2. Nel quale Lily finge di credere a due bugie
29 aprile 1976, ore 8:35
Nel religioso silenzio dell'Infermeria, Remus dormiva profondamente. La testa fasciata ed incerottata che poggiava su una pila di cuscini candidi. L'aspetto non era dei migliori: gli occhi affondavano in cerchi scuri, graffi e piccoli tagli spiccavano sulla fronte e sugli zigomi.
Con amichevole affetto gli carezzai i capelli color nocciola. "Povero Rem" pensai "Chissà cosa ti è successo 'sta volta". Mi faceva una tenerezza infinita.
E proprio quando credevo di aver raggiunto il culmine della tranquillità, la porta venne spalancata dall'inimitabile grazia di un giovane troll di montagna. Più precisamente, sperai con tutta me stessa che si trattasse di un giovane troll di montagna, ma ovviamente non ebbi fortuna.
«Oh oh, abbiamo compagnia» commentò Sirius Black con uno dei suoi caratteristici ghigni da completo imbecille quale era.
«Abbassa la voce» gli intimai in un adirato bisbiglio «Remus dorme».
In risposta lui roteò gli occhi, nell'infantile convinzione di non essere nel torto, e sbuffò.
Mi ci volle una discreta dosa di autocontrollo per trattenermi dal staccargli la testa.
Salutai Peter con relativa cortesia ed utilizzai le mie restanti energie nel fingere di non udire gli insistenti "Ehi, Evans" di Potter.
Per anni ero stata abbastanza ingenua da credere che si sarebbe stancato di tormentarmi per capriccio. Mi sbagliavo di grosso.
«Ehi, Evans» ripeté per la quarta volta «Stavo pensando -qui si passò una mano tra i suoi ridicoli ricci-, stavo pensando che venerdì sono libero per una burrobirra con te ai Tre Manici di Scopa. Solo noi due, capisci?».
Mi costrinsi a fare non uno, ma ben due respiri profondi prima di rispondergli, per evitare di cadere nel turpiloquio.
«Potter, spero che tu voglia farti entrare nella testa che non uscirei con te nemmeno se fossi l'ultimo mago rimasto sulla terra. Non mi piaci, non sono interessata a te, non mi stai nemmeno simpatico. Quindi, fammi una cortesia e levati di torno» conclusi, brutale. Black, al suo fianco, trattenne una risata.
Per un secondo fui certa di scorgere dell'autentico dispiacere nei suoi occhi, ma durò solamente un secondo. Infatti, tornò alla carica: «Va bene, Evans, pensalo pure se ti fa sentire meglio. Ma sappiamo entrambi che sei una bugiarda patentata».
Sentii il sangue affluire alle guance per la rabbia. Non riuscivo nemmeno a capacitarmi della sua sconfinata spudoratezza. Di nuovo, dovetti inspirare a fondo. «A volte mi chiedo, Potter, se sei davvero così tanto stupido o se fingi per mantenerti al centro dell'attenzione».
Probabilmente era sul punto di ribattere con qualcosa di ancora più sfacciato, ma la voce di Remus lo precedette: «Fidati, Lils, si finge meno stupido di quanto sia in realtà» disse mettendosi seduto tra gemiti di dolore mal trattenuti. «James, devi davvero imparare a regolare il volume della voce» aggiunse in tono di bonaria predica.
James rise e gli si sedette accanto. «Come stai, vecchia roccia?».
Mi colpì il cambio radicale nell'atteggiamento di Potter, quasi irriconoscibile nei panni dell'amico affezionato.
Remus forzò un sorriso. «Sono stato peggio di così» rispose, rassegnato ma senza amarezza. Mi trattenni dal chiedergli cosa intendesse dire, limitandomi ad osservarlo mentre staccava un generoso pezzo di cioccolata dalla tavoletta conservata sul comodino. «Ora, va meglio» ci comunicò con la bocca ancora piena.
«Ah, quasi dimenticavo» esclamai all'improvviso. Rovistai nella borsa in pelle colma di testi scolastici e pergamene arrotolate, fino ad estrarne un tomo un po' maltrattato che porsi a Remus. Riconosciuto il libro, sorrise raggiante. «Sei la migliore» mi ringraziò, iniziando già a sfogliare le prime pagine con curiosità. Si trattava del Conte di Montecristo, un romanzo babbano.
«Quando vuoi, Rem» risposi. «Comunque, abbiamo Erbologia in meno di dieci minuti e le serre si trovano dall'altra parte del castello» feci notare alla banda di Potter, che mi seguì dopo aver promesso all'amico una visita a lezione concluse.
Chiuse alle nostre spalle le porte dell'Infermeria, dissi: «Ricordatemi un'altra volta perché Remus è ridotto così». Mi infastidiva dover chiedere informazioni a soggetti come Potter e Black, ma la curiosità (e la naturale preoccupazione) aveva avuto il sopravvento.
Peter si grattò la nuca, balbettando, poiché mi ero istintivamente rivolta a lui nella speranza che fosse più lesto dei suoi amici. Com'era da aspettarsi non riuscì a formulare una frase di senso compiuto, perciò Black si sentì autorizzato ad intromettersi: «Vedi, Evans, il nostro Remus soffre di una condizione genetica ereditaria che gli causa terribili attacchi -tipo epilettici- almeno una volta al mese. Dunque, quando gli capita in luoghi come le scale, tende a rimanerci rotto come un uovo a colazione».
La spiegazione era così palesemente inventata da farmi quasi scappar da ridere, ma mi morsi la lingua senza controbattere.
❁❁❁
Ad Erbologia mi posizionai accanto a Severus per raccontargli di una lettera che mi avevano mandato i miei genitori, in cui mi chiedevano come stessero andando i suoi esperimenti di pozioni. Ma in pochi secondi mi accorsi che non mi stava minimamente ascoltando.
«Sev, tutto bene? Ti vedo assente» chiesi con dolcezza.
Lui non rispose subito. Prima diede una rapida occhiata ai suoi compagni di casata, poi scosse la testa. «Va tutto bene -disse-. Stavo solo pensando alla partita di domani».
Mentiva, mentiva spudoratamente. Ma, per la seconda volta quel giorno, mi morsi la lingua senza controbattere.
❁❁❁
🪄sᴘᴀᴢɪᴏ ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ🪄
Non so nemmeno cosa sto pubblicando, dunque perdonatemi se il capitolo pare il delirio di un pazzo (è la seconda stesura ricontrollata e corretta in sette minuti e dieci secondi).
Spero che sia meno terribile di quando mi sembra ฅ^•ﻌ•^ฅ
Se apprezzate almeno lo sforzo, lasciate una stellina o un commento, muchos gracias.
Ci si rivede tra sette giorni, amici miei;)
𝐏.𝐒. all the love for the bday boy, che nel racconto oggi era un po' ammaccato🎂🍫🎉
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