CAPITOLO 5 - 5.2 L'appuntamento

Gli studenti in corridoio mormoravano tra loro e distoglievano lo sguardo al suo passaggio: Taiki era tornato a scuola. Era consapevole che, per un lungo periodo, sarebbe stato l'argomento di cui tutti avrebbero parlato, eppure non gli interessava. Quel vociare incomprensibile non era altro che stupide chiacchiere senza valore.

Akane e Kawanari lo avevano accolto cercando di apparire naturali: lei tentò di coinvolgerlo in qualche attività, pensando di aiutarlo a distrarsi, l'altro si era proposto di dargli una mano con i compiti per recuperare le lezioni, ma per quanto fosse loro grato, non aveva voglia di compagnia.

Nei giorni successivi, durante le lezioni, si perse spesso a fissare il vuoto. La signorina Hashimoto, pur con l'impulso di richiamarlo, il più delle volte non interveniva e, come lei, anche gli altri insegnanti sembrarono optare per una sorta di tregua.

In pausa pranzo, per non essere disturbato, prese l'abitudine di mangiare sul tetto e di scrutare l'orizzonte con la musica in cuffia abbastanza alta da stordirlo. Nonostante gli capitasse di imbattersi in qualche altro studente, erano tutti lì per lo stesso motivo, perciò riusciva a rilassarsi almeno in parte dalle angosce che lo tormentavano.

Infine c'era Miu: le uniche volte in cui poteva dirsi contento erano quelle in cui era assente e, negli ultimi tempi, capitava di frequente. Gli altri giorni erano un susseguirsi di sguardi e tentativi di abbordaggio, ma lui la evitava e non le prestava ascolto.

Un tardo pomeriggio, tornando verso il ristorante, si sentì più depresso del solito: gli allenamenti disastrosi avevano convinto il capitano a parlargli e Junichi gli consigliò di prendersi del tempo saltando l'imminente gara, perché non voleva che si sentisse sotto pressione. Ci teneva che continuasse a partecipare alla preparazione e che andasse a fare il tifo, sottolineando a più riprese che isolarsi sarebbe stato controproducente, tuttavia Taiki rifiutò l'offerta perché intendeva mantenere gli impegni presi e, anche se non lo dava a vedere, apprezzava molto il supporto e la premura dei compagni.

Dopo una cena veloce, in cui Naora aveva tentato senza risultato di intrattenere i commensali, e il signor Fujita, in preda alla solita crisi di dispiacere per l'ospite, non aveva spiccicato mezza parola, Taiki tornò nella propria stanza. Con l'amuleto in bella vista sulla scrivania, ripensò per l'ennesima volta a quello che Miu gli aveva raccontato, ma come quasi ogni sera si ritrovò bloccato in una situazione di stallo mentale finché un rumore insistente lo costrinse ad aprire la porta. Maramao entrò e saltò sul letto facendo le fusa. Infine sbadigliando, allungò le zampe in cerca di coccole.

"Ehi, furbacchione, che ci fai qui?"

Taiki stava per richiudere l'uscio quando la voce della collega gli giunse all'orecchio dal piano di sotto. Con un tono sommesso di rimprovero, moderato rispetto agli standard, si stava rivolgendo al padre.

"Ti pare il caso di tenere quel muso lungo per tutta la cena? È così che vuoi provare a risollevare il morale a Taiki? Dai, impegnati, siamo noi la cosa più vicina a una famiglia che gli è rimasta. E una famiglia si aiuta a vicenda."

Taiki non riuscì a sentire altro e qualche lacrima gli rigò le guance. Si rannicchiò sul pavimento, stringendo le ginocchia forte a sé per nasconderci il viso.

Non posso andare avanti così. Papà non sarebbe contento di vedermi in questo stato, forse dovrei tentare di ricominciare, un passo alla volta e senza strafare.

Decise di andare a letto, dove Maramao lo aspettava impaziente e senza badare al fatto che il suo interlocutore fosse un pelosone, gli raccontò tutto ciò che gli era capitato, dalle cose peggiori a quelle più insolite, sentendosi stranamente consolato.

"Tu cosa faresti al mio posto?", domandò alla fine, ammirando il soffitto.

L'altro, in un susseguirsi di rombanti fusa, rispose con una sonora testata.

"MIAO." 


Fuori dal palazzetto erano rimasti solo pochi gruppi di persone a raccontarsi la giornata di gare appena conclusa. Miu, appoggiata al muro di confine, li osservava di sottecchi con le mani in tasca e il respiro pesante. L'ultima volta che era riuscita a parlare con Taiki, se poteva definire quel che era accaduto aver avuto una conversazione, era stato quando gli aveva rivelato la verità su di lei e il proprio mondo.

Da quel giorno anche solo avvicinarlo era stato quasi impossibile, non perché non ne sarebbe stata in grado, ma perché il Drago stesso l'aveva invitata a ricredersi sul giovane: "Pazienta, mia diletta. Il vero coraggio si cela nelle profondità dell'animo. Prova di nuovo, scava più a fondo", risentì nella mente, come le accadeva fin troppo spesso negli ultimi tempi.

Alzato lo sguardo, notò l'obiettivo avvicinarsi: Taiki, con le solite cuffie calate sulle orecchie, avanzava a testa bassa con la borsa in spalla. Era chiaro che fosse provato dalla disastrosa prestazione di quel pomeriggio, in cui aveva dovuto fermarsi a metà corsia per evitare di annegare, ma Miu non poteva abbandonare la missione.

Passandole accanto non la degnò di uno sguardo, così lo seguì.

"Taiki, aspetta, ti devo parlare."

Lui ebbe solo un lieve sussulto, ma continuò per la propria strada, incurante di ogni richiamo. A quel punto, stanca di sentirsi invisibile, Miu lo afferrò con forza e lo trascinò in un vicolo isolato.

"Mi vuoi ascoltare?"

Taiki si liberò con uno strattone.

"Si può sapere che problemi hai? Lasciami in pace! Ti ho detto che non voglio avere niente a che fare con te", si ricompose con stizza. "Ti fai sempre vedere nelle giornate peggiori, tu?"

"Ti ho spiegato che ho bisogno dell'amuleto. Sparirei volentieri dalla tua vista se decidessi di consegnarmelo."

"E io ti ho detto di no. Tornatene pure in quel tuo dannato regno, ma se lo farai sarà senza il MIO amuleto", si alterò, indicandosi per sottolineare il concetto.

Miu strinse i pugni provando a contenersi.

"L'alternativa sarebbe aiutarmi, ma se anche implorarti non funziona, non ho davvero idea di che cos'altro fare. Stiamo parlando di un amuleto che fino a poco tempo fa non sapevi neppure che esistesse. Quindi, sentiamo, che cosa dovrei escogitare per riaverlo?"

Il compagno cominciò a tremare in modo strano e lo sguardo si abbassò. Non sembrava arrabbiato e rimase in quella posizione per un po' prima di parlare, con la voce che uscì quasi come una supplica.

"Ti rendi conto che sei la sola persona che fino a oggi avrebbe dovuto, quantomeno, provare a chiedermi scusa, e invece non fa altro che preoccuparsi di se stessa?"

Qualcosa in quella frase lasciò Miu di sasso.

Taiki riprese a camminare e lei non ebbe la forza di fermarlo; lo guardò immobile svanire dietro l'angolo.

"Hai usato di nuovo la forza, non ricordavo di esserne la Virtù!"

Con la voce del Drago che le rimbombò nella mente capì di aver fallito di nuovo.

Affranta, osservò il cielo sfumare nei colori aranciati del tramonto: per l'ennesima volta avrebbe dovuto dire ai propri fratelli che non era riuscita dove tutti loro, invece, si erano dimostrati all'altezza. Avrebbe dovuto di nuovo sentirsi una delusione per la propria famiglia, per il Consiglio, per Zemlyan...

Con una sonora sberla sincronizzata su entrambe le guance riprese lucidità. La partita non era finita: le restava un'ultima carta da giocare.


"Il mio cuore corrotto nà nà nà... sincero solo con te nà nà nà... strappalo e gettalo nel fuoco del nostro amoreeeeeee!"

Naora cantava allegra mentre finiva di pulire la sala principale. Lei e Taiki avevano già apparecchiato i tavoli e, prima che lui andasse in cucina, si era detta contenta che quel giorno ci sarebbero stati solo clienti ordinari: niente compleanni, pranzi di lavoro o feste di altro genere, così avrebbe avuto qualche ora in più da trascorrere con le amiche per fare shopping.

A sovrastare l'allegra melodia risuonò per tutto il locale il tintinnio del campanello che annunciava un visitatore.

"Siamo spiacenti, siamo ancora chiusi", urlò Naora dal fondo della sala.

Nel frattempo, il signor Fujita recuperò un grosso pentolone dalla credenza.

"Grazie, Taiki, con te finirò di preparare tutto in un attimo."

"Non lo dica nemmeno. E poi avevo voglia di riprendere il lavoro", rispose l'aiutante tagliando le verdure.

Avvolti dal rumore dei fuochi accesi, il capo si schiarì la voce.

"Dimmi, ragazzo, come sta Eiji?"

Taiki fermò il coltello.

"Credo bene. È da un po' che non ci sentiamo", rispose, realizzando che, in effetti, si erano scambiati pochi messaggi nelle ultime settimane. "Immagino sia molto impegnato. Nel pomeriggio proverò a scrivergli, magari ha voglia di fare una chiacchierata."

Il signor Fujita ricominciò a spadellare e si capì che era agitato dal modo in cui mescolava le pietanze.

"In alternativa, potresti andare a trovarlo. Perché non provi, che ne so, a chiedergli se il prossimo weekend..."

"Eh, eh, eh... Scusate se disturbo", disse Naora appoggiandosi all'uscio, con una smorfia sorniona dipinta in viso. "Cosa ci fai ancora qui, Taiki? Dovresti già essere pronto da un pezzo, non si fa mai aspettare una signorina."

I due uomini si scambiarono un'occhiata interrogativa.

"Non dirmi che ti sei dimenticato che avevi un appuntamento?!", esclamò la collega scandalizzata.

"Scusa, tortorina, spiegati meglio", disse il signor Fujita incuriosito, avvicinandosi alla figlia con il mestolo in mano per dare una sbirciata alle sue spalle.

"Eh, papino... il nostro Taiki diventa grande! Di là c'è una ragazza molto carina che dice di avere un appuntamento con questo smemorato."

"Davvero, Taiki? Perchè non me l'hai detto? Corri a prepararti! Per quando tornerete, vuoi che vi cucini una bella cenetta?", si commosse il capo.

"Fermi tutti! Io non ho nessun appuntamento. Avrai capito male, Naora, forse sta cercando qualcun altro", si affrettò a rispondere il giovane ancora perplesso.

"Invece cerca proprio te. Ha detto che è una tua compagna di classe. Vedessi, papà, ha due occhi verdi che paiono smeraldi."

Taiki strinse il coltello e tornò a occuparsi delle verdure.

"Puoi dirle che oggi devo lavorare e che ci vediamo domani a scuola."

Il signor Fujita, con l'incedere di un orco, gli si parò davanti in tutta la sua possanza e, con un solo sopracciglio alzato, mugugò qualcosa.

◾◾◾

"Seguimi!"

Taiki, uscendo dalla cucina a denti stretti, prese Miu per il polso e la trascinò all'esterno del locale. I Fujita cercarono di origliare senza farsi vedere, ma le loro teste sporgevano dall'ingresso più del dovuto e Taiki abbassò la voce per non farsi ascoltare.

"Se non la smetti di tormentarmi chiamo la polizia", sbottò infastidito.

Miu, però, gli sorrise e si esibì in un profondo inchino.

"Sono venuta a chiederti scusa. Hai ragione, mi sono comportata da egoista. Non sono mai stata gentile con te e non merito di certo la tua fiducia, però ho capito di aver sbagliato e voglio rimediare."

"Non ho con me l'amuleto perciò, se questo è un tentativo di portarmi in qualche posto losco per rubarlo, non è il tuo giorno fortunato", proseguì lui, facendo un passo indietro, ben sapendo che invece il ciondolo si trovava proprio nella tasca destra.

"Niente affatto. Dove andremo non servirà, anzi, dove vorrei andare con te. Ti piacerebbe accompagnarmi a fare una gita?"

Lui non era convinto ma, nel voltarsi, vide i Fujita che lo stavano salutando. Avevano lasciato la giacca e le scarpe sulla fioriera accanto alla porta. Forse seguirla non è poi una cattiva idea...

I ragazzi si avviarono uno di fianco all'altra.

"Posso sapere dove mi stai portando?"

"È una sorpresa, ti piacerà."

Taiki restò sospettoso, ma non aveva voglia di fare conversazione e camminò in silenzio con le mani in tasca, una a stringere forte l'amuleto. Dopo un po' Miu si addentrò in un piccolo parco affollato ai piedi della collina, ma si discostò dalla gente portandosi verso il fondo, in prossimità di una fontana interrata.

Si sedette sul bordo metallico e invitò Taiki, picchiettando la mano, a fare lo stesso.

Il ragazzo sbuffò, ma seguì le istruzioni e fece appena in tempo a toccare la cornice che la compagna lo strinse forte, proiettando entrambi in acqua.

"Miu... coff coff... ma che cavolo...", tossì riaprendo gli occhi.

Con suo grande stupore non erano più nel parco, ma quel luogo aveva un ché di familiare; inoltre era fradicio, a differenza di Miu che, accanto a lui, era perfettamente asciutta.

Nel guardarla, la vide trattenere una risata e alzarsi mentre rivolgeva l'attenzione alle loro spalle.

"Non pensavo sarebbe riuscita a convincerti! Questo vuol dire che ho perso."

Taiki si girò lentamente, il sole lo abbagliò e gli permise di distinguere in un primo momento solo degli abiti da monaco.

Pian piano, abituando la vista, sollevò lo sguardo e, nonostante la testa rasata, non poté non riconoscere chi si trovava di fronte.

"E...e....e...Eiji?!"

L'amico sorrise e gli porse un asciugamano.

"Ciao, Taiki."

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