CAPITOLO 12 - 12.3 Di nuovo insieme

La chiave non voleva saperne collaborare e Miu tirò con forza a sé la maniglia per chiudere la serratura. Non era la prima volta che le dava problemi, ma sarebbe stato uno spreco di tempo aggiustarla, sia perché eventuali ladri non avrebbero avuto niente da rubare, sia perché presto quell'appartamento non le sarebbe più servito.

Sistemata con cura la sciarpa nel colletto si avviò a piedi verso la spiaggia. Anche quella notte aveva dormito male, ma stavolta a torturarla era stato il pensiero che avrebbe rivisto Yumiko, con la quale aveva deciso che doveva scusarsi di persona. Kana le aveva detto che era tutto a posto, quindi era possibile che tornare sull'argomento non le avrebbe fatto piacere, ma tutto ciò significava provocare una probabile reazione di Heiko.

Ormai in prossimità del luogo dell'incontro, intravide Taiki in tuta che saltellava rivolto verso il mare e si sfregava le mani, forse per tentare di scaldarsi.

"Ciao, Miu. Ecco, non ho molta voglia di gettarmi in acqua in costume. Ho nascosto un cambio nel solito posto. Se vuoi, sono pronto per andare. Tu... stai bene?"

Miu non sapeva come rispondere: quella innocente domanda le suonò più complicata di quanto non fosse all'apparenza. Ma non doveva lasciare che Taiki si facesse carico delle sue ansie, così si limitò ad annuire.

Raggiunto il punto degli scogli più comodo per entrambi, l'amico slacciò la felpa, mettendo in mostra l'amuleto che si accese di una leggera sfumatura fluorescente.

Lei prese dalla tasca una piccola lama e la appoggiò al palmo. Prima di tagliarsi rivide la vecchia cicatrice che le rammentò il tempo trascorso e i suoi doveri. Quel microscopico taglio non era nulla in confronto a ciò che era disposta a fare per il suo regno.

Taiki interruppe il rito e le sollevò il mento, obbligandola a guardarlo.

"Sarà l'ultima volta che dovrai ferirti per colpa mia."

Lei si specchiò nel suo sguardo deciso e un turbinio di sensazioni le invase il cuore. Ci sarebbero state così tante cose che avrebbe voluto dirgli, ma dalle labbra uscì una sola parola.

"Andiamo."

Lui si avvicinò alla mano da cui fuoriusciva la linfa e la premette a sé. Abbracciati l'uno all'altra si lasciarono cadere.

"Dai, Kalooy, muoviti, sono qui."

Uscito dalla fontana, con i sensi intorpiditi, delle voci ovattate giunsero nelle orecchie di Taiki che riuscì a fare solo qualche passo claudicante prima che qualcosa dall'incredibile forza lo travolgesse, facendolo finire a terra.

"UAO, TAIKI. Che drago possente che sei."

Proprio dietro la macchia rossa che lo stava schiacciando, arrivò uno zemlyano riccioluto che, tradito dalla sfumatura violetta degli occhi, riconobbe subito.

"Kalooy, che succede?", provò a chiedere il malcapitato con il fiato spezzato.

"Uffa, Sayuri", ribatté l'altro ignorandolo. "Sai che quando sei Virtù non riesco a starti dietro."

"Sì, certo, tutte scuse. Anche sulla Terra sono più veloce di te."

"Voi due... non è che... vi dispiacerebbe..."

Taiki cercò di attirare l'attenzione capendo che a impedirgli di respirare era un grosso felino seduto sopra di lui.

"Ops, scusa", ridacchiò l'animale permettendogli di alzarsi.

Si trattava di Sayuri: la sua forma era quella di una tigre dal manto cremisi, con striature che sfumavano dall'amaranto al bordeaux, con disegni che ricordavano quelli degli zemlyani più che le classiche strisce della sua controparte terrestre. Gli occhi erano di un rosso fuoco magnetico, ma a stupirlo fu il suo corpo ben definito che, a confronto, il proprio sembrava quello di un fantasma. Si specchiò così nella fontana per avere conferma delle proprie deduzioni.

"È perché non hai ancora superato la prova", intervenne Miu intuendo i suoi pensieri. "Grazie all'amuleto acquisisci la forma della Virtù, ma fin quando non sarete uniti, solo in prossimità del ciondolo il tuo corpo sarà completo."

"Magari è per questo che sono scoordinato", ribatté Taiki, muovendo le dita di tutte le zampe senza logica.

"No, sei solo imbranato", rispose Kalooy.

Miu si protese verso i due ragazzini.

"Che cosa ci fate in giro da soli per il palazzo?"

"In realtà ci stavamo allenando con Namis e Watanabe, però ti ho percepita e non ho resistito", disse il fratellino colto in fallo.

"Ci siamo precipitati ad accogliervi", intervenne Sayuri baldanzosa.

"Namis non ne sarà affatto contento..."

"Esatto", tuonò una voce poco distante.

Un uccello viola e uno zemlyano stavano avanzando verso di loro. Uscito dalla penombra del portico, quest'ultimo si mostrò in tutta la sua possenza. Alto e dal fisico massiccio, era accompagnato a ogni passo da un tonfo di stivale che mise in soggezione persino Taiki, senza un vero motivo, che non poté non notare un dettaglio sul suo viso: un'ampia lacerazione che gli copriva la metà destra del volto. La macchia, passando per l'occhio cieco e arrivando fino all'orecchio, assomigliava a un'ustione e lo sfigurava di netto. Inoltre, più si avvicinava, più erano visibili spesse cicatrici che si perdevano lungo il collo.

"Ma chi è? E perché quel tacchino lo segue?"

Kalooy e Sayuri si rotolarono per terra dal ridere e Taiki si rese conto di aver distrutto l'atmosfera di tensione. Anche Miu ridacchiò, ma cercò di mantenere un contegno.

"Davvero non li riconosci? Sono Namis e Watanabe."

A una seconda analisi l'occhio rosso dello zemlyano rivelò la sua identità e il piumaggio viola di Pietà fece altrettanto. Superato a balzi il comandante, Watanabe si portò a un becco dal muso del drago.

"E, comunque, sarei una fenice."

"Scusa, scusa, scusa. Devo essere ancora stordito dal passaggio."

Namis adombrò invece la Custode e il suo complice.

"Avete ben poco da ridere. Finita la riunione riprenderemo gli allenamenti e recupereremo anche le ore del mattino", li sgridò, senza piegarsi alle scuse dei due scapestrati.

Watanabe raggiunse Kalooy per provare a tenerlo a bada e Taiki ne approfittò per esaminarlo: ricordava un pavone e il suo piumaggio sfumava da un lilla molto chiaro a toni di viola scuro lungo le estremità di ali e coda. Ma a spiccare era una lunga piuma dello stesso intenso colore degli occhi, che lo percorreva dalla punta della testa alle zampe.

Non mi restano che Eiji e...

Heiko svoltò l'angolo proprio in quel momento, seguito da un incantevole cervo blu. Il manto, sotto la luce del cielo, assumeva delle sfumature più chiare sul muso e sulle zampe, ed era così elegante da strappargli un wow di apprezzamento.

A impressionarlo, però, furono le corna ricurve verso la schiena che sembravano rami di cristallo intarsiati di arabesco.

Il cervo si staccò dal suo accompagnatore e raggiunse il gruppo.

"Ciao, Yumiko, stai bene?", domandò Taiki.

"Certo che sto bene, guardami", rispose lei facendo un paio di giri su se stessa.

Poco dietro Heiko si palesò di gran carriera uno zemlyano in armatura.

"Comandante, se siete pronti, Kana vi attende nello studio!", esclamò inchinandosi a Namis.

"Molto bene, fai tu da guida, per favore. Io vado a cambiarmi e vi raggiungo."

"Non preoccuparti, mi occuperò io di tutto."

Alzatosi, rivolse ai presenti il saluto tipico ma, senza complimenti, sfoderò un'inequivocabile strizzatina d'occhio a Miu.

Namis borbottò qualcosa allontanandosi nella direzione opposta e Taiki lo seguì con lo sguardo: non ricordava di aver visto strani segni sul suo volto in forma umana, ma magari quell'occhio spento...

"No, aspettate, manca Eiji", si allarmò all'improvviso non vedendolo.

"È già con Kana, è stato Heiko a condurlo qui", lo rassicurò Yumiko.

Risolto il dilemma, si avviò con la cerva e Watanabe verso lo studio: chi fosse quel damerino in armatura, che camminava accanto a Miu, non riusciva davvero a immaginarlo, ma lei sembrava in gran confidenza con lui. Tuttavia, decise di non chiedere spiegazioni per non fare l'ennesima brutta figura. Di sicuro, si sarebbe presentato entro la fine della giornata.

L'arrivo di fronte a una porta, da cui provenivano le voci di Kana ed Eiji, lo spinsero a cercare di allungarsi verso l'interno. Heiko chiese il permesso di entrare e una volta ricevuto restò sulla soglia, lasciando libero il passaggio. Fu una frazione di secondo quella in cui drago e Giustizia si scambiarono uno sguardo che fece tremare l'umano fin nell'anima. Passato il peggio, Taiki fece un lungo respiro. Ad accoglierlo fu una sala modesta con al centro un tavolo ovale splendidamente lavorato, anche se non gli era chiaro cosa fossero tutti i simboli che vi erano raffigurati.

Kana era in piedi, a capotavola, dal lato opposto rispetto all'ingresso, e alla sua sinistra c'era una palla di pelo gialla.

"Eiji, sei una scimmia!"

Il drago gli corse incontro ma, con un'agilità disarmante, l'altro lo colpì con la mano di piatto dritto in fronte.

"Rhinopithecus roxellana, se non ti dispiace."

"Come no?!", ribatté Taiki, tentando di massaggiarsi la testa con le zampe troppo corte.

"Dai, sediamoci. Ricorda che con te abbiamo le ore contate", esclamò l'amico picchiettando l'amuleto nel suo petto.

Miu si portò al fianco del Custode e lo straniero le fece la gentilezza di scostarle la sedia, mettendosi alla sua sinistra. Poi anche gli altri si accomodarono, tranne Watanabe e Sayuri: il primo si appollaiò sullo schienale del proprio Protettore, mentre la seconda si liberò della seduta con un colpo d'anca; con la stazza che si ritrovava, arrivava ben oltre il tavolo con la testa anche da accucciata.

Namis giunse poco dopo chiudendo la porta e, controllato che tutti fossero pronti, occupò lo scranno di fronte alla Reggente.

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