CAPITOLO 15 - 15.3 Chiudere i conti
Akane si appoggiò alla macchinetta delle bibite con la sensazione di soffocare. Si era spinta fino alla sala insegnanti per capire se le voci di corridoio fossero vere, voleva solo salutare Eiji, nient'altro. Invece si era trovata ad ascoltare quella terribile notizia: Taiki se ne sarebbe andato e lo avrebbe fatto entro due giorni.
Tanto le era bastato per rischiare di svenire, ed era dovuta fuggire facendosi quasi scoprire dal fratello dell'amico.
Stupido, stupido, stupido... STUPIDO, ripeté stringendo forte i pugni contro gli occhi per impedire alle lacrime, che salivano prepotenti, di cadere. Si morse anche il labbro per trattenere i singhiozzi.
Come può andarsene? Perché non mi ha detto niente? E lei...
Tra quei ragionamenti confusi, sentì che alcuni tasselli stavano andando a posto: Miu non era affatto in confidenza con Eiji perché era interessata a lui, ma perché erano imparentati. E, con ogni probabilità, nei giorni precedenti era strana per via della partenza. Ma ora che Taiki aveva deciso di seguirla era tornata allegra...
La campanella la spaventò, ricordandole che aveva dei doveri in quanto capoclasse così, nonostante l'ansia che le opprimeva il petto, recuperò lo zaino lanciato a terra per la rabbia per recarsi in classe e svolgerli. Quando entrò, Taiki e Miu stavano parlando vicino al banco di lui e nel vederla le sorrisero. Lei contraccambiò con un verso strozzato, sedendosi al proprio posto e perdendo la cognizione del tempo.
"Psst, Akane, la professoressa è già entrata."
Kawanari da dietro la ridestò: erano tutti in piedi tranne lei. Imbarazzata, si alzò di colpo facendo cadere la sedia.
"IN PIEDI."
L'insegnante la osservò perplessa. Che figuraccia! Sono a scuola, santo cielo, non è il momento di pensare ad altro.
Se non fosse che altro portava il nome di Taiki.
◾◾◾
Le prime ore di lezione furono un supplizio per la capoclasse e le risultò impossibile concentrarsi. In pausa pranzo, Taiki propose a lei e a Kawanari di mangiare insieme, ma per tutto il tragitto fino alla mensa non spiccicarono una parola.
Seduti a un tavolo appartato l'amico sospirò.
"Devo dirvi una cosa importante e non so da dove cominciare, ma ho preso una decisione e, per quanto mi addolori, non potrei andarmene senza darvi una spiegazione..."
Akane si preparò all'inevitabile e strinse forte i lembi della gonna.
"Ho deciso di raggiungere Eiji."
La mensa scomparve: il brusio di sedie, risate e vassoi si fece lontano, ovattato. Kawanari girò la testa verso la migliore amica, annaspando come un pesce senza ossigeno. Lei però non si mosse. Taiki proseguì parlando del bisogno di fare qualcosa di importante, non solo per se stesso... Ma non c'era molto che ad Akane interessasse oltre al fatto che non si sarebbero più visti regolarmente.
Le tornò in mente quando aveva discusso con Kawanari dopo l'incontro investigativo forzato che non aveva sortito il risultato sperato. Il bersaglio non si era confidato come avrebbe voluto e pareva che non ci fosse nessuna relazione segreta da confessare. Eppure, anche se non lo voleva ammettere, lei sapeva da tempo qual era la verità.
Ma un altro sentimento si fece strada nel suo animo: osservando Taiki percepì che non erano più dei bambini e che proprio quell'amico che per anni le aveva fatto battere il cuore era triste. Quindi si domandò che cosa fosse più importante: la propria felicità a ogni costo, o quella dell'altro?
"Credevo di averci fatto il callo, invece dire addio anche a te fa molto più male di quanto immaginassi", singhiozzò Kawanari.
I ragazzi conclusero il pranzo avanzando quasi tutto il cibo e alzatisi, Taiki abbracciò per primo Kawanari, che si scusò per correre in bagno a lavarsi la faccia per tornare in classe presentabile. Rimasti soli, Akane e il suo innamorato si guardarono.
"Senti... c'è un'altra cosa che ti devo dire ed è giusto che sia io a farlo. Io non..."
"Amici", sorrise lei allungando la mano. "Promettimi che resteremo per sempre amici."
Lui ignorò il gesto abbracciandola e lei cedette alle lacrime, stringendolo a sé.
◾◾◾
Nella seconda C erano rimaste solo Akane e Miu, le addette alle pulizie. Perché Miu non ha partecipato al pranzo e continua a tacere nonostante siamo qui insieme?
La capoclasse sapeva che la risposta era lì, sospesa a mezz'aria con la polvere di gesso, ma decise di sondare il terreno. La compagna sarebbe partita a sua volta e se erano amiche quel poco che credeva, era giusto che fosse lei a informarla.
"Povero Taiki. Mi dispiace non essergli stata abbastanza di supporto. Chissà come si è sentito a tenersi tutto dentro. Immagino molto solo."
"Sì, è possibile", ribatté Miu continuando a spazzare.
"Ci ha detto che andrà al tempio, lo sapevi?"
L'altra mugugnò un sì, ma Akane non demorse.
"Come ti fa sentire l'idea che se ne andrà?"
"Scusa, non sono a mio agio a esprimere ciò che provo."
Infastidita per non essere riuscita a ricavarne nulla si zittì, riprendendo con la pulizia della lavagna. Finito il turno, entrambe raggiunsero l'ingresso in quell'insolito clima di tensione, ma a quel punto Akane non si trattenne più.
"Perché non vuoi dirmi che te ne andrai? Lo so che è così. Ho sentito Eiji e tuo cognato dirlo alla signorina Hashimoto", confessò in tilt. "I-io non capisco. L'ho sempre amato e invece ha scelto te, e per giunta ve ne andrete insieme. Speravo che con me saresti stata sincera. Non importa se lo ami, ma credevo fossimo amiche."
Due braccia la afferrarono con delicatezza.
"Sei stata la mia sola e unica amica, Akane. Voglio ricordarmi tutto così com'è, non costringermi a usare quella parola, ti prego. So che ci rivedremo", le sussurrò Miu.
La capoclasse ammutolì, consolata da quell'inaspettato gesto.
Qualche minuto dopo, al cancello, la compagna si avviò per rincasare ma, quasi all'angolo, Akane cominciò a urlare.
"VEDI DI TRATTARLO BENE. SE SCOPRO CHE LO FAI SOFFRIRE, TE LA DOVRAI VEDERE CON ME!"
L'altra si girò alzando il pollice con gli occhi verdi che brillavano tra le lacrime.
È giusto così, è in buone mani. In fondo, saperlo felice è la cosa più importante. Non farà meno male, ma andrò avanti e mi impegnerò per realizzare i miei sogni.
Sospirando, cercò dei fazzoletti nella borsa e tra i quaderni sbucò un piccolo libretto colorato. Ops! Dovrò ricordarmi di restituire il fumetto a Kawanari.
Con uno slancio, Taiki appoggiò due grossi borsoni sul tavolo in cucina. I due giorni successivi all'annuncio del suo ritiro erano volati, anche se continuava a dispiacergli il modo in cui aveva trattato Akane e Kawanari: avergli comunicato la propria partenza all'improvviso non era stato piacevole, ma stava andando a Zemlyan per salvare anche loro e questo gli dava una forza in più.
"Dovrei aver fatto tutto il necessario", mormorò passando il dito su una lista sgualcita. "Manca solo un'ultima cosa. Tanto Miu non arriverà prima di un paio d'ore."
Presa la giacca dalla sedia in cucina, se la infilò e raccolse un biglietto lasciato sotto la fotografia dei Fujita.
"Concludiamo i saluti", disse tra sé uscendo nella foschia mattutina.
Diversamente dal solito si godette la passeggiata, soffermandosi a guardare i quartieri, i negozi della strada principale, ascoltandone i rumori e beandosi dei profumi. Volle imprimersi quelle sensazioni fin nell'anima, perché non sapeva quando sarebbe tornato.
Lungo il tragitto incontrò poche persone: i ragazzi erano a scuola, la maggior parte degli adulti al lavoro e il turismo era nella sua fase più piatta.
Al cimitero, dove fece una breve sosta, trovò la stessa situazione: c'erano solo il custode e qualche sporadico visitatore. Questa volta non aveva fiori con sé e restò in piedi a meditare per qualche minuto prima di andare a sbrigare quell'ultima faccenda, la più difficile.
◾◾◾
"PAPÀ! Avevo appena finito di lavare il pavimento."
Nonostante la porta chiusa la voce di Naora si sentì fin dal lato opposto della strada. Niente di nuovo e tutto meravigliosamente familiare. Taiki sapeva che affidarsi a un biglietto non era giusto, ma aveva stretto un patto con il signor Fujita, da uomo a uomo, e lo avrebbe rispettato.
Estrasse dalla tasca il piccolo pezzo di carta e andò sul retro per non essere visto. Di soppiatto, si appropinquò alla porta dove alcune casse d'acqua erano sparse senza logica nel minuscolo cortile. Posato il biglietto, sentì un rumore e alzò la testa, ma era solo Maramao, sbucato da dietro una di queste.
"Miao."
"Amico mio, non fare rumore! Ti affido quei due disastri, abbine cura."
Il gattone gli si strusciò contro le gambe e si lasciò grattare la testa prima di sedersi e guardarlo correre via.
Naora aprì la porta di spalle, reggendo un bidone colmo di bottiglie vuote.
"No, papà, non è pesante, ce la faccio. E comunque me lo chiedi sempre e non mi aiuti mai!"
Adagiato il secchio, vide Maramao fermo con lo sguardo su una cassa.
"Che ti prende, micione? Di solito quando esco ti fiondi dentro senza pensarci due volte. E questo?"
◾◾◾
Non era trascorso molto tempo dalla cena a casa di Taiki: suo padre aveva passato un intero pomeriggio a stressarla perché avrebbe detto al giovanotto quanto gli volevano bene, che era come un figlio... e poi, una volta lì, non aveva spiccicato mezza parola.
In macchina, pronti a rientrare, lo aveva minacciato: o scendeva e andava filato a parlare con Taiki, o sarebbe dovuto rincasare a piedi con l'incertezza di trovarla ancora sveglia e disposta ad aprirgli la porta.
Fujita aveva accettato ed era tornato da lei nel giro di cinque minuti asciugandosi gli occhi.
"Sai, Naora", aveva esordito, e il fatto di averla chiamata per nome era già di per sé un presagio di serietà. "Taiki ha davvero bisogno di cambiare aria. Spero che quella ragazza lo possa aiutare. Un padre lo capisce quando un figlio sta per prendere la sua strada."
Lei, stupita da quelle parole, gli aveva domandato se il collega avesse detto chiaro e tondo che si stava preparando ad andare via.
"No", le aveva risposto. "Ma sento che lo farà. E siccome non lo sopporterei, gli ho raccomandato di dirci solo..."
"...sono onorato di aver lavorato nel miglior ristorante del paese."
"Mannaggia a te, Taiki, ora dovrò rifarmi il trucco..."
Stretto il biglietto accanto al cuore e fatta a Maramao una sontuosa coccola, si soffermò ad ammirare il vialetto.
"Buona fortuna, fratellino."
Quando Taiki entrò nel vicolo di casa Miu è lì ad attenderlo.
"Scusa, sono in anticipo."
"Non importa, tanto sono pronto. Faccio solo un ultimo controllo, va bene?"
Lei acconsentì e i due entrarono arrivando nei pressi della cucina.
"Che cosa sono queste borse?", domandò Miu curiosa osservando il tavolo.
"Se dovrò restare a Zemlyan per tanto tempo potrei aver bisogno di qualche cambio", le rispose l'amico, controllando nel frattempo dentro e dietro i mobili.
"Taiki?"
"E se dovessi decidere di andare a fare una corsetta? Non posso dimenticarmi le scarpe da ginnastica."
"Taiki..."
"Oddio, alle lenzuola ci pensate voi, vero?"
"T-A-I-K-I..."
"Che c'è?"
"Sarai un drago per tutto il tempo. Non avrai bisogno di scarpe o vestiti."
"Nemmeno di una cremina per la pelle squamosa?", ridacchiò imitando Kawanari.
Miu lo fulminò con lo sguardo.
"Dai, ti prendo in giro. Tutto questo tempo insieme e non hai ancora capito che ogni tanto mi piace punzecchiarti? Faccio in fretta, aspettami qui."
Lei incrociò le braccia e girò la testa dalla parte opposta, ma lui intravide il mite sorriso che stava provando a nascondere.
Verificato di aver chiuso tutte le serrature, di aver svuotato il frigorifero, spento il gas e il quadro elettrico, tornò dall'amica. Usciti, chiuse la porta e nascose le chiavi sotto una pietra divelta vicino all'ingresso, fermandosi ad ammirare quella casa silenziosa dove, senza metafore, stava lasciando le gioie e i dolori dei diciassette anni che ci aveva vissuto.
Miu gli sfiorò un braccio e lui le sorrise, porgendoglielo con fare galante.
Si incamminarono così, intrecciati, verso la spiaggia, ma la Protettrice aveva un'ultima domanda.
"Ora me lo dici che cosa c'era in quelle borse?"
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