CAPITOLO 3 - 3.2 Quello che non ti aspetti
Assorto tra musica e pensieri, Taiki rimuginava su quanto detto da Miu la settimana precedente, rivedendo limpida la scena della spiaggia, senza sapere se la colpa fosse della canzone malinconica che gli ronzava nelle orecchie o del mare che stava costeggiando.
Il giorno dopo l'accaduto si era rivolto ad Akane e Kawanari per un consiglio: la prima si era dichiarata per niente sorpresa, convinta da tempo che la compagna fosse innamorata di Eiji.
"Dev'essere terribile sapere che il tuo amore è lontano... Con quel suo fare da bad boy, Eiji attira molte ragazze e anche lei non dev'essere rimasta immune al suo fascino! Molte ragazze, a parte me, ovvio", aveva precisato.
Kawanari invece aveva sostenuto che non ci fosse nulla di cui preoccuparsi: "Le donne sono imprevedibili, cambiano come il cielo a primavera o le fasi di luna, il che è una scocciatura, ma non ci si può fare niente", aveva argomentato, proseguendo con una serie di giustificazioni sul fatto che Miu non fosse il suo tipo e provocando le risate di Akane che non era a conoscenza dell'equivoco. Taiki, invece, ci pensò su: non avrebbe mai immaginato che il motivo potesse essere quello, anche perché di solito non si preoccupava di faccende amorose e poi...
Alzato lo sguardo, si rese conto di essere di fronte al cortile deserto della scuola e lo superò per raggiungere l'ingresso degli atleti al palazzetto. Il grande giorno era arrivato, entro un'ora sarebbero iniziate le gare di nuoto tra i licei della prefettura di Wakayama.
Quasi arrivato alla propria meta scorse tra la folla due mani agitarsi e il cuore iniziò a battergli forte.
"Papà? Ma che cosa ci fai qui? Eiji, è stata una tua idea?", domandò con la voce tremula per l'emozione, dopo che li ebbe raggiunti.
L'amico scosse il solito ciuffo ben pettinato, ma privo di colori sgargianti.
"Mi piacerebbe prendermi il merito, ma tuo padre mi ha chiamato perché voleva farti una sorpresa, così io e mio fratello ci siamo appostati dietro casa vostra, abbiamo aspettato che ti allontanassi e gli abbiamo dato un passaggio. Ah, Tendo ti fa gli auguri, purtroppo non poteva fermarsi."
Taiki li abbracciò, dimenticando qualunque preoccupazione lo stesse affliggendo.
"Faccio una corsa a salutare gli altri", comunicò Eiji. "Signor Kikuchi, la aspetto alle tribune."
Questi annuì e rimase solo con il figlio.
"Senti, Taiki, sporgiti verso di me e chiudi gli occhi."
Il ragazzo, sorpreso, obbedì e mise le mani a coprire il volto lasciando, tuttavia, un minuscolo spiraglio da cui sbirciare.
Il padre estrasse qualcosa dalla tasca e un intenso bagliore verde si sprigionò dall'oggetto colpito dal sole.
"Non puoi neanche immaginare quanto sia orgoglioso di te. Di solito siamo noi a incoraggiare i figli, a tracciarne la propria strada. Invece, più ti osservo, più mi convinco che sia tu a darmi la forza necessaria ogni giorno, mostrandomi cosa significa superare paure e difficoltà."
"Papà... così mi fai piangere."
"Ancora un secondo... Ecco, puoi tornare a vedere."
Taiki si raddrizzò e si guardò il petto, dove un pendente a forma di animale oscillava a mezza altezza.
"Che cos'è?", domandò studiando meglio il ciondolo: raffigurava un drago che stringeva tra le zampe una sfera di vetro piena di liquido verde trasparente, in cui galleggiavano dei sottili filamenti luminosi. Lì per lì non capì di preciso se il manufatto fosse d'acciaio o d'argento, ma i riflessi smeraldini prodotti dalla strana sostanza ne esaltavano i dettagli, facendogli capire che la fattura era di sicuro pregiata.
"Sai, credo sia un portafortuna", iniziò a raccontare il padre. "I medici dissero che l'avevo al collo dopo l'incidente. Non so chi possa avermelo dato, sembra che nessuno di quelli a cui ho chiesto ne sapesse qualcosa. L'ho conservato per anni chiuso in un cassetto, come un tesoro, ma ho creduto che potesse essere un bel regalo per te, oggi. In ogni caso, sono sicuro che ti basterà guardarti dentro per trovare il coraggio di affrontare ogni cosa."
"Papà, io non..."
"Ehi, Taiki, vuoi muoverti?", si sentì chiamare da lontano. "Se non ti sbrighi, ti raddoppierò le vasche al prossimo allenamento", lo rimproverò Junichi.
"Arrivo subito", urlò il ritardatario di rimando.
"Grazie, papà!"
◾◾◾
Il boato del pubblico annunciò la fine di un'altra sfida e gli altoparlanti proclamarono Jotaro secondo nel dorso, con un nuovo record personale. Anche Junichi e Toru erano saliti sul podio, con un primo e un terzo posto nelle rispettive specialità, e per l'istituto si trattava di un risultato unico.
Lo speaker invitò gli atleti dei duecento metri stile libero a prepararsi: la prossima gara sarebbe stata la loro.
Taiki, tornato nello spogliatoio dopo il riscaldamento, sentì l'annuncio e per stemperare l'adrenalina crescente si mise a saltellare sul posto. Fece per togliersi l'amuleto ma, guardandosi nel piccolo specchio dello sportello, decise di legarlo meglio e di portarlo con sé.
"Così non mi sarai d'intralcio. Mi servirà tutta la fortuna possibile", disse al proprio riflesso.
Il resto della squadra lo stava aspettando in corridoio per fargli gli auguri: Jotaro, con il solito cellulare in mano, filmava il momento, mentre Toru pensava alla narrazione.
"L'entrata trionfale del novellino, amici!"
Taiki fece una bella linguaccia alla fotocamera e varcò l'ultimo confine che lo separava dalla verità, accolto da scroscianti applausi. Fra le tribune cercò subito il padre e lo vide fare il tifo per lui accanto a Eiji. Spostato lo sguardo più in alto, notò uno striscione con il suo nome che troneggiava nella zona centrale. L'opera era di Akane che, appoggiata al parapetto, sventolava con foga una grossa bandiera. Ma fu la persona in piedi, poco più in alto di lei, a lasciarlo di stucco: si trattava di Miu che lo fissava impietrita.
"Alla corsia numero tre, in rappresentanza del nostro istituto, Ki-ku-chiii Taikiii!", si udì per tutta la palestra.
Lui non poté fare altro che recuperare la concentrazione, salutare e salire in pedana gonfiando il petto per darsi la carica. Aggiustati gli occhialini, si sporse in avanti e diede un'ultima sbirciata agli spalti: Miu sembrava scomparsa, ma non era quello il momento di preoccuparsene.
"Tutti gli atleti in posizione. Pronti?..."
Il fischio di partenza fu accompagnato da urla di incitamento ai nuotatori che, con le loro bracciate, scuotevano l'acqua una vasca dopo l'altra. Taiki sapeva di avere pochi minuti in cui riversare tutta la determinazione del mondo, perciò spinse al massimo, ogni centimetro più sicuro di sé, senza alcuna intenzione di arrendersi.
Ultima virata, ultimi metri, l'acqua schizzava da tutte le parti e gli impediva di capire dove fossero gli avversari. Ed ecco che il braccio si distese, le dita si allungarono il più possibile per toccare il bordo... Coraggiooooooo!
Riemerso, l'ovazione che si levò lo fece voltare di scatto in direzione del tabellone.
"Wow, abbiamo appena assistito a una gara mozzafiato! Signore e signori, il nostro Kikuchi Taiki si aggiudica questa duecento metri!"
I compagni lo accolsero a bordo vasca e lui esultò verso il migliore amico e il padre. Se fino a pochi mesi prima gli avessero detto che sarebbe riuscito non solo a rientrare in acqua, ma addirittura a vincere una gara, non ci avrebbe mai creduto.
◾◾◾
"Ragazzi, siamo stati fantastici! Non abbiamo mai avuto così tanti punti al primo turno. Con questo ritmo potremmo arrivare in pochissimo tempo in testa alla classifica generale! Per noi vorrebbe dire n-a-z-i-o-n-a-l-i", scandì Junichi che non stava più nella pelle. "Ma la strada è lunga e dobbiamo continuare ad allenarci."
"Sì, signor capitano!", esclamò in coro la squadra che, concluse le premiazioni, fece capolino in cortile unendosi a Eiji, Akane e al signor Kikuchi
"Bravo, figliolo, sono fiero di te! Anche tu, Toru, sei stato incredibile. Dimmi: come stanno i tuoi genitori?", domandò il padre di Taiki che aveva riconosciuto il vecchio compagno di classe del figlio.
"Tutto bene, signor Kikuchi, è un piacere rivederla. Taiki non si sarebbe impegnato tanto se non fosse venuto a sostenerlo", disse Toru scuotendo l'amico.
"Molto piacere, signore. Io sono Sakei Junichi e lui Maikawa Jotaro, grazie anche da parte nostra", si presentò il capitano, facendo un piccolo inchino.
"Non mi sarei perso questa prima gara per nulla al mondo", rispose l'altro con un sorriso fiero e allungando la mano che Junichi strinse lieto.
"Sì, Taiki! Che gara pazzesca, sei, ehm... siete, stati favolosi!", aggiunse timida Akane, rimasta in disparte fino a quel momento.
Il signor Kikuchi ridacchiò e portò una mano a fare da inutile barriera alle labbra.
"Hai una tifosa davvero sfegatata, vedi di non deluderla in futuro!"
Taiki arrossì e si grattò la nuca.
"Grazie mille, Akane, per essere venuta."
"Figurati, per così poco. Però, ora devo scappare, le mie amiche mi aspettano. Arrivederci, signor Kikuchi, è stato bello conoscerla. Eiji, buon viaggio di ritorno e, di nuovo, bravissimi, ragazzi", salutò, per poi scappare verso un gruppetto di ragazze impazienti.
"Molto bene, rinnovo anche io i miei complimenti e non vedo l'ora di assistere al prossimo evento, ma si sta facendo tardi e ho ancora del lavoro da sbrigare", si affrettò a dire il signor Kikuchi.
Taiki fece per aiutarlo, ma l'altro lo interruppe.
"Tu sta' fermo lì e va' a divertirti, ma mi raccomando: alle otto puntuale a casa."
"Sì, papà", rispose Taiki, fingendosi un bravo soldato. "Cercherò di tornare in orario, ma passeremo a mangiare dai Fujita. Hanno detto che ci avrebbero offerto un bel banchetto in caso di vittoria. Cena pure senza di me."
"Allora fatti preparare una porzione da asporto di takoyaki. Ah, Taiki... credo proprio che dovremo fare un discorsetto sulle ragazze."
Taiki deglutì e abbozzò un saluto mentre Toru e Jotaro, che di solito non si sbilanciava, ridacchiavano tra sé.
Avviatisi verso il ristorante, Taiki ebbe un'illuminazione.
"Scusa Eiji, non è che per caso hai incontrato Miu fuori dal palazzetto? Mi è sembrato di averla intravista sulle tribune, ma poi è sparita."
L'altro aggrottò la fronte pensieroso.
"Miu, dici? No, non l'ho vista e non la sento da un po'. Sicuro di non esserti sbagliato?"
"Non credo. Il fatto è che non mi sembrava tanto in forma..."
"Allora sarà di sicuro tornata a casa. Dai, adesso non pensarci, dobbiamo festeggiare. E, in ogni caso, domani la vedrai in classe e potrai chiederle come sta!"
Taiki sorrise: in effetti non c'era ragione in quella giornata di farsi travolgere di nuovo da pensieri tristi.
◾◾◾
Tornando verso casa, in ritardo, Taiki rimuginava spensierato, lasciandosi alle spalle una via dopo l'altra, nella frescura di quella sera estiva che stava per cedere il posto all'autunno.
Il pomeriggio era volato: arrivato al ristorante con il club di nuoto, più Eiji, aveva trovato il signor Fujita in preda a un'autentica crisi di nervi. Il povero chef, in ansia per Taiki, sembrava aver riversato la propria frustrazione sulla figlia, causando qualche problema anche all'intero locale. Aperta la porta, infatti, i ragazzi avevano assistito alla sfuriata di Naora che con la vena sulla tempia pronta a esplodere, cercava invano di rimettere in riga il cuoco e di spedirlo in cucina a fare il proprio lavoro.
Era stato Maramao a dare il benvenuto ai nuotatori, zittendo con un profondo: "Miao", tutta la sala da pranzo. Il capo si era bloccato in attesa di notizie e saputo che avrebbe dovuto cucinare per tutta la squadra, aveva abbracciato Taiki, senza curarsi di sollevare anche la figlia nella possente stretta. Infine i vincitori si erano accomodati, pronti a riempire la pancia.
E così, anche il momento di salutarsi era arrivato. Taiki aveva accompagnato Eiji in stazione, ringraziandolo per la presenza, e questi si era finto commosso: "E perdermi la tua prima gara ufficiale? Mai. Eh, il gradino più alto del podio... l'allievo che supera il maestro...", aveva detto, per poi invitarlo a scambiarsi il loro saluto speciale.
Quando l'altoparlante aveva annunciato le partenze, Eiji si era avviato in fretta verso i binari, promettendo che si sarebbero sentiti presto. Scomparso alla vista, anche per Taiki era giunto il tempo di tornare a casa, con l'orologio della stazione che segnava l'ora in cui avrebbe già dovuto trovarsi là...
Perso nei propri pensieri allegri, controllò di nuovo l'orario. Spero che papà non voglia proseguire con i festeggiamenti. Sono pieno... Oh, no, ho dimenticato i takoyaki! Un momento... che cosa diceva delle ragazze quando stava andando via?
Svoltato all'ultimo incrocio, rallentò di colpo. La luce del lampione rischiarò una persona impegnata a cercare qualcosa, che non si accorse subito della sua presenza, ma gli corse incontro non appena i loro sguardi si incontrarono.
"Ciao, Kikuchi."
Taiki si bloccò: non poté fare a meno di notare il nervosismo della figura che, con le braccia tese lungo i fianchi e i pugni che si stringevano a ogni respiro, lo aveva appena salutato. Erano soprattutto gli occhi a turbarlo, così cupi da fargli credere che avrebbero potuto inghiottirlo.
"Ciao, Miu, che ci fai da queste parti? Va tutto bene?"
"Ho delle domande molto importanti da farti", ribatté lei, senza dar peso a quanto detto dal compagno.
Avrò di nuovo fatto qualcosa che l'ha fatta arrabbiare? Oppure, come pensavo, ha frainteso tutto e adesso vuole dirmi...
"Non è che possiamo parlarne domani a scuola? Sono in ritardo", provò a tergiversare, mentre l'aria piacevole di poco prima si fece all'improvviso gelida.
"No, non posso aspettare", continuò lei avvicinandosi.
Taiki cercò di aggirarla per proseguire verso casa quando il telefono iniziò a suonare.
"È mio padre, te l'ho detto che sono in ritardo."
Prima di poter rispondere, la chiamata si interruppe e Miu, con uno scatto, lo afferrò per un braccio.
"L'amuleto. Dov'è?"
"L'amu... cosa?!", esclamò lui, disorientato.
"Oggi, alle gare, avevi un ciondolo al collo. Dov'è? Chi te l'ha dato? Non è tuo, vero?"
"Alt, alt, ferma. Stai facendo tutto questo per la mia collana?", ridacchiò cercando di rilassarsi in quella situazione priva di senso, mentre estraeva l'oggetto da sotto la maglia.
"Non c'è niente da ridere. Dove l'hai trovato? L'hai forse rubato?", proseguì Miu sempre più nervosa.
"Che cosa? Mi credi sul serio capace di rubare? Okay, tutta questa conversazione è assurda e io sono stanco, addio."
Senza salutare la compagna, con la rabbia che aveva preso il sopravvento dopo quell'ultima accusa, si diresse verso casa; ma lei lo seguì.
"D'accordo, me lo rimangio, però l'amuleto non può essere tuo. Spiegami come fai ad averlo!"
Lui continuò a ignorarla e affrettò il passo per mantenere le distanze, ma all'ennesima richiesta, e ormai in vista del muretto della propria abitazione, si voltò camminando a ritroso.
"È un regalo di mio padre, soddisfatta?"
"Un regalo... di tuo padre..."
"Se non ci credi, puoi entrare e chiederglielo direttamente", la schernì, indicandole l'ingresso con tutto il braccio teso.
La reazione di Miu, però, fu molto diversa da quella che avrebbe immaginato: il suo sguardo, puntato verso la casa, era di puro terrore.
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