CAPITOLO 1 - 1.2 Forza di volontà

All'ingresso del Fujita Sushi, disteso sul bordo di uno dei vasi di fiori che delimitavano la porta, un imponente gattone bianco e rosso teneva un occhio semiaperto per spiare l'intruso.

"Miao", brontolò, in cerca di una sonora grattata tra le orecchie.

"Ciao, Maramao, ti godi gli ultimi raggi di sole?", lo salutò assecondandolo Taiki.

Abbassata la maniglia e aperto di poco l'uscio, il ragazzo fu travolto da un gran trambusto.

"Papà! Smettila di preoccuparti per la sala da pranzo. Sono ore che ti dico che ce ne occupiamo noi. Tu va' di là e inizia a cucinare", echeggiò stizzita una voce femminile per tutto l'isolato.

"Ma, pulcina, lo faccio per te. Sei così esile e delicata", le rispose qualcuno, baritonale e sottomesso.

"Esile e delicata? Guarda che te lo scordi che stasera mi fermi oltre il mio orario."

Taiki aprì la porta abbastanza per annunciarsi e richiuderla subito, preoccupato che i passanti potessero ridere più di quanto non stessero già facendo. Nel voltarsi, sorprese Naora con il braccio teso verso il signor Fujita che, grande e grosso, sparì sconsolato oltre i battenti della cucina. Vedendolo sulla soglia, la collega si addolcì e gli si avvicinò.

Come al solito era vestita e truccata di nero, con i lunghi capelli rasati alle tempie, neri anche quelli, di cui aveva cambiato la sfumatura delle punte, optando per un cremisi invece del rosso acceso di qualche giorno prima. Minuta ed eccentrica, alta un metro e un paio di zeppe spesse non meno di dieci centimetri, non dimostrava affatto i suoi trent'anni ed era una vera forza della natura. Esprimeva nel proprio aspetto tutto l'amore sconfinato per la cultura metal, tra sciami di piercing che le circondavano le orecchie e altri gioielli appariscenti. L'effetto collaterale, secondo il padre, era che l'insieme la rendeva poco accogliente verso i clienti, soprattutto i più piccoli, nonché verso possibili pretendenti.

L'unico vero tocco di colore che indossava era il braccialetto dell'amicizia che le aveva comprato Taiki per il compleanno diversi anni prima, sicuro che non si sarebbe permessa di offenderlo rifiutando un suo regalo.

Compleanno che era di nuovo alle porte e per il quale Taiki aveva già fatto l'acquisto perfetto: due biglietti per il concerto dei Jack o'lantern. Non era il genere di musica che ascoltava abitualmente, ma grazie alle, discutibili, doti canore della ragazza, conosceva tutti i brani a memoria come se fosse un loro fan sfegatato.

"Taiki, caro, hai una faccia! Cos'è successo?", domandò preoccupata.

A quelle parole, il signor Fujita sbucò dalla porta altrettanto in ansia. A Taiki sfuggì un sorriso: a coprire la testa rasata, aveva una bandana nera con teschi colorati e la divisa da chef era così stretta sulle braccia che faticava a contenere i bicipiti, mentre i bottoni sul petto davano l'idea di voler esplodere.

"Immagino che il test non sia andato molto bene. Ma non abbatterti, ragazzo: a tutti è capitato di prendere qualche brutto voto a scuola", lo rassicurò l'omone mentre mescolava con foga qualcosa in un grosso contenitore.

"Qualche?", lo canzonò la figlia.

Mentre i due tornavano a punzecchiarsi, Taiki realizzò di essersi dimenticato il brutto voto e, anche se avrebbe avuto bisogno di parlare con qualcuno, non voleva dare ai due motivo per dispiacersi per lui. Sapeva che avrebbe potuto confidare qualsiasi cosa al capo e alla collega, ma decise di aspettare. Voleva prima assicurarsi di aver metabolizzato la notizia.

"Ha ragione, è così. Ma prometto che recupererò l'insufficienza entro la fine del trimestre."

"Bravo, giovanotto, come mi rendi orgoglioso...", replicò l'altro tornando ai fornelli.

Rimasti soli, i colleghi finirono di apparecchiare in tempo per l'apertura. Spettò a Taiki il compito di girare il cartello e far accomodare i clienti già in attesa. Il Fujita Sushi era un ristorante molto frequentato, rinomato soprattutto per le pietanze a base di polpo, e capitava che i turisti in alta stagione attendessero anche molto tempo pur di gustare i manicaretti dello chef.

In un certo senso, avere da fare gli permise di tirare un sospiro di sollievo: avrebbe potuto distrarsi per qualche ora e pensare al modo migliore di raccontare al padre tutto quello che era successo con Eiji.

◾◾◾

"ACCETTO!", urlò Taiki all'improvviso.

Eiji lo squadrò attonito, con un boccone del pranzo fra le bacchette a metà tra sé e il *bento.

Dopo poco più di una settimana dalla rivelazione, Taiki aveva deciso di affrontare le proprie paure e il primo ostacolo era proprio lì, di fronte a lui. Quel giorno aveva chiesto all'amico di mangiare sul tetto, dove agli studenti, in realtà, era vietato l'accesso, ma non c'era luogo più appartato per avere una conversazione tranquilla, ed essere certi di non essere ascoltati.

"Di diventare mia moglie?", lo schernì Eiji.

"Scemo! Accetto di entrare nel club di nuoto", rispose Taiki risoluto; poi appoggiò il proprio pranzo a terra e fece un profondo respiro. "Però, prima ho una cosa da dirti."

Eiji lo imitò, accomodandosi per ascoltarlo.

"Il fatto è che... h-ho paura dell'acqua", ammise a occhi chiusi, sentendosi andare a fuoco le orecchie.

Dalla zona di fronte non giunsero commenti. Sbirciando, Eiji era nella stessa posizione, serio e in attesa che proseguisse. Taiki allora si rilassò.

"Dopo l'incidente di papà non sono più riuscito a mettere piede in mare e in piscina non ci ho nemmeno provato. Rabbrividisco solo al pensiero. Il giorno in cui mi hai confidato della partenza, ne ho parlato con lui. Ha detto di prendere la mia decisione in libertà, ma che in ogni caso sarebbe stato importante discuterne con te. Anzi, soprattutto con te. È convinto che sia colpa sua, ma non è così. Sono io..."

"Sei talassofobico", lo interruppe Eiji. "Hai paura dell'acqua profonda, il solo immaginare di nuotare in mare ti causa ansia, vertigini e... scusa, mi sono fatto prendere la mano. In verità, ora credo di sentirmi in colpa anche io", concluse sdraiandosi ad ammirare il cielo.

"E perché dovresti?"

"Perché siamo migliori amici e, anche se avevo dei sospetti, ti ho chiesto di sostituirmi nel club ignorando la faccenda."

"Lo sospettavi? Credevo di essere stato bravo a mantenere il segreto. Non ti si può nascondere nulla... M-Ma voi non avete colpe, sono io che..."

Eiji si rialzò di scatto e gli picchiettò con delicatezza la mano in fronte, di taglio.

"Non provare a far uscire da quella boccaccia l'idea che tu sia responsabile di qualcosa. Piuttosto, dimmi: come pensi di procedere?"

Taiki si grattò la nuca.

"Non ci ho ancora pensato. Magari inizierò con la piscina, poi potrei fare degli allenamenti extra in spiaggia la mattina presto, prima di venire a scuola. Insomma, quel che so è che voglio farcela e ce la metterò tutta."

"E io ti aiuterò, è ovvio. Sconfitto questo demone saprò di poter partire senza alcuna preoccupazione. E, chissà, un giorno potresti ereditare la mia conoscenza, superarmi in bellezza e sapienza, e tutto il mondo sarà ai tuoi piedi!", declamò Eiji teatrale con un'espressione compiaciuta da maestro vissuto.

Taiki scoppiò a ridere, ma un rumore improvviso lo costrinse a voltarsi e gli fece temere che qualcuno li avesse beccati.

Con grande sorpresa, i due si ritrovarono a guardare Miu che, a giudicare dalla faccia, doveva essere stupita quanto loro di trovarli lì.

"Ciao, Nakamura. Non ti facevo una ribelle", esordì Eiji beffardo.

"Ciao, Eiji. Sono solo di passaggio. Kikuchi", salutò educata con un cenno del capo, riprendendo a camminare in direzione della porta.

Gli amici si scambiarono un'occhiata e tirarono un sospiro di sollievo.

"Da quanto tempo era qui? Tu l'hai vista arrivare?", domandò Taiki.

"Per niente. Forse era nascosta dietro quei bocchettoni laggiù", rispose Eiji indicando una zona opposta alla loro.

"Certo che è davvero strana..."

"In che senso?"

"Beh, da quando è arrivata non ha legato con nessuno. Se ne sta sempre per i fatti suoi e, non lo so, ho come la sensazione che abbia la testa rivolta a preoccupazioni più grandi di lei. Che preferirebbe fuggire altrove."

"E da che cosa avresti dedotto tutte queste cose?", domandò Eiji sbalordito.

"Dici che sto esagerando? Mi piacerebbe capire se posso fare qualcosa per lei, ecco tutto. Esserle amico..."

"Dico solo che sei un tipo sensibile, quindi lascia che ti dia un consiglio: non impicciarti troppo. Ci sono persone che non amano l'espansività. Potresti passare per un ficcanaso. Nel caso specifico, sono sicuro che a Miu stia bene così."

Gli amici finirono il pranzo, ognuno concentrato nei propri pensieri. Taiki sentì di essersi liberato di un peso, volato via con la tiepida brezza di quel primo pomeriggio.

Poi Eiji si alzò e per sgranchirsi raggiunse la rete di confine.

"Sai, Taiki, ti ammiro molto. Ogni persona nella vita deve confrontarsi con le proprie paure. C'è chi lo fa da temerario e chi da coraggioso. La differenza è che il primo sfiderebbe con spavalderia anche un drago, nascondendo a tutti, anche a se stesso, di esserne terrorizzato. E questo potrebbe portarlo alla disfatta. Il secondo, invece, non cela i suoi sentimenti e riflette sempre sulla maniera più giusta prima di affrontare il problema. Forse impiegherà più tempo ma, una volta trovato il modo di agire, nulla lo farà desistere, né fuggire. E tu, Taiki... tu sei la persona più coraggiosa che conosca, e io il tuo *tardo scutarius di fiducia!"

Taiki, con il cuore a mille, rimase a bocca aperta.

"Tardo, cosa? Cavoli, prima o poi sarò io a dire qualcosa di incredibile per sostenerti e allora sì che mi ammirerai!"

Eiji fece spallucce e lo aiutò ad alzarsi; raccolte le proprie cose gli fece cenno di seguirlo.

"Vedremo, ma te l'ho appena detto, sono la tua spalla. Lascia a me le cose noiose. Dai, andiamo. Ti devo presentare come si deve agli altri del club."


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NOTE:

*Bento: contenitore tipico nella cucina giapponese con coperchio, di varie forme e materiali, adibito a servire un pasto.

*Tardo scutarius: nella società cavalleresca, titolo dei giovani nobili che accompagnavano i cavalieri portando loro lo scudo e curando le armi e i cavalli.



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