Amie avec le hanches
Amie avec le hanches
18 ottobre 2023
Caro Diario,
A scuola le cose vanno bene, seppur ingrigite dalla monotonia e lente nel succedersi con criterio. La mia classe è un almagamarsi delle personalità più disparate; se le pareti di una stanza soffocante come la nostra hanno l'odore della noia e il giallo stantio di ciò che se ne va col Tempo, molti di noi bruciano di voglia di vivere e di tingere il mondo con chiazze di colore strane e discutibili, a mio parere.
Mi trovo bene, ad ogni modo. Alexandra- una cerbiattina con i capelli dorati e gli occhi pienissimi d'acqua- mi parla sempre. A lezione, sussurriamo tutto, ci scambiamo informazioni, io e Alexandra. In apparenza, il nostro è un legame di amicizia profonda che si vede in TV; in verità, la tengo a distanza e ai miei occhi sembra un essere inferiore da compatire e aiutare in qualche modo, anche se lei non lo sa. A letto, nei sogni, è una sorta di tirapiedi che faccio girare per il mondo per esaudire i miei ordini. Non dovrei dire queste cose, ma le dico e basta perchè sono così: ciò che mi consuma la pancia, lo devo vomitare, a dispetto dell'approvazione degli altri.
Poi c'è Edgardo: un grecista, il preferito del professore di scienze, un damerino con un fiore all'occhiello della giacca gessata comprata da suo padre, il capo di un'industria che produce cravatte per uomini. Ripete che un giorno morirà giovane: ci credo, ha paura della sua stessa ombra. Se temi la vita, è meglio che tu sparisca subito da questo Mondo.
C'è Petunia. Petunia è strana: può essere una troia come la ragazzina più innocente del mondo. Una macchietta esile vestita con abiti azzurri, capelli scuri tagliati fino al mento e alle spalle una fama da fèmme fatale alla "Gilda". A ricreazione, dice di aver consumato l'unione con differenti ragazzi, persino dei trentenni. Guardate come difende le sue bugie, come le sciorina ben bene, tinte di rosso come il suo lucidalabbra! Guardate come ride con un senso di superiorità e vittoria che non si meriterebbe neanche di esibire al mondo! La osservo con così tanta pena....povera povera falsa. Si crede la reincarnazione di Louise Brooks o Rita Hayworth! Ma se il suo seno è ancora quello di un'undicenne!
Abbiamo anche Juan -come Don Juan- , un diciottenne italo-spagnolo che, diversamente dal seducente protagonista della leggenda spagnola, ha la sensualità di un pesce morto e poca voglia di ammantarsi di mistero. Ogni pomeriggio, ci lascia i biscotti della sua famiglia sugli zerbini delle nostre case ed elemosina un po' di compagnia. Gracile, senza volontà di potenza e capacità di elevarsi, Juan resta nel suo angolino a crogiolarsi nel silenzio e nell'ansia. Per gli attacchi di panico, si porta dietro delle pasticche di dubbia provenienza; forse un farmaco che funge da oppiaceo? Un espediente comodo per procurarsi la morte? Non l'ho mai capito, sinceramente.
Chi abbiamo ancora nella fossa dei leoni? Ah sì! Giovanni, un bullo con problemi di gestione della rabbia, ripetente e dipendente di un negozio che vende prodotti della casa. Ha perseguitato per un anno una ragazza obesa, Letizia. Non si è saputo più niente di lei. Dicono che ha cambiato scuola o che si è trasferita in un'altra città. Divenuta polvere. Cenere alla cenere.
C'è anche Arcangelo, un efebo che assomiglia a Gitone del Satyricon di Fellini: sinuoso, dal corpo slanciato, pelle olivastra, occhi a mandorla vivaci e bocca piena, grande. Passa il tempo a sbaciucchiarsi con il fidanzato, Ganimede. Mi stupisco di come non si sia fatto violentare da uno dei professori; è attraente e non si vergogna a vendere la sua stessa dignità. Deve avere un non so che di respingente nella voce; nell'anima; nel corpo. All'uscita di scuola, scompare in una Mercedes e fugge nell'orizzonte di alberi e calore.
Sullo sfondo, corrono comprimari interessati ai voti, ai crediti e alle discoteche. Un pastiche di doveri e godimenti che li possiede interamente, non li lascia respirare, vivere per davvero. Tutti vestiti perfetti, impeccabili, nei sorrisi di vernice e nei maglioni firmati. Sono solo buoni a dire scusi scusi e ad appuntarsi parole insensate sui quaderni. Non li capisco; li rifuggo con una commistione di disgusto e disprezzo. Sono superiore a loro, per fortuna.
19 ottobre
A ricreazione ho visto il Vispis, il professore di lettere della sezione accanto alla mia, la S, satolla di ragazzi problematici: mi hanno raccontato che è più un ospedale psichiatrico che una classe. Non so come faccia, pover'uomo. Così raffinato, alto, magro, nero di capelli, il pizzetto che gli cresce sotto il mento e che non si taglia mai. Occhi profondi , opachi come il mare in una notte scevra di luna. Le sue mani vorticano nell'aria quando parla. Descrivono cerchi intonsi di passione, rettangoli di considerazioni filosofiche sulla vita, assiomi, lamenti e gentilezze. Mi piace la sua voce, flautata, infantile, che gli importa delle persone. Questa mattina si è avvicinato a me. Ho sentito che le sue gambe sfioravano la gonna nera che indossavo.
-Buongiorno, Micol! Com'è andata la mattinata?- nel suo porsi percepisco una nota di paterna preoccupazione. Mi giro, invetro gli occhi nei suoi cerchiati da occhiali di ferro
-Bene professore, grazie. Latino sempre interessante. Scienze non è un granchè, ma provo ad andare bene.- mi appoggio alla parete, scudo che è sempre stato utile in molte occasioni in cinque anni di liceo classico.
-Tu vai sempre bene. Sei brava in tutto-
-Stupidaggini!- rido, incredula che un uomo pensi di adulare così una donna
-Sei così modesta! Dovresti cercare di essere più sicura delle capacità che detieni-
-Ci proverò.- mi stacco dalla parete, provando avversione per i suoi ammonimenti che non sanno di niente, buttati nel vuoto così, per insegnare al di fuori della classe.
Faccio per voltare i tacchi, ma mi prende la mano. Due mani intrecciate: una grande, calda, cosparsa all'inizio da peli e una piccola-la mia- bianca, fredda e le dita uguali a ossicine di animali.
-Vuoi qualcosa dalle macchinette? Degli snickers? Un cappuccino? Una focaccia in busta?-
-Non ho fame, davvero.-
-Insisto, insisto. Non sentirti in imbarazzo, davvero!-
-Stia tranquillo ,professore. Non ho fame!-
Il suo spasmodico bisogno di vedermi bere o mangiare si scontra con il mio. Sono stanca e ho bisogno di un libro, una sigaretta e un divano su cui perdermi. Sembra che non lo capisca. Alexandra mi brucia la schiena con uno sguardo preoccupato. Vuole che andiamo in bagno insieme.
-Insisto- incalza, falciando il pavimento a grandi passi. Allora mi rompo e non mi difendo più.
Pomeriggio
Con il pacchetto viola del brownie chiuso nella tasca della giacca e i pensieri scombussolati, sono tornata a casa in bicicletta, senza gettare un'occhiata alla sequenza di case e giardini che si profilano ai lati della mia visuale. Sono sul letto e non so se uscire; studiare o leggere. Dicono che il dovere precede il piacere. Ma perchè non si può dare posto prima al piacere? Perché non può andare diversamente la cosa? Lo scambio delle priorità non sconvolgerà l'universo, rifletto con gli occhi volti al soffitto. I miei genitori non ci sono, sono entrambi al lavoro e mio fratello è al bar a bere birra e a scoparsi Eris, la sua ragazza italo-greca conosciuta al corso universitario in cui si è matricolato. Sono sola. Amo stare da sola. Amo marcire insieme alle bambole di tanti anni fa che stanno sul comodino e pensare. Pensare, pensare, pensare. Oggi il professore è stato carino, nonostante l'invadenza, nonostante il modo inquietante con cui mi ha stretto la mano. Vabbè, voleva essere gentile.....in realtà, non mi importa nulla di nulla, neanche della mia innocenza che potrebbe venire violata da un momento all'altro; come è successo a Lizzie, l'inglesina stuprata in discoteca e suicidatasi per la vergogna. L'ho saputo dal telegiornale ieri sera.
Non ci vado in discoteca, io. Le luci colorate mi fanno male e odio la musica che fanno là. Edith Piaf, Chopin, Litz, Nino Rota sono vera Musica. La Musica che mi salva.
Se non vado in discoteca, allora dovrei essere salva, no? Non è sempre così, dice mamma. Ti possono violentare anche in autobus. Vabbè, non importa. Mi alzo, prendo il libro di italiano (domani mi interrogano) e mangio il brownie che il prof mi ha comprato. Affondo i denti nella fetta di pandispagna finto e mi disgusto; sa di chimico, peccato.... perchè cedo sempre a queste cose? Non capisco.
Studio, ma ho le vertigini e non ci sto con la testa. Mi risdraio sul letto e dormo. Dormo fino a consumare le palpebre chiuse, in un sonno senza sogni. Deve essere stato il Vispis. Mi deve aver fatto un incantesimo. Ci penso. Ci penso quando provo a riprendere il lavoro intellettuale in cui mi sono addentrata. Le parole svolazzano, tagliuzzano l'aria emessa dal condizionatore. Amie avec le hanches. La donna con i fianchi larghi. Sto studiando Baudelaire e penso al Vispis. Avrà visto i miei fianchi? Saranno abbastanza larghi per lui? Ma se sono sottopeso! Ho il dismorfismo corporeo ma non mi voglio curare. Sarebbe tempo sprecato.
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