7
✖
La tenda non sembrava più lo stesso luogo di sempre - le luci erano spente e nessuno, a parte Xenya, sembrava essere all'interno.
Xenya ruotò sui tacchi, pronta a uscire, quando un singhiozzo appena soffocato attirò la sua attenzione.
Con lentezza, fece qualche passo in direzione del rumore, attenta a non fare rumore.
Un respiro meno attutito, le indicò meglio da dove provenisse e, giunta a metà della lunghezza del tavolo della tenda, Xenya si piegò.
Seduta per terra, una bambina era raggomitolata su sé stessa, piangendo silenziosa.
Era piuttosto sicura di averla già vista.
Senza fretta seppur intenzionata a far notare la sua presenza, Xenya si sedette poco distante dalla ragazzina e incrociò le gambe.
Questa si zittì per un istante, rendendosi conto di essere stata scoperta, ma subito riprese a singhiozzare.
«Cosa succede?» chiese Xenya, sussurrando per non disturbare lo sfogo della bambina. «Vuoi parlarne?»
La piccola nemmeno alzò la testa, e continuò a tremare per il pianto che la sconvolgeva.
A guardare come la ragazzina si teneva il viso tra le mani, a loro volta appoggiate sulle ginocchia, Xenya era sempre più sicura che non fosse la prima volta che si incontravano.
Il pianto si placò nel corso di alcuni minuti, e il respiro della bimba rallentò.
Xenya deglutì, incerta su come approcciarsi, ma determinata a consolare la poveretta.
«Chi sei?» le domandò Xenya, non appena fu nelle condizioni di parlare. Provò a cercare un fazzoletto nelle tasche dei vestiti che indossava, ma non aveva nulla da passare alla piccola.
Ma questa non rispose. Alzò solo il viso dalle mani per guardare negli occhi Xenya. La poca luminosità presente nella tenda permise a Xenya di vedere solo metà del viso della bambina.
Ma quando lo fece, il sangue si gelò nelle vene: i suoi stessi occhi verdi la stavano guardando di rimando. Le sue stesse labbra sottile, il suo stesso viso - solo un po' più paffuto.
Sé stessa bambina la stava guardando di rimando.
«Chi sei...» Le fece eco un'altra voce, poco distante.
Xenya, sconvolta, si alzò in piedi, intenzionata a capire chi le stesse parlando.
Dall'entrata della tenda, una silhouette femminile la stava guardando - mani sui fianchi e coda alta.
La donna incrociò le braccia al petto e fece qualche passo in avanti, lenta, fino a trovarsi di fronte a Xenya dall'altro lato del tavolo.
Non appena la flebile luce colpì il volto di questa figura, Xenya non fu più sorpresa di vedere una sua copia esatta che, col volto inclinato e gli occhi scuri la scrutava.
«Non sei stanca di continuare a chiederti chi sei?» le chiese la donna.
Nello stesso istante, la bambina che era sotto il tavolo strisciò davanti a Xenya e corse via verso l'uscita.
«Aspetta!» la pregò Xenya, ma la ragazzina era già fuggita oltre la porta.
Prima che Xenya potesse tornare a posare i propri occhi sulla sua copia, tutto un tratto la tenda sparì ed entrambe le giovani si ritrovarono in una dimensione infinita identica alla Connessione Mentale, se non fosse per il colore. Non viola, ma rossa. Nessun tavolo era più tra loro, solo il vuoto.
«Come vedi, rimaniamo solo io e te.» La copia sorrise, ancora con il capo piegato. «O meglio, te e te.»
«Chi sei?» Xenya era confusa, incapace di trattenere la propria curiosità seppur fosse mista alla paura.
«Ancora con questa domanda.» La copia ridacchiò acida, scostando lo sguardo a terra prima di fissarlo di nuovo sugli occhi di Xenya. «Io sono te, non è evidente?»
«Se fossi me, ora non mi staresti parlando dall'altro lato di un tavolo.»
«Interessante punto di vista...» L'altra Xenya annuì appena, soddisfatta. «Se vuoi metterla su questo piano, allora io sono chi dovrai essere se solo avrai la forza di diventarlo.»
«Non capisco...» Xenya corrugò le sopracciglia. Era un sogno? Era le realtà? Cosa stava succedendo?
«Credevi di essere destinata a qualcosa, non è vero?» chiese la copia.
Come comandata da un potere superiore, Xenya annuì.
«E nel profondo del tuo cuore sai cos'è questo qualcosa, corretto?»
Xenya abbassò lo sguardo.
«Non lo so.»
«Xenya, Xenya...» Sospirò l'altra. «Pensavo di essere riuscita a farti rinsavire con la visione dello smeraldo.»
«Quindi eri tu...»
«Esatto, te l'ho già detto: io sono te, la versione migliore di te. La giusta te.»
«Quella della profezia?»
«Non ancora.» La copia si stiracchiò. «Vedi, tutto dipende da te: se mi darai il controllo potremmo esserlo, insieme.»
«Continuo a non capire.» Xenya scosse il capo. «Sai dirmi perché l'ustione dello smeraldo è tornata?»
«Diciamo che è il mio modo per ricordarti il tuo compito.» La Xenya dagli occhi scuri alzò le spalle.
«Uccidere David?»
«Il tempo è agli sgoccioli, Xenya. Devi essere più forte di ciò che ti trattiene, devi liberarti di tutti coloro che si intrometteranno nel tuo destino.»
Xenya, seppur stesse capendo ciò che l'altra stava dicendo, non ne era convinta. Qualcosa non quadrava.
«Cosa intendi dire che sei tu la causa dell'ustione?» chiese, dubbiosa.
«Non è questo il problema, perché tu devi solo concentrarti nell'uccidere David.»
«Perché ti vedo, qui, ora, se in realtà provieni dallo smeraldo?» insistette Xenya.
«Perché sono rimasta dentro di te...» La copia sospirò. «Non hai mai sentito qualcosa, o meglio, qualcuno prendere il controllo per qualche istante, magari mentre eri molto irata?»
«Sì.» Xenya annuì. «Era come un vento...»
«Scarlatto» dissero all'unisono.
«Bene, vedi...» La copia prese a gesticolare. «Eri tu che lasciavi andare me al posto della tua coscienza, perché quella è debole e tu lo sai. E quando avevi bisogno di me, intervenivo.»
«Ma ero sempre io.»
«Certo che sei sempre stata tu.» Ridacchiò. «Solo che io sono la tua parte più vera, quella più istintiva, quella che vuole dimostrare il tuo valore a chiunque, quella che vuole il potere.»
«Io non voglio ciò che tu dici.» Xenya fece un passo indietro, senza accorgersene.
«Tu ti reprimi. Lo vuoi, ma hai paura di ciò comporta.» La copia fece un passo in avanti. «Perché stavi piangendo prima? Perché piangevi al Cinquantatré, o durante il Progetto X?»
«Io...»
«Tu volevi che i tuoi sforzi fossero riconosciuti, che il mondo ti desse ciò che ti spettava, ciò che ti eri guadagnata. Tu hai sempre voluto di più, e ora hai l'occasione di ottenerlo.» Allungò una mano verso Xenya. «E io sono qui per aiutarti, per liberarti del peso che l'essere talvolta cattivi comporta.»
L'altra donna sporse ancora di più il braccio.
«Io non lo voglio.» Xenya scosse la testa, facendo un alto passo indietro nella dimensione rossa.
«Non dire cazzate!» sbottò la copia, abbassando furiosa il braccio. «Tu lo vuoi, e lo avrai. Con il mio aiuto.»
«Non voglio il potere» ripeté Xenya. «Ucciderò David perché devo, per il bene di tutti.»
Quelle parole, come se fossero una formula magica, fecero estrarre all'altra Xenya una pistola che venne subito puntata tra gli occhi della vera Xenya.
«A quanto pare l'incentivo del potere non ha funzionato» sussurrò la donna, facendo oscillare i lunghi capelli rossi raccolti nella coda. Una scintilla oscura le attraversò gli occhi. «La verità è che a me non interessa ciò che ti smuove, Xenya. Io voglio solo che tu lo uccida il prima possibile, chiaro?»
«Ma-»
«Nessun ma.» La interruppe, aumentando la stretta sul calcio della pistola. «Uccidilo, perché altrimenti il controllo me lo prendo, Xenya. E sai che non scherzo.»
«Cosa intendi dire?» La paura infuocò le vene di Xenya.
«Non scherzo» ripeté la copia. «Devi ucciderlo tu o lo farò io. Sai che posso.»
Una terribile realizzazione abbagliò Xenya, facendola raggelare.
«Tu...»
«Complimenti.» La copia sorrise, sinceramente soddisfatta. «Ora lo sai.»
E senza aggiungere altro, sparò.
Xenya sentì il proiettile trapassarle la pelle mentre un urlo la scosse dall'interno e un ricordo soppresso le riapparve davanti come un flashback.
Era sparita un'intera settimana non a causa di uno svenimento dovuto al contatto con lo smeraldo. Era sparita un'intera settimana perché quella versione di sé aveva preso il controllo e lei... Lei non ricordava nulla.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top