CAPITOLO 17 - 17.1 Frammenti del passato
"Taiki, sei troppo rigido. Rilassati e abbassa le spalle."
Miu prese la mira: il bersaglio era a diversi metri di distanza, ma potevano farcela.
"Ma stiamo provando da due ore, sono stanco, e immerso in questo liquido non è facile mantenere l'equilibrio."
"Hai ragione, scusa. Facciamo solo un ultimo tentativo", ribatté concentrata tendendo la corda fino all'altezza dell'orecchio.
"Adesso."
Nell'istante in cui il Custode pronunciò la parola, le dita di Miu si aprirono lasciando partire la freccia che, sibilando, si conficcò ai piedi dell'obiettivo.
"Maledizione!", esclamò Taiki tornando drago.
Miu, in affanno, appoggiò le mani alle ginocchia.
"Non prendertela e guardati attorno. In una sola settimana siamo arrivati ai quindici metri. Però quella cosa mi lascia perplessa."
Indicando dietro alcune sagome poste a distanze diverse, c'era un albero con un foro bruciacchiato che lo trapassava da parte a parte. Era accaduto nel mezzo di un tiro: dopo aver incoccato il dardo, questo si era all'improvviso rivestito di luce. Per la sorpresa, sia Miu sia Taiki si erano distratti spostando la traiettoria dal fantoccio e il fascio luminoso aveva quindi colpito e perforato la pianta, dissolvendosi a fine corsa.
"Magari abbiamo una super mossa segreta. Sai, come nei videogiochi."
"Non escludo che tu abbia ragione. Più tardi ne parlerò con Namis."
La principessa si sedette proprio sotto l'albero-vittima per rilassarsi e osservare i fratelli proseguire con le esercitazioni. Eiji e Kana erano gli unici a mancare, poiché erano tornati a palazzo per sistemare alcune questioni. Si soffermò in particolar modo su Namis e Odan, e Taiki seguì la direzione del suo interesse.
"All'inizio credevo che Odan fosse un cialtrone, ma potrei essermi fatto un'idea sbagliata."
"Fa lo sciocco, ma è tutta apparenza. Per Namis è diventato un sesto fratello e anche io posso dire di considerarlo tale."
"Ma come riescono ad andare d'accordo? Hanno due caratteri opposti. Se già il comandante fatica con quella peste di Sayuri, come ne sopporta due?"
"Non è come pensi. Odan ha un'ineguagliabile stima per Namis. Si atteggia a saputello, ma la verità è che vuole con tutto il cuore diventare come lui."
Taiki piegò la testa alzando un sopracciglio, non proprio convinto di quelle parole.
"Odan ha perso i genitori durante l'attacco di Yami ed è rimasto solo con un fratellino più piccolo da accudire. Tutti al villaggio si sono adoperati per aiutarli, ma lui ha fatto di più. Si è rimboccato le maniche per essere di sostegno a quanta più gente possibile nelle sue stesse condizioni. E ha la nostra età. A quel tempo ha avuto molto più coraggio di quanto non ne abbia mai dimostrato io."
"E come ha fatto a diventare attendente?"
"Quando Namis cominciò a reclutare volontari per l'esercito, si presentò anche lui. Lo respinsero perché era troppo giovane, ma non cedette. Ho perso il conto di quanti tentativi fece, ma un bel giorno riuscì a intrufolarsi a palazzo arrivando dritto al cospetto di mia sorella."
"E lei?", la incalzò il drago.
"La supplicò a lungo, ma ognuno ha il proprio ruolo da rispettare e lei non si sarebbe intromessa nelle decisioni di Namis. Lo esortò a tornare a casa e a placare quel desiderio di guerra che non ci appartiene. Lui le rispose che non si sarebbe arreso, che avrebbe fatto di tutto per difendere suo fratello e il villaggio affinché non si ripetesse ciò che era accaduto. Anche a costo della vita."
"E poi?", chiese ancora Taiki, tanto curioso da sporgersi fino al viso di Miu.
"Lasciami finire. Nonna Nene lo riaccompagnò al villaggio e lui le disse che potevano decidere di addestrarlo o lasciare che lo facesse da solo. Per quanto ne so, la nonna lo abbracciò forte e se ne andò. Qualche giorno più tardi Namis si presentò da lui chiedendogli se le cose dette a Kana e Nene fossero state proferite per rabbia o per sincera convinzione. Il fratellino Keji intervenne, sostenendo che Odan avrebbe vendicato la morte dei genitori. Lui però lo prese per le spalle e gli disse che voleva lottare per proteggere, non per distruggere. Namis rimase molto colpito e ora, eccolo laggiù. Secondo mia sorella in lui sono racchiuse tutte le nostre Virtù e non posso darle torto. Esuberanza a parte, ha un animo puro. Ci siamo addestrati insieme per molto tempo prima che partissi per la Terra. Non metterei mai in discussione il suo valore."
"Però c'è qualcuno che quella purezza se la mangerebbe a colazione..."
Taiki e Miu si voltarono all'unisono e videro Sayuri, tornata tigre, battibeccare con l'attendente. Era possibile percepire fin lì la stizza del comandante che non riusciva in alcun modo a farsi ascoltare, così provarono a immaginare di cosa potesse trattarsi, forse chi aveva dato il colpo più forte?
"Interrompo qualcosa?", la voce di Yumiko li fece sobbalzare.
"Niente affatto, ci stavamo prendendo una pausa", rispose la principessa facendole segno di sedersi con loro.
La cerva accettò e si godette a sua volta lo spettacolino.
"Oggi sono solo al primo litigio. Di solito, a quest'ora, stanno finendo il terzo. Vogliono entrambi dimostrare a Namis di essere il migliore e mettono a confronto ogni minima cosa che fanno."
"Non capisco, non dovrebbero collaborare?", domandò Taiki.
"Non lo fanno con cattiveria, sono ambedue molto orgogliosi. Per Sayuri immagino sia per deformazione professionale, è una pugile. Con tutto quello che ha passato, credo abbia bisogno di sentirsi accettata."
Taiki guardò Miu, ma questa volta era impreparata sull'argomento. A Yumiko invece gli occhi si riempiono di tristezza.
"Me ne ha parlato una delle prime volte che ci siamo trovate qui. Suo padre era un pugile professionista. È stato coinvolto in un brutto traffico di incontri truccati e non è riuscito a uscirne perché, a quanto pare, a essere minacciata era proprio la sua famiglia. Lo hanno usato come capro espiatorio e ormai nel mondo della boxe il nome degli Ima è associato a quello scandalo. Per lei è stata molto dura, anzi, lo è ancora, soprattutto perché non ha mollato. Le voci sul suo conto non sono affatto amichevoli nonostante sia solo una bambina."
"Non lo sapevo", mormorò Miu.
"Inoltre, sostiene che la madre l'abbia diseredata perché ha scelto di intraprendere la carriera paterna, ma io credo che voglia proteggerla. Non penso che la odi o cose simili, però, per lei è un'ulteriore sofferenza. Portare avanti da sola la battaglia per riabilitare il nome della famiglia non dev'essere una passeggiata. Comunque, le ho promesso che la aiuterò", sorrise infine accoccolandosi sul prato.
Dopo qualche minuto trascorso in tranquillità, Miu si rese conto che c'era troppo silenzio.
"È da un po' che non vedo Heiko e gli altri, dove sono?"
"Oh, ecco, l'allenamento per noi è stato un pochino complicato. Credo siano andati tutti a sbollire."
"Sbollire?"
"Ultimamente, quando ci alleniamo con Kalooy e Watanabe, qualcosa non va. Oggi, in particolare, non tenevano la connessione più di cinque minuti di fila, cosa che non dovrebbe più capitare. Heiko si è arrabbiato, sentivo la sua inquietudine, e anche per noi è stato faticoso restare uniti. All'ennesimo assalto in cui abbiamo rischiato di fare male a Kalooy, Heiko gli ha detto di andare a rinfrescarsi le idee e di tornare una volta sicuro di volersi impegnare."
"Capisco, ma Heiko dov'è andato?", insistette Miu preoccupata.
"Ha detto di voler fare due passi da solo. Se ho imparato a conoscerlo, sarà tornato a palazzo. Va spesso alla balconata per controllare l'orizzonte."
Taiki si concentrò per riflettere.
"Non è che per caso Kalooy è ancora arrabbiato per la sfuriata di Namis? Se vuoi, Miu, potrei provare a parlargli. Non so quanto sarebbe d'aiuto, ma tentare non costa niente."
La Protettrice fece un sospiro, conscia del vero motivo di tutta la questione.
"Penso di sapere che cos'hanno entrambi: domani sarebbe stato il compleanno di nostra madre. Da quando è scomparsa la commemoriamo con una piccola cerimonia e tutto il regno si unisce al ricordo. Considerati gli ultimi avvenimenti, per quest'anno abbiamo deciso di non farlo. Kalooy non è stato contento della scelta e, anche se siamo tutti avviliti, la sta subendo peggio di quanto pensassi."
"Mi sono dimenticata della ricorrenza! Scusa, Miu, ti sarò sembrata indelicata. Heiko non mi ha detto nulla dell'annullamento della veglia..."
"È stata una scelta improvvisa e forse, come me, anche Heiko preferisce non pensarci. Al contrario Kalooy, invece di parlarne, si comporta così."
"Allora credo sia il caso di non lasciare tuo fratello da solo. Lo raggiungo."
Salutata l'amica, drago e Protettrice rimasero di nuovo soli e lui le appoggiò la zampa sulla mano.
"Tu stai bene?"
"Sì, ti ringrazio. E poi, lei è sempre con me", disse voltandosi verso i fantocci. "Senti, quello là mi dà sui nervi. Che ne dici, riproviamo?"
Taiki sorrise e chiuse gli occhi. Aprendoli era di nuovo nel proprio corpo umano, immerso nel liquido verde. Con i pugni stretti si preparò a ricominciare l'allenamento.
"Bruciamolo!"
Watanabe camminava nella quiete notturna del palazzo. Non si sarebbe mai abituato al bizzarro ticchettio che producevano le zampette nella sua forma di Virtù, sia sul duro pavimento sia sul terriccio friabile. E in un certo senso preferiva volare. Sicuro di essere solo, bussò con il becco contro la porta dietro l'angolo e all'interno il rumore di una sedia che si spostava ne anticipò l'apertura.
Namis guardò a destra e sinistra, stropicciandosi gli occhi.
"Sempre i soliti scherzi. Ma perché ci casco ancora. Appena prendo quei due...", ma abbassando lo sguardo incrociò quello della fenice.
"Scusa, Namis, non sono pratico a bussare con le ali. Devo esserti sembrato... un picchio?"
"Watanabe, scusami tu. È forse successo qualcosa?"
"Nulla di grave. Avrei bisogno di parlarti, se possibile."
"Certo, accomodati."
Ballonzolando, la fenice si posò sulla sedia di fronte alla scrivania. Non era mai stato in quello studio e, come ogni altra stanza, non aveva nulla di particolare ad arredarlo. Sul tavolo c'era un vassoio mal riposto, forse l'ennesima cena non consumata, perché a parte la brocca d'acqua piena per poche dita era quasi del tutto intonso.
Onore cercò di riordinare le scartoffie sparse, ma per la fretta perse la presa e caddero a terra arruffate peggio di prima.
"Namis, stai bene?", chiese Watanabe in procinto di aiutarlo.
Il comandante lo fermò sospirando.
"Sì, sì, è solo che questa stanza è un disastro. Devo mettere in ordine prima del ritorno di Sayuri, se no mi farà la ramanzina. Ha detto che sarebbe andata a fare un giro con Kalooy. È per lui che sei qui, vero?"
"Esatto. Vorrei trovare il modo di aiutarlo. Ti vede come un esempio e vorrebbe somigliarti, anche se non lo dà a vedere. Si sente pronto a fare la sua parte in questa battaglia, ma credo non prenda i vostri consigli nel modo giusto. Sostiene di essere debole, un peso, solo perché è il più giovane e che, per questo, volete lasciarlo nelle retrovie."
Namis lasciò il disordine dov'era e si accomodò scuotendo la testa.
"Non sai quanto sia frustrante tutto questo. Dover sopportare di sottoporre Kalooy a un prova di questo tipo mi sta logorando. Prova, come no. Potessi chiamarla così dormirei qualche ora di più."
Watanabe guardò lo zemlyano come non aveva mai fatto. In quell'atmosfera di apparente normalità, vide tutta la stanchezza che l'altro, sotto la scorza di ciò che rappresentava, aveva dovuto con il tempo indurire e nascondere. In effetti, loro due si somigliano: erano quasi coetanei, avevano entrambi a che fare con dei giovanotti indisciplinati e, non meno importante, a entrambi veniva naturale occuparsi del benessere degli altri.
Eppure non avevano mai avuto modo di parlare tra loro, da adulti, e si sentì rammaricato per aver esordito evidenziando l'età del fratellino, come se Namis non fosse consapevole che era poco più di un bambino.
"Mi dispiace del vostro litigio. Ho chiesto a Kalooy di parlarti, ma ha paura di chiedere scusa. Sostiene che si mostrerebbe ancora più debole in questo modo e che tu non vuoi questo."
"Secondo te lo sto trascurando? No, forse vi sto trascurando tutti in realtà. Se hai qualche consiglio da darmi, ti ascolto."
"M-ma, no. Come potrei dare un consiglio proprio a te? Stai facendo un ottimo lavoro, sei lo zemlyano più attento e ligio al dovere che conosca, anzi, lo saresti persino tra noi umani. E mi sbilancio a parlare anche per gli altri Custodi ma, senza di te, saremmo persi."
Namis si alzò e si avvicinò all'unica finestra presente, dando le spalle all'interlocutore; una scintilla attraversò il rosso del suo occhio.
"Non è sempre stato così. Quando Yami ci attaccò, Kana ci disse di seguirla per ordine di Lìfe e ci condusse al sicuro. Avevo Kalooy in braccio, piangeva disperato e voleva tornare da nostra madre. Come biasimarlo, aveva si e no sei anni. Cercai di calmarlo quando, a un tratto, i suoi occhi gonfi brillarono di viola. Capì che Pietà era con lui e, pertanto, che da qualche parte nel palazzo stava succedendo qualcosa di terribile. E io ero lì, con le mani in mano. Mi prese il panico, mi assalì l'impazienza di correre ad aiutare i nostri zii e nostra madre. Non potevo accettare di non fare niente, ne andava di ciò che sarei stato in un futuro più vicino di quanto mi sarei immaginato. Nonostante le suppliche di Miu, i tentativi di Heiko di farmi ragionare e gli ordini di Kana, soprattutto, gli ordini di Kana, lasciai Kalooy a mio fratello, anche lui con gli occhi accesi di Giustizia, e corsi via. Quando arrivai nella sala della Lancia era tutto finito. Gli zii giacevano a terra e non rispondevano ai miei richiami. Corsi verso il più vicino, ma un Dara, levatosi da terra, mi artigliò il viso, restandone aggrappato."
Il comandante fissò Watanabe, il cui respiro si era fatto lento e silenzioso per lasciare spazio alle parole dell'altro.
"Più cercavo di liberarmi, più la sua presa mi dilaniava. Fu proprio lo zio mio tutore a salvarmi, frapponendosi tra me e il nemico, e liberandomi da quel dolore. Le sue ultime parole furono un sussurro: Lancia, e con la mano tremante indicò quello che era rimasto di mia madre. Iniziai a piangere, sentii un calore diverso dal bruciore dello squarcio che avevo subìto e seppi così che ero diventato un Protettore. I miei fratelli arrivarono poco dopo. Kana non disse nulla e mi abbracciò. Restammo lì, a piangere in silenzio. L'unico a non lasciarsi andare alle lacrime e allo sconforto fu Heiko, che ancora stringeva a sé Kalooy e Miu, dando loro conforto. Posso ancora vederli i loro occhi pieni di paura. Mai, come in quel momento, ci siamo sentiti lontani da ciò che rappresentiamo."
"Te ne stai ancora facendo una colpa, non è così?", domandò Watanabe.
"Tengo questa cicatrice per non dimenticare il mio errore. Kana avrebbe potuto curarla, ma non ho voluto. Non ti sto raccontando tutto questo perché tu mi compatisca, lo faccio perché voglio che tu comprenda quale peso devo sopportare pensando costantemente di non avere tra le mani il potere di difendere chi amo, più della mia stessa vita. Potere che, al contrario, è affidato a voi."
Watanabe restò immobile con il cuore che batteva all'impazzata e Namis si avvicinò, inginocchiandosi di fronte a lui.
"È importante che Kalooy capisca che saremo in quella battaglia come lo sono stati i nostri predecessori. Sono terrorizzato all'idea di schierarlo, ma non possiamo fare a meno di lui. Di voi. Deve convincersi che non sarà la distanza dal nemico il fattore più importante, conterà solo che anche lui sarà lì", poi si rialzò e fissò un punto vuoto. "Io sono il comandante e devo essere equanime. Non posso elargire trattamenti di favore, ma non dovrà fare il mio stesso sbaglio. Per questo mi serve il tuo aiuto. Non può permettersi il lusso di sperare in una seconda possibilità, come l'ho avuta io. Perciò, se hai qualche idea, un modo che ci consenta di persuaderlo che non siamo contro di lui, ti ascolto."
Le lacrime avvolgevano gli occhi di Watanabe, ma con una ritrovata serenità le asciugò con la punta delle ali.
"Puoi contare su di me. Forse ho un piano."
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