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Zenith si svegliò sbattendo piano le palpebre. I granelli di polvere nell'aria della sua tenda turbinavano piano, lucenti come minuscole lucciole chiuse in un barattolo.
Sbadigliò, tentando invano di non separare le sue labbra sottili, e nel farlo si rese conto di avere un lieve ma costante mal di testa. Le capitava spesso nell'ultimo periodo, soprattutto quando prima di addormentarsi trascorreva il tempo a immaginarsi scenari irrealistici o a progettare strategie per vincere la guerra.
La guerra, pensò.
Non c'era nulla che la turbasse di più. E ogni volta che la sua mente saggiava anche per un misero istante l'idea che la guerra era davvero imminente, sotto la sua pelle si propagava una scintilla elettrica. Era paura, era desiderio?
Per quanto le fosse concesso dall'altezza della tenda, Zenith si alzò facendo schioccare le spalle. Fuori dalla coperta, l'aria era frizzante. Prese a infilarsi la maglia che pendeva da una radio antica; i pantaloni erano caduti a terra. Entrambi i capi, reduci dalla notte, erano freddi contro la pelle di Zenith, che rabbrividì appena al contatto.
Un nuovo giorno l'attendeva. Un giorno in meno all'arrivo della guerra.
Quando uscì, fu sorpresa di vedere il sole già alto: solitamente si svegliava all'alba, se non prima, sempre a causa del letale cocktail di uccelli starnazzanti e luce che filtrava dal tessuto un po' sgualcito della sua tenda. Chiuse la cerniera della sua dimora, più per abitudine che per necessità, e si diresse verso la mensa.
Con un certo dispiacere, seppur se l'aspettasse notò che gli elfi più avanti con l'età se n'erano già andati: quel giorno non avrebbe avuto qualche biscotto in più. Con una certa sorpresa, notò però che la banda era già tutta al completo. Sorrise.
Dopo aver recuperato la sua colazione, si avvicinò al tavolo dove i suoi amici erano riuniti. E più la distanza diminuiva, più Zenith si rendeva conto che qualcosa non andava: dovevano esserci stati degli sviluppi, e le occhiaie che appesantivano gli occhi di Zeke e Xenya ne erano senza dubbio una prova.
A meno che non avessero trascorso in altro modo la notte... Scacciò il pensiero dalla testa, sempre più convinta che la sua battuta non avrebbe divertito nessuno. Si sedette accando a Undrel e a Yekson.
Gli occhi di tutti i presenti si posarono su di lei. Non appena Zenith prese a consumare il suo pasto, Xenya iniziò a illustrare il problema.
«Lo smeraldo mi ha parlato» sussurrò, guardandola negli occhi.
Zenith per poco non si strozzò con il latte caldo. Undrel le batté qualche fiacco colpo sulla schiena, prima di chiarire la cosa.
«Ieri mattina Xenya è arrivata da me con una strana ustione» spiegò. «La stessa che aveva dopo essere tornata dallo smeraldo.»
«Non so come me la sono procurata» specificò lei, allungando la mano sul tavolo per mostrarla.
Era una circonferenza di pelle viva, spessa e pulsante.
«E come se non bastasse» continuò Xenya, ritirando il braccio «questa notte ho fatto un incubo. La cosa strana è che è sembrato reale più di qualsiasi altro.»
«Come un'allucinazione?» chiese Yekson, apprensivo.
«Sì.»
«E cosa accadeva?» Zenith era spaventata.
«Un'altra me mi spiegava che da quando ho avuto il contatto con lo smeraldo qualcosa è come se si fosse impossessato di me.»
«E come sarebbe possibile?» Zenith trattenne una risata. Un'arma che impossessa la gente...
«Non lo so» rispose Xenya, ruvida. «Per questo abbiamo bisogno anche del tuo aiuto.»
Zenith inzuppò un biscotto nel latte, e nel masticarlo cercò di ipotizzare modi in cui un materiale come lo smeraldo avesse potuto cambiare la mente di Xenya. Deglutì, senza idee.
«Andate a farvi una passeggiata» propose poi «che avervi qui davanti fermi e corrucciati mi mette ansia. Ci troviamo davanti alla tenda non appena avrò finito la mia colazione.»
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Zenith raggiunse la tenda con sottobraccio tutte le attrezzature che poteva portare.
L'aura che emanava il gruppo che si era già riunito, posizionato in cerchio come un sospettoso gruppo di mutanti, era davvero tesa.
«Forza, entriamo» li spronò Zenith. «Ger è nella zona agricola, quindi siamo liberi.»
In silenzio, tutti si voltarono e iniziarono a camminare.
«Ehi!» li richiamò Zenith, scocciata. «Perbacco, nessuno mi dà una mano?» E agitò un po' le braccia per far fare rumore agli attrezzi metallici.
Undrel le corse incontro e la aiutò a trasportare tutto il necessario.
All'interno, nella penombra, Xenya pareva più agitata di un troll separato dal gruppo.
«Sembra tu abbia visto un fantasma.» Zenith cercò di sdrammatizzare.
«Forse è così.» Xenya sospirò, lasciandosi cadere sulla sedia. Poi si guardò intorno, e dopo essersi assicurata che gli altri fossero distratti, si confidò con Zenith. «Credi che me la sia fatta io, questa ustione? E che magari non me la ricordi?»
«Onestamente? Non lo so.» Sospirò, colta alla sprovvista. «Ma ti prometto che farò il possibile per scoprirlo.»
Zenith estrasse dunque da una scatola metallica un ditale. Il rumore provocato sembrò risvegliare gli altri, che si avvicinarono alle due ragazze.
«Adesso te lo metterò sul dito» spiegò Zenith. «Ti darà un po' di fastidio. Ha un ago che serve per prelevare il campione di sangue.»
«Che genere di analisi farà?» chiese Zeke, apprensivo. Zenith sorrise.
«Analisi del sangue. E un controllino al DNA, piuttosto base ma meglio di niente.»
Premette il ditale sull'anulare della mano marchiata di Xenya.
«Ahi» si lamentò questa.
«Hai passato molto di peggio, non farti sconfiggere da un aghetto.» Zenith la derise un po'.
Attese qualche istante, e poi collegò con un cavetto il ditale alla macchina analizzatrice.
La accese. La macchina si riavviò autonomamente qualche volta con fastidiosi fischi, un classico delle tecnologie vecchie, ma poi emise un paio di ticchettii e mostrò i risultati.
«Le analisi del sangue sono nella norma» decifrò Zenith. «E nel DNA non sono state rilevate mutazioni.»
«Cosa ti aspettavi?» Undrel ridacchiò. «Abbiamo a che fare con un esemplare puro.»
«Non si sa mai, magari le allucinazioni sono dovute a radiazioni molto forti.»
Zenith si bloccò un attimo, realizzando ciò che aveva appena pronunciato.
«Infatti tu sei stata esposta a radiazioni tremendamente intense» ragionò ad alta voce. «Solo non si ha un riscontro cellulare della cosa.»
«Cosa significa?» domandò Xenya, ancora con il ditale addosso.
«Al momento è solo un'ipotesi» tagliò corto Zenith. «Piuttosto, spiegami un po' meglio cosa ti accade mentre Undrel va a prendere nella mia tenda il macchinario per l'elettroencefalogramma.»
«Io... cosa?» Undrel parve risvegliarsi.
«Hai capito, fai presto.» L'assistente uscì dalla tenda. «Spiegami, Xe.»
«A volte sento di perdere il controllo» ammise, riluttante. «Come se si risvegliasse dentro di me un istinto animale che non riesco a domare, ma che al contrario mi domina.»
«E quando accade... Noti qualcosa? Tremori, movimenti a scatti?»
«No, no.» Scosse la testa, quasi facesse fatica a ricordare. «Semplicemente succede che io parli senza che il pensiero arrivi direttamente dalla mia testa... Ha senso?»
«Non lo so» ammise candidamente Zenith, spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «C'è niente altro che ricordi? Qualunque cosa di cui tu ti renda conto.»
«Io...» Un attimo di silenzio. «Vedo rosso.»
«Eh?»
«Come un lampo, accecante, ma rosso. Lo sento proprio dentro, e ciò che vedo con i miei occhi lo vedo rosso.»
«Interessante...» Zenith sospirò.
«Hai qualche idea?» domandò Yekson.
«Sì, ma prima deve arrivare...»
Undrel spalancò la porta portando con sé una grossa valigia in cuoio.
«Eccoti» lo accolse Zenith. «Arrivi proprio a fagiolo.»
In poco tempo venne fatta indossare a Xenya una cuffia e con una siringa Zenith iniettò il gel conduttore per ognuno degli elettrodi che la paziente stava indossando.
«Durerà qualche istante» spiegò Zenith. «Tu non devi fare niente, questo macchinario non ti farà male. Sarà il nostro modo per capire cosa succede nel tuo cervello.»
Sin da subito, sullo schermo del macchinario, iniziarono ad apparire i picchi tipici dell'elettroencefalogramma. Zenith e Undrel si premettero vicini per osservarlo.
«Sei bollente» constatò Zehekelion, allontanando poi la mano dal collo di Xenya. «Zen, penso abbia la febbre.»
«Buono a sapersi.» Zenith annuì. «Grazie per l'informazione, fratellone.»
«Stai male?» chiese lui a Xenya.
«No... Non mi sento la febbre.»
Non appena Zenith e Undrel si scambiarono un'occhiata eloquente, lei spense il macchinario e si voltò di nuovo verso i compagni.
«E allora? La tua ipotesi è confermata?» chiese Zeke.
Undrel stava togliendo la cuffia con gli elettrodi a Xenya.
«In parte sì, in parte no.» Zenith sospirò, un po' confusa e un po' amareggiata.
«Cosa mi sta succedendo?» Xenya era sull'orlo delle lacrime.
«Valutando come il tuo cervello ha risposto al macchinario, potresti soffrire di una sorta di epilessia» spiegò. «Non so caratterizzarla, ma sono piuttosto sicura che il tuo disturbo rientri in questa categoria.»
«Cosa significa?» chiese Zeke. Xenya guardava per terra.
«Significa» Undrel prese la parola «che a volte non è più lei. Può avere comportamenti strani, può avere allucinazioni.»
«Ma il fatto che non abbia spasmi muscolari di alcun genere e che le sue allucinazioni siano così vivide mi fa pensare che non si tratti di un'epilessia normale, se così possiamo definirla» puntualizzò Zenith. «Hai detto che è iniziato da quando hai toccato lo smeraldo.»
«Sì» confermò lei, rialzando lo sguardo.
«Credi di aver battuto la testa, dopo il contatto che hai avuto?» le chiese.
«Io, io non credo. Ma ve l'ho detto che ho perso conoscenza a lungo.»
«Pensi che la causa sia un trauma cranico?» domandò Yekson.
«Onestamente non lo so.» Zenith incrociò le braccia al petto. «Anche questa febbre, l'ustione che pare quasi apparire dal nulla... Ho come la sensazione che questa epilessia non sia il risultato, quanto piuttosto uno dei sintomi di qualcos'altro.»
«Non credi si possa scoprire?»
«No, ne dubito.» Sospirò. «Non saprei che altri test farle, in tutta onestà. E sono convinta che se il caro Eclipse avesse avuto anche il minimo dubbio sulle sue condizioni, l'avrebbe spedita a Palazzo della Salute per accertamenti senza nemmeno pensarci due volte.»
«E allora, cosa pensi possa essere?» Xenya era esasperata
«Al momento la mia risposta sarebbe "non lo so" oppure "magia".» Zenith sorrise. «Perbacco, non avrei mai pensato di dirlo. In ogni caso, sappiamo tutti che la magia non esiste. Al momento non conosciamo la causa di questa tua condizione, ma sappiamo gli effetti - ed è già qualcosa.»
«Pensate possa essere stato Eclipse?» Yekson si morse le labbra, in ansia.
«E non pensi che avrebbe sfruttato la cosa a suo vantaggio?» Zeke scosse la testa.
«Al momento l'ipotesi più plausibile è che le radiazioni a cui sei stata esposta, seppur non ti abbiano causato un danno a livello microscopico, abbiano causato questa risposta del tuo cervello, forse aggravata da un colpo in testa, forse no.» Zenith alzò le spalle, sconsolata. «Forse lo scopriremo, forse no.»
«Qual è il prossimo passo?» chiese Zeke. «Tra non molto ci sarà l'incontro con i mutanti e lei di certo non può farsi vedere... debole.»
«Non sono debole» sbuffò Xenya.
«Di sicuro la prima cosa da fare è lasciare Ger al di fuori della cosa. L'ultima cosa che vogliamo è un anziano impazzito perché convinto che la nipote salvatrice dell'umanità sia impazzita a sua volta.»
«Ribadisco il concetto che non sono pazza. A volte l'istinto prevale, tutto qui.» Xenya si era rattristata.
«Nessuno qui dice che sei pazza.» Zenith le sorrise, prendendole la mano ustionata. «Ma scommetto che sei d'accordo con me se dico che Ger potrebbe prenderla molto peggio del previsto.»
«Questo sì.»
«E scommetto che sei d'accordo se ti dico che, anche se tutto ciò che ti succede è il lasciarti andare all'istinto, siamo stati fortunati che non ha arrecato danni.»
«Sì.» Xenya ridacchiò. «Pensatevi se, presa dall'istinto, mi fossi messa a rincorrervi con un coltello solo perché mi avete fatta arrabbiare.»
«Una divertente storia da raccontare ai posteri.» Zeke si chinò e le lasciò un bacio sulla fronte.
«Guarirà mai?» domandò Xenya.
«Non posso dirtelo, anche perché non so cosa ti stia succedendo.»
«Io invece posso dirti qualcosa» intervenne Yekson. «Per quanto riguarda l'epilessia, almeno. Esistono dei farmaci per combattere le crisi epilettiche, non le guariscono ma le limitano.»
«E dove possiamo trovarli?» chiese Undrel.
«Palazzo della Salute. Almeno i miei genitori hanno sempre detto che i medicinali li tengono tutti là. Inviano quelli necessari ai Settori quando richiesti.»
«E immagino che in questo momento irrompere a Palazzo della Salute non sia la cosa migliore da fare.» Xenya sorrise, non più abbattuta dalla novità. «Adesso comunque abbiamo altro a cui pensare: come affrontiamo l'incontro coi mutanti?»
«L'unica soluzione temo sia quella di essere sempre controllata a vista.» Zenith sbuffò. «Zeke dovrà sempre starti accanto, e deve anche avere la possibilità di metterti fuori gioco in caso la situazione peggiori.»
«Posso prendere un teaser?»
«Ehi!» Xenya gli tirò uno schiaffetto sul braccio.
«Anche più forte, la prossima volta.» Zenith sorrise. «In ogni caso, non preoccupatevi: io, Undrel e Yekson vi forniremo tutto ciò di cui avrete bisogno.»
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