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Forse era la consapevolezza... , era proprio l'essere consapevole di ciò che stava accadendo a essere il vero peso per Xenya.

Non che non se l'aspettasse, non che in fondo al suo cuore non percepisse che qualcosa non andava... Semplicemente avere la conferma dei suoi timori era al contempo un tornado di paura e il raggiungimento della pace.

Quella mattina il vento soffiava più forte del giorno prima nell'accampamento di Roots. Xenya stava distesa a terra, in un piccolo ritaglio di prato fuori dalla zona agricola. I capelli rossi serpeggiavano come lingue di fuoco tra i fili freddi e verdi dell'erba. Nonostante fosse pieno inverno, gli steli dei penta ed esafogli si ergevano incuranti del freddo, più alti del resto delle erbacee.

Xenya sospirò, guardando le nuvole spostarsi a vista d'occhio nella tela grigiognola del cielo.

«Un soldino per i tuoi pensieri.» La voce di Zehekelion risvegliò Xenya dalla contemplazione.

«Cosa?» Xenya ruotò il viso per vedere l'alto elfo che, in piedi, la osservava con le mani nelle tasche dei pantaloni.

Si sorrisero, in silenzio, prima che lui si distendesse accanto a lei. Xenya riprese a guardare le nubi.

«Era una cosa che mi diceva mia madre, da piccolo» spiegò Zeke. «Era per chiedermi cosa mi passava per la testa.»

«Oh, quindi vuoi saperlo?»

«Se te l'ho chiesto...»

Girarono la testa per guardarsi negli occhi.

«Non credi di saperlo già?» chiese Xenya, desiderosa più che mai di annegare nei suoi occhi.

«Anche se fosse, la mia sarebbe solo un'idea.» Zeke sorrise, un velo di malinconia che gli attraversava le iridi. «Ciò che mi importa è quello che pensi davvero..»

Xenya sospirò, ricominciando a guardare in alto. Aveva perso di vista alcune delle nuvole che stava seguendo in precedenza.

«Forse potresti dirmi la tua idea, così almeno potrei avere un punto di partenza.» Xenya ridacchiò. «In realtà non so neanche io cosa pensare. Sono dell'opinione che, anche se non siamo a conoscenza di tutto ciò che mi sta accadendo, avere qualche intuizione è piacevole - almeno non brancolo nel buio.»

«Questo è vero.» Zeke allungò la mano, prendendo quella di lei e coccolandole il dorso con il pollice. Xenya sorrise.

«Eppure mi dà fastidio. Avere la conferma che qualcosa in me non va...»

«Non c'è niente che non va, in te» Zehekelion l'interruppe.

«In realtà sì. Non si vede, ma lo sento. C'è qualcosa di diverso, ma mi ci dovrò abituare.»

«Dopotutto ti sei abituata a cose molto più... Più ingombranti

Xenya sorrise, prendendo coscienza delle ali nere che le premevano sulla schiena, ritratte e appena solleticate dai fili d'erba.

«E guarda come ne sono uscita!» Xenya gongolò, con fare spiritoso.

«Bellissima, ne sei uscita» Zeke si voltò verso di lei, in estasi. «Forte, coraggiosa e astuta come io non potrei mai nemmeno immaginare.»

«Non dire sciocchezze...» Xenya arrossì, rifiutandosi di guardare nella sua direzione.

«Xen, guardami.» Lei, nonostante la vergogna, eseguì. «Lo penso davvero. Noi tutti siamo fortunati ad averti qui, al di là del tuo lignaggio. Io sono fortunato ad averti qui, al mio fianco.»

«Zek...» Xenya era senza parole.

«Affronteremo anche questa avversità, insieme. E non perché tu abbia bisogno di me per farlo, ma perché io voglio esserci quando realizzerai di essere più forte di qualunque problema ti si possa parare davanti.»

«Come quando ero chiusa in una gabbia di legno, a Fronds?»

«Diciamo che sono stato fortunato a esser stato io quello che ti ha trovata, atrimenti chissà a fianco di quale persona saresti stata adesso...» Zeke roteò gli occhi, fingendosi scocciato.

«A fianco di nessun'altra persona.»

E facendo un poco forza sugli addominali, Xenya lo baciò.

In realtà non fu un vero e proprio bacio, uno di quelli che Xenya vedeva tra i giovani del Cinquantatré. Fu qualcosa di più semplice, più naturale... più necessario.

Fu un misto di sorrisi, risatine, scontri e incontri mentre rotolavano insieme sull'erba fresca.

«Piccioncini

Da non molto lontano, la voce di Zenith li raggiunse.

Xenya, che era distesa sopra a Zeke, alzò la testa e lo guardò. Scoppiarono entrambi a ridere.

Quando Zenith li raggiunse, stavano ancora ridendo.

«Perbacco, non voglio sapere che gaffe ha fatto mio fratello.»

«Grazie per il tuo costante appoggio» sbuffò Zeke. Xenya scivolò a terra, per poi alzarsi seguita da Zeke. «C'è invece qualcosa che vogliamo sapere noi, Zen?»

«Ah, solo che Ger ci vuole alla tenda perché dovete anticipare la partenza... Nulla di importante.» Alzò le spalle, un po' esasperata.

«Le comunità mutanti sono in subbuglio» esordì Ger, che ancora indossava gli stivali da pioggia.

«Cos'è successo?» domandò Undrel. «Di solito non si crea scompiglio dal nulla.»

«C'è stato un raid. Non è chiaro, ma pare che gli gnomi e i vampiri siano sull'orlo di una guerra interna.»

«E quindi dovremo partire prima?» Zeke si accigliò. «Xenya è appena tornata, e i mutanti sono sempre stati in grado di risolvere internamente le loro questioni.»

«L'incontro con i capi sarebbe stato tra qualche giorno in ogni caso, e se i capi non sono nemmeno in grado di guardarsi in faccia come facciamo a organizzare una difesa contro i Palazzi?»

«Ma Xenya...» iniziò Yekson.

«Basta» lo interruppe Xenya, guardando i suoi amici. «Non ho bisogno che mi proteggiate, e poi si tratta solo di riappacificare due comunità di mutanti.»

«Solo i capi, in realtà» precisò Ger. «I drammi sono tra loro due.»

«E allora non vedo il problema.» Xenya scrollò le spalle.

«I mutanti possono essere molto imprevedibili» intervenne Zenith. «Non sappiamo che motivazioni ci siano dietro a questo improvviso scoppio dei rapporti.»

«Senza dubbio il tempismo è strano» concordò Yekson.

«Quando si tratta di guerra, nessuno è mai ben disposto a perdere persone tra le proprie fila.» Zehekelion sospirò, incrociando le braccia.

«Preferirebbero perderli tutti?» sbottò Xenya, sentendo dentro di sé una piccola scintilla rossa. La ignorò, cercando di restare calma. «Perché è quello che succederà quando David scoprirà di non avere un avversario unito... Ci sterminerà tutti

«Quello dovrà essere il nocciolo del vostro discorso, Xenya.» Ger annuì, orgoglioso.

«Va bene» acconsentì Zeke. «Partiremo domattina non appena sorgerà il sole.»

«Se ti svegli in tempo» puntualizzò Zenith.

«Sì, se mi sveglio in tempo.» Alzò gli occhi al cielo.

«Noi sfrutteremo il tempo per approfondire le analisi sullo smeraldo e provare a elaborare una strategia su come usarlo...» spiegò Zenith. «Dopotutto se la profezia è vera, meglio essere preparati.»

«E se non fosse vera?» Ger era ancora poco convinto.

«Avremo trovato un impiego fino al giorno della guerra» sbottò Zenith. «Ora, se vuoi scusarci...» Abbozzò un inchino prima di rivolgersi agli amici: «Xe, se vuoi seguirmi ho una cosa da darti.»

Quasi senza guardarla in faccia, Zenith allungò una valigetta scura a Xenya.

«Mi ero ripromessa di consegnartela solo quando sarebbe stato strettamente necessario.»

Xenya, corrucciata, aprì la valigetta e scoprì una grossa pistola argentata e, riposta dentro una busta in velluto scuro, un'abbondante manciata di lunghi proiettili dello stesso colore.

Un brivido percorse Xenya da capo a piedi.

«Questa è...»

«Antimateria, sì.» Zenith annuì grave. «Non ti chiederei di portarla con te se non avessi il dubbio che potrebbe salvarti la vita. Soprattutto visto che è ciò che ha ucciso i tuoi genitori.»

Xenya deglutì a fatica. «Tu l'hai avuta tutto questo tempo?»

«Sasha talvolta riusciva a farci recapitare un proiettile o due da Palazzo della Salute. Sapeva che sarebbe potuta essere l'unica arma possibile in situazioni complicate, e il tempismo con cui arriva questa apparente faida è davvero pessimo.» Sospirò, costringendo Xenya a richiudere la valigetta. «Io sono terrorizzata dalle armi, e penso che nessuno qui sia più qualificato di te a impugnarla. Confido che la tua coscienza saprà valutare se e quando usarla.»

«E se...» Xenya abbassò lo sguardo. «Se la mia coscienza non fosse più quella giusta?»

Zenith sorrise amorevole prima di abbracciarla.

«Non ho dubbi che tutto andrà bene... E poi Zeke ha il teaser.»

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