4. Dove un cane dorme nel letto di Sirius

1 maggio 1976, ore 7:30

Alla tenera età di sedici anni potevo fieramente affermare di possedere una mentalità straordinariamente aperta. Questo lo dovevo a quasi cinque anni di sopportazione, in cui avevo visto letteralmente di tutto.

Perciò, quando domenica mattina mi alzai e vidi un cane nero nel letto di Sirius, quasi non ci feci caso, perché 1) la sera prima Sirius era abbastanza ubriaco da portarsi a letto un cane randagio, e 2) ero ancora troppo addormentato per rendermi conto che a scuola non sono ammessi cani.

Lo contemplai per due minuti abbondanti, studiandone la figura ed il pelo scuro (colore che mi pareva stranamente familiare), per rendermi conto dell'anormalità della faccenda.

«Ragazzi, qualcuno sa dirmi cosa ci fa un cane randagio nel letto di Sirius?» domandai con voce ancora impastata dal sonno.

I miei compagni di stanza non diedero segni di vita, perciò ripetei a volume più alto: «Perché c'è un cane nel letto di Sirius?».

Frank, udendomi, si alzò sui gomiti di scatto. «Oh no, non di nuovo...» borbottò in tono esasperato prika la testa sotto al cuscino. Aveva detto "di nuovo"? Era già successo? Perché non mi ricordavo?

«Frank» lo chiamai, in cerca di risposte. Lui non spostò la testa da sotto il cuscino, ma lo sentii mugugnare: «Non chiedere, mi hanno fatto giurare di non dire una parola».

Quello fu il momento in cui iniziai, gradualmente, ad arrabbiarmi.

Dunque, mi alzai e diedi uno scossone a James: «Svegliati» gli dissi «Hai tre secondi per dirmi perché diamine ci sia un cane nel letto di Sirius. E non ti conviene non rifilarmi delle balle».

James si infilò gli occhiali, biascicando un paio di "Di cosa diavolo parli?", ma quando vide il cane si bloccò. Strabuzzò gli occhi e sorrise. «Ce l'ha fatta, la lumaca» ridacchiò tra sé.

«James, cosa stai dicendo? Dov'è Sirius?» chiesi, sempre più irritato per la mancanza di risposte. Lui scoppiò a ridere. «Sirius è proprio lì» rispose, apparentemente esilarato la faccenda davvero esilarante.

Io guardai di nuovo il letto di Sirius, come se il proprietario potesse esservi materializzato in quel momento, ma ovviamente non lo trovai. «Mi prendi in giro?».

Lui capì che avevo attivato la modalità "potrei staccarti il cranio" (modalità che conosceva benissimo), perciò si trattenne dal ridere e spiegò: «Il cane».

Portai lo sguardo sull'intruso animale: «Sì, c'è un cane, lo vedo. Il problema è proprio quello: perché c'è un cane?». Ero sull'orlo dell'isterismo e sentivo che la faccenda stava per precipitare. Infatti...

«No, Rem, Sirius è il cane» disse.

Mi ci vollero alcuni secondi per processare l'informazione, a seguito dei quali mi ritrovai ancora più confuso di prima: «Ma sei impazzito?».

Doveva essere uscito di testa se dava come ovvio il fatto che il suo migliore amico fosse un cane.

Lui scosse la testa e, dopo aver afferrato uno dei suoi cuscini, lo scagliò contro il povero animale, che si svegliò di soprassalto alzandosi sulle quattro zampe.

«Bene, ora lanciamo cuscini al cane, perché no?» sospirai.

Il randagio ci lanciò uno sguardò decisamente poco animale e ringhiò, infastidito dal buongiorno ricevuto. Sembrò sorpreso dal suono del suo stesso ringhio, perché riprovò un altro paio di volte, valutando quali suoni fosse in grado di produrre.

«Sì, Sirius, tra tutti gli animali di questo mondo sei diventato un cane» disse James, divertito dal comportamento della bestiola.

Pensai davvero che fosse impazzito, perché l'unica altra possibile spiegazione non poteva essere contemplata razionalmente, tanta era l'incoscenza che essa necessitava.

Poi mi ricordai che si trattava di James e Sirius, e fui colto dal panico.

«No -dichiarai in tono deciso-, non lo avete fatto. James, dimmi che non è diventato un Animagus».

Era dal secondo anno che blateravano di voler diventare Animagi, ma non li potevo prendere sul serio.
Credevo che parlassero a vanvera tanto per dar aria alla bocca, in fondo lo facevano tanto spesso che era ormai difficile capire se scherzassero o meno.

James appiattì le labbra in una riga sottile, rimanendo in silenzio mentre sosteneva il mio sguardo.

«Be', ecco...» iniziò in tono pacato, ma fu interrotto da un suono come di scoppio. Il suono proveniva dal cane, ossia da Sirius, il quale era appena riapparso sul suo letto, con i soli boxer indosso.

Rosso come un papavero, distolsi lo sguardo (a fatica).

Oltre all'imbarazzo, però, sentivo crescere in me rabbia e frustrazione, dovute alla consapevolezza che quei due avessero fatto qualcosa di grave, addirittura sul piano legale.

«Benissimo, ora Sirius è un Animagus...» dissi, pronto a portare avanti una cocente invettiva. Peccato che altre terrificanti verità dovessero ancora essermi svelate.
Infatti, Peter timidamente mi interruppe: «Ehm, Rem, lo siamo tutti».

Alzai le sopracciglia, allibito. «Anche Frank?!» esclamai fuori di me.

Il diretto interessato alzò le mani in segno di innocenza. «No, giuro di no. Sono solo un innocuo spettatore» si difese in tono spaventato. Sorvolai sul termine "innocuo", applicabile al dato contesto solamente in parte, e mi sedetti sul bordo del mio letto.

«Cosa vi è saltato in mente? Avete idea di che cosa poteva succedere e di cosa potrebbe succedere ora se vi scoprissero?» domandai, deluso.

Sentii James fare segno a Frank di andarsene, per poi sedersi di fianco a me.

«Rem, eravamo (e siamo) disposti a correre il rischio. Sai benissimo il perché» mi disse a voce bassa, con un'amichevole dolcezza che gli era implicitamente tipica.

Peter e Sirius, che aveva avuto la minima decenza di infilarsi dei pantaloni, si posizionarono sul letto, ancora in silenzio. Anche a me sarebbe piaciuto rimanere in silenzio, e da solo, a piangere.

«Non vi permetterò di venire con me, è fuori discussione» sentenziai serissimo.

Mi terrorizzava l'idea che i miei amici potessero vedermi in quello stato, quando in me non vi era più traccia di me, quando non avevo il controllo.
Io per primo non avrei voluto assistere allo spettacolo, figuratevi parteciparvi.

Sirius, seduto alle mie spalle, appoggiò il mento alla mia spalla. «Sai che puoi fidarti di noi, nelle cose che contano, vero?» domandò.

Io sospirai abbassando il capo. «Non è di voi che non mi fido» risposi mestamente.

«Oh, Remus...» sussurrò Peter. Gli lanciai un'occhiata.
«Non cerco la pietà di nessuno -precisai-, davvero, fatemi la cortesia di non provare pena per me. Dico solo che è un vero e proprio pericolo seguirmi voi-sapete-dove, e che non me lo perdonerei mai se...insomma, se succedesse qualcosa».

«Rem, sapevamo che l'idea non ti sarebbe piaciuta -disse allora James-. Però non possiamo lasciarti solo: siamo i tuoi amici».

Qualcosa al centro del petto si sciolse alle sue parole, costringendomi ad abbassare lo sguardo.

«Non ti sarai commosso, eh, vecchio romanticone?» mi stuzzicò Sirius, dopo aver intravisto i miei occhi lucidi.

«Chiudi il becco, pulce» lo rimbeccai, mentre sfregavo l'orlo della manica sulle guance umide.

Quelle dimostrazioni di lealtà ed affetto erano state un po' troppo per il mio martoriato sistema emotivo. Mi sentivo patetico, anche se non sembrava che i miei amici se ne stessero scandalizzando.

Anzi, in men che non si dica mi ritrovai stretto in un abbraccio di gruppo, abbraccio di cui avevo decisamente bisogno.

Sorrisi, sinceramente dal profondo del cuore, e mi abbandonai al momento, mormorando solamente: «Grazie».

❁❁❁

🌻sᴘᴀᴢɪᴏ ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ🌻

Mi auguro vivamente che il capitolo sia leggibile perchè l'ho riletto due volte, senza riscriverlo (abbiate pietà di me, sto studiando come una deficiente).

Da notare che ho inserito le premesse alla Wolfstar ;)

Spero che vi sia piaciuto, e se così fosse vi invito a lasciare un commento e una stellina.

Grazie infinite dell'immeritata attenzione e alla prossima, carissim*

Linda si congeda( ˘ ³˘)♥︎

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