𝐏𝐓.𝐈𝐈: 𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝐝𝐨𝐝𝐢𝐜𝐞𝐬𝐢𝐦𝐨

«Non mi toccate bastardi!» Seonghwa osservò una delle sue guardie ormai disarmata venire trascinata via da due uomini molto più forti e muscolosi senza potersi ribellare. Erano diverse ore che era scoppiato tutto e non era cambiato assolutamente nulla, non vedevano cibo e acqua da un po' e la gola gli iniziava a bruciare. Seonghwa dovette ammettere di essere stato abbastanza fortunato sotto un certo punto di vista, infatti nessuno lo aveva toccato più di tanto a parte qualche pugno e colpo iniziale. La cosa che lo preoccupava di più erano i suoi uomini, alcuni nella sua stessa situazione mentre altri chissà dove all'interno del penitenziario. Degli ispettori non gli importava più di tanto ormai, purtroppo era andata in quel modo e non poteva fare nulla per risolvere la cosa, ormai quel che era fatto era fatto. La cosa più importante al momento era la sua incolumità e anche quella delle sue guardie ed amici. Per fortuna circa la metà non era presente avendo il turno in un altro orario, e almeno per quello Seonghwa ringraziò il cielo sperando che questi fossero stati abbastanza intelligenti da chiamare aiuto appena vista la situazione, ma ciò che non sapeva era che all'esterno della struttura già erano presenti mezzi e pattuglie della polizia intervenute dopo che le guardie che erano riuscite a scappare avevano dato l'allarme.

E in tutta quella confusione, il grigio non poteva sapere neanche se tutti i suoi uomini presenti all'interno stessero bene oppure no, solo una parte di loro era lì con lui mentre gli altri sperava che fossero riusciti a mettersi in salvo. Inoltre non sapeva neanche fino a dove la rivolta si fosse propagata, ma avendo privato le guardie delle armi probabilmente i detenuti si erano appropriati anche delle tessere per aprire le sbarre e ciò voleva dire che molto probabilmente erano arrivati fino al suo ufficio, a meno che non lo avesse chiuso a chiave, cosa che al momento non ricordava minimamente.

D'improvviso vide uno degli ispettori in giacca, e ormai senza cravatta, alzarsi dopo essere riuscito a tagliare la corda in un modo a lui sconosciuto. Questi iniziò a sgattaiolare lontano ignorando completamente i sussurri degli altri prigionieri che gli intimavano di aiutarli. Seonghwa lo vide sparire dietro un angolo e si chiese se quell'uomo avrebbe visto o meno la luce del giorno seguente, ma dopotutto lui non poteva farci niente. I detenuti passavano avanti e indietro e solo raramente la stanza ne rimaneva priva, ed anche allora benché ci provassero a liberarsi non ci riuscivano mai e si prendevano nuovi colpi da chiunque arrivasse dopo. Era una cosa straziante e infinita che si ripeteva in continuazione e feriva ogni volta di più.
Seonghwa non sapeva perché sembrassero lasciarlo tutti così stranamente in pace, stava in un angolo con solo un labbro spaccato per via del pugno iniziale e polsi e caviglie legati esattamente come gli altri. Per un attimo, inoltre, un pensiero gli attraversò la mente, non aveva visto per niente Hongjoong da quando era stato legato. Ma in realtà non lo aveva visto neanche prima, quando ancora era tutto tranquillo e i detenuti erano ammassati nella mensa, si chiese dove fosse e come avesse fatto a passargli inosservato con quella folta chioma blu e quello sguardo odioso che sempre indossava.

Non sapeva neanche che reazione avrebbe avuto a rivederlo, sapeva tutto ciò che gli era successo ed era anche convinto che si fosse disintossicato ormai, ma non poteva sapere che in realtà in quel momento l'altro si trovasse nella sua cella a pregare per qualsiasi cosa che lo facesse stare meglio, e non sapeva neanche che era stato proprio lui inconsciamente per la seconda volta a ridurlo in quello stato. Certo, l'unica vera colpa sarebbe potuta andare solo e soltanto ad Hongjoong, perché aveva scelto lui di ricadere in quel tunnel e non poteva negarlo.

☾︎☽︎

San e Wooyoung avevano intanto atteso che il corridoio fuori la loro porta tornasse ad essere silenzioso, evidentemente coloro che erano passati prima avevano intenzione di andare a vedere se ci fosse qualcuno in infermeria e per fortuna o sfortuna li avevano trovati. Non sapevano se le guardie si fossero difese, cosa praticamente certa, e neanche quanto avessero dovuto faticare i loro compagni a disarmarle e a trascinarle via, ciò di cui erano certi era che sicuramente non erano in pochi ad essere arrivati fino lì.

Wooyoung si staccò dal corvino non appena si rese conto di essergli saltato addosso per lo spavento, questi non disse nient'altro e semplicemente attese che i passi fossero abbastanza lontani per poter finalmente procedere con la sua missione. Strinse tra le mani il mazzo di chiavi ed aprì la porta dopo aver lanciato uno sguardo rassicurante al minore. Continuarono a camminare lentamente e silenziosamente lungo il corridoio per controllare che non ci fosse veramente più nessuno, e una volta appurato ciò, sgattaiolarono dentro la stanza che avevano come meta chiudendosi la porta alle spalle. Si guardarono intorno per un po' prima di procedere, era sera ormai e la stanza si trovava completamente nella penombra, cosa piuttosto strana dato che in genere le caratteristiche luci bianco ghiaccio restavano sempre accese, ma nessuno dei due ci fece più di tanto caso.

Sembrava tutto deserto e fin troppo tranquillo, ma d'altronde era evidente che non ci fosse nessuno. «E una volta che avremo preso la morfina? Dovremo andare giù in mezzo a quella confusione?» chiese Wooyoung mentre camminavano, «Qui non possiamo certo rimanere, prima o poi dovremo comunque scendere» gli rispose San guardandosi attentamente intorno e drizzando le orecchie per captare ogni singolo suono. «La nostra cella sarà ancora intatta?» chiese allora il minore iniziando a farsi domande su cosa li avrebbe aspettati, «Se siamo fortunati forse si»  San continuava a rispondere mentre si guardava intorno, non solo per restare allerta, ma anche perché era la prima volta che vedeva quella stanza al buio e in una calma così travolgente. Peccato che certe volte basti pochissimo per trasformare una calma travolgente in un lento disastro. Tutto può trasformarsi in un'agonia da un momento all'altro e spesso la cosa peggiore è che non ce se ne rende mai abbastanza conto fin quando non accade davvero, fin quando non si viene pressati da un masso così pesante che siamo costretti a sprofondare con esso pur di non venire schiacciati.

«Adesso dobbiamo capire quale tra queste apre quella porta» affermò San alzando in aria la mano con il mazzo di chiavi e scuotendola leggermente per farle risuonare, Wooyoung lo guardò annuendo e subito un flash gli attraversò la mente facendogli ricordare di quando aveva visto lui stesso il medico aprire quella porta e più precisamente facendogli ricordare la chiave con cui l'aveva fatto. «Dammi faccio io» esordì poco dopo avvicinandosi al corvino per farsi dare le chiavi, San lo guardò confuso prima di procedere sentendo la sua spiegazione «So come è fatta la chiave».
Subito San gli diede le chiavi in mano e fece qualche passo indietro lasciandolo fare «Sicuro di saperlo?» chiese vedendo che l'altro non sembrava molto convinto, «Si, lo so, solo che non ci vedo quasi niente» rispose Wooyoung continuando a scorrere una per una le piccole chiavi in metallo. Quando finalmente trovò quella giusta esordì infilandola nella serratura «Trovata!», San nel frattempo stava dietro di lui con le braccia incrociate ad attendere, peccato che in quel momento entrambi sentirono una cosa che gli fece raggelare il sangue nelle vene all'istante.

Un click.

Un click che San conosceva fin troppo bene, di scatto si voltò verso la sua sinistra trovandosi davanti l'ultima cosa che chiunque vorrebbe mai vedere. Ed eccolo lì, il momento che può cambiare ogni cosa, ribaltare la situazione e distruggere l'apparente calma in un battito di ciglia. Quando ti ritrovi davanti agli occhi la morte sottoforma di buco nero, non puoi fare altro che chiederti se sarebbe dovuta andare così, o se hai sbagliato tutto quanto. I muscoli ti si bloccano mentre il cuore inizia a battere per conto suo quasi come se non fosse più comandato dal corpo, ti senti risucchiato in un vortice di terrore senza via di scampo e non puoi fare niente se non arrenderti alla realtà dopo che questa ti ha messo in ginocchio ed usato fino allo stremo. Non puoi fare altro se non rivivere davanti ai tuoi occhi tutto ciò che hai già vissuto e sentirti improvvisamente debole e piccolo a confronto con tutto ciò che hai intorno.

Non importa più niente, non esiste giusto o sbagliato, caldo o freddo, calma o confusione. Niente di niente ha più un senso nel momento in cui realizzi che potresti non vedere più un'altra alba, o un altro tramonto, o anche semplicemente il volto di quella persona che tanto odiavi, per non parlare di quella che tanto amavi. Non puoi che sentirti piccolo, impotente, vulnerabile e indifeso mentre la morte ti ride in faccia quasi a farlo apposta. Il terrore ti investe completamente come un'auto in corsa, non rallenta neanche per un secondo, fa avanti e indietro più e più volte fino a che non ha raggiunto il suo obbiettivo primario, ovvero quello di distruggerti e logorarti dall'interno fin quando non ce la fai più e cedi lasciando il posto ad un corpo senz'anima.

Fu proprio così che si sentì San non appena si ritrovò davanti la figura buia di un uomo di cui aveva completamente dimenticato l'esistenza, avrebbe voluto prendersi a schiaffi da solo per essere stato così stupido da non pensare che giustamente il medico stesso non sarebbe potuto essere altro che lì.
Rimase bloccato sul posto con gli occhi incollati alla canna della pistola che questi stringeva tra le mani tremanti puntata dritta contro di lui. Il suo corpo si pietrificò ricordando tutto ciò che quell'oggetto rappresentava per lui, non solo morte, dolore e paura, ma anche casa, infanzia, costrizione, famiglia e condanna. Come può un arma così pericolosa e letale, un oggetto così semplice ma allo stesso tempo distruttivo, significare così tante cose per una persona? Evidentemente era possibile, perché la sensazione di vuoto al petto che provò in quel momento non se la sarebbe mai più scordata. Gli sembrò di ritornare indietro nel tempo, quando era libero e vagava la notte in cerca di un po' di tranquillità privatagli nel luogo in cui viveva, quando era lui quello a tenere in mano la pistola e a puntarla contro uno dei suoi nemici, quando era costretto sì a fare certe cose, ma quando queste erano meno peggio della situazione in cui si trovava adesso.

L'istinto gli diceva di muoversi, di proteggere Wooyoung, di fare qualcosa per evitare che tutto andasse peggio di quanto non stesse già facendo, ma gli occhi pieni di terrore dell'uomo di fronte a lui che si rispecchiavano nei suoi altrettanto impauriti, lo fecero rimanere fermo lì senza dire una parola e senza neanche rispondere al compagno che nel frattempo era riuscito ad aprire la porta e solo dopo si era reso conto di ciò che stava avvenendo.
Wooyoung si era girato in ritardo rispetto all'altro, aveva udito il suono del caricatore ma non ci aveva fatto caso più di tanto, solo dopo essersi reso conto che San sembrava sparito si voltò per controllare e si ritrovò davanti la peggior scena in assoluto. San, la persona che più amava, la persona per la quale avrebbe fatto di tutto se solo glielo avesse chiesto, stava là di fronte a lui con una pistola puntatagli dritta in mezzo al petto da un altro individuo, in quel momento non messo a fuoco, che sostava qualche metro più lontano. Sentì il cuore sprofondargli nel petto e la paura invaderlo veloce come mai prima di allora, lasciò cadere le chiavi percependo la voce del medico arrivare ovattata alle sue orecchie, non sapeva cosa avesse detto e non gli interessava, non finché San fosse rimasto impalato lì di fronte.
Non seppe neppure lui cosa lo avesse spinto a fare la sua mossa successiva, ma nel momento in cui notò le mani dell'uomo stringere più forte l'arma, seguì l'istinto per salvare la persona che amava, mise da parte la paura e si fece coraggio con la speranza di riuscire a fare una cosa buona per una volta nella sua vita.

San era lì fermo pronto a ciò che sarebbe avvenuto, e nell'istante in cui realizzò di dover proteggere Wooyoung e di dover assicurarsi che non gli venisse fatto del male semplicemente perché glielo stava urlando il suo cuore, era troppo tardi e un colpo gli perforò le orecchie prima che il proiettile gli perforasse la cassa toracica. Chiuse gli occhi consapevole di non poter fare più niente ormai, e si preparò a ciò che lo attendeva. Ma non fece in tempo a rilassarsi che percepì un corpo davanti al suo, un corpo che lo urtò improvvisamente facendolo spostare leggermente, quel leggermente che lo salvò da una morte certa.

Accadde tutto nel giro di secondi, nello stesso tempo che impiega una lampada difettosa ad accendersi, un tempo così lungo quando attendiamo per entrare nella stanza, ma così corto quando ci segna la vita per sempre.

Un urlo riportò San alla realtà, e si ritrovò con il corpo sanguinante di Wooyoung tra le braccia mentre cadeva in ginocchio quasi come se fosse stato lui ad essere colpito. Si piegò sul pavimento per il dolore al cuore mentre non fece in tempo neanche a realizzare la velocità con cui stava accadendo tutto che un'altra figura irruppe nella stanza senza preavviso.
Jeongin entrò vedendo la scena e senza farsi sentire afferrò un oggetto massiccio presente sulla scrivania del medico, si avvicinò velocemente dietro a questi e gli diede un colpo in testa con tutta la sua forza lasciandolo cadere a peso morto sul pavimento.

E se è vero che esiste un momento cruciale che ci cambia la vita, probabilmente questo era quello di San.












⟨⟨𝑰𝒏 𝒕𝒉𝒆 𝒆𝒗𝒆𝒏𝒕 𝒐𝒇 𝒂 𝒕𝒚𝒑𝒉𝒐𝒐𝒏
𝑾𝒉𝒆𝒏 𝒕𝒉𝒆 𝒓𝒂𝒊𝒏 𝒊𝒔 𝒉𝒆𝒂𝒗𝒚 𝒂𝒏𝒅 𝒕𝒉𝒆 𝒘𝒊𝒏𝒅 𝒓𝒊𝒔𝒆𝒔
𝒀𝒐𝒖 𝒂𝒏𝒅 𝒎𝒆, 𝒚𝒐𝒖 𝒂𝒏𝒅 𝒎𝒆
𝑰𝒕’𝒔 𝒂𝒍𝒘𝒂𝒚𝒔 𝒕𝒉𝒆 𝒕𝒘𝒐 𝒐𝒇 𝒖𝒔⟩⟩

-Ok avete il diritto di insultarmi per aver fatto finire il capitolo così. E beh che dire... Avete capito bene, Wooyoung si è praticamente sacrificato per San.

Inoltre Jeongin ha fatto qualcosa di buono finalmente, yeee. No ok avete ragione non c'è niente da esultare-

































Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top