9. Dove si prendono le distanze
Indagai lo sguardo di James, per assicurarmi che la mia presenza non fosse più necessaria.
Il mio amico si teneva un fazzoletto di cotone premuto sul naso sanguinante. Con voce ovattata mi esortò: «Vai da lei, non voglio che resti da sola».
Annuii e mi diedi all'inseguimento della mia migliore amica, fuggita mezzo minuto prima con le lacrime agli occhi e il cuore spezzato. Ed era tutta colpa mia. Avevo lasciato che quella tragedia accadesse quando avevo il potere anche solo di limitarla. Una brava persona li avrebbe fermati, un mostro no, evidentemente.
«Lily!» la chiamai vedendola correre per la collina. Lei tentò di ignorarmi e accellerò il passo, ma un sasso si trovava nel posto sbagliato del suo cammino e si ritrovò carponi per terra.
Le corsi accanto e mi inginocchiai al suo fianco, preoccupato. «Lils...» mormorai piano. Non alzò lo sguardo, anche se vedevo bene le lacrime gocciolare sulla gonna dell'uniforme.
Batté il pugno a terra con rabbia, lasciando andare un gemito di esasperazione.
Era troppo per me: vederla in un tale stato di vulnerabilità, sentirmi responsabile, la preoccupazione per lei e per James. Era troppo per sentirlo in un solo momento, perciò feci l'unica cosa che mi pareva sensata: la abbracciai, forte, tenendola stretta.
Dopo un primo momento di opposizione, iniziò a singhiozzare sul mio petto. «Severus non mi avrebbe mai chiamata in quel modo» disse tra le lacrime. «Mai, non lo avrebbe mai fatto».
La strinsi ancora di più, incapace di formulare una vera risposta. Sembrò bastarle, perché la sentii sospirare e rilassare le spalle. Senza ancora sciogliere l'abbraccio, le domandai: «Lils, come posso aiutarti?».
Lei sospirò di nuovo. «Mi stai già aiutando, Rem» disse con dolcezza. Esitò. «Però, in realtà ci sono due favori che voglio chiederti».
Io annuii, se in quel momento mi avesse chiesto di buttarmi dalla Torre di Astronomia non ci avrei pensato due volte.
«Il primo è sgattaiolare con me nelle cucine per una cioccolata calda clandestina» spiegò.
Le sorrisi: «Accordato».
Lei ricambiò il sorriso, ma dai suoi occhi capii che il secondo favore non mi sarebbe piaciuto.
«Il secondo è...»
❁❁❁
«Ha detto davvero così?» domandò James.
Aveva una pessima cera: la lente sinistra degli occhiali era crepata, il naso era stato sistemato, ma una macchia violacea sulla parte del setto.
«James, mi dispiace» risposi mestamente. Eravamo nel dormitorio, ognuno sdraiato sul proprio letto mentre il sole calava fuori dalla piccola finestra. «Reparo» aggiunsi, concedendogli almeno la dignità di vederci pur nella sventura.
Lui scosse la testa senza nemmeno registrare il cambiamento. «Non è colpa tua, Rem. Credi che se provassi a parlarle cambierebbe idea?». La punta di speranza nella sua voce faceva male solo a sentirla.
Stavo per rispondere, dirgli di lasciarle del tempo prima di cercare un dialogo, ma ovviamente Sirius doveva mettersi in mezzo.
«Mi pare una splendida idea. In fondo quanto può essere seria la situazione se manda Moony a dirti di "starle davvero alla larga" e "fingere che lei non esista"» disse con forte sarcasmo.
Lo fulminai con lo sguardo, per poi tornare a concentrarmi su James. Non sembrava che le parole di Sirius lo avessero davvero raggiunto, oppure aveva deciso di ignorarle fissando il telo rosso del baldacchino. Alla fine si tolse gli occhiali per sfregarsi gli occhi. «Se è questo che vuole, non le darò più fastidio». Nel tono non c'era amarezza, solo rassegnazione.
Noi malandrini sapevamo che James non infastidiva Lily Evans per il semplice gusto di farlo, o almeno, non soltanto per quello. Non ci permettevamo nemmeno di scherzarci sopra.
Sirius si alzò, sbuffando. «Peter, lasciamo 'sti due a piangere come fighette e cerchiamoci qualcosa di meno noioso con cui occupare la serata» disse annoiato. "Ma è possibile essere tanto imbecilli?" pensai. "Però ha dei bei capelli" fu il pensiero seguente, di cui mi pentii all'istante, perché mi ricordavo più che vagamente di essere stato baciato da quel ragazzo non meno di una settimana prima.
Lo stavo fissando, come un povero idiota, e lui se lo stava godendo, come uno stronzo. Addirittura ammiccò con il suo tipico ghigno befferdo. «Ci si vede, Lupin, James». Ed era fuori di lì.
«Moony, stai bene? Sei tutto rosso» mi chiese James. Io tossì forte. «Solo un attimo, torno subito».
Scesi di corsa le scale che portavano alla Sala comune di Grifondoro, dove venni placcato da tre ragazzi del secondo anno. «Lupin, avevi promesso di aiutarci in Incantesimi» mi ricordò uno di loro, come se non mi ricordassi alla perfezione ogni promessa fatta. «Lo so, Laurie, lo so. Ma ora sono di corsa, quindi se volete scusarmi...». Scivolai via, verso l'apertura del ritratto.
Sirius era appoggiato alla parete di marmo appena fuori, con un ghigno e una sigaretta tra le labbra. Peter sembrava essersi volatilizzato. Sarebbe stata l'occasione perfetta per dire quel che avevo da dire, se solo avessi saputo cosa. Ero corso lì perché gli dovevo parlare, ma ora che Sirius era con me, solo, non me la sentivo più di tanto.
«Sapevo che mi avresti seguito» ridacchiò senza nemmeno guardarmi negli occhi, e questo bastò ad indicarmi cosa stessi facendo sul pianerottolo con Sirius Black.
«Stammi a sentire, Black» iniziai. La nota dura nella mia voce bastò a fargli calare le spalle di cinque centimetri. «Non so cosa pensi di star facendo, ma non mi piace. Non mi piace per niente».
Per un istante mi guardò smarrito, solo un istante. «Di cosa stai parlando?» domandò annoiato. «Volevi che restassi anche io a piangere sulla vita sentimentale di James? Continua a sognare, perché io lì non ci torno finché James non si trova un buon motivo per frignare».
Dovetti fare un respiro profondo prima di parlare. «No, sai benissimo di cosa sto parlando. Di noi due».
«Mi stai confessando il tuo amore disperato, Moony?». C'era un sorriso ironico nel suo tono e sul suo viso che mi fece stringere i pugni. «Perché in quel caso, sono costretto a ricordarti che sto uscendo con quella biondina corvonero».
Persi la pazienza. Lo inchiodai al muro, parandogli tutta la mia altezza davanti. Ora doveva portare lo sguardo in su per guardarmi negli occhi. Eravamo tanto vicini che lo sentii deglutire. «Ai tuoi giochetti non ci sto più. Sono due mesi che non fai altro che mandarmi frecciatine e sguardi languidi, Sirius. L'altra sera mi hai baciato di fronte a James e Peter, per l'amor del cielo».
Lo lasciai andare e feci un passo indietro. «Prenditi cinque cazzo di minuti per riflettere su cosa provi e fai un fischio quando vuoi parlarne, io me ne vado». E infatti me ne andai, lasciandolo solo e scosso sul pianerottolo. Sirius Black non era più un mio problema.
🏳🌈Spazio autrice🏳🌈
Non io che proietto la mia frustrazione emotiva su Remus, perché una bella puella si è comportata come Sirius. Bella a tutti rega, grazie per l'attenzione. C'è ancora un capitolo che devo correggere, poi temo che il nostro viaggio giunga al termine:(
-Linda💫
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