𝒀𝒖𝒏𝒉𝒐 𝒂𝒏𝒅 𝒉𝒊𝒔 𝒃𝒓𝒐𝒕𝒉𝒆𝒓

!!WARNING!!

Se c'è una cosa che ha reso bella l'infanzia di Yunho, è sicuramente suo fratello
minore Gunho. Avendo pochi anni di differenza, i due si erano sempre capiti molto, avevano due personalità molto simili e talvolta erano come collegati tra loro. Chiunque avrebbe potuto dire che fossero gemelli per via del loro essere molto uniti, ma non era così, il loro legame si era creato con il tempo, da piccoli, come tutti i bambini, avevano molti battibecchi, ma poi crescendo avevano imparato ad accettarsi a vicenda fino a diventare quasi inseparabili. Yunho aveva sempre avuto una famiglia unita, i genitori erano molto giovani e si amavano, vivevano in una piccola casa a Yeoju nella tranquillità di quella cittadina. Non erano ricchi, erano gente umile ma i soldi non gli mancavano, entrambi i bambini avevano frequentato le scuole locali ed avevano il loro gruppo di amici. Tutto andava per il meglio nella vita di quelle quattro persone.

Crescendo il legame tra Gunho e Yunho non era cambiato, alle scuole superiori, pur avendo classi diverse, passavano la maggior parte del tempo insieme e frequentavano lo stesso gruppo di amici.
Una volta il padre li porto a fare un viaggio a Seoul, per loro era importante poiché non c'erano mai stati, avevano sempre visto quella città come una meta irraggiungibile dato che i genitori preferivano la tranquillità della campagna al chiasso della città. La madre quel giorno restò a casa per lavorare mentre i tre maschi presero un treno che li condusse fino alla principale stazione della metropoli. Una volta là si trovarono spaesati, il padre c'era stato solo una volta in quella città ed era passato un po' di tempo, non si ricordava più le strade e le direzioni. Per quella giornata non fecero altro che andare in giro tra quelle strade affollate mentre i due ragazzi volevano entrare in ogni negozio di videogiochi che vedevano, quelli nella loro cittadina erano pochi e non avevano una vasta scelta, il padre accontentò entrambi comprandogli ciò che desideravano e quando arrivò la sera si ritrovarono a mangiare in un piccolo ristorante di ramen suggeritogli dalla commessa dell'edicola in cui l'uomo aveva acquistato un pacchetto di sigarette.

Tornarono alla stazione subito dopo aver mangiato per evitare di perdere il treno. Arrivarono a casa quando ormai era già notte trovando la madre preoccupata perché non si aspettava che tornassero così tardi. Quel giorno fu uno dei giorni più belli nella vita dei due ragazzi, entrambi si dissero che sarebbero tornati un giorno in quella città per trasferirvisi, gli piaceva vivere in campagna, ma la città aveva un fascino tutto suo che colpì l'animo dei due mentre le insegne colorate si riflettevano nei loro occhi stupefatti e meravigliati. Ma in fondo non tutti i sogni si avverano, molto spesso un sogno rimane per sempre un sogno, è bello immaginarlo, inventarlo, fantasticare su di esso, anche se rimarrà sempre e solo nella nostra testa.

Andava tutto bene fin quando un tornado si abbatté nella vita di quella famiglia, come una tempesta che passa e se ne va lasciando i suoi devastanti effetti. Così è stata la violenza subita da Gunho una notte d'estate. Si trovava in uno dei pub nella periferia di quella cittadina insieme al fratello, si stavano divertendo come spesso facevano. Insieme a loro c'erano anche dei loro amici molto stretti. Erano il classico gruppetto dei soliti amici che si ritrovavano sempre perché in quella cittadina c'erano solo loro. Ma non erano certo l'unico gruppo, infatti dei ragazzi di diversi anni più grandi giravano sempre per quelle strade, avranno avuto una ventina d'anni e si divertivano a bere e vandalizzare gli edifici pubblici. Nessuno aveva mai denunciato la cosa, solo qualche vecchietta stufa di trovare tutti i suoi fiori tagliati e le sue piante strappate da terra ogni mattina, ma nessuno le ascoltava.

Quella sera quel gruppo di teppisti era presente all'interno dello stesso pub dei ragazzini, naturalmente i loro genitori non sapevano nulla del fatto che frequentavano posti vietati ai minori, entravano solo perché erano amici del proprietario, il quale chiudeva un occhio. Avevano bevuto qualche birra e avevano scherzato tra di loro per tutta la sera, non erano ubriachi ma cominciavano a non avere più le idee chiare. Ad un certo punto Gunho uscì dal locale per prendere un po' d'aria, era estate e il caldo insieme al sudore e all'alcool dentro un locale così angusto faceva quasi soffocare. Appena mise piede fuori sentì una sensazione di sollievo immediato mentre veniva colpito da quella fresca brezza notturna. Si fermò lì a fumare e a riflettere prima di tornare dentro, quando sentì le voci di quelli che sapeva essere delle persone poco raccomandabili uscire dopo di lui, inalò un altro po' di fumo per poi rilasciarlo e vederlo sciogliersi nell'aria mentre continuava a dare le spalle ai quattro sperando che nessuno di loro gli rivolgesse la parola, ma non fu così. Poco dopo sentì dei passi avvicinarsi e una voce chiamarlo da qualche metro più in là «Ehi frocetto!» roteò gli occhi sapendo che non lo avrebbero mai lasciato in pace per il fatto che fosse gay e come lui anche il fratello, ma fino a quel momento si erano limitati alle parole e i due ci passavano sopra ogni volta non volendo discutere con delle persone del genere, ma questa volta sembravano avere altri piani.

Gunho si voltò buttando la sigaretta a terra per rientrare e tornare dai suoi amici, non voleva rimanere da solo con quelli. Ma uno di loro fu più veloce a prenderlo per il cappuccio della felpa e trascinarlo in fondo a quel vicolo buio e cieco, Gunho cercò di liberarsi in tutti i modi provando ad urlare ma uno degli altri gli tappò la bocca con la mano. Erano chiaramente tutti ubriachi e in pochi secondi il ragazzino andò nel panico non sapendo cosa fare, aveva paura di quelle persone perché in fondo lui aveva solo sedici anni e avrebbero potuto fargli qualsiasi cosa, però non si aspettava minimamente che sarebbero arrivati fino a quel punto. Venne sbattuto contro un grosso barile in plastica probabilmente vuoto ormai e si sentiva la testa schiacciata tra la superficie di questo e la mano di uno degli aggressori, si ritrovò con il busto piegato e l'angolo spigoloso del barile che gli entrava quasi nella pancia. «Ti conviene non urlare se non vuoi qualcosa di peggio» disse uno di loro sputandogli in faccia per poi fare cenno con la testa ad un altro che Gunho non riusciva a vedere. D'improvviso si sentì tirare giù i pantaloni e la sua pelle esposta all'aria pungente della notte «Che cazzo volete fare, LASCIATEMI!» provò a dimenarsi ancora una volta ma senza successo, erano in troppi e anche se fosse riuscito a liberarsi sicuramente non ce l'avrebbe fatta a scappare. Un colpo gli arrivò sulla nuca facendola sbattere ancora più forte contro la plastica, non poteva credere che fosse nudo davanti a tutti loro, si sentiva impotente e terrorizzato da ciò che sarebbe venuto dopo.

Quello che lo aveva chiamato giusto qualche minuto prima, adesso stava dietro di lui con un asta di ferro in mano a guardarlo con sguardo di disgusto, le mani di Gunho erano tenute bloccate contro il lato del barile da altri due uomini e lui non poteva sapere che quell'asta di ferro lo avrebbe perforato di lì a poco. Avrebbe voluto urlare, ma non riusciva a farlo, non abbastanza forte da essere sentito dalle persone chiuse nelle case, figuriamoci da coloro che si trovavano all'interno del locale con la musica. La paura gli aveva invaso il petto divorando ogni organo che riuscì a trovare, Gunho si sentì vuoto, senza più una ragione per continuare a lottare, non gli era stata posta scelta, avrebbe solo dovuto accettare ciò che stava per accadere e sperare che finisse al più presto, ma non poteva immaginare neanche lontanamente quanto sarebbe stato terribile.

Non passò molto che due mani si posarono sulle sue natiche e sentì un qualcosa di freddo sulla sua entrata «Dato che ti piace tanto» iniziò a respirare sempre più velocemente sentendosi soffocare, la paura lo stava facendo impazzire ed aveva bisogno sempre più di aria che non riusciva a prendere perché i suoi polmoni erano schiacciati contro la plastica blu. Dopo quella frase un dolore lancinante percorse tutta la sua spina dorsale, le sue labbra lasciarono uscire un interminabile urlo straziante e uno degli altri gli tappò la bocca. Chiuse gli occhi lacrimanti stringendo i pugni fino a perforarsi la pelle con le unghie mentre quell'asta fredda continuava a fare su e giù dentro di lui e tutti gli altri ridevano della sua sofferenza. Si sentiva sporco, non pensava di riuscire più a vivere dopo quello, desiderò di avere una qualsiasi arma in mano per porre fine alla sua esistenza, non voleva che nessuno lo vedesse da quel momento in poi come il povero ragazzo che era stato stuprato fuori un pub, voleva che tutto quello fosse finito presto e sperava di riuscire a nascondere la cosa. Ma naturalmente non puoi nascondere qualcosa che ti ha cambiato la vita, non se questa lascia segni così profondi nel tuo corpo e nel tuo animo.

In quel momento orrendo il fratello e gli amici uscirono per cercare il ragazzo che non era più tornato, Yunho cadde un ginocchio appena vide la scena, il suo fratellino con le lacrime che gli rigavano le guance mentre la sua faccia esprimeva nient'altro che dolore, avrebbe voluto aiutarlo, salvarlo da tutto quello, ma si sentì debole. Uno degli amici chiamò la polizia, e poi fu tutta questione di secondi, uno degli uomini si accorse dei sei ragazzi scioccati di fronte a quella scena, richiamò gli altri e senza pensarci due volte scapparono tutti a gambe levate buttando l'asta sporca di sangue a terra e lasciando che il povero ragazzo scivolasse distrutto sull'umido e sporco cemento di quella via. Yunho gli corse subito in contro e in quel momento la vettura della polizia frenò all'inizio della via, ma ormai era troppo tardi, i quattro erano già spariti e non rimaneva altro che le loro devastanti tracce. Un tifone che passa, distrugge, e nessuno si dimentica più.

Il ragazzo dopo ciò ebbe gravi problemi psicologici, venne portato in una clinica apposita e la felicità di quella famiglia venne eliminata per sempre. I genitori si pentirono di non aver controllato dove andassero i figli, e Yunho si odiava per aver lasciato che il fratello uscisse da solo fuori nel mezzo della notte. Si dava la colpa di tutto anche se gli altri gli dicevano in continuazione che non era colpa sua. Passarono gli anni, Gunho non stette mai meglio, quell'evento aveva aggravato una situazione psicologica di cui era affetto già in precedenza anche se nessuno lo sapeva. E intanto quegli uomini non avevano pagato niente per quello che gli avevano causato, e a Yunho questo non andava bene per nulla. Qualche anno dopo stava girando per la solita cittadina con l'auto, stava tornando a casa dalla clinica in cui era tenuto il fratello, andava trovarlo almeno una volta a settimana anche se avrebbe voluto farlo più spesso ma era impegnato con il lavoro e non riusciva. Proprio mentre svoltò una curva, vide su un marciapiede uno di quei quattro. Lo riconobbe. Era lui. Come poteva dimenticarsi di quel volto che lo guardò quella notte con ancora l'asta macchiata di rosso in mano.

Accelerò. Quella notte non era riuscito ad essere forte e difendere il fratello, ma adesso lo era, in ritardo, ma gliel'avrebbe fatta pagare. Avrebbe vendicato il fratello, fosse anche l'ultima cosa, lo avrebbe salvato, gli avrebbe dato motivo di continuare a vivere. Cambiò la marcia, schiacciò l'acceleratore e si avvicinò pericolosamente all'uomo che intanto stava camminando tranquillo. Uno sbaglio. Lo sbaglio che gli sarebbe costato la vita. Lo colpì in pieno. Perse conoscenza e un passante chiamò l'ambulanza, Yunho scappò senza scendere dall'auto, convinto di averlo ucciso, dopotutto gli era passato completamente sopra. Ma non era morto. Venne portato in ospedale e salvato, aveva perso le gambe ma era ancora vivo e sfortunatamente in quella zona c'erano le telecamere di sorveglianza.

La polizia ispezionò tutti i filmati in cui si vedeva chiaramente che un auto con la stessa targa di quella di Yunho, aveva investito di proposito l'uomo. Nessuno poteva sapere quello che quell'individuo aveva commesso, e non importava quante volte Yunho lo avesse ripetuto agli agenti, nessuno gli credette perchè non c'erano prove che fosse stato lui quella notte diversi anni prima violentare suo fratello. Il caso di Gunho ormai era chiuso da tempo e la polizia non aveva intenzione di riesumarlo in quel momento. Era più facile sbattere in prigione un ragazzo che, seppur non innocente, aveva agito per un motivo ben preciso, niente attenuanti per lui, nessuno che testimoniasse in suo favore. Era stato giustificato dicendo che era pazzo e che se fosse rimasto libero avrebbe tentato di uccidere altre persone, per cui gli dettero il massimo della pena, non importava quanto il suo avvocato avesse lottato, quella era la giustizia, quelle erano le leggi e lui doveva pagare per ciò che aveva commesso.

Ma in fondo stare in carcere non avrebbe portato solo cose negative, forse lì avrebbe incontrato una persona che gli avrebbe fatto tornare la voglia di continuare a lottare e a sopravvivere nello schifo di mondo in cui era costretto a vivere, con la speranza che un giorno tutto quello sarebbe finito e che avrebbe potuto riabbracciare l'amato fratello.











⟨⟨𝑱𝒖𝒔𝒕 𝒕𝒉𝒊𝒏𝒌 𝒂𝒃𝒐𝒖𝒕 𝒇𝒍𝒚𝒊𝒏𝒈 𝒊𝒏 𝒕𝒉𝒆 𝒔𝒌𝒚⟩⟩





































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