4.
Con un balzo atterrai sulla dura superficie di quel piano. L'intero grattacielo pullulava di feroci zombie assetati di sangue umano.
Mi guardai attorno confusa. Per un momento mi era parso di ricordare qualcosa, ma tempo di alzare lo sguardo e l'avevo già dimenticato.
Cercai di recuperare il respiro, rallentando il cuore. Quel salto mi aveva portato nell'altra metà del grosso edificio. Il duro pavimento era freddo sotto il palmo della mia mano.
Mi alzai in piedi, dirigendomi verso la porta alla fine del corridoio.
Era probabile che la storia giungesse a una svolta nel momento in cui avrei varcato quella soglia, riflettei. Storia... Quale storia? Non ricordavo di averne mai iniziata una.
Spremetti le meningi in cerca di informazioni su dove mi trovassi. Io e altri avventurieri stavamo visitando una città abbandonata. In gruppo con me viaggiavano una donna con il muso da cane e un ragazzo dalle ali azzurre. Al momento mi sembrava di ricordare che stessero combattendo in piscina contro i robot. Forse era questa la storia a cui mi riferivo.
La coscienza mi suggeriva di andare verso la porta, ma con la coda dell'occhio vidi qualcosa muoversi alla mia sinistra. La sagoma chiara di un piccolo animale sfrecciò verso la scaletta antincendio.
Uscii sul piccolo balcone di metallo con l'idea di seguirla.
Nonostante il cappotto che portavo addosso potei comunque sentire l'aria fredda del mattino. Sporgendomi vidi che non mancavano molti piani alla strada. Presi a scendere la scala, sperando di raggiungere l'animale in tempo per capire di cosa si trattasse.
I miei stivali facevano scricchiolare gli scalini, che davano però un'impressione abbastanza stabile.
Raggiunsi in poco tempo l'asfalto. Lì vidi l'animale attraversare la strada e imboccare rapidamente un'altra via.
Dalle sembianze dedussi si trattasse di un gatto, ma qualcosa nel suo aspetto mi fece dubitare dei miei pensieri. L'animale sembrava troppo magro per essere vivo. Bianco, come chiare sanno essere solo le ossa, senza alcuna traccia di sangue o sporcizia, e allo stesso tempo privo di alcun manto.
Lo seguii con lo sguardo, finché non svoltò l'angolo nascondendosi dietro a un cancello.
All'improvviso mi sentii a disagio per essere rimasta da sola. Non che pensassi davvero di esserlo, ma anzi il contrario. Percepivo come la sensazione che qualcuno mi stesse tenendo d'occhio, in questo modo mi sentivo sola e impotente contro la volontà di esso.
«C'è qualcuno?», domandai ad alta voce nella speranza che non fossero gli zombie a rispondere.
Sbattei le palpebre e mi ritrovai al centro di una grande battaglia. Da tutte le parti si udivano scoppi di armi da fuoco e urla di paura.
Per metà il mio corpo nuotava immerso nelle scure acque del mare. Le grosse onde ricoperte di bianca spuma cercavano con tutte le forze di trattenermi in quel luogo infernale. Il cielo coperto di nuvole violacee a tratti si illuminava con lampi, e risuonava di tuoni. Riaprii gli occhi, tornando alla grigia e silenziosa strada.
Mi stavo addormentando, e qualcosa mi diceva che non potevo permettermi di farlo in questo momento. Lo scoppio di un cannone mi gettò addosso grandi schizzi d'acqua. Mi ritrovai a boccheggiare tra le onde salate del mare che mi trascinavano in giro. Con i piedi non riuscivo più a toccare il terreno sabbioso, agitavo quindi le braccia per rimanere a galla.
Questa volta mi ci volle più impegno per uscire dal sogno. Caddi in ginocchio sull'asfalto sputacchiando l'acqua che mi era finita in bocca. L'aria fredda si attaccava sui miei vestiti bagnati, provocandomi la pelle d'oca.
Non potevo chiudere gli occhi di nuovo o avrei rischiato di annegare. Troppo tardi mi accorsi di essere già tornata sott'acqua. Non riuscivo a respirare, stavo sprofondando nel freddo buio dell'oceano.
Qualcosa afferrò il cappotto e mi trascinò all'esterno, sottraendomi alla morte imminente. Sbattei la faccia sul duro pontile di una nave. Rigirandomi confusa nel buio illuminato solo dai fulmini mi accorsi che stava piovendo, o forse erano solo gli spruzzi d'acqua delle onde che tentavano di recuperarmi.
«NON MORIRE!», gridò la persona dall'altra parte della barca.
Mi aggrappai con tutte le forze a una fune che pendeva dall'alto. La nave prese a piegarsi pericolosamente da un lato, lasciandomi sospesa nel vuoto per alcuni secondi. La spinta improvvisa dell'imbarcazione che tornava dritta mi mandò addosso a qualcuno, facendolo ricadere sul pontile con me.
Un fulmine sfrecciò vicino alla nave, illuminando per poco l'espressione sorpresa di chi avevo davanti. Per attimo vidi dei lunghi capelli chiari, poi venni gettata via dall'acqua, fino a colpire il bordo della nave.
Riaprii gli occhi ritrovandomi a guardare un cielo sereno. Alcune soffici nuvole viaggiavano sospese nell'aria sopra la mia testa. Il terreno era caldo, ma l'erba secca non lo rendeva affatto confortevole. Il frinire delle cicale era l'unico rumore udibile in quel luogo. Sedendo scoprii di trovarmi in mezzo a un campo di grano e girasoli.
Indossavo un leggero vestitino azzurro, e ai piedi portavo nere scarpette e lunghe calze bianche.
Sospirai e iniziai a camminare in cerca della strada. Dovetti fermarmi dopo poco, tutto quello che riuscivo a vedere erano le alte spighe dorate che crescevano dal terreno.
«Ti dispiacerebbe scendere?», sbuffò una voce familiare.
Abbassai lo sguardo e per l'emozione trattenni il respiro. Tony Quickflame stava sdraiato a terra sotto di me. Con un balzo scesi da lui e presi a osservarlo.
Il grande Tony Quickflame, l'unico e solo uomo capace di far cadere ai suoi piedi qualsiasi essere vivente ne incroci lo sguardo, e non solo per il suo aspetto, si rimise in piedi. Aveva lunghi capelli castani, con sfumature più scure, e grandi occhi dello stesso colore dell'ambra. Indossava un poncho marrone dall'aspetto malconcio e stivali da cowboy.
«Cos'hai da guardare? Ho qualcosa in faccia?», domandò, passandosi una mano su quella che al momento non si poteva definire barba.
«Signor Quickflame, io sono un suo grande fan, ho visto tutti i film. Cosa ci fa in un posto come questo?», chiesi, contenendo appena la mia emozione.
«Senti, ragazzino, sono in missione super segreta per conto del mondo. Non voglio che qualcuno si accorga della mia presenza, quindi fa silenzio e va' a giocare con il tuo cane da un'altra parte.», tagliò corto l'uomo.
«Quale cane?», esitai, confuso.
Lui guardò il campo in cerca dell'animale, ma di esso non c'era traccia. Si tirò indietro i capelli con un gesto della mano e scosse la testa.
«Mi pareva di averti visto correre dietro a un cane poco fa. Anzi, ne sono sicuro. Stavi inseguendo un piccolo bastardino bianco, e poi sei caduto a terra in quel punto.», continuò, indicando il luogo del mio risveglio.
«Da che parte è andato il cane?», domandai, voltandomi alla ricerca di una macchia bianca nel campo dorato.
«Cosa vuoi che ne sappia io, sono nel mezzo di un'importante missione per salvare il regno.», scosse le spalle.
«Il cane... Sento che è qualcosa di importante. Devo trovarlo.», mi sforzai di ricordare.
«Fallo per conto tuo.», sentenziò, continuando a rigirarsi tra le labbra uno stuzzicadenti.
«Non ci riuscirò mai da solo. Ho bisogno del suo aiuto.», lo implorai.
«Ti ho già detto che non ho idea di che fine abbia fatto. Io ho cose più importanti da fare che correre dietro ad animali altrui.»
«D'accordo, ma almeno posso aiutarti con la tua missione? Non ho niente da fare qui, e magari se ti seguo troverò anche quel cane.», proposi.
«Lavoro da solo.», mi bloccò, iniziando a camminare per il campo.
«Lo so, ma non ti darò nessun fastidio. Ti prego, non lasciarmi qui.», cercai di convincerlo, correndogli dietro.
Camminammo tra i fili di grano e i grossi girasoli, finché in fine non vidi qualcosa di un colore diverso. Avvicinandomi scoprii che si trattava di strada di mattoni rossi e feci un cenno all'uomo. Lui mi raggiunse, e dopo avere osservato entrambe le direzioni iniziò a percorrerla verso il sole che stava calando.
«Perché stavi disteso a terra?», domandai rompendo il silenzio.
L'uomo fissò intensamente un punto lontano con espressione seria, e poi esclamò: «Battuta!»
Da qualche parte una voce risuonò: «Ero inciampato nei miei stessi piedi.»
«Non sono affari tuoi.», sbottò invece, Tony. «Non dovresti seguirmi, questa è una strada di sangue.»
«Non mi importa se è pericoloso. Io non abbandonerò la mia decisione.», misi in chiaro.
«No, non hai capito. Questa è la grande strada per la città di REM, e al momento è ricoperta di sangue. Rovinerai le tue scarpe se continui a percorrerla.»
Osservai il rosso innaturale dei mattoni che la componevano e, passandoci il piede sopra, scoprii che il colore sembrava venir via. Alzai lo sguardo percorrendo con gli occhi tutta la strada fin dove riuscivo a vedere.
«Di chi è tutto questo sangue?», mormorai, con un filo di voce.
«Dei ribelli che stanno combattendo per riprendere il regno, penso.», spiegò lui.
«Contro chi ci stiamo mettendo?», indagai.
«Il sovrano degli incubi.», disse scuotendo le spalle, come a sottolineare quanto ovvia fosse la risposta.
«È una persona pericolosa?», azzardai.
«Persona?! Di chi credi di stare parlando? Quell'essere tiene prigioniera la regina Yume, la creatura più saggia dell'intero regno. Come se non bastasse l'ha catturata proprio quando ero stato incaricato di proteggere il castello. Non avrei dovuto ascoltare il consiglio di quello sconosciuto. Solo uno stupido non piazzerebbe delle guardie davanti all'entrata principale. Giuro che la prossima volta non mi metterà di nuovo in ridicolo davanti agli altri.», sbraitò Tony, sputando lo stuzzicadenti.
«Lei non è stupido, signor Quickflame.», lo consolai.
«Lo so. Smettila di chiamarmi così, mi fai sentire vecchio, ho solo... Quanti anni ho?»
«Trentasette.», suggerì qualcuno fuori campo.
«Ventisette... Sono davvero così giovane?», rifletté ad alta voce.
Non risposi a quella domanda rivolta a nessuno in particolare. Mi girai per capire da dove la voce esterna provenisse, ma ancora una volta non vidi nulla.
«Comunque, chiamami semplicemente Tony.», si riprese.
Fui tentato di dire "Ok, semplicemente Tony", ma sospettavo che non l'avrebbe trovato poi così divertente.
«Quindi la missione è percorrere questa strada fino alla città e sconfiggere il cattivo. Qual è il tuo piano una volta arrivati?»
«Entrare di forza nel castello, cacciare fuori a calci quel mostro e rimettere al trono la regina.», spiegò con fierezza.
«Ottima strategia, sarà sicuramente un grande successo.», commentai sarcastico.
«Mi pare ovvio, l'ho realizzato io.», si vantò Tony, orgoglioso.
«E cosa succede se lui ti scaglia addosso un esercito?», cercai di farlo ragionare.
«Gli punto contro questa.», rispose l'uomo, estraendo una pistola da chissà dove.
«Se lui è il sovrano degli incubi avrà molte più armi di una sola.», gli feci notare.
«Penserò a qualcosa una volta arrivato al castello.», dileguò l'argomento.
Osservai l'arancione cielo dalle nuvole rosa che presto avrebbe lasciato spazio al buio più completo. La strada da percorrere sembrava non avere una vera e propria fine. Dovevano essere morte davvero molte persone per riuscire a dipingerla tutta. Forse qualcuno era anche deceduto durante i lavori di costruzione.
Immaginai che in un punto ci fosse una grossa macchia di sangue più secca delle altre. Magari quelle venute dopo avevano preso ispirazione da quella, o era stata lavata via inutilmente.
«Quanto è lontano il castello?», domandai, rompendo nuovamente il silenzio.
«Ancora molto. È un lungo viaggio impegnativo, non certo una passeggiatina al parco da fare con il vestitino. Non avevi niente di meglio da metterti?», commentò acidamente Tony.
«Non l'ho scelto io il vestito!», esclamai indignato. «Non ricordo perché lo indosso.»
«Forse perché è della stessa tonalità dei tuoi occhi, oppure perché l'azzurro è il colore dell'anno.», disse l'uomo dopo un attimo di riflessione.
«Sì, hai ragione, forse è così.», annuii.
«Si sta facendo buio. Ci conviene fermarci da qualche parte.»
La strada di sangue ci aveva condotti in un bosco privo di suoni. Eravamo da poco entrati nella fitta vegetazione, quando mi accorsi che qualcosa non andava.
«Mi scusi, lei sa dove mi trovo?», domandai all'essere che stava al mio fianco.
«Chi sei tu?», chiese lui. «E chi sono io?»
«N-non lo so, è come se non ricordassi più niente.», mormorai.
«Penso sia questo posto.», spiegò l'essere.
«Allora dobbiamo solo uscire da qui.», conclusi. «Dove sta andando?»
«Cerco un'uscita. Non seguirmi, non so se mi posso fidare di te.», mi scacciò con un gesto.
«Aspetti, non voglio rimanere da solo!», esclamai raggiungendolo. «Non dovremmo andare verso quell'uscita?»
«Noi veniamo da lì, questo vuol dire che dobbiamo superare questo... posto. Tornando indietro rischieremmo di perdere nuovamente... qualcosa che non ricordo... e trovarci al punto di partenza.»
«Lei è davvero intelligente.», commentai.
«Cosa vuol dire?», domandò confuso.
«N-Non lo so. Non me lo ricordo più, ma penso sia una bella cosa.», balbettai.
«Cerchiamo di raggiungere l'altra parte in fretta. Non mi piace non sapere le cose.», sbottò.
L'essere al mio fianco continuò a camminare con me in quel luogo dai grandi... Non riuscivo proprio a ricordare come si chiamassero, ma li potevo vedere dappertutto. Ci fermammo solo quando ormai mancava davvero poco all'uscita. A sbarrarci la strada c'era un qualcosa appeso nel vuoto di fronte a noi.
Ciao a tutti☆
In molti. . . Coff Coff. . . In quattro aspettavate questo capitolo, e finalmente dopo mesi è arrivato. Scusate, cercherò di pubblicare con più costanza adesso che so dove andare a far parare questa storia.☆
☆Commentate e ditemi se vi è piaciuto. In caso contrario fatemi pure notare dove ho fatto errori o come potrei migliorare questo capitolo.☆
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