Il genere umano con le sue dissolute convinzioni (tra cui le mie)

Tutti almeno una volta nella vita ci siamo posti la seguente domanda:"Qual è il senso della vita?". È una domanda a cui è molto difficile dare una risposta. Alcune volte può sembrare impossibile tanto da indurci a dire che la vita non ha alcun senso. Ho riflettuto molto su questa domanda e, in base alla mia prospettiva, che può sembrare un paradosso, modellata sullo studio dello Zibaldone di G. Leopardi, ho tentato di darmi una risposta. Introduco una breve e incisiva riflessione prima di esporre quella più complessa. Molte persone credono di concepire il senso della vita: pensano di trovarlo nell'avere o nell'utilizzare degli oggetti che,se proprio dobbiamo dirlo, offrono solo un piacere limitato,poiché possono dare gioia solo in quel preciso ed effimero istante. Infatti dopo un po' tutto l'entusiasmo si affievolisce, fino a scomparire,perché ciò che veramente da piacere è solo la sorpresa di aver ricevuto qualcosa di nuovo e tanto atteso,sperato e desiderato ad entusiasmarci. Una volta fatta l'abitudine, la novità si trasforma in qualcosa di comune. Perché? Perché è il fatto di non riuscire a trovare uno scopo, che ci spinge a desiderare il "diverso". In fondo noi sappiamo che non stiamo ottenendo quello di cui necessitiamo, perciò non ci sentiamo mai appagati e non ci accontentiamo mai. Ciò che veramente ravviva e stimola è la curiosità, la ricerca, l'esplorazione. Trascorso del tempo, da quanto si è ottenuto l'oggetto, il desiderio di conquista, e quindi il nostro interesse, si sposta verso altro, diventando così un circolo vizioso senza fine. È una ricerca, quindi, destinata ad essere infinita. Non possiamo farci nulla, è nella natura umana. Ecco perché oscilliamo sempre tra la soddisfazione (come già ho detto prima effimera) e l'insoddisfazione (che ci porta a cercare sempre una novità). Quindi qual è il senso della vita? A parer mio non esiste una risposta valida universalmente. Ciò che gratifica e da piacere a un individuo può essere diverso da quello di un altro individuo: alcune persone rispondono la famiglia, altri la carriera lavorativa, altri ancora la chiesa e Dio, ecc... Insomma la risposta è molto, ma molto personale perché ognuno ha i propri desideri, aspettative e aspirazioni. Per trovare una risposta a questa domanda bisognerebbe osservare le persone che si sentono appagate per capire, non tanto cosa dà loro benessere (come ho detto prima cambia da persona a persona), ma quale percorso hanno intrapreso e perseguito, e con quale mood lo hanno affrontato; in modo da trarne un'ispirazione e una motivazione per non arrenderci e perseverare. Sconsiglio fortemente e apertamente di chiedere il metodo (intendo il modo in cui si agisce non il modo in cui si organizza il lavoro. Poiché voi potete creare un lavoro organizzato nei minimi dettagli però se, quando si presenta un evento spiacevole, attuate un comportamento sbagliato, allora tutta l'organizzazione cade nello scatafascio più totale. ) con cui si è raggiunto lo scopo, in quanto anche quello non è univoco, ma varia da persona a persona. Ognuno ne dovrà trovare uno e per farlo dovrà lavorare su e con stesso (se una persona ha un carattere presuntuoso, scontroso e scostante... Insomma ha un carattere che non si adatta perfettamente con le circostante, non riuscirà nemmeno tra cento anni a raggiungere il proprio scopo, anche se ha i mezzi più infallibili di questo mondo). Se una persona dovesse riuscire a trovare uno scopo, dovrà poi fare i conti con il mondo esterno e le sue avversità. Per esempio se si è prefissato come scopo di eccellere in tutto, è normale che alcune volte non riuscirà a conseguire il suo intento. Quindi bisogna sempre basare il piacere (lo scopo) non "sull'illusione", bensì su qualcosa di concreto e realizzabile. Questo, però, non presuppone che nel corso della vita il nostro obiettivo rimarrà fisso: eventi, traumi e crescita possono far cambiare i nostri piaceri e, quindi, farci cambiare le nostre priorità (ciò che prima ci faceva sentire realizzati ora potremmo considerarlo futile). Cosa significa questo? Significa che ritorniamo al mio discorso di prima; ossia che il piacere, che ci induce a trovare uno scopo, è effimero e, quindi anche lo scopo stesso lo è. Allora anche il senso della vita è effimero come noi ed il metodo utilizzato. Tutto cambia nel tempo. Ciò che prima dava soddisfazione ora può dare insoddisfazione e viceversa. Qua si spiega il motivo per cui la ricerca è destinata a non avere fine, se non con la morte. Ora vi darò del tempo per rileggere il testo e cercare di comprendere, perché effettivamente è un concetto complicato anche per me (infatti non so se quello che ho scritto sia coeso e coerente,ma soprattutto se abbia un senso e significato). Spero di aver spiegato il motivo per cui non sono le frivolezze artigianali a completare noi e la nostra vita. Quindi per rendere comprensibile la "brodaglia" che ho scritto ve la spiegherò con esempi pratici. Innanzitutto bisogna premettere che, diversamente dalla linea pratica, noi non viviamo per compiere delle azioni, ma compiamo delle azioni per vivere. A malincuore però il genere umano non lo comprende,ma considera eccessivamente tutto come una vitalità, a partire dagli oggetti... Va bene, bando alla ciance, partiamo con degli esempi. Pensiamo alle persone che adorano mangiare (come me) e che, molto spesso, si fanno tentare da quello che chiamo "peccato di gola", ingozzandosi come se non ci fosse un domani (Dio benedica loro se non dovesse accadere nulla!). Ora queste persone (non mi permetto assolutamente di criticarle, sono per il vivi e lascia vivere) trascorrono un'intera vita, per la maggior parte del tempo, solamente a saziare il loro appetito, trovando gioia e soddisfazione solo da quello. Poi, magari, dopo iniziano a lamentarsi di avere un attaccamento troppo morboso per il cibo e cercano di dimagrire, cercano un cambiamento diverso (iniziano ad avere un po' di amor proprio e vogliono stare bene in salute.). Altre volte invece non gliene importa a nulla e continuano a fare quello che stanno facendo fino a sentirsi veramente male (qui, in un banale esempio, possiamo notare tutto il masochismo e la vulnerabilità degli esseri umani, che non riescono ad affrontare i problemi, ma solo ad ingigantirli più del dovuto). Oppure, altro esempio: pensiamo ad una persona che lavora duramente e, un giorno, decide di prendersi una settimana di ferie. Fin qui non c'è nulla di male, ma se quella persona dicesse:" Sarebbe troppo bella una vita in vacanza ad oziare e poltrire, senza fare nulla dalla mattina alla sera". Ecco, io là mi preoccuperei, e anche parecchio. Cioè sta dicendo che la vita sarebbe bella solo se non ci fosse nulla da fare? E se nella vita non esistessero la ferie o dei momenti di pausa in cui rilassarsi, diventerebbe brutta? La vita non avrebbe motivo di esistere, perché diventerebbe troppo pesante? Davvero il suo scopo è quello? ma soprattutto il niente si può chiamare scopo? La nostra vita non vale di più di un semplice "fare niente"? Ultimo esempio (non inventato ma sentito per davvero): Circa 5/6 anni fa io e mio padre uscimmo con questo signore per una scampagnata in montagna. Quando stavamo mangiando, versò del vino nel bicchiere, mi guardò e disse una frase, che mi fece ridere per divertimento (ora se ci penso mi viene da ridere non so se per satira o per sbigottimento): " Il vino è uno dei pochi piaceri che è rimasto nella vita". Io, ora sto facendo di tutto per mantenere la calma, ma non è semplice... Comunque, questo cristiano sta dicendo che la vita è bella solo per del semplice vino? Ma davvero? Vi giuro non so se biasimarlo o essere compassionevole (una persona che fa un'affermazione simile deve avere una vita molto frustrante). Se non esistesse il vino o qualsiasi altra cosa che per lui è piacere cosa farebbe? Finirebbe la vita? Il punto è che noi potremmo avere tutti gli oggetti di questo mondo, ma sentirci un vuoto che bisogna essere colmato. Le persone hanno l'apparente convinzione che la loro felicità (io chiamo benessere momentaneo o piacere. Di questo però ne parlerò in un altro capitolo) sia scaturita da degli oggetti. Come si spiega il fatto che alcune persone , nonostante possano ottenere tutto ciò che esse desiderano, si sentono povere e, invece, altre le persone, nonostante non abbiano nulla, si sentono ricche? Forse perché le persone che si sentono povere (intendo nell'animo) commettono due errori: 1) Danno un valore spropositatamente esagerato agli oggetti, tanto da dipendere da loro. Quindi pensano che possano colmare quel vuoto; 2) Non si rendono conto che quella che loro considerano "felicità", è solo agevolezza economica. Arricchisce le tasche, non l'anima. Allora, per sfogare le loro sofferenze, alcuni (poi ci sono anche persone più intelligenti che cercano di capire la causa dei loro problemi e reagire) si lasciano sopraffare dai propri impulsi e, pensando di svagare la loro mente, ricercano l'oblio tramite l'uso di stupefacenti. La vera stupidità di queste persone sta, secondo il mio modesto parere, nell'essere consapevoli nella loro inconsapevolezza. Non sanno quale sia la causa dei loro mali e cercano un modo per alleviare le loro sofferenze, però lo fanno in un modo che sanno che crea ancora più male a loro stessi. Si degradano moralmente e fisicamente, annullando se stessi come esseri umani e traviando la propria rettitudine morale (a vedere sempre se ce l'hanno). Qui mi sorgono spontanee un paio di domandine: Tutti gli oggetti che hanno, che fine hanno fatto? Non dovevano essere quelli che "portavano piacere"? Perché non risolvono i nostri problemi? Perché a volte ci fanno ancora più del male? Ecco, è proprio come pensavo, la loro esistenza è utile solamente per soddisfare esigenze pratiche quotidiane e, soprattutto effimere. Oltre a ciò non possono aiutarci in grandi cose. O servono per poco o non servono a nulla. Io critico così tanto gli oggetti, ma poverini non mi hanno fatto nulla di male. Però le persone... Oh si, c'è tanto, forse troppo da dire su di loro. La rovina (non tutti ringraziando Dio) del nostro genere siamo noi, ognuno di noi è responsabile della regressione che chiamiamo progressione. Tanti evoluti su alcuni aspetti, e tanto degenerati su altri; tanto invincibili, quanto insignificanti; tanto sicuri da risultare irritanti, quanto fragili e semplici da manipolare. C'è tantissimo da scrivere ma il genere umano non merita che li venga dedicato molto tempo. Come si suol dire il "tempo è denaro"; se non riesco a far cambiare idea alle persone con questa sorta di "scarabocchio" che ho scritto, potrò dire di aver perso solamente denaro (se nessuno avrà la bontà di rendere il mio libro cartaceo e venderlo nelle edicole). Non posso non dire di aver guadagnato il privilegio di essere un "quadrato originale disegnato con il righello tra cerchi disegnati senza compasso e stampati".

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