1 - Loxar

Era mattina presto a Magnolia, la famosa città dei peccatori. Il freddo di Gennaio faceva tremare tutti coloro che camminavano per le strade. Il cielo era lievemente grigio, a causa delle nuvole. Non dava per niente carica alla giornata.

Rain, un bambino dai capelli corvini e due grandi occhi blu, alzò il naso verso l'alto e soffiò solo per vedere il vapore che si disperdeva nell'atmosfera. A lui piaceva molto il freddo.

«Ehi» sua madre, ventenne dai capelli turchini che le cadevano mossi sulle spalle, gli sorrise piegandosi alla sua altezza «ci andremo un'altra volta, okay?»

Lui abbassò il capo, per lanciarle un'occhiata dispiaciuta «dici sempre così» brontolò mettendo le mani nelle tasche del giubbotto.

Davanti a loro vi era il grande cancello della scuola elementare di Magnolia: Fairy Tail School. Aveva le mura colorate, molto in contrasto con quel cielo cupo e con le strade segnate dal pianto delle nuvole.

«Hai ragione» sorrise tristemente la giovane donna «neanche a me piace stare sempre lontano da te» il telefono della turchina cominciò a squillare nella tasca del suo giubbotto nero.

Il bambino sbuffò, andava sempre a finire così. Distolse lo sguardo verso i suoi compagni che entravano nell'istituto.

La donna trattenne un'imprecazione e si alzò per poi cacciare il suo telefono «scusa, non dimenticarti che viene a prenderti papà oggi»

Rain sgranò gli occhi «sul serio!?» si girò di scatto mentre sua madre sospirò prima di accettare la chiamata e fargli segno di entrare a scuola.

Il bambino serrò la mascella e cominciando a borbottare una valanga d'insulti si avviò verso la sua scuola senza neanche ricambiare i saluti dei suoi amici. Non aveva mai sopportato suo padre, e si sentiva anche in colpa per quel motivo. Ma quell'uomo era un citrullo pieno di sé.

La turchina infilò una mano nella tasca camminando verso la sua auto con il telefono sull'orecchio «che cazzo vuoi?» sbottò cercando impazientemente le chiavi.

«Che mammina dolce» ridacchiò l'uomo all'altro capo del telefono.

«Dimmi per quale motivo mi hai chiamata o ti raggiungo solo per romperti le ossa» imprecò un'ultima volta prima di trovare finalmente le chiavi e aprire la sua auto.

L'uomo rise ancora, prima d'inumidirsi le labbra «quanto t'interessano gli omicidi ambigui, Detective Loxar?» sorrise girandosi verso una lavagna trasparente su cui erano attaccate delle foto.

«Dimentichi sempre che lavoro da sola e che odio la polizia di Magnolia, Cobra» si sedette al sedile del guidatore mettendo in moto, tenendo il cellulare poggiato tra la spalla e l'orecchio sinistro.

«Tre omicidi in una settimana» disse il poliziotto prima che la Loxar potesse riattaccare.

La donna assottigliò lo sguardo afferrando il telefono con la mano «no! Non provare a fottermi»

Un piccolo sorrisetto comparve sul viso dell'uomo all'altro capo del telefono «uccisi dall'interno» tintinnò

La turchina si morse il labbro per resistere «ciao, Cobra» stava per riattaccare.

«Organi completamente sciolti!»

«Cazzo» riportò il telefono all'orecchio, i casi intriganti e fuori dal normale riuscivano sempre ad attirare la sua attenzione «dammi cinque fottuti minuti» staccò la chiamata per poi lanciare il telefono nel sedile accanto.

Guidò fino a raggiungere il distretto di polizia, un tempo anche lavorava come detective in quel posto, prima di abbandonare e lavorare in modo privato senza nessuno che la controllasse o che le impedisse di agire da sola.

Scese dalla macchina sbuffando, chiuse la portiera con un colpo secco e schiacciò il tasto sulle chiavi di chiusura a distanza mentre camminava. Fissò la grande scritta bianca sul cartello azzurro: Dragon Force Police Magnolia.

«Che stronzata» sbottò aprendo la porta subito dopo, gli sguardi dei poliziotti alla scrivania e in piedi nella stanza balzarono sulla turchina che camminava per raggiungere l'ufficio dell'Agente Erik.

Infastidita, si girò per fulminare i presenti «che avete da fissare!?» sbraitò. Loro tornarono a fare quello che stavano facendo dopo essere sobbalzati «corrotti figli di puttana» borbottò avvicinandosi alla porta dell'ufficio.

«Juvia Loxar!» un'uomo dai capelli castani si alzò dalla sedia in pelle nera avvicinandosi alla ragazza «sapevo che non mi avresti deluso»

Juvia alzò un sopracciglio fissandolo in malo modo «fottiti, Cobra» scandì bene le lettere restando sull'uscio della porta.

Un altro uomo, dai capelli corvini, una cicatrice che attraversava il suo occhio destro e le iridi cristalline, si alzò con l'espressione seria.
«Adesso che è qui, Detective, può dare un'occhiata alle questioni serie?» fulmino un attimo Cobra prima di indicare la lavagna con attaccate le foto degli omicidi.

La Loxar alzò entrambe le sopracciglia passando lo sguardo dal moro al corvino.
L'Agente Erik si passò una mano sui capelli ridacchiando «lui è il poliziotto cattivo io sono quello buono»

«Quello coglione» sbottò la turchina prima di avvicinarsi alla lavagna per osservarla attentamente.

Il moro alzò gli occhi al cielo raggiungendo la lavagna.

Il corvino prese parola «Abbiamo tre omicidi avvenuti allo stesso identico modo, posti completamente differenti, nessun'arma del delitto...»

Juvia assottigliò lo sguardo per concentrarsi sulle foto «causa delle morti?»

«Organi interni completamente sciolti, sembrerebbe acido ma deve essere stato ingerito per forza e non sembrano esserci segni di lotta o torture»

«Come se avessero bevuto per loro volontà?»

Cobra si passò una mano sul viso «si ma non c'è nulla nella zona che può essere collegabile all'acido, nulla da cui poterlo ingerire. Sembrerebbe impossibile»

«Ci sono tante cose apparentemente impossibili in questo mondo, in questa fottuta città» sbottò allontanandosi dalla lavagna.

«Parli dei supereroi?» esclamò il corvino confuso.

La turchina si fermò prima di uscire, sorrise beffarda, forse anche amareggiata.
«stronzate» bisbigliò «non esistono gli eroi, solo gente strana che crede di poter fare la differenza» poggiò la mano sulla maniglia, da quel momento in poi avvertiva che sarebbe cambiato tutto da una singola scelta. L'avvertiva nelle vene. Eppure quale sarebbe stata la scelta giusta, sempre se ne esisteva una.

«Quindi che fai? Ci aiuti» Cobra fece un passo avanti guardandola seriamente, cosa che capitava poche volte.

Juvia si voltò e prima di aprire la porta a vetro disse «la polizia mi fa schifo e questo caso... nah... non è per voi» andò via lasciandoli lì, appesi e confusi.

Ma la Loxar non scelse di andare via, non era da lei, quel caso l'aveva particolarmente colpita ma era sempre stata una solitaria. Perciò sgattaiolò nel laboratorio della scientifica, dove era sicura ci fossero ancora i due corpi.

Lì trovò una donna con un camice bianco, aveva i capelli castani raccolti com una pinza verde. Indossava un paio di occhiali e stava osservando attentamente un fascicolo mentre accanto a lei vi era un microscopio e altri attrezzi da laboratorio.

«Ciao» Juvia fece una vocina acuta, si era aggiustata i capelli e aveva sbottonato il giubbotto mostrando il suo maglione blu scollato. Aveva un piano e sperava solo che potesse funzionare.

La castana alzò il capo mentre sul cartellino del camice vi era scritto Evergreen «come posso aiutarla?»

La turchina fece un sorriso finto «ecco, io e l'Agente Erik siamo amici... intimi» fece un passo avanti «lui ha davvero una strana fantasia sul farlo in posti inusuali e credo di aver lasciato un oggetto personale nell'obitorio» si morse le labbra carnose prima di sorridere ancora.

La castana ricambiò il sorriso «oh! Lei deve essere Sally, l'Agente Erik me ne ha parlato, la porta e aperta signorina»

Juvia cercò di non mostrare la sua confusione e fece un altro sorriso «grazie» si avvicinò a passo spedito entrando nella stanza dove vi era una puzza orribile. Si chiedeva come facessero a lavorare lì dentro.

Sally, eh? Pensò ridacchiando. Scosse il capo e si avvicinò ai due corpi, le era venuto subito qualche sospetto. Come poteva l'acido danneggiare solamente gli organi interni? Senza neanche sfiorare lo strato esterno, o la gola?

Poi osservò le braccia dei due uomini adulti, le loro vene erano evidenti e brillavano. La ragazza alzò le sopracciglia. Avevano qualcosa di speciale. Sicuramente anche chi li aveva uccisi.

Si guardò intorno, prima che la sua attenzione venne catturare da un mobile a cassetti. Cominciò a frugare attentamente, alla ricerca dei fascicoli giusti.
«Bingo» cacciò quello appartenente a uno dei due uomini, purtroppo mancava il secondo, quello che probabilmente aveva la scienziata, però le andava bene anche solo quello.

Doveva solo trovare il modo per trasportarlo senza dare nell'occhio, si guardò ancora intorno. Doveva pur esserci qualcosa. A quel punto vide una borsa era viola e molto grande, l'avevano buttata in un angoletto della stanza.

Juvia si avvicinò e frugò al suo interno trovando un documento, c'era una ragazza dai capelli viola e una maglietta verde "Sally Donovan" era davvero fatto bene ma alla turchina non sfuggì che doveva trattarsi di un documento falso.
«Complimenti, Cobra. Sei davvero un poliziotto attento»

Infilò il fascicolo nella borsa e se la mise sulla spalla uscendo velocemente dalla stanza. Sorrise alla donna castana e si affrettò a sgattaiolare fuori dal distretto sperando che i due poliziotti non si accorgessero di lei.

Salì in macchina posando la borsa sul sedile del passeggero e afferrò il suo telefono, precedentemente lasciato lì.
Le erano arrivati diversi messaggi.

Da Gajeel:
Qualcuno è entrato in casa tua.

Sono impegnato non posso controllare, lascio a te il lavoro sporco.

Gajeel era il suo vicino di casa, ma spesso sembravano coinquilini dato che lui si piazzava sempre nella sua proprietà. Quando non c'era era sempre perché era andato a qualche festa, stava cercando lavoro, la sua ragazza tornava dal college.

«Cazzo» batté la testa contro il sedile prima di mettere in moto.

ᔕᑭᗩᘔIO ᗩᑌTᖇIᑕE
ʟᴏ sᴏ, ʟᴏ sᴏ. sᴄʀɪᴠᴏ ᴅᴇᴄɪsᴀᴍᴇɴᴛᴇ ᴛʀᴏᴘᴘᴇ sᴛᴏʀɪᴇ. ᴘᴇʀò sᴘᴇʀᴏ ᴄʜᴇ ᴠɪ ᴘɪᴀᴄᴄɪᴀ ᴄᴏᴍᴜɴǫᴜᴇ. ʜᴏ ᴅᴇᴄɪsᴏ ᴅɪ sᴄʀɪᴠᴇʀᴇ ǫᴜᴀʟᴄᴏsᴀ ᴅɪ ᴅɪᴠᴇʀsᴏ ᴅᴀʟ sᴏʟɪᴛᴏ.

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❏ ᴘᴇʀsᴏɴᴀɢɢɪ ᴏʀɪɢɪɴᴀʟɪ ᴅɪ ʜɪʀᴏ ᴍᴀsʜɪᴍᴀ
❏ ᴄᴀʀᴀᴛᴛᴇʀɪ ᴇ ᴠɪᴄᴇɴᴅᴇ ᴄᴏᴍᴘʟᴇᴛᴀᴍᴇɴᴛᴇ ᴅɪᴠᴇʀsɪ ᴅᴀʟ ᴍᴀɴɢᴀ/ᴀɴɪᴍᴇ
❏ ʟᴀsᴄɪᴀᴛᴇ ᴜɴᴀ sᴛᴇʟʟɪɴᴀ ᴇ sᴇɢᴜɪᴛᴇ ɪʟ ᴍɪᴏ ᴘʀᴏғɪʟᴏ ᴘᴇʀ ɴᴜᴏᴠᴇ sᴛᴏʀɪᴇ ᴇ ᴀᴠᴠɪsɪ
❗️ᴀᴛᴛᴇɴᴢɪᴏɴᴇ: ʟɪɴɢᴜᴀɢɢɪᴏ sᴄᴜʀɪʟᴇ, sᴄᴇɴᴇ ᴅɪ ᴠɪᴏʟᴇɴᴢᴀ ᴇ ʟᴜᴄɪ ʀᴏssᴇ

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