𝑺𝒂𝒏'𝒔 𝑹𝒆𝒔𝒐𝒍𝒖𝒕𝒊𝒐𝒏

Il padre di San non era mai stato un uomo amorevole, non dimostrava affetto ai figli e tantomeno alla moglie. Ma la donna sapeva che lui la amava, o almeno sperava che lo facesse ancora. Quando San era piccolo crebbe quasi totalmente sotto le attenzioni della madre, e come lui anche il fratello Chanhee, quella donna era alta magra, con i capelli castani e una frangia davanti, madre e figli erano molto legati e lei riusciva a colmare il vuoto che il padre lasciava costantemente.
L'infanzia di San si poteva dire essere stata una normalissima infanzia, andava a scuola, aveva amici e viveva in una bella casa. Lui e il fratello erano molto legati e stavano sempre insieme. Ma non tutte le cose sono destinate a durare per sempre.

Tutto cambiò quando a dieci anni sua madre si ammalò e morì sei mesi dopo di cancro. Da quel momento la vita di San iniziò ad andare sempre peggio, se ne era andata l'unica persona che era sempre riuscita a far rimanere i due fratelli fuori dagli affari di loro padre, e infatti non passò molto prima che quell'uomo decise di proseguire con il suo piano per i due. Choi Kangdae era una persona burbera, severa e sempre distaccata e questo influì molto sulla crescita di San che, a partire dal momento in cui perse la madre, si ritrovò a crescere con una persona che non c'era mai e quando c'era non aveva certo intenzione di divertirsi con lui. San non riusciva più a trovare nessuno che colmasse il vuoto che entrambi i genitori in un modo o nell'altro avevano lasciato dentro di lui. All'inizio aveva Chanhee, ma poi questi iniziò ad avvicinarsi all'attività del padre e sembrava anche molto interessato, fu allora che San scoprì quale era questa fantomatica attività che la madre aveva sempre cercato di non fargli conoscere.

L'uomo convocò i due figli nel suo studio un pomeriggio d'estate e gli raccontò di come gestisse un gruppo di criminali al suo servizio e soprattutto di come sarebbero dovuti entrare a farne parte appena compiuti i sedici anni. San ne aveva solo tredici a quel punto e non sapeva neanche cosa significasse veramente iniziare a fare quel "lavoro".

⟨⟨Che cosa figa!⟩⟩

All'inizio era entusiasta di poter fare qualcosa che i suoi amici non conoscevano neppure, si sentiva speciale in qualche modo e si chiese per quale motivo la madre non voleva che lo scoprisse, ma prima di lui fu il turno del fratello. Chanhee era un anno più grande e, al contrario di San, aveva preso molto seriamente quel lavoro, non aspettava altro. Voleva entrare in quella squadra ed aiutare il padre in tutto, forse per il quindicenne era un modo per sentirsi finalmente considerato anche da quello che sarebbe dovuto essere suo padre ma che non identificava come tale. Chanhee iniziò così a prendere ordini dall'uomo, che spesso consistevano nel derubare o uccidere qualcuno, ma non gli importava, quel lavoro gli aveva cambiato la vita e non poteva stare meglio. San rimase per un anno ad osservare come era cambiato il fratello e si sentì terribilmente solo, anche l'ultima persona che gli era rimasta lo aveva lasciato.

Durante quegli anni si erano dovuti trasferire e spostare continuamente perché Kangdae riusciva a farsi nemici in ogni luogo e poi era costretto ad andare via se questi erano troppo potenti per essere sconfitti. Era tutto un gioco di potere e spargimenti di sangue di cui San era rimasto succube, si sentiva come una pedina che veniva spostata da una parte all'altra in un gioco senza fine. Era rimasto solo, completamente solo, non aveva amici, non aveva più neanche una famiglia, e soprattutto non aveva la possibilità di tirarsi indietro da quello che era il suo futuro. Non voleva più aiutare il padre in quel lavoro, se a tredici anni era euforico, a quindici sarebbe solo voluto scappare, ma non poteva perchè non aveva nessuno da cui andare. Quando compì sedici anni, il padre e il fratello gli regalarono niente meno che una pistola. La sua prima pistola che gli venne lasciata sul comodino durante la notte con un misero biglietto:

"Ecco il tuo regalo, ti conviene imparare ad usarla"

Passò tutta quella giornata a cercare un qualsiasi modo per uscire dalla situazione in cui sembrava che tutti volessero che stesse. Naturalmente non ebbe nessuno che gli fece gli auguri o altri regali, così come ormai da anni non aveva nessuno che gli volesse bene, che lo facesse sentire amato e apprezzato. Ma San si era abituato a ciò, non sentiva più neanche la mancanza di tutto quello, non pensava che il suo cuore potesse provare dei sentimenti, non aveva mai battuto per nessuno dopo la morte della madre. Fu costretto ad entrare in quella squadra e dovette imparare ad usare ogni tipo ti arma, e ci pensò Chanhee ad insegnarglielo, così come gli insegnò tutto il resto. San conobbe tutti e non erano persone antipatiche, ma erano esattamente come il padre e il fratello, e bastava questo per far si che non gli andassero a genio, sebbene con alcuni di loro fosse arrivato ad avere rapporti molto intimi all'oscuro di Kangdae. San non amava nessuno, non voleva bene a nessuno, era fermamente convinto che non fosse in grado di provare dei sentimenti, il massimo che poteva avere nelle relazioni con qualcuno era il sesso, solo quello, nessuno era mai stato così importante da andare oltre il semplice e puro piacere del sesso.

Avrebbe solo voluto che tutto quello terminasse, sarebbe voluto tornare indietro e fare qualsiasi cosa per impedire che la madre morisse, sarebbe voluto tornare indietro e impedire che il fratello diventasse identico a suo padre, ma soprattutto sarebbe voluto tornare indietro e togliersi la vita quando ancora poteva importare a qualcuno. Si sentiva intrappolato in quel gioco, sempre quello stramaledetto gioco che sembrava non volerlo lasciar andare. Non aveva mai pianto nonostante tutto, altra prova che dimostrava che non fosse in grado di provare sentimenti, vedeva persone morire tutti i giorni e la sera andava a dormire come se nulla fosse, certe volte si chiedeva come riuscisse a farlo, e non trovando una risposta pensò che fosse normale. Per i primi anni in cui rimase in quella squadra, era riuscito ad evitare di uccidere, non voleva farlo, non voleva sporcarsi le mani di sangue che non fosse il suo, e non fu troppo complicato, c'erano tante persone che non avevano problemi nel farlo ed era stato abbastanza intelligente da farsi coprire ogni volta che Kangdae gli ordinava di uccidere. Ogni volta picchiava, torturava e faceva del male a chiunque dovesse, era anche un modo per sfogare tutta la frustrazione che aveva, però non aveva mai premuto il grilletto contro qualcosa che non fosse una gamba o un braccio. Ma quello non sarebbe certo durato per sempre.

Dopo due anni che viveva in quel modo, il destino volle che non riuscì più a tirarsi indietro. Un nuovo incarico venne affidato a lui e a suo fratello insieme ad altri membri della banda, sarebbero dovuti andare ad uccidere un membro di un altra organizzazione rivale, una cosa semplice e veloce, almeno in teoria. San era sicuro di potercela fare, dopotutto loro erano in quattro e quel tipo era uno solo, perciò poteva benissimo essere ucciso da qualcuno che non fosse lui. Di certo non si aspettava che succedesse tutto quello. Erano andati in un quartiere molto pericoloso di Seoul, proprio dove questa banda viveva, sapevano dove poter trovare la persona da uccidere, uno avrebbe dovuto prenderla alle spalle mentre gli altri tre lo coprivano, ma qualcosa non andò secondo i piani. San era molto agitato perché non avevano mai fatto missioni di quel tipo, ovvero in cui dovevano essere il più silenziosi possibile, aveva paura che andasse tutto male. Bastava un solo passo falso e tutti loro si sarebbero trovati in una situazione a dir poco spiacevole.

Tutto stava andando bene, pensarono di potercela fare, mancava così poco. Erano arrivati alle spalle del bersaglio e sembrava non esserci nessun altro, così come era previsto che fosse. L'uomo era intento a nazzicare con una pistola apparentemente priva di munizioni e in parte smontata. I quattro si fermarono dietro un angolo e Chanhee ripassò velocemente il piano sussurando «Bene, io mi occupo di lui, voi controllate che non arrivi nessuno. E state attenti a non farvi vedere.» tutti annuirono e lui andò avanti. San si guardò intorno preoccupato ma vedendo che non c'era nessuno fece un sospiro di sollievo.
Con uno scatto veloce Chanhee raggiunse le spalle dell'uomo per accoltellarlo, ma questi si voltò di scatto bloccandogli la mano e strappandogli il coltello per poi puntarglielo alla gola. A San si gelò il sangue all'istante non appena vide altre persone sbucare da tutte le parti, erano in cinque e si stavano avvicinando a loro con le armi puntate. Sia San che gli altri due cavarono fuori la pistola di scatto.

«Cosa volevate fare eh!?» ci fu un momento di silenzio prima che uno dei ragazzi che stavano con San sparò inavvertitamente ad uno dei rivali stendendolo, questi risposero sparando a loro volta e uccidendo lui e il suo compagno. Rimase solo San con la paura che se lo stava divorando mentre il fratello aveva il coltello che gli aveva bucato la pelle lasciando uscire una piccola riga rossa. Fu questione di un attimo, San dovette scegliere cosa fare, arrendersi e probabilmente subire pesanti torture o agire e rischiare di morire. Salvare suo fratello o rischiare di uccidere suo fratello. Una scelta difficile, impossibile per alcuni. Era bravo a sparare, aveva fatto molta pratica, non gli faceva paura, ma ciò che lo intimoriva erano le conseguenze, quelle persone che non sapeva cosa gli avrebbero fatto. A spronarlo fu il suono delle sirene in lontananza, qualcuno doveva aver sentito di spari e aveva chiamato la polizia. In quel momento gli altri si distrassero, ma non lui, lui mantenne il sangue freddo e in un attimo sparò a tutti e quattro compreso quello che teneva bloccato Chanhee. Uno dopo uno caddero in terra con un buco in testa prima che potessero anche solo rendersi conto di chi gli avesse sparato.

Chanhee si liberò e corse via «Vieni San!»

Ma San non lo seguì.

Rimase fermo lì ad osservare i corpi di quelle che erano le prime persone che aveva ucciso in vita sua. Non riusciva a credere di averlo fatto. Ma la cosa che lo spaventò più di tutti era che non gli aveva fatto effetto. Non aveva provato nulla vedendo quegli uomini cadere a terra senza vita per mano sua. Faceva paura a se stesso, non sarebbe mai voluto diventare così, aveva superato anche l'ultimo gradino che lo divideva dal padre e dal fratello, adesso era in tutto e per tutto come le persone che più odiava al mondo e niente poteva cambiare ciò. Da quel momento avrebbe avuto per sempre sulle mani il sangue sporco delle sue vittime, e sarebbe sempre stato giudicato per quella singola azione, da chiunque sarebbe venuto in seguito. E così fu.

Venne arrestato quella notte, ma non si pentì della sua scelta. Il mondo lo aveva messo davanti ad un ostacolo e lui lo aveva scavalcato istintivamente, e alla fine quello probabilmente era il modo migliore. Si maledisse per non essere scappato quando poteva e capì presto che che quel singolo sbaglio lo avrebbe condannato per tutta la vita. Quell'esitazione, che lo fece rimanere con i piedi incollati per terra, non se la sarebbe più perdonata.

Appena venne sbattuto in carcere, suo padre gli rivolse le ultime parole «Sei stato una delusione, è quello che ti meriti». San avrebbe voluto strozzarlo con le sue mani, e lo avrebbe fatto, se solo non ci fosse stato un vetro rinforzato a dividerli, perciò si limitò a maledirlo internamente mentre lo vedeva andare via schifato. Come si permetteva di dirgli una cosa del genere? In che altro modo avrebbe dovuto agire? Ma le risposte a queste domande non servivano più, ormai avrebbe passato in quella prigione il resto della sua vita e niente avrebbe cambiato ciò. Almeno poteva gioire del fatto che suo padre non aveva più la sua squadra e non poteva fare nient'altro.

Era convinto che avrebbe passato il resto della sua vita in solitudine senza riuscire mai a capire cosa significasse avere qualcuno a cui tieni, o qualcuno che tiene a te. Ma chissà che il destino non voglia far incrociare la sua strada con quella di qualcun altro. Qualcuno che possa fargli battere il cuore come non ha mai battuto.
Due anime che si cercano costantemente senza rendersene conto.









⟨⟨𝑾𝒂𝒍𝒌𝒊𝒏𝒈 𝒐𝒏 𝒂 𝒔𝒄𝒂𝒓𝒚 𝒏𝒊𝒈𝒉𝒕
𝑰 𝒍𝒐𝒐𝒌 𝒂𝒕 𝒕𝒉𝒆 𝒅𝒊𝒔𝒕𝒂𝒏𝒕 𝒄𝒍𝒐𝒖𝒅𝒚 𝒍𝒊𝒈𝒉𝒕⟩⟩





































Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top