CAPITOLO 21 - 21.1 Dichiarazione di guerra

"Kalooy, te lo chiedo come fratello: riparati dietro quegli scogli e se dovesse succedermi qualcosa, raggiungi subito da Kana."

Onore strinse la spalla del fratellino che, scudo in mano, se ne andò come richiesto.

Il comandante invece avanzò senza la minima esitazione e si fece largo sotto la fitta pioggia, interrotta poco dopo da un brusco movimento della mano di chi gli era dirimpetto.

D'istinto, portò le dita a sfiorare l'elsa della spada, mentre l'avversario abbassava il cappuccio: i generali delle due armate zemlyane erano al rispettivo cospetto.

Namis scrutò Kujo, ma quell'essere non aveva quasi nulla in comune con il ragazzo palesatosi anni prima nella sala della Lancia. Da sotto la tunica erano visibili solo le mani contratte e nodose, dal colore cereo che metteva in risalto vene gonfie e bluastre, le cui unghie violacee non risparmiavano un'estetica già fin troppo malsana.

Il capo era coperto da un elmo a forma di testa di corvo, privo di occhi, che mostrava il volto solo dalla punta del naso fino alle giugulari.

Che stare a contatto perenne con le ombre lo abbia mutato fino a questo punto?

Con la coda dell'occhio Namis controllò che Kalooy fosse al sicuro. Nonostante le apparenze non era tranquillo.

La bocca di Kujo, nel frattempo, si sollevò in un smorfia grottesca.

"Oggi deve essere il mio giorno fortunato. Incontrare proprio te, Namis, Protettore di Onore..."

"Cosa ti porta su Meki?"

"Non ricordavo mi servisse il permesso per gironzolare libero nel regno. Comunque ero nei paraggi, ho sentito la presenza di qualcuno e ho pensato di passare a fare un salutino. Che seccatura, sono sempre io venirvi a trovare. Nessuno di voi si prende mai la briga di fare un salto a Zhiyak. Avevo persino preparato degli ottimi orfinni, ma ora saranno tutti ammuffiti. Che peccato!"

Il comandante non trattenne un sospiro di fastidio.

"Ma, principe, che sguardo severo. Rilassati, voglio solo scambiare due parole con te."

"E di cosa vorresti parlare? Di quello che è successo a Nahas e a Chloor? O forse vuoi parlare di Lood?"

"Ma come siamo suscettibili. Ho solo dato una spintarella a un normale processo che i tuoi amati umani chiamano evoluzione. La Terra ne ha subite innumerevoli. Zemlyan invece si è sempre crogiolato nella Luce. Perciò dimmi, dove sarebbe l'equilibrio? Trovo sia giunto il momento anche per le ombre di, perdona il gioco di parole, risplendere."

Il Sacerdote si piegò, coprendosi la bocca per soffocare una risatina compiaciuta, mentre Namis continuava a rimanere impassibile, non poteva cedere alle sue provocazioni.

"Zemlyan non ti permetterà di distruggerlo. Non ha paura e neanche noi."

L'altro questa volta si lasciò andare a uno schiamazzo folle.

"Scusami, scusami tanto! Non sono riuscito a trattenermi. Sei così ridicolo. Bravi, vi meritate un applauso, mocciosetti eroici. Avete trovato tutte le Virtù, le avete ammaestrate come si deve, ma questo non sarà sufficiente a fermarmi e soffrirete schiacciati dalla supremazia del mio esercito. Oh, perdonami. Tu sai già cosa si prova a scontrarsi con uno dei miei Dara."

Namis sentì la cicatrice pulsare. Sapeva di dover contattare i fratelli, ma non poteva permettersi di fare movimenti avventati.

"L'ora delle parole è finita. Ho atteso abbastanza. Ma non temere, non sono così vigliacco da attaccarti alla sprovvista. Anche perché non ci sarebbe nessuno a godersi lo spettacolo. Da domani vi aspetterò, proprio qui. E vi sconsiglio di giocare con la mia pazienza."

Nel frangente di un respiro, il nemico si materializzò a pochi centimetri da lui, che avverte una pungente sensazione di gelo a lato della cicatrice. Mentre la vista si offuscava, comparve involontario il tatuaggio della connessione e la parola preparatevi gli risuonò minacciosa in testa.

Come se non bastasse, non riusciva a muoversi: avvolto da una corda invisibile, i muscoli non volevano assecondare la sua volontà e i sensi parvero abbandonarlo inesorabili uno alla volta. D'un tratto un lampo violaceo attraversò il suo campo visivo, riportandolo bruscamente alla realtà.

Il principe si girò, libero dalle catene. Kalooy era uscito dal nascondiglio con lo scudo in mano davanti a sé e aveva la testa bassa, il respiro affannato, e gli occhi avvolti da un'aura di tenebra.

Kujo fece qualche passo indietro massaggiandosi la mano e Namis potè riprendere il controllo.

"Se hai finito, vattene. Non aspettare che ti ringrazi per averci risparmiati."

Il Sacerdote alzò le braccia come gesto di resa.

"Non sei per niente gentile, lo sai? Non come me, almeno, che sto per farti dono di un segreto: qualcuno non si è sentito molto bene, temo. Ho dovuto impegnarmi per raggiungervi tutti. Soprattutto lei..."

"Kana", sussurrò Namis sgranando gli occhi.

"Meritava di ricevere l'attenzione che le ho sempre negato. Ah! Un'ultima cosa: auguratevi buona fortuna."

Battute le mani e indietreggiato in una conca d'acqua, Kujo scomparve, ma le nuvole temporalesche rimasero immobili, oscure e minacciose, a fissare dall'alto i presenti impietriti.

"KANA", urlò Namis cercando invano di contattarla. "Kalooy, avvisa Miu, io penso a Heiko. Qualunque cosa stiano facendo devono tornare a palazzo."

L'altro annuì mettendosi in spalla lo scudo. Entrambi si toccarono la tempia e si gettarono ciascuno in una di quelle pozzanghere che il terreno non voleva saperne di assorbire.

"Heiko, Heiko, mi senti?"

"Namis?"

Il Protettore di Giustizia portò la mano accanto alla fronte e si sedette aiutato da Odan e Sayuri che lo fissavano terrorizzati.

"Tornate a palazzo, sbrigatevi."

La comunicazione si interruppe. Giustizia non ricordava di aver mai sentito suo fratello tanto preoccupato e provò a rimettere insieme i pezzi. Aveva sentito una voce parlargli, ma non era stato solo quello. Era come se di colpo qualcosa si fosse impossessata del suo corpo.

Provò a rialzarsi per fare qualche passo, ma si sentì instabile e non per la gamba dolorante: la mente offuscata e il corpo pesante lo trascinarono verso terra. Odan alla sua destra lo sorresse senza sforzi e Sayuri dal lato opposto bloccò qualunque possibilità di caduta.

Sbattendo le palpebre, Heiko si rese conto che la mano che affondava nel pelo della tigre non riusciva a percepirne il tocco. Fatto un respiro profondo e mosse con calma le dita, un formicolio gli risvegliò il tatto e la morbidezza del manto sotto i polpastrelli si fece lentamente sentire.

"Heiko, va tutto bene? Cosa sta succedendo?", domandò Sayuri ancora spaventata.

"Dobbiamo tornare a Meki, non so altro", rispose lui con voce sottile.

Essendo la fontana distrutta, i ragazzi tornarono verso il fiume al limitare del villaggio. Facendo attenzione a non sforzare Giustizia, l'attendente lo aiutò a camminare fino alla sponda e poi, senza lasciarlo, strinse Sayuri dal lato opposto.

Insieme si lasciarono cadere nell'acqua grigia e desolata di una Lood ormai morente.

"Miu, mi senti? Sorellona, dimmi qualcosa."

"Kalooy? D-dove sei?"

"Fate presto, venite subito a palazzo."

"Ma perché? Che sta..."

"Si tratta di Kana."

Dopo l'ultimo scambio di parole Miu si riprese. Il malessere improvviso, il buio, la voce nella testa che non apparteneva a nessuno dei fratelli erano l'incubo che si stava avverando: Kujo era pronto.

Taiki e Yumiko si avvicinarono per sincerarsi delle sue condizioni.

"Ti senti bene?", le chiese il Custode in apprensione.

"Credo di sì, ma dobbiamo tornare a casa."

A fatica si rimise in piedi e osservò i dintorni.

"Qui non c'è più nulla che possiamo fare. Minero: esigo che tutti siano messi al sicuro."

Il capovillaggio, mortificato, non controbatté e cominciò a radunare gli abitanti, assegnando piccoli compiti a chi era più recettivo. Infine, Miu andò da Almas abbracciato al piccolo Yuan, immaginando che cosa stesse provando.

"Mi dispiace. Dovrai essere forte, amico mio."

"Ti prego, riportala qui se puoi. In ogni caso, ti chiedo perdono."

Taiki prese la mano della Protettrice e si trasformò senza aver bisogno di sentirselo dire.

Con Yumiko al fianco, Miu si incamminò per tornare alla fontana e una volta abbracciata la cerva i tre amici svanirono da Pouk.

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