesi?»

Annuisco, sorridendole appena. «Sì, mamma».
Sorride.

Esco dal palazzo, Brad mi attende, vestito alla perfezione, vicino a una macchina nera dai vetri fumé. Si mette sull’attenti e mi saluta. «Buonasera signorina Giordania».

Faccio un lungo respiro e rispondo sulle spine, sento il bisogno di tornarmene a casa. Tutto questo è assurdo.

“Perché sto andando incontro a qualcosa per cui non sono minimamente preparata?”

L’uomo calvo mi apre la portiera: «Prego, signorina».

Deglutisco, e osservo da fuori il sedile posteriore in pelle scuro, indecisa se tornare indietro e mandare a fanculo il mio capo, oppure dargli una possibilità di fare ammenda.

“Lui mi ha baciata, lui…”.

Monto in macchina con un balzo prima di cambiare idea, il cuore mi batte veloce nel petto e arriccio le dita dei piedi con lo stomaco perforato da una voragine.

L’autista chiude la portiera, si mette al posto di guida e dopo avermi dato un’occhiata dallo specchio retrovisore, parte.

“Ora sono nelle mani di dio. Oppure nelle mani del diavolo”.

༺SPAZIO AUTRICE ༻
Spero che la vostra curiosità abbia alla meglio, perché non avete proprio idea di ciò che vi aspetta nel prossimo capitolo
🔥🥀🔥🥀🔥
Vostra per sempre
💜Kappa_07💜

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